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Autore: SilviAngel    09/04/2016    5 recensioni
Dal testo:
“Lo sai che se mi concedessi ancora qualche minuto per ricaricarmi, potrei occuparmene con la magia?”
“Ne hai usata già parecchia questa sera, mi pare” rispose Alec senza neppure alzare lo sguardo e anzi osservando disgustato la pezza di stoffa oramai intrisa di sangue di mannaro.
MALEC
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Di gatti e un mucchio di piccole e grandi cose...'
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Se da un lato il telefilm ci ha offerto quel magnifico bacio, dall’altro, i momenti dedicati ai due disseminati lungo tutta la stagione ci lasciano pensare che comunque il loro rapporto sia cresciuto anche attraverso mille attimi che non sono stati mostrati o almeno io la penso così, ecco allora un missing moment… se così vogliamo definirlo…
Buona lettura
 
Di un gatto, quattro chiacchiere e mille pensieri.

La natura di mezzo demone e le spalle larghe di un certo nephilim avevano impedito a Magnus di stramazzare al suolo dopo il salvataggio in extremis di Luke, salvataggio che aveva quasi del tutto prosciugato la sua energia magica e, per questo, ora il sommo stregone se ne stava rilassato e tranquillo, in piedi alla finestra a sorseggiare un drink, osservando Alec strofinare con meticolosa attenzione le macchie di sangue dal divano che aveva accolto, fino a pochi minuti prima, il nuovo alpha.
 
“Lo sai che se mi concedessi ancora qualche minuto per ricaricarmi, potrei occuparmene con la magia?”
“Ne hai usata già parecchia questa sera, mi pare” rispose Alec senza neppure alzare lo sguardo e anzi osservando disgustato la pezza di stoffa oramai intrisa di sangue di mannaro.
“Se non ricordo male, ho attinto parecchio anche alla tua energia, quindi che ne dici di farmi compagnia per un drink?”
Solo in quell’attimo il cacciatore alzò il capo, permettendo allo stregone di vedere ancora e di nuovo il suo bel viso.
“Forza Alexander, nessuno ti giudicherà se accetterai da bere da un nascosto”
“Non è quello che mi preoccupa, ma” si fermò un attimo guardandosi intorno addivenendo ad una lampante epifania fino a poco prima ignorata “Dove sono andati tutti?”
“Oh fiorellino, se ne sono andati da tempo e Luke sta riposando nella stanza degli ospiti” lo informò Magnus armeggiando sicuro tra le colorate bottiglie del mobile bar.
“Allora dovrei andare anche io, i miei genitori sono appena arrivati da Idris e potrebbero avere bisogno di me”
“Ritengo che Maryse possa fare a meno di te ancora per qualche ora. Forza, vieni qui e fammi compagnia”
 
Anche se non ancora completamente a proprio agio – completamente solo alla presenza dello stregone – Alec seguì tale invito e, girato attorno all’ingombrante divano scuro, giunse di fronte a Magnus accettando senza problemi il bicchiere dal gambo sottile che l’immortale gli stava porgendo, osservando con un pizzico di ansia il liquido lattiginoso al suo interno.
Le labbra del cacciatore si avvicinarono lente e timorose al bicchiere, sotto lo sguardo attento e interessato dello stregone che si godette anche la piccola e adorabile smorfia del suo ospite dovuta certamente alla poca dimestichezza di questo con l’alcool.
“È amaro”
“Preferisci qualcosa di più dolce?” e muovendo rapido ed elegante le dita di una mano, il colore del liquido contenuto nel bicchiere mutò, assumendo un leggero riflesso azzurro “Eccoti accontentato” ma prima che Alec potesse assaggiare nuovamente il proprio cocktail, il suono insistente del cellulare distrasse entrambi, irritando non poco il padrone di casa.
 
Alec si allontanò di un paio di passi per rispondere e quando tornò accanto a Magnus tentò di scusarsi perché avrebbe dovuto rientrare all’Istituto.
“Penso che tu possa ancora concederti e concedermi il tempo di un drink” e porgendogli nuovamente il bicchiere che il nephilim aveva abbandonato per poter parlare alla madre, riprese “Ora sono io però a doverti lasciare un attimo da solo. Preferisco inserire il mio personale antifurto magico, non vorrei avere sorprese durante la notte. Torno subito”
Sparendo lungo lo stretto corridoio, lasciò Alec ad osservare curioso il ricercato arredamento della stanza. Dopo aver posato sul piccolo ripiano il bicchiere oramai vuoto – il retrogusto fruttato che aveva scoperto dal secondo sorso in poi era stato qualcosa di celestiale, succoso e pieno come mai aveva provato – girò nuovamente attorno al divano, lasciandosi cadere sui cuscini che, con un piccolo sbuffo, accolsero il suo peso.
Come se i problemi, la stanchezza e mille altre questioni irrisolte disseminate lungo la sua vita si fossero riversate sulle spalle tutte in quel momento, Alec permise alla nuca di posarsi leggera sullo schienale del sofà distendendo per un attimo i muscoli contratti del collo.
Per questo motivo quasi saltò come una molla quando un piccolo ma chiaro pesò atterrò sul suo grembo e, riportando i sensi alla ordinaria modalità di cacciatore, irrigidì il corpo, pronto a scattare.
Quando udì un piccolo e sottile miagolio, scoprì che quel suono ebbe l’effetto di frastornarlo più di un’ondata di demoni.
Sulle sue gambe c’era un gatto bianco e grigio, pareva poco più grande di un cucciolo, che lo scrutava con il suo musetto saputo e indagatore.
Faceva parte dell’immaginario collettivo comune che streghe e stregoni avessero un privilegiato rapporto con quel particolare animale e l’idea di avere a che fare con un esemplare magico, preoccupò discretamente il nephilim.
Un nuovo miagolio riempì l’aria e subito dopo la voce profonda di Magnus provenne da un punto non ben definito della casa “Dove diavolo ti sei cacciato Presidente Miao?”
Sorridendo e portando istintivamente una mano accanto alla testolina del micio, lo shadowhunter sussurrò “E quindi è così che ti chiami? Nulla di pretenzioso vedo” ironizzando sul finale.
Il padrone di casa felino inizialmente mantenne una certa qual diffidenza, annusando meticolosamente le dita che sfacciatamente si erano a lui fatte vicine, ma non avvertendo nulla di disgustoso attese ancora un secondo e poi andò a concedere loro una soddisfacente strusciata.
 
Preceduto da un sonoro e indistinto borbottio, Magnus dopo alcuni minuti tornò nella stanza principale e ciò che vide lo lasciò senza fiato e senza parole.
Quel suo gatto stizzoso e solitamente diffidente se ne stava a zampe all’aria comodamente disteso sulle cosce del suo ospite, il quale pareva completamente assorto dalle carezze e grattini che stava elargendo.
Riprendendosi dallo shock – o forse dalla gelosia – lo stregone palesò la sua presenza, abbassando più del solito il tono della propria voce, rendendola ancora più suadente e calda “Vedo che avete fatto conoscenza”
“Non sapevo avessi un gatto. Non lo avevo visto la volta scorsa” rispose Alec sollevando il viso, rilassato e tranquillo senza allontanare però la mano dalla pelliccia del micio.
“Lui” iniziò a dire Magnus, sedendosi di profilo sul divano accanto al nephilim “è Presidente Miao, uno dei miei più cari amici, anche se di solito è parecchio cauto nei confronti degli estranei e vederlo così a suo agio con te non fa che darmi ragione”
“Darti ragione?”
“Anche lui deve aver visto qualcosa di speciale in te, esattamente come ho fatto io”
Il viso del ragazzo sbiancò mentre le gote si coloravano rapidamente a causa di quelle attenzioni che mai aveva ricevuto prima di allora.
“Speciale? Non c’è nulla di speciale in me. Jace è quello che colpisce solitamente e Isabel affascina chiunque, io non-”
“Il fatto che non ti accorga di quanto tu sia raro e speciale non vuol dire che tu non lo sia, ma solo che non sei abituato a vederti per quello che sei. Un altro drink?” domandò avvicinandosi lentamente così da spingere il proprio ginocchio, piegato sulla seduta, a toccare la coscia di Alec.
“Io dovrei proprio andare”
“Dubito che Presidente te lo lascerà fare, sai? È molto cocciuto, quando vuole una cosa se la prende e ora penso proprio che voglia te”
“Cocciuto come te?” disse senza riflettere Alec, come se lentamente le sue difese si stessero abbassando, permettendogli di parlare in modo sereno e non come se stesse portando avanti un incontro diplomatico.
“Vedo che poco per volta ti stai sentendo sempre di più a tuo agio”
“Scusami, non volevo offenderti, non era mia intenzione” si affrettò a dire, consapevole dei rischi che si potevano correre urtando un nascosto.
“Oh, non scusarti, ti prego. Preferisco di gran lunga l’Alexander rilassato allo shadowhunter sempre sull’attenti ed è con il primo che vorrei passare la serata”
Magnus schioccò le dita e altri due bicchieri comparvero, uno tra le dita dalle unghie laccate dello stregone e uno tra quelle ancora incerte del giovane.
 
Alec sorseggiò lento il suo secondo drink, come se impegnarsi in quell’attività lo proteggesse, ponendolo al sicuro dalle insidie dello stregone e dalle sue arti oscure.
“Allora, Alexander” Magnus fece sparire il proprio bicchiere di nuovo irrimediabilmente vuoto, strusciando ancora sul cuscino in pelle mangiando così ancora qualche centimetro “dimmi, come se la passa un giovane nephilim di questi tempi?”
“Bene”
“Davvero? Mi spiace contraddirti, ma non si direbbe affatto. Anzi, e non prenderla come un’invasione della tua privacy anche se così potrebbe apparire, ma si vede lontano un miglio che stai soffrendo e, se me lo permetti, non penso che il tuo parabatai si meriti tale devozione”
“Tu non lo conosci” la voce di Alec si indurì mentre le dita stringevano lo stelo di vetro e l’altra mano interrompeva le carezze alla pancia di Presidente “Non ti permetto di parlare di lui in questo modo”
“In che modo?” si intestardì a rimanere sull’argomento il padrone di casa “Da ciò che ho visto non si cura molto dei tuoi sentimenti, di quei tuoi profondi sentimenti intendo, ma non si è fatto scrupoli a chiamarti quando Clary lo ha pregato di farlo per Luke”
“Non ne voglio parlare, non sono affari tuoi”
“Come vuoi” acconsentì alla richiesta Magnus, allungando una mano per affondare le dita nella morbida pelliccia del suo gatto che mai era stato così docile nei confronti di un suo ospite.
Le dita più scure dello stregone sfiorarono quelle lunghe e candide di Alec, spingendo quest’ultimo a ritrarre la propria mano, guadagnandosi un gnaulio di disapprovazione da parte del gattino.
“Sei un piccolo ruffiano Presidente” la voce allegra di Magnus alleggerì in un baleno l’atmosfera nella stanza, spingendo il cacciatore a volgere a lato il capo, scontrandosi così con il viso dai tratti orientali dell’uomo che era molto più vicino di quanto avrebbe pensato.
“Forza giovane shadowhunter, rischiara la tetra e noiosa serata di un vecchio stregone, parlami di te”
“Te l’ho già detto, non c’è molto da dire”
“bene, se non parli di tua spontanea volontà, posso fare io qualche domanda?” indagò Magnus, sistemandosi meglio e accavallando ora le gambe, pur rimanendo con il busto di profilo.
“Aspetta. Ho io una domanda”
“Avanti, sono qui tutto per te” sorrise Magnus, rimanendo in attesa.
Alec prese un respiro profondo e, riportando le dita a coccolare un ben felice Presidente Miao, parlò “Perché hai chiesto di me? C’era Clary qui e poco dopo sarebbe tornato Jace. Perché hai chiesto di me?”
“Non te lo ha spiegato il tuo compagno di battaglia?”
Alec scosse in silenzio il capo, accompagnando lo sguardo, tenuto fino ad allora sullo stregone, nuovamente sulle proprie gambe.
“Non so se mi va di dirtelo. Potrei dover ammettere di aver detto una piccola e innocente bugia”
“Lo hai fatto? Hai mentito?” mormorò il nephilim desideroso di sapere e al tempo stesso spaventato dalla possibile risposta.
“Vuoi sapere se, in una situazione così delicata, io abbia avuto il coraggio di mentire pur di rivederti? Sì. Lo confesso, ho mentito” disse alla fine alzando le spalle e rimanendo in attesa della reazione del suo ospite.
“Nessuno aveva mai fatto una cosa simile per me”
“Ed è un bene o un male?” indagò Magnus.
“Non lo so”
“Per convincere Jace a chiamarti l’ho ingannato dicendogli di aver bisogno dell’energia vitale di un nephilim vergine”
“V-vergine?”
“Fiorellino, vuoi davvero parlare di sesso?” lo punzecchiò Magnus sorridendo malizioso.
“Meglio di no. Anzi, grazie per il drink, ma penso sia davvero giunta l’ora per me di tornare all’Istituto” e senza attendere e indugiare, Alec dolcemente sollevò Presidente Miao dalle proprie gambe, restituendolo al proprietario per poi mettersi in piedi.
 
Magnus lo imitò immediatamente tenendo il gattino stretto al petto e, con un’espressione di finto rammarico sul viso, lo fermò “Mi spiace Alexander, ma le mie barriere difensive sono alzate, non potrai andartene da casa mia prima dell’alba”
“Come hai detto?”
“Prima ho attivato le difese della mia umile dimora e, un po’ come i caveau delle banche, sono a tempo e si disattiveranno solo al primo raggio di sole” spalancò in modo plateale il braccio libero, mostrando lo spazio attorno a loro “Poco male. Sarai mio ospite, anche se mi rammarica informarti che al momento la mia sola e unica camera per gli ospiti è occupata dal licantropo e quindi-”
“Non ti preoccupare. Se devo rimanere qui, il divano andrà benissimo” si affrettò a dire Alec, guardandosi in giro imbarazzato.
“Se proprio non posso farti cambiare idea e mostrarti alternative migliori…” sospirò Magnus e, notando che Alec avesse colto l’allusione arrossendo all’inverosimile, riprese “E divano sia”
Senza allontanare i propri occhi da quelli del nephilim, con pochi gesti meno appariscenti del solito, lo stregone trasformò il sofà in un comodo letto dalle sontuose lenzuola di raso e morbide coperte damascate. Continuando a tenere al petto Presidente, Magnus donò ad Alec ancora un profondo e lento sguardo, prima di augurargli la buonanotte e volgergli mestamente le spalle.
 
***
 
Magnus stava camminando nervoso dal letto alla grande finestra e ritorno, lottando con tutta la forza che possedeva per contrastare la sua natura e la sua indole abituata a prendersi ciò che voleva.
Mai aveva trovato qualcuno in grado di resistere al suo fascino e per di più con quell’innocenza disarmante.
Alla fine dei giochi, era lo stregone ad essere caduto nella rete del giovane cacciatore, rimanendovi imbrigliato sempre più.
Pur ostentando la sua solita calma, dentro sentiva un fuoco spingerlo a gettare alle ortiche le regole della buona ospitalità e rischiare anche gli accordi – chissà se vi erano articoli che disciplinavano possibili assalti da parte di un nascosto nei confronti di un innocente e sexy figlio dell’Angelo? – e sorseggiando l’ennesimo alcolico ringhiò frustrato, guardandosi intorno alla ricerca del Presidente Miao, sperando almeno nella sua morbida compagnia.
A piedi nudi, con indosso morbidi e larghi pantaloni di lucida seta bianca e una lunga vestaglia a collo alto piena zeppa di ricami e completamente aperta sul petto nudo, Magnus, senza produrre il benché minimo rumore, uscì dalla propria camera, incamminandosi verso il salone.
Sapeva che ciò che avrebbe trovato non avrebbe fatto altro che peggiorare lo stato in cui già versava e, consapevole di ciò, dopo aver preso un profondo respiro, svoltò l’angolo del corridoio, inoltrandosi nella penombra della stanza.
Era ancora notte fonda ma le luci di Brooklyn illuminavano sufficientemente la camera affinché la vista di Alec morbidamente addormentato stringesse il petto dello stregone come una morsa seducente.
Era bello.
Era così bello, apparentemente indifeso e puro.
Candido, nonostante la vita che aveva vissuto, gli allenamenti da cacciatore e la rigidità tipica della famiglia dalla quale discendeva.
Non riuscì a resistere alla distanza che ancora li separava e così decise di distruggerla passo dopo passo.
Giunto accanto al bordo del letto, si sedette leggero, cercando di ridurre al minimo l’affossarsi del materasso, e osservò il petto scolpito di Alec deliziosamente coperto da un’accennata e dannatamente eccitante peluria scura alzarsi e abbassarsi ritmicamente.
E lì, esattamente al centro dell’addome, comodamente accoccolato metà sulla pelle e metà sulle coltri se ne stava il gatto di casa.
“Presidente, piccolo infingardo traditore” sussurrò Magnus, timoroso che i sensi allenati di Alec fossero sensibili al minimo rumore, ma nessun movimento diede segno che il giovane si stesse destando “Vieni qui”
Il gatto, quasi prendendosi beffe di lui – a volte lo stesso Magnus aveva dubbi sulla totale natura felina di quell’esemplare che si era scelto per coinquilino – aprì un occhio, osservandolo quasi scocciato e, chiudendolo subito dopo, voltò la testolina dall’altra parte, dandogli bellamente le spalle.
“Ti affamo, giuro su mio padre che ti affamo” borbottò ancora Magnus, questa volta un poco meno attento al volume della sua voce, allungando le mani verso il dorso del gatto così da portarlo in camera propria.
Per un attimo – uno soltanto – si era scordato delle capacità del suo ospite, che veloce e pronto si destò, muovendosi con gesti puliti e precisi.
La parte alta delle braccia di Magnus venne stretta con grande forza e con un unico movimento fluido Alec girò su se stesso, atterrando contro il materasso il corpo di quello che credeva essere il suo assalitore.
“Magnus?” il nephilim disse il nome dell’altro con voce incredula, torreggiando su di lui e vedendo – nonostante la scarsa luce presente e in parte ancora intorpidito dal sonno interrotto – lo stregone steso sotto di sé con gli occhi spalancati.
Le mani del padrone di casa allentarono la presa e un agitato e quanto mai scocciato Presidente Miao fuggì, saltando giù dal letto e sparendo nel buio della casa.
“Cosa stavi facendo?” indagò guardingo Alec, senza compiere nessun movimento se non aggiustare la presa sui bicipiti dell’altro che sentiva tesi sotto la sottile stoffa ricamata, rimanendo a incombere con tutto il proprio corpo su quello dello stregone.
“Non riuscivo a dormire e”
“Mi stavi spiando?”
“No, cioè io” e rilassando i muscoli, il figlio di Lilith riprese la sua naturale confidenza e accattivante voce suadente “Non sono solito dormire solo e così mi sono messo a cercare Presidente”
Avendo visto effettivamente il gattino tra le sue mani, la diffidenza naturale di Alec si quietò, almeno in parte, permettendogli di accorgersi della posizione in cui erano.
In silenzio, il cacciatore distese le dita, alleggerendo la presa delle mani sulle braccia di Magnus, spostandole poi, a palmi aperti, sul materasso ai lati delle sue spalle senza dare cenno di voler liberare completamente lo stregone.
“Alec” soffiò in un rapido sospiro Magnus sollevando una mano e posandola timoroso e delicato su una guancia.
“Stai tremando” constatò il giovane legando i loro occhi, avendo avvertito l’insicurezza nel tocco delle dita sulla pelle del proprio viso.
“Ho paura” e di fronte al viso incredulo e curioso di Alec, l’immortale continuò “Ho paura che tu possa scappare via se mai compissi un movimento e un gesto azzardato. Ho paura di farti paura”
“Io non ho paura”
“Bene, allora” Magnus alleggerì la tensione presente, aprendosi in un malizioso sorriso “Strana posizione la nostra. Pensi di fare qualcosa? Che ne so, approfittarne?” chiese muovendo poi leggero il pollice avanti e indietro sulla sua guancia.
Gli occhi di Alec si sgranarono come Magnus neppure pensava fosse umanamente possibile, mentre balbettanti sillabe a caso uscivano dalle sue labbra e il corpo inesorabilmente iniziava ad allontanarsi.
Prima che il contatto tra le loro pelli scemasse completamente, Magnus con un veloce movimento, lasciò scivolare la propria mano dietro il collo del nephilim, riportandolo vicino e premendo la bocca su quella meravigliata di Alec.
Fu  un rude e asciutto contatto tra bocche serrate, nulla di memorabile o degno di nota, se visto dall’esterno, ma per Magnus e Alec significò di più, molto di più.
Lo stregone, dopo quasi un secolo, aveva gettato alle ortiche la sua algida superiorità, accettando di mettersi nuovamente in gioco.
Alec aveva appena ricevuto il suo primo bacio. Certo non lo aveva immaginato così, ma ciò non mutava la realtà: quello era stato il suo primo bacio.
 
Dopo alcuni secondi di imbarazzante immobilità, il figlio dell’Angelo ritrovò concentrazione e lucidità sufficiente e, con entrambe le mani, fece leva sul petto dell’altro, riuscendo ad allontanarsi così da portarsi in ginocchio al centro del letto.
Magnus rimase senza parole ad osservare il giovane uomo che aveva di fronte.
Era bello da mozzare il fiato.
Il petto che si alzava e abbassava rapido, l’agitazione che si dimenava al suo interno, le mani strette a pugno e le braccia abbandonate lungo i fianchi.
Osservando con maggiore attenzione il quadro d’insieme, lo stregone vide purtroppo sul suo viso e nei suoi occhi l’ultima emozione che avrebbe voluto vedere.
Alec era terrorizzato e non era certamente questo ciò che aveva bramato suscitare in lui.
La parola che mai avrebbe pensato di pronunciare sgattaiolò fuori dalle labbra dell’eterno “Perdonami”
“Tu… io… tu mi hai” borbottò sedendosi sui talloni, prima di scattare e ritrovarsi in piedi al centro della stanza, impegnato a guardarsi intorno alla ricerca della camicia che si era sfilato prima di mettersi a letto.
“Alexander” lo seguì Magnus, riuscendo a riacchiapparlo e a farlo sedere sul bordo del letto, mentre questo ancora stringeva tra le mani la stoffa della camicia appena ritrovata “Guardami” e, portato il viso in linea con il proprio, riprese “Non puoi lasciare l’edificio. Mi dispiace averti spaventato, non era mia intenzione, ma mi duole rammentarti che non puoi lasciare l’edificio adesso, a meno che tu non voglia andare incontro a una morte cruenta. Ora io me ne torno in camera e ti lascio in pace, promesso”
Non ricevendo risposta alcuna, il padrone di casa si alzò, allontanandosi di qualche passo prima che la voce sicura di Alec lo fermasse “È stato il mio primo bacio”
“Davvero?” si voltò stupito lo stregone.
Al muto cenno di conferma, Magnus riprese “Allora ti debbo porgere doppiamente le mie scuse, suppongo non lo avessi sognato di certo così e con me, per di più”
Mentre parlava, il padrone di casa vide Presidente zampettare con nonchalance al centro del letto, avvicinandosi alla chetichella alle gambe di Alec.
“Sarà meglio che io me ne torni di là”
“Aspetta” e prendendo in braccio il gatto, Alec si avvicinò all’immortale “tieni, avevi detto che non ami dormire da solo”
“Non preoccuparti per me e poi penso che Presidente preferisca rimanere qui con te” e avvolto da un turbine di seta colorata, Magnus si incamminò verso il corridoio congedandosi con un sussurro “Sogni d’oro fiorellino”
 
***
 
La luce proveniente dalle finestre cresceva attimo dopo attimo, segno che il buio stava oramai cedendo il passo a un nuovo giorno e che la notte a casa dello stregone era oramai giunta alla sua naturale conclusione.
Alec non aveva chiuso occhio se non per poche e sporadiche manciate di minuti, troppo sconvolto e su di giri per poter quietare animo e cuore.
Come al solito il suo carattere timido e insicuro si era rivestito di freddo contegno e non si stupiva se aveva addirittura indotto Magnus a chiedere scusa per ben due volte.
Non era però sua intenzione far sentire in colpa l’eterno.
Alec era semplicemente frastornato e la sua apparente incapacità emotiva aveva fatto il resto, tramutando la sua sorpresa in quello che poteva parer disgusto o disprezzo.
Ma non era stato così.
Doveva riconoscere a se stesso che ogni volta in cui il proprio spazio veniva invaso dalla personalità ingombrante e strabordante di Magnus, Alec non sapeva come agire e reagire.
Era stato istruito per anni a sviluppare capacità decisionali non indifferenti, così da sapere cosa fare nelle situazioni più disparate.
Era in grado di fronteggiare demoni e pericoli, di organizzare e pianificare incursioni e poi era sufficiente un mezzo sorriso o uno sguardo anche solo lontanamente ammiccante da parte di quello stregone coperto di lustrini e il suo cervello andava in corto circuito, rendendolo incapace di comportamenti coerenti.
Sbuffando per l’ennesima volta, il nephilim si voltò su un fianco e cercò di concentrarsi sui movimenti languidi di Presidente che, concentrato in uno sbadiglio, si stava oziosamente stiracchiando.
Imitando, anche se con meno grazia, i movimenti del felino, Alec abbandonò il letto e indossati camicia, scarpe e giubbotto, si chinò a prendere tra le braccia il compagno di quella nottata.
Volgendo lo sguardo alle vetrate che si affacciavano su Brooklyn, il nephilim vide il sole uscire dai profili dei palazzi e ritenendo del tutto crollate le difese innalzate dallo stregone, si preparò a lasciare la casa e per questo posò il gatto a terra, incamminandosi verso la porta.
Presidente non capì cosa stesse accadendo e quindi si mise a correre con la speranza di raggiungere il cacciatore prima che questi guadagnasse la fuga, iniziando a miagolare e infilarsi tra i suoi piedi passo dopo passo.
“Ehi” si lamentò Alec dopo aver rischiato di cadere faccia a terra e, resosi conto ben presto di essere incapace di seminare un povero piccolo gatto, si arrese e piegandosi sulle ginocchia, prese in braccio il Presidente Miao.
Decise che l’unica possibilità per uscire da quella casa, fosse fare in modo che il gatto non potesse seguirlo e, per questo motivo, il nephilim si mise alla ricerca della camera dello stregone, convinto che tra le amorevoli braccia del suo padrone il micio si sarebbe tranquillizzato.
Seguì il corridoio dal quale aveva visto uscire ore prima Magnus e dopo aver trovato la stanza di Luke e un bagno sontuoso oltre ogni possibile immaginazione, giunse davanti a una porta con due ante scorrevoli leggermente discostate, forse in vista del possibile ritorno del gatto.
Nella mente di Alec una voce compita e seria iniziò a indicare quelle che sarebbero state le azioni più ovvie da compiere: A) chinarsi, B) far passare l’animale nello spazio tra i battenti, C) chiuderli e D) andarsene il più rapidamente possibile da quella casa.
Il cacciatore approvò tale tabella di marcia e subito dopo, inspiegabilmente, si ritrovò a compiere gesti diametralmente opposti, come ad esempio aprire lentamente la porta e introdursi furtivamente nella stanza.
 
La luce che entrava di attimo in attimo con maggior prepotenza dalla finestra permise ad Alec di osservare la ricercatezza e l’opulenza di ogni dettaglio presente – dalle tende lunghe fino a terra drappeggiate ad arte da corde dorate alle poltrone di foggia settecentesca ricoperte di stoffe vellutate, dall’enorme letto a baldacchino ai vari capi di vestiario gettati alla rinfusa su ogni superficie disponibile – ma ciò che attrasse l’intera attenzione dell’intruso fu il corpo morbidamente gettato sulle coltri.
Magnus era profondamente addormentato.
Il trucco era in parte sbavato e sbiadito e i glitter parevano aver iniziato ad andare a spasso ovunque sul suo viso.
Quando lo stregone si era mostrano nel suo abbigliamento da casa, Alec aveva lottato per non studiarne ogni minimo dettaglio e non dare tale soddisfazione all’eterno, ma ora poteva.
L’immortale aveva ancora indosso la lunga vestaglia, ora completamente aperta e che lasciava lo sguardo libero di vagare sul petto muscoloso, definito e perfettamente liscio e glabro. Il giovane – con alle spalle anni di addestramento e lunghe ed estenuanti ore di attività fisica e caccia – mai si sarebbe aspettato di vedere un corpo così curato e mascolino in colui che riteneva essere ozioso di natura.
Deglutendo, lo sguardo seguì gli addominali perfettamente disegnati giungendo inaspettatamente al punto in cui avrebbe dovuto trovarsi l’ombelico.
 
“I figli dei demoni possono avere segni distintivi differenti l’uno dall’altro, ma tutti sono uniti da una specifica caratteristica: sono privi di ombelico”
 
La voce noiosa di Hogde tipica delle lezioni teoriche in Istituto gli esplose nella testa, ma nonostante la consapevolezza che la sua presenza lì e l’interesse che sentiva nascere in sé per quel nascosto non sarebbero stati ben visti dalla sua gente, continuò a bearsi di quanto i suoi occhi avevano davanti, permettendo loro di scendere ancora.
I profili delle anche disegnavano un’accattivante V che si inabissava sotto il tessuto chiaro e leggero dei pantaloni, stretti poco sotto la vita da un sottile nastro nero. A quella vista, che diveniva via via più pericolosa per l’autocontrollo e il battito crescente del suo cuore, Alec si fece violenza, costringendo se stesso a sollevare lo sguardo, prendere un respiro profondo, piegarsi in avanti e posare con calma e lentezza Presidente Miao accanto al cuscino, quasi in linea con la spalla di Magnus.
 
Ogni passo che conduceva il nephilim verso la porta era più arduo e difficile del precedente.
Una piccola parte di sé – probabilmente quella più sincera, coraggiosa e irrazionale – desiderava con tutta la propria forza che magicamente lo stregone si destasse esattamente in quel momento e che iniziasse a parlare nel tentativo di convincerlo a rimanere ancora con la promessa di un caffè o di qualcosa di oscenamente allusivo, così tipico di Magnus, ma non accadde.
O meglio, non accadde se non quando il cacciatore aveva oramai quasi raggiunto il corridoio.
Un mugolio soffice e strascicato lasciò il letto che si era lasciato alle spalle e quando ad esso si unì, anche se non completamente comprensibile, il proprio nome, lo shadowhunter, si voltò rapido.
“Alec, stai andando via?”
“Sì, ti ho riportato Presidente Miao”
“Resta”
La speranza di Alec stava divenendo realtà davanti ai suoi occhi e per questo si lasciò scappare un sorriso che il padrone di casa non comprese, pur compiacendosene, e sedendosi al centro del letto, l’uomo ritentò la sorte.
“So che ora puoi uscire senza correre il rischio di trasformarti in glitter e nebbiolina scintillante, ma mi piacerebbe ti fermassi per, non so, per…”
“Per un caffé?” Alec terminò la frase al posto suo.
“Oh, Alexander” iniziò Magnus interrompendosi subito a causa di un profondo sbadiglio, sollevando le braccia per distendere la schiena e regalare un’indecente visione del propri addominali.
Solo terminate queste azioni riprese a parlare “Se vuoi fermarti per colazione, non hai che da chiederlo”
 
Alec rimase a bocca aperta per qualche attimo prima di ricollegare bocca e cervello “No, io non... sei tu che… cioè io pensavo tu volessi-”
“Tranquillo, è tutto ok. È naturale che tu non voglia più allontanarti da me!” continuò a scherzare Magnus con il suo solito tono accattivante mentre si alzava in piedi e, lasciata scivolare a terra la lunga vestaglia, coperto solo da quegli indecenti e troppo sottili pantaloni bianchi andava incontro ad Alec per poi superarlo e raggiungere la cucina.
 
Quando fu sicuro di essere stato seguito, lo stregone domandò “Allora vuoi solo un caffè?”
“Quello che prendi tu andrà bene”
“Fiorellino non ti ho chiesto se vuoi quello che voglio io, anche perché in quel caso fidati, l’ultimo mio pensiero riguarderebbe del cibo, anzi no, potrebbe anche riguardare del cibo, ma comunque” e dopo una piccola pausa ad effetto, riprese il filo iniziale del discorso alzando gli occhi al cielo e agitando le mani “Ora dimmi cosa preferisci”
“Un caffè nero con tanto zucchero”
“E sia” con un piccolo gesto di sole due dita, un bicchiere da asporto pieno di caldo e fumante liquido scuro apparve sul ripiano dell’isola della cucina “Altro?”
“No grazie davvero” rispose in fretta Alec prendendo tra le mani il proprio caffè e iniziando a soffiarci sopra, forse solo per avere la scusa di abbassare lo sguardo e non continuare a guardare il petto nudo dell’altro.
 
Il silenzio avvolse lieve i due, intenti a sorseggiare le proprie bevande, fino a che Alec vinto dalla curiosità non chiese a Magnus cosa stesse bevendo.
“E così vuoi sapere cosa mi piace?” domandò a sua volta flirtando spudoratamente l’eterno, circumnavigando il tavolo che li separava per arrivare a sfiorare con il proprio corpo le ginocchia di Alec appollaiato su un alto sgabello.
“Il caffè. Solo il caffè. Come prendi il caffè?” balbettò a disagio il nephilim nascondendo poi parte del viso sul bicchiere e soffiando ancora sul contenuto.
“Nero, niente zucchero ma con sciroppo alla vaniglia e caldo, molto molto caldo” l’immortale descrisse ogni elemento abbassando sempre più il tono della voce, premendo il proprio addome contro le gambe piegate di Alec che istintivamente aprì, poco a poco, le ginocchia permettendo a Magnus di avanzare ancora e infilarsi tra esse completamente.
 
Dopo alcuni imbarazzanti attimi di silenzio – imbarazzanti per Alec, ovviamente – Magnus parlò ancora “C’è altro che vuoi sapere su di me? Come mi piace prendere altro, ad esempio?” alluse in modo osceno, guardandolo da sotto in su attraverso le ciglia.
Il nephilim si ritrovò a comparare la voce dell’uomo con le fusa che avrebbe potuto fare Presidente e, valutando come estremamente pericoloso l’effetto che la prima aveva su di lui e senza mettere in secondo piano l’ultima per nulla velata provocazione, abbandonò il bicchiere sul ripiano e spingendo con malagrazia via sa sé Magnus, scese dallo scanno.
Con il petto che si alzava e abbassava in modo forsennato, il respiro corto e il viso rosso come non mai, Alec farfugliò velocemente poche parole “Io devo andare” e finalmente quella volta riuscì a scappare dall’appartamento.
“A presto fiorellino, torna quando vuoi” gridò Magnus mentre oramai il cacciatore aveva iniziato a scendere le scale e, sorseggiando il proprio caffè, lo stregone sorrise al suo appartamento vuoto, convinto che prima o poi quell’uragano di shadowhunter sarebbe tornato da lui.
 
***
 
Era da poco passata l’alba del sesto giorno dalla fuga di Alec dal loft e Magnus non aveva avuto nessuna nuova visita da parte del sexy e impacciato nephilim. Per questo si aggirava come un’anima in pena per il suo loft.
Presidente cercava aveva imparato a sue spese che fosse meglio non trovarsi sulla traiettoria dei passi strascicati del suo padrone e, oramai rassegnato, confidava nella magia a tempo che, a orari prestabiliti, si prendeva cura di lui e gli riempiva le ciotole di ottimo cibo.
 
Magnus con un gemito di totale infelicità si lasciò cadere teatralmente sui soffici cuscini che ricoprivano il divano. Quella mattina non aveva neppure trovato la forza di compiere le solite e abituali magie di make up e quindi i capelli erano di un unico colore – il nero – senza strutturate pettinature, ma anzi ricadevano con una lunga frangia sugli occhi anch’essi privi di qualunque luccichio o chiaroscuro studiato ad arte.
Aveva addosso solo un enorme maglione di lana grossa di un colore così spento e triste da non essere neppure classificabile, indumento che gli arrivava a metà coscia.
L’ennesimo sospiro fuggì dalle sue labbra e prima ancora che l’eco di quel gemito si dissolvesse, il campanello della porta interna dell’edificio suonò.
Magnus si mise in piedi lentamente e a piedi nudi raggiunse l’uscio.
Senza neppure sfiorarla – non voleva vedere nessuno e nei giorni scorsi aveva già cacciato in malo modo almeno un paio di clienti – prese fiato e con voce dura gridò.
“Chi osa disturbare Magnus Bane, Sommo Stregone di Brooklyn? Non si accettano richieste di incantesimi o simili, chiunque tu sia vattene all’istante!”
Dopo un paio di secondi di silenzio – l’eterno era convinto di aver interpretato la sua parte in modo strepitoso – una voce incerta e scoraggiata provenne dall’altra parte della porta.
“Sono Alec, Alexander Lightwood”
 
Magnus girò su se stesso come se stesse eseguendo una piroetta nel bel mezzo di una ricercata coreografia e, in un battito di ciglia, corse a spalancare il battente trovando di fronte a sé la bellezza genuina e pura del cacciatore.
“Alexander” quasi balbettò l’eterno preso completamente alla sprovvista da quella visita che riteneva oramai un miraggio lontano.
“Io, io ti ho portato la colazione” pronunciò rapido come a voler evitare di essere di nuovo preso a male parole sollevando entrambe le mani così da mostrare, in una i bicchieri di carta di Starbucks e nell’altra una grossa busta di carta marrone “ma non era mia intenzione disturbarti, quindi ti lasciò il caffè e me ne vado”
“Scusami” si affrettò a dire il padrone di casa, sperando che quell’unica parola, come un potente incantesimo, impedisse al nephilim di andarsene “Sono stato scortese e non era davvero mia intenzione. Ti prego entra” e, scostandosi dal vano della porta, pregò tutte le divinità possibili affinché Alec accettasse quel semplice ma sincero invito.
Evidentemente quello doveva essere il suo giorno fortunato perché il giovane Lightwood mosse un passo avanti e poi un altro ancora, continuando fino a raggiungere il centro del loft.
Chiusa la porta alle sue spalle, Magnus raggiunse il suo ospite e con un silenzioso cenno della mano, gli indicò la cucina. Alec seguì anche quell’indicazione, cercando di non fissare insistentemente le gambe belle e nude che sbucavano dal bordo di quel lunghissimo cardigan.  
 
Dopo aver posato sul ripiano i due bicchieri, Alec iniziò a rovistare nel sacchetto estraendo due muffin, alcuni cookies con gocce di cioccolato e due ciambelle ricoperte di glassa.
“Hai svaligiato una caffetteria per noi due Alexander?”
“Cosa?” sollevò il capo osservando Magnus che piegato in avanti con i gomiti puntati sul marmo e il viso poggiato sulla coppa formata dalle proprie mani lo scrutava curioso e divertito “No, solo non avevo idea di cosa ti piacesse e quindi ho preso un po’ di tutto”
“Sei adorabile e, dimmi, ti sei ricordato di come prendo il caffè?”
“Certo” rispose sicuro il ragazzo, con nella voce anche un pizzico di tono offeso, come se fosse assurdo ipotizzare che se lo fosse scordato.
 
Spiluccando a piccoli pezzi un muffin ai mirtilli, Alec azzardò porre una domanda allo stregone che ancora si godeva il suo caffè.
“Come mai hai urlato prima?”
“Fiorellino, non avevo idea fossi tu” Magnus deviò abilmente una risposta completa prendendo un lungo sorso dal bicchiere.
“Ti vedo stanco. È successo qualcosa che…” iniziò a farfugliare il cacciatore, non sapendo neppure cosa chiedere in fondo.
“Ero triste e arrabbiato perché non eri più venuto da me” avrebbe tanto voluto dire Magnus ma, perso per un attimo nei suoi pensieri, si rese subito dopo conto dello stato in cui si era presentato e così, coprendosi il viso e arretrando, strillò “Oh per l’Angelo, Alec non guardarmi! Sono nudo”
“Nudo? Ok, ti mancano i pantaloni ma non mi pare che tu sia nudo”
“Sciocco! Non nudo in quel senso” e, camminando veloce, lasciò la cucina spingendo, anche solo per curiosità, il nephilim a seguirlo “Sono senza trucco, i miei capelli sono un disastro e indosso il capo meno sexy esistente sull’intera faccia del pianeta” e con queste ultime parole Magnus sparì dietro i battenti della porta della sua camera da letto.
Ad Alec, abbandonato in mezzo al corridoio, non restò che tornare sui propri passi e accomodarsi sul divano, in attesa che la regina del dramma tornasse da lui.
Scrutando alla luce del giorno l’appartamento appariscente e stravagante in cui si trovava, d’un tratto un piccolo gnaulio lo fece sobbalzare e piegandosi in avanti, vide accanto ai propri piedi il gatto di casa.
“Ciao Presidente Miao” e allungando le mani, senza alcun problema da parte del felino, se lo tirò in grembo.
Come se Magnus avesse sentito minacciata la sua ingarbugliata situazione con il nephilim, ecco che apparve in tutta la sua sfolgorante persona, giungendo a non più di qualche passo dal sofà.
“Eccomi qui. Ora sono presentabile” esordì, per riprendere a parlare subito dopo una breve pausa “E ora che sono presentabile, tu non mi degni neppure di uno sguardo” concluse, lasciandosi mollemente cadere sul divano accanto al giovane.
Alec voltò il capo nella sua direzione regalandogli un sorriso, così senza nessun apparente motivo, mentre con le dita continuava a far giocare il gatto che teneva in braccio.
“Ti senti meglio ora?” chiese il cacciatore.
“Un po’”
“Allora, vuoi dirmi il motivo del tuo malumore?” lo shadowhunter formulò nuovamente la domanda di poco prima, auspicando in una risposta questa volta.
“Per colpa tua”
“Colpa mia? Come è possibile? Sono giorni che non ci vediamo” tentò di giustificarsi Alec.
“Appunto”
“Ti-ti mancavo?” balbettò incredulo il nephilim.
“Ovvio. Quando la smetterai di non vedere quanto vali? Quando la pianterai una buona volta di sminuirti? Sei affascinante, sincero e coraggioso. Te l’ho già detto e te lo ripeto, qualcosa è scattato dentro di me non appena ti ho visto”
Le guance di Alec erano oramai rosse e, guardandole, Magnus non poté impedirsi di immaginare quanto dovessero essere meravigliosamente calde e lisce sotto le dita, ma si trattenne dal verificarlo, non volendo farlo fuggire a gambe levate.
“Vorrei conoscerti meglio. Me lo permetterai Alexander?” azzardò sperare avvicinandosi di poco, scivolando sui cuscini del divano.
“Io, io credo di sì” e dopo aver deglutito vistosamente, il rampollo dei Lightwood aggiunse “Piacerebbe anche a me”
“Bene!” e battendo le mani, apparve davanti a loro un piccolo tavolo con sopra una serie di ampolle e un piccolo calderone “Posso avere un po’ del tuo sangue?”
“Il mio sangue? A che cosa ti serve il mio sangue?” arretrò sulla difensiva Alec scrutando con attenzione ogni movimento dello stregone.
“Se tu mi concederai anche solo qualche goccia del tuo sangue, potrò fare in modo che la mia umile dimora ti riconosca e ti permetta di entrare ogni volta tu voglia” spiegò afferrando un piccoli punteruolo e voltando il busto verso destra.
“Un metodo più normale?”
“Sei un guastafeste! E sia” con un suadente movimento della mano l’inquietante apparizione di poco prima si dissolse e comparve invece tra le dita una lunga chiave dorata che Magnus allungò poco dopo verso Alec.
Prima ancora che il cacciatore potesse allungare la propria mano e afferrare il pezzo di metallo, il suo cellulare iniziò a suonare e vibrare, costringendo lo shadowhunter a consegnare Presidente al suo padrone e ad alzarsi dal divano per rispondere.
La conversazione fu breve e le parole pronunciate dal nephilim lì presente poche.
Quando tornò verso il divano, Magnus già sapeva cosa avrebbe detto.
“Devo-“
“Devi andare immagino” concluse per  lui lo stregone ottenendo un mero cenno di assenso.
 
Alzandosi, Magnus lo accompagno verso l’uscita in silenzio, decidendo di parlare solo dopo aver aperto la porta.
“Cosa dire allora? Grazie per la colazione” e, infilando lentamente la chiave nella stretta tasca dei pantaloni indossati dal cacciatore, aggiunse “Sentiti libero di usarla ogni volta che vorrai”
Alec annuì nuovamente per pronunciare poco dopo parole che l’immortale mai si sarebbe aspettato “Sai, non ti stava male quel maglione”
Detto ciò, Alexander gli regalò ancora un sorriso e subito dopo scappò via.
   
 
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