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Autore: eugeal    12/04/2016    0 recensioni
Si dice che alla vigilia di Ognissanti le anime dei morti tornino a camminare sulla terra.
Guy di Gisborne non crede alle superstizioni popolari, ma per conquistare l'attenzione di Marian è disposto a sfidare anche gli spiriti inquieti.
Ma l'arrivo di una misteriosa carrozza senza cocchiere potrebbe scuotere le sue convinzioni...
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Nuovo personaggio, Robin Hood
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Guy scivolò all'interno dei propri alloggi e si chiuse la porta alle spalle senza fare rumore.
Sospirò di sollievo: era riuscito a tornare nelle proprie stanze senza incontrare nessuno e per fortuna nessuno aveva assistito al suo incontro con il cane in cortile.
Guy sentì le guance calde al pensiero di quello che avrebbe potuto dire lo sceriffo vedendolo tanto terrorizzato per un semplice cane randagio. Di certo avrebbe fatto in modo di umiliarlo di fronte a più persone possibile e se avesse visto il contenuto del cestino che Guy aveva in mano, avrebbe riso di lui per almeno un mese di fila.
Ma lo sceriffo non era lì, era a letto privo di sensi, ferito da un aggressore misterioso.
Anche se si sentiva sciocco, Guy tirò fuori le “soul cake” dal cestino, le dispose ordinatamente su un piatto e le appoggiò sul davanzale della finestra, poi prese la lanterna ricavata dalla rapa, la riaccese e la mise sulla mensola del camino.
Sbadigliò. Aveva passato una notte insonne e il resto della giornata era stato faticoso e pieno di emozioni.
Guy si sentiva molto stanco, ma sapeva che il suo lavoro non era ancora finito: un assassino feroce si aggirava per il castello e lui avrebbe fatto bene a trovarlo prima del risveglio dello sceriffo.
Ma forse poteva riposare per un po', in attesa che le sue guardie venissero a fargli rapporto dopo aver esaminato il castello da cima a fondo, si disse. Faticava a tenere gli occhi aperti e sentiva il bisogno di dormire perciò si stese sul letto senza spogliarsi, limitandosi a togliersi solo gli stivali e la cintura della spada.
Si rannicchiò su un fianco, avvolgendosi nelle coperte e chiuse gli occhi. Li riaprì di scatto, colto da una paura irrazionale: e se le anime delle persone che aveva ucciso agli ordini dello sceriffo avessero deciso di venire a tormentarlo?
Le fiamme del camino facevano tremare le ombre della stanza, facendole sembrare vive e per alcuni attimi Guy credette di vedere figure oscure in agguato negli angoli più oscuri, pronte a strisciare verso il suo letto.
- E pensare che ho detto a Marian che queste cose non mi facevano alcun effetto... - Sussurrò tra sé, un po' divertito e un po' vergognoso, spostando gli occhi dalle tortine sul davanzale della finestra alla rapa incisa sulla mensola del camino.
Forse erano solo superstizioni, ma quei semplici oggetti lo rassicuravano un po': se gli spiriti esistevano davvero, le “soul cake” li avrebbero rabboniti, mentre la lanterna li avrebbe tenuti lontani dal suo letto.
Guy tornò a chiudere gli occhi e sorrise mentre si addormentava.
Marian l'ha incisa per me.

Robin sorrise nel sonno, quasi in estasi. Era da molto che non veniva toccato in quel modo da una donna e non pensava che Marian potesse essere tanto audace.
Affondò una mano tra i boccoli castani, assaporando la loro morbidezza e sussultò appena nel sentirsi mordere un labbro.
Il sapore metallico del sangue gli riempiva la bocca e forse spiegava il rosso delle labbra della sua donna.
Era strano, pensò confusamente, Marian non aveva mai avuto labbra così rosse e i suoi occhi non erano mai stati pozzi tanto scuri e profondi.
Forse la donna che lo stava baciando non era Marian e Robin sapeva che quel pensiero avrebbe dovuto essere importante, ma per qualche strano motivo non lo era poi così tanto. Ogni sua volontà era risucchiata da quella sonnolenza e dalle sensazioni travolgenti che provava.
- Dammi tutto. Voglio ogni goccia di te. - Sussurrò la donna e Robin si arrese con un gemito a metà tra piacere e sofferenza.
- Quello che vuoi. Sono tuo. - Sussurrò, arrendendosi.
All'improvviso tutto quel calore svanì e lui si ritrovò in un vuoto gelido. Da solo.
Era steso sul pavimento di una delle stanze vuote del castello e, anche se la pietra era gelida, lui si sentiva ancora più freddo.
Si voltò su un fianco, tremando e una fitta di dolore gli attraversò il collo. Robin alzò una mano a toccare il punto che gli faceva male e la ritirò bagnata di sangue. Guardò con orrore le dita macchiate di rosso e si rese conto che anche lui aveva rischiato di fare la fine delle altre vittime delle aggressioni e di morire dissanguato.
Lentamente si tirò a sedere, chiedendosi perché l'assassino non avesse portato a termine il lavoro.
Di certo non per bontà d'animo, a giudicare dall'aspetto del cadavere della guardia che aveva visto poco prima.
Robin usò la sciarpa che portava al collo per bendare la ferita e la strinse un po' per fermare il sangue. Quella pressione sul suo collo martoriato era fastidiosa e faceva male, ma era necessaria se non voleva rischiare di fare una brutta fine.
Aveva già perso troppo sangue: si sentiva debole e i suoi pensieri erano confusi e rallentati.
Il suono di stivali pesanti lungo il corridoio lo mise in allarme: sembrava che le guardie stessero pattugliando il castello.
Probabilmente era stato il loro passaggio a mettere in fuga l'assassino, salvandogli la vita, ma Robin sapeva che se lo avessero scoperto, lo sceriffo lo avrebbe fatto impiccare sicuramente.
A fatica strisciò in un angolo buio della stanza e si nascose dietro una tenda, sperando che non lo trovassero perché sapeva di non avere la forza né di fuggire né di combattere.
Trattenne il respiro quando sentì la porta che si apriva, ma poco dopo i passi dei soldati si fermarono davanti al suo nascondiglio e uno di loro tirò di lato la tenda mentre l'altro gli puntava la spada alla gola.
Robin era sul punto di chiedere come avessero fatto a trovarlo, quando vide le tracce di sangue che aveva lasciato sul pavimento.
Uno dei soldati lo afferrò per un braccio e lo tirò in piedi. Robin pensò che avrebbe dovuto combattere, cercare di liberarsi e fuggire, ma non riusciva a staccare gli occhi dalle macchie scure sulle pietre del pavimento: sentiva freddo, la nausea gli stringeva lo stomaco e non era certo di riuscire a restare in piedi da solo.
- Abbiamo catturato Robin Hood! - Disse uno dei soldati, incredulo.
- Portiamolo nelle segrete e avvisiamo subito Sir Guy. Muoviti, Hood!
La guardia lo strattonò e Robin fece un passo incerto, poi chiazze nere iniziarono a danzargli davanti agli occhi e sentì che le ginocchia non lo reggevano.
Devo fuggire. Pensò, poi sprofondò di nuovo nell'oscurità.

Guy si svegliò di soprassalto sentendo battere alla porta.
Si guardò intorno, atterrito, aspettandosi di vedere qualche visione sovrannaturale che incombeva sul suo letto, qualche spettro oscuro in attesa di trascinarlo all'inferno, ma la sua stanza non aveva nulla di diverso dal solito, a parte la lanterna accesa sulla mensola del camino.
Quando bussarono di nuovo, Guy si rese conto che in quel rumore non c'era nulla di spettrale.
- Cosa c'è?! - Gridò, alzandosi a sedere sul letto e strofinandosi gli occhi con le mani. Aveva dormito un po', ma si sentiva ancora stanco.
- Signore, dovete venire subito! Abbiamo catturato Robin Hood!
Guy si precipitò ad aprire la porta e il soldato che aveva bussato sussultò per la sorpresa.
- Cosa hai detto?!
- Robin Hood è nostro prigioniero, signore. Io e Harold lo abbiamo trovato in una delle stanze vuote.
Guy lo fissò, incredulo: aveva cercato di prendere il suo nemico in tutti i modi e Hood gli era sempre sfuggito, come potevano esserci riusciti due dei suoi soldati? Se non si sbagliava, quei due non erano nemmeno tra i più svegli e abili dei suoi uomini, come potevano avere avuto successo dove lui aveva sempre fallito?
- Sei sicuro che sia proprio Hood?!
Il soldato annuì, preoccupato per lo stato mentale del suo superiore: Gisborne sembrava molto nervoso e anche il suo aspetto era meno impeccabile del solito. I suoi abiti erano in disordine come se avesse dormito senza toglierli, aveva i capelli spettinati e ombre scure sotto gli occhi e tracce chiare di qualcosa che assomigliava alla farina sul viso e sui vestiti.
- Andiamo, portami dal prigioniero. - Ordinò Guy, accennando a uscire dalla stanza, ma si fermò notando lo sguardo sconvolto del soldato. - Cosa c'è?
- Non mettete gli stivali, signore?
Guy lo guardò per un attimo, dandosi dell'idiota.
- Aspetta qui. - Disse e richiuse la porta in faccia all'allibita guardia.
Guy si appoggiò per un attimo all'anta di legno e fece un respiro profondo.
Cosa gli stava succedendo? Lui era sempre così attento a non rendersi ridicolo davanti ai suoi sottoposti e ora si era appena comportato come un pazzo furioso.
Possibile che tutta quella storia di anime inquiete e spettri vendicativi lo avesse sconvolto così tanto? Ma forse era semplicemente stanco.
In due giorni aveva dormito solo poche ore e si era scioccamente lasciato impressionare dai racconti dei popolani superstiziosi, ma ora doveva ritrovare la calma o avrebbe rischiato di farsi ridere dietro da mezza Nottingham.
Si affrettò a infilare gli stivali e a rimettere in ordine i vestiti, poi raccolse da terra la cintura della spada e se la allacciò in vita.
Riaprì la porta e fece cenno al soldato di fargli strada. L'uomo annuì, un po' più tranquillo nel vedere che Gisborne sembrava tornato a essere quello di sempre e si incamminarono verso le segrete.
- Come siete riusciti a prenderlo? - Chiese Guy, poco prima di arrivare alle celle. Era stato in silenzio per tutto il tempo senza decidersi a fare quella domanda perché non voleva dare al soldato l'impressione di essere rimasto troppo colpito dalla cattura di Robin Hood, ma alla fine la curiosità aveva avuto la meglio e Guy voleva sapere come avevano fatto due guardie incapaci ad avere successo dove lui aveva sempre fallito.
Il soldato impallidì leggermente.
- Non lo abbiamo preso, signore. Lo abbiamo trovato.
Guy si accigliò, perplesso.
- Trovato?
- Sì, Sir Guy. Si era nascosto in un angolo e non aveva nemmeno la forza di muoversi.
Il soldato si fermò davanti alle scale che portavano ai sotterranei, senza accennare ad andare oltre..
Gisborne lo guardò, chiedendosi perché si fosse fermato e l'uomo porse le chiavi delle segrete a Guy.
- Signore, fatemi pure frustare se volete, ma non andrò oltre.
- Cosa c'è, lo hai catturato e ora hai paura della vendetta di Hood?
- No signore, non di Hood.
- E di cosa allora?
- Del diavolo.
- Di che idiozie stai parlando? Perché dovrebbe esserci il diavolo nei sotterranei?!
Guy rimproverò il soldato, cercando di ignorare il fatto che se il diavolo avesse deciso di stabilirsi al castello, quello era proprio il posto in cui si sarebbe trovato di più a suo agio. Quello e lo studio di Vaisey.
Il soldato rabbrividì.
- Hood era ferito, signore, deve essere stato attaccato dallo stesso mostro che ha ucciso William e che ha aggredito lo sceriffo!
- E allora?!
- Potrebbe essere posseduto, signore.
Guy strappò le chiavi della cella di mano al soldato.
- Non dire idiozie! Se sei così codardo torna a fare il tuo lavoro, non ho bisogno della tua presenza!
L'uomo non se lo fece ripetere due volte e si dileguò dopo aver rivolto un leggero inchino al suo superiore, mentre Guy scese a grandi passi le scale delle segrete, ma arrivato a metà rallentò, non più tanto sicuro di se stesso.
La maggior parte delle celle era vuota e il silenzio era spettrale. Solo da quella in fondo giungeva il lieve suono di qualcuno che dormiva, russando leggermente e Guy si costrinse ad andare avanti.
Non aveva dato del codardo a uno dei suoi uomini per poi ridursi a tremare di paura lui stesso!
Si avvicinò alle sbarre e vide che Robin Hood era steso a terra, apparentemente privo di sensi. Guy pensò che se non fosse stato tanto rumoroso nel dormire lo avrebbe dato per morto, vedendo il pallore del suo volto e il sangue che gli era colato sul collo, inzuppandogli i vestiti.
Infilò la chiave nella serratura cercando di ignorare il tremito che gli scuoteva le mani ed entrò nella cella, richiudendosi la porta alle spalle.
Lo scatto della serratura lo fece sussultare.
Potrebbe essere posseduto, signore.
Guy deglutì e si diede mentalmente dello sciocco, poi si fece forza e si avvicinò a Robin Hood.
   
 
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