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Autore: eugeal    13/04/2016    0 recensioni
Si dice che alla vigilia di Ognissanti le anime dei morti tornino a camminare sulla terra.
Guy di Gisborne non crede alle superstizioni popolari, ma per conquistare l'attenzione di Marian è disposto a sfidare anche gli spiriti inquieti.
Ma l'arrivo di una misteriosa carrozza senza cocchiere potrebbe scuotere le sue convinzioni...
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Nuovo personaggio, Robin Hood
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Vieni. Vieni da me. Tu sei mio.
Robin aveva la sensazione di muoversi attraverso un muro d'acqua, tutto il suo corpo rallentato e pesante. Il richiamo che sentiva nella mente era spaventoso e bellissimo. Irresistibile.
- Sono tuo. - Sussurrò svegliandosi e si trovò a incontrare gli occhi azzurri di Guy di Gisborne.
- Per quanto ciò sia tecnicamente corretto, essendo mio prigioniero, preferirei che non usassi quel tono con me, Hood. - Disse Guy, con un sogghigno disgustato.
Robin arretrò istintivamente, ma si trovò a rimpiangere di essersi mosso troppo in fretta quando vide la cella che gli girava intorno. Rimase steso sulla schiena e chiuse gli occhi con aria sofferente.
- Cosa mi hai fatto, Gisborne?
- Di sicuro non sono stato io a morderti sul collo.
Robin si sfiorò la ferita con la mano e si guardò le dita: il sangue che aveva impregnato la sciarpa era ormai secco, ma sentiva che il collo era gonfio e che gli faceva male. La sensazione più sgradevole però era annidata in fondo alla sua mente, come se avesse dimenticato qualcosa di molto importante, un impegno a cui non doveva mancare assolutamente.
- Chi è stato, allora? - Chiese stancamente. Non sapeva che intenzioni avesse Gisborne, ma non aveva molta importanza perché lui comunque non aveva la forza di opporsi. Stavolta il suo avversario aveva vinto, che si godesse pure quel trionfo mentre lui riprendeva le forze.
Ma Gisborne non sembrava poi così trionfante come avrebbe dovuto essere dopo aver catturato il suo avversario, invece sembrava distratto e preoccupato.
- È ciò che vorrei sapere anche io. - Disse a bassa voce, quasi parlando da solo.
Robin si alzò a sedere, cautamente e cercò di concentrarsi sulla sua situazione per trovare un modo di salvarsi. Gisborne si comportava in modo strano, sembrava preoccupato e assorto in qualche pensiero sgradevole e Robin si chiese se avrebbe potuto approfittare di quella distrazione per sopraffarlo e fuggire.
Rinunciò a quel tentativo: era vero che Guy non aveva nemmeno estratto la spada e aveva la guardia abbassata, ma lui si sentiva troppo debole per cercare di attaccarlo. A dire il vero non era certo di essere in grado di camminare per più di qualche passo senza cadere a terra.
- Hood. - La voce di Guy lo chiamò all'improvviso e lo fece sobbalzare e Robin vide che Gisborne lo stava fissando. Rimase a guardarlo a sua volta, in attesa.
- Tu lo hai visto? Hai visto chi ti ha attaccato?
Robin era stupito da quella domanda e rifletté sulla risposta da dargli.
- Non sono state le tue guardie?
Guy sbuffò e scosse la testa con un sorriso sarcastico.
- È già tanto che quei due siano stati tanto svegli da pensare di arrestarti, ma di certo non sono stati loro a ridurti così. No, c'è un assassino al castello e voglio sapere chi è.
- E vieni a chiederlo a me?
- Tu sei sopravvissuto al suo attacco, devi ricordare qualcosa.
- Se non sbaglio anche lo sceriffo è ancora vivo, perché non lo chiedi a lui? O forse è quello che vuoi evitare?
- Rispondi, Hood!
- Lasciami indovinare, Gisborne, tu hai paura che lo sceriffo si svegli e ti chieda chi è stato a ferirlo e di non potergli dare una risposta, non è così?
Guy gli lanciò uno sguardo feroce e Robin capì di aver indovinato.
- Parla o ti farò torturare.
Robin sorrise, vedere che Gisborne era tanto agitato lo faceva sentire già meglio.
- Mi sembra che qualcuno abbia fretta, o sbaglio? Le torture possono andare avanti per molte ore, hai abbastanza tempo?
Guy scattò in avanti e lo colpì con un manrovescio che gli fece annebbiare la vista per un attimo, ma Robin non smise di sorridere: se l'avversario perdeva la calma era perché le parole di Robin lo avevano punto sul vivo.
- Cosa c'è, Gisborne, ho ragione? Cosa dirà Vaisey quando non saprai dirgli chi lo ha ridotto così? - Si consolerà quando potrà avere il piacere di impiccarti.
- Sempre che l'assassino misterioso non decida di finire il lavoro. O chissà, tu potresti essere il prossimo.
- Potrebbe finire anche il lavoro che ha iniziato con te.
- Io non ho molto da perdere, no? Se non sarà lui a uccidermi, mi farete impiccare voi, cosa cambia? Ma tu rischi di trovarti in una situazione molto brutta con un assassino libero di fare i propri comodi nel castello.
Guy rimase in silenzio, tentato di estrarre la spada e di usarla pur di far tacere Robin Hood. Ma le sue parole suonavano fin troppo vere, purtroppo.
Aveva visto con i suoi occhi cosa ne era stato della guardia uccisa, solo ripensarci gli faceva venire i brividi, e sapeva molto bene che finché non avesse trovato il colpevole, ogni abitante del castello sarebbe stato in pericolo.
Marian inclusa.
- Posso proporti un accordo, Hood.
Robin lo guardò, incrociando le braccia davanti a sé.
- Sto ascoltando.
- Dimmi tutto quello che sai, qualsiasi cosa che possa permettermi di capire chi è l'assassino e quando l'avrò trovato… - Guy esitò. Quello che stava per dire poteva essere considerato tradimento e se lo sceriffo fosse venuto a saperlo come minimo lo avrebbe fatto frustare. - Se riuscirò a catturarlo grazie alle tue informazioni, beh, potrei essere troppo impegnato a chiuderlo in una cella per assicurarmi che la porta della tua sia ben chiusa.
Robin lo guardò negli occhi e si rese conto che Gisborne non stava mentendo, gli stava davvero proponendo una via di uscita da quella situazione, perciò decise di alzare la posta.
- Ho una proposta migliore.
- Sentiamo.
- Tu lasciami uscire ora e io ti aiuterò a catturare l'assassino.
Guy lo fissò, diffidente.
- E tu vorresti che io ti lasciassi uscire da qui come se niente fosse? Non son un idiota, Hood, se lo facessi ti vedrei sparire in un attimo.
- No. Non lo farei.
- E dovrei crederti?
- Ti do la mia parola, se stringiamo un patto, io lo manterrò.
- La parola di un fuorilegge...
- La parola di Robin Hood.
Guy lo osservò a lungo, poi prese una decisione e tese una mano a Robin per aiutarlo ad alzarsi da terra.
- Allora abbiamo un accordo. Ma non illuderti, una volta catturato l'assassino tornerà tutto come prima.
Robin gli strinse la mano e si alzò in piedi, sogghignando.
- Ovviamente.
Guy lo lasciò andare e aprì la porta della cella, facendosi da parte per permettergli uscire.
- Bene, io ho rispettato la mia parte del patto. Ora tocca a te.
Robin si stiracchiò, ora che era fuori da quella cella iniziava già a sentirsi meglio.
Guy lo guardò, sospettoso.
- Almeno ce l'hai un piano?
Il fuorilegge gli rivolse un sorriso irritante.
- No, ma sono certo che mi verrà in mente qualcosa.
- Sarà meglio per te. Ora andiamo.

Marian si rigirò nel letto e buttò via lenzuola e coperte con un calcio, poi si alzò a sedere, svegliandosi con un mezzo grido.
Si guardò intorno, ansimando e il bagliore della lanterna di Guy la rassicurò dalla mensola del camino, dissipando il terrore che provava.
- Un incubo… Era solo un incubo… - Sussurrò, rivedendo nella mente la scena che aveva vissuto in sogno.
Era nella foresta di Sherwood e correva tra gli alberi, libera e felice come un puledro selvaggio, senza un pensiero al mondo.
Il sole danzava tra le foglie degli alberi disegnando macchie di luce sul sentiero e Marian pensò che non voleva fermarsi, che voleva prolungare all'infinito quel momento spensierato. Ma il sentiero si divise in due e la ragazza si fermò, indecisa sulla direzione da prendere.
Uno dei due rami si inoltrava serpeggiando in una foresta scura e lussureggiante, forse fin troppo ombrosa, ma fitta di misteri che la incuriosivano. Non era un sentiero facile e un po' la spaventava, ma aveva l'impressione che in fondo al sentiero potesse esserci qualcosa di speciale.
L'altra strada era dritta e piena di sole, larga e comoda da percorrere, una via sicura e calda, tanto ampia e luminosa da farla sentire un po' insignificante, una viandante simile a tanti altri.
La ragazza rimase ferma al bivio, indecisa. Una strada la attraeva con la sua ombra e l'altra la attirava per la sua luce, completamente diverse tra loro, ma entrambe interessanti.
Mentre pensava, Marian si trovò circondata dalla notte all'improvviso, da un buio spaventoso, gelido e opprimente.
Doveva fuggire, proseguire il suo cammino, ma non sapeva dove andare.
Una mano le toccò la spalla e dietro di lei c'era Guy, sorridente e con in mano la lanterna che aveva inciso per lei.
- Permettetemi di fare luce sul vostro cammino.
- Forse seguiamo strade diverse.
- Allora prendete la lanterna, vi proteggerà.
Marian aveva preso la rapa tra le mani e la fiamma della candela le aveva riscaldato le dita intirizzite. Quando si era girata verso Guy per ringraziarlo, era inorridita: il taglio che si era fatto sulla mano si era riaperto e il sangue gli colava tra le dita e cadeva a terra, formando una pozza ai suoi piedi.
- Cosa vi è successo?! Dovete bendare quella ferita!
Guy aveva scosso la testa, pallido e con lo sguardo perso nel vuoto.
- Non posso. Non servirebbe. Ora che vi ho dato la mia luce, il Bargest mi ha trovato. Ora devo morire.
Marian lo aveva guardato diventare sempre più bianco in volto, aveva visto ombre scure strisciare sul suo viso per annidarsi sotto i suoi occhi e si era ritrovata in lacrime.
- No! Non voglio!
Guy aveva sorriso, come in estasi.
- Vi ho dato il mio amore e lo avete ignorato, vi ho dato la mia luce, ma non sapete ancora scegliere una strada… Perché dovrebbe importarvi se la Morte si prende il mio sangue?
Marian si premette le mani sul cuore, cercando di rallentarne i battiti e si disse che quel sogno dipendeva solo dai racconti di spettri che aveva sentito e dalle notizie degli omicidi avvenuti al castello.
Guy stava bene, il taglio che si era fatto non era nulla di grave e di certo non correva alcun pericolo. Marian ripensò alle labbra di lady Millacra premute sulla ferita e rabbrividì.
La Morte si prende il mio sangue...
Marian si alzò dal letto e si vestì in fretta.
Non aveva importanza se il suo era un comportamento superstizioso e irrazionale, ma doveva accertarsi che Guy stesse bene.
Si avvicinò alla porta, pensando a una scusa per liberarsi dalle guardie, ma si fermò poco prima di aprirla e tornò in fretta verso il camino per prendere la sua lanterna.
   
 
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