Ero
entrato nell’ufficio del preside e avevo lasciato a
Squall l’ingrato compito di fare da palo. Era solito sbrigare
commissioni per
il preside e cose così e ho pensato che se qualcuno gli
avesse chiesto qualcosa
lo avrebbero sicuramente creduto. Ma quando lui mi ha chiesto cosa
avesse
potuto inventare non seppi fare di meglio che chiudermi nella stanza
senza
dagli una risposta. Nella stanza c’erano molti liquori e
alcolici vari, tutti
dietro delle vetrine alcune erano chiuse con una serratura. Non me ne
premurai
molto presi una bottiglia di vodka alla menta e una liscia, infine
presi una
bottiglia di vetro con del rum quasi finito. Pensai di fermarmi
lì per non dare
troppo nell’occhio ma qual posto faceva invidia ai veri e
proprio bar.
Così andai verso un armadietto dove supponevo si poggiassero
cappotti e indumenti
di questo genere. Nelle mie esperienze passate ne avevo capite un
po’ di cose
di gente benestante, cercai un po’ a testoni e trovai un
cassettino che non si
vedeva per via della poca luce. Bingo! Dell’assenzio!
L’assenza di quella
bevanda sarebbe sicuramente stata notata ma non ci pensai troppo su.
Mi sistemai tutte le bottiglie in modo da mantenerle solo con un
braccio. Mi
sfilai la giacchetta col marchio del garden e cercai di coprire meglio
che
potevo le bevande.
Con una certa fretta mi avviai alla porta e tirai giù la
maniglia, in realtà il
mio gesto fu solo un mimo perché la maniglia fu tirata
giù da qualcun altro. Mi
irrigidii sul posto, la testa di Squall sbucò da dietro la
porta
“Allora ti muovi?! Vedo delle persone in
lontananza… hai preso solo quelle
bottiglie?” Disse mentre mi vedeva sistemarle sotto la
giacca, per poco non mi
faceva venire un infarto!
“Non hai idea di cosa sia questa roba, vero?”
Chiesi sorridendo.
“Non ho mia bevuto nulla!” Rispose con un tono
freddo, come se si fosse offeso.
“Da che parte stanno arrivando?” Deviai il
discorso, volevo alleviare la
tensione tra di noi non crearne dell’altra. Ci avviammo dalla
parte opposta
sicuri che non ci avessero notato. Erano talmente lontani che li si
vedeva
appena e doveva essere lo stesso per loro verso di noi.
“Dove andiamo ora?” Mi chiese il moro, pareva che
il broncio gli fosse passato.
“In camera tua mi pare ovvio! Nessuno sospetterebbe di
te!” Mi affrettai a dire
prima che potesse replicare. “E comunque questa è
roba molto forte, vacci piano
ok?”
“Molto forte cosa?” ci trovammo davanti
l’allenatore di tennis. Un brivido mi
attraversò la schiena, mi ero distratto parlando a Squall e
prima di girare
l’angolo ci era sbucato davanti. Restai in silenzio e
osservai il mio compagno
aspettandomi che fosse lui a tirarci fuori da quella situazione. Ma
restava in
silenzio con lo sguardo rivolto altrove.
“I miei voti, professore! Sono forte, vado alla grande! Buona
serata!” Buttai
lì sperando che non si soffermasse o facesse altre domande,
intanto Squall al
mio fianco sembrava calmissimo ed impassibile.
Il professore mi lanciò uno sguardo veloce augurandomi a sua
volta buona serata
e proseguimmo per le nostre strade. Tra lui e Squall non
c’era stato nemmeno
uno scambio di sguardi, beh sicuramente si trattava di un altro casino.
Era
meglio sbiascicare i nodi uno per volta così non chiesi
nulla.
Arrivammo alla rampa di scale e cominciammo a salire i gradini che ogni
volta
sembravano infiniti.
“Sai Squall, forse ho preso degli alcolici troppo alcolici.
Con cosa ti farò
cominciare?” Dissi quasi stessi parlando più con
me stesso che con lui. Se
stavo zitto la mia testa faceva troppo rumore, ero bramoso di sapere
ogni
minima cosa su Suqall. Le cose che mi aveva detto mi avevano scioccato,
non
volevo darglielo a vedere, ormai un po’ lo conoscevo e se
avessi fatto troppe
domande sarebbe partito con il gioco del silenzio.
“Quello che hai detto non significa nulla!
Comincerò con la bottiglia più
piccola.” La più piccola era quella
dell’assenzio non era decisamente una buona
idea cominciare con quella.
Le scale erano piene di studenti che stavano rientrando, cercammo di
sgusciare
senza farci troppo notare. Ovviamente trovammo Jass a fermarci.
“Seifer ma con chi diavolo ti frequenti!” quasi
urlò nel tentativo di superare
il frastuono degli altri studenti. “Squall, eravamo una bella
famigliola
stasera.” Concluse sorridendo. Squall, che era stato fino a
quel momento in
silenzio dietro di me, era partito come un missile pronto a lanciarsi
addosso a
Jam.
Con la mano libera lo afferrai per il colletto della giacca, lo tirai
indietro
verso di me.
“Lascia perdere ora è meglio non dare
nell’occhio, ok?” Bisbigliai al suo
orecchio. “Jass non me ne frega un cazzo di quello che pensi
ok?” Senza perdere
altro tempo mi avviai su per le scale ancora una volta, sperando che
stavolta
nessuno ci interrompesse il passaggio.
mi voltai a guardare Squall sembrava piuttosto scioccato dal mio
comportamento
verso Jass. In verità io e Il quoterback eravamo spesso in
disaccordo e usavamo
trattarci in questi modi.
Finalmente arrivammo agli ultimi due piani che erano praticamente
disabitati.
Le camere erano dedicare a ripostigli o cose del genere, quindi a parte
trovare
qualche inserviente di tanto in tanto non ci avevo mai trovato nessuno.
Arrivammo all’ultimo piano dove c’era
l’ampia vetrata e l’unica stanza
disponibile. Finalmente entrammo e immediatamente bloccai la serratura
della
porta con una sedia, nel caso qualcuno fosse entrato.
Posai le bottiglie sul letto e allentai un po’ la presa della
camicia
sbottonando qualche bottone, proprio non sopportavo le cose strette
alla gola.
Il moro era in piedi di fronte a me e sembrava a disagio in quella
situazione.
La cosa mi divertiva.
“Allora, cominciamo?” Non rispose nulla, continuava
a stare sulle sue e a mascherare
il suo imbarazzo come faceva con qualsiasi altra emozione.
Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, come la prima sera che lo
vidi
con quel vestito quando i miei genitori si presentarono a lui. Per me
era
praticamente evidente il fatto che volesse scappare via. Quando aveva
la giacca
aperta si poteva vedere come la camicia gli stesse aderente. Mi passai
una mano
tra i capelli e scacciai quegli insoliti pensieri.
“Andiamo col più leggero.” Dissi allora,
afferrai la bottiglia di vodka alla
menta. Era l’unica bottiglia a non essere mai stata aperta,
la aprii e feci una
lunga bevuta. Era come bere i vecchi tempi, l’impatto
dell’alcol sulla mia
lingua mi ricordava il sapore di serate passate in giro per la
città a far
baldoria con persone che un giorno sono tue amiche e l’altro
non ricordi
nemmeno chi fossero.
Passai la bottiglia a Squall che continuava a stare in piedi titubante.
“Oh insomma amico! Hai bisogno di allentare i
nervi!” Gli andai vicino, avvicinai
la bottiglia alle sue labbra, quando lui l’afferro non
lasciai la presa e
accompagnai il gesto fin quando bevve. Cominciò a riversare
l’alcol dentro di
se e appena ne sentì il sapore lanciò via la
bottiglia.
Gli misi la mano sulle labbra e aspettai che avesse ingoiato tutto.
Allentai la presa con un tremolio, riaffiorò nella mia mente
il ricordo di
quando gli stringevo la bocca durante l’attacco alla gamba.
Mi ricomposi in
fretta vedendo che a lui non aveva causato alcuna reazione.
“Posso assaggiarne un altro? Questo sa di spirito.”
Trattenni una sonora
risata, sarebbe andato su di giri altrimenti.
“Se non ti piace quello con gli altri sarà
peggio.” Gli lasciai la bottiglia di
vodka e presi per me la bottiglia di rum, sembrava passata
un’eternità
dell’ultima volta.
Presi a bere la mia bevanda ma Squall non contento me la
strappò di mano e fece
un lungo sorso. Poi cominciò a tossire e ne
riversò anche un po’ sul pavimento.
Ridere era inevitabile ormai, la cosa sorprendere fu che una volta
ripreso
anche lui sorrise.
Bevendo alcol cominciava a fare sempre più caldo e ci
sistemammo fuori al
balconcino della sua stanza. Ci stavamo a stento in due.
L’atmosfera sembrava essersi fatta più tranquilla.
Squall non sembrava stare
sempre lì pronto per scoppiare alla minima cosa e io potevo
allentare la
tensione a mia volta.
Ormai sembrava aver preso gusto e la vodka era diventata in poco tempo
il suo
biberon.
“Perché tuo padre ti ha lasciato per
così tanto tempo?” Buttai il discorso
lì
senza pensare a come formulare la domanda e se fosse realmente il
momento
giusto.
Stette in silenzio per pochi secondi. Aveva la schiena poggiata alla
parete adiacente
alla finestra, guardava diritto davanti a se con il suo solito sguardo
serio,
malinconico. Proprio come la prima sera con i miei genitori. Lui
guardava
altrove, io non riuscivo a staccare lo sguardo da lui. Il mondo
appariva pieno
di colori attorno a lui ma era il suo colore che volevo scoprire.
“Successe tanti anni fa…”
Cominciò: “Avevo circa 10 anni, da piccolo non
potevo
mai uscire per via di… alcuni problemi. Vivevo nella villa e
non mi era
permesso uscire, tranne qualche rara volta. Quel giorno mio padre mi
sveglio di
buon’ora, mi portò con lui in giro per il centro
di Esthar! Ero al quanto
euforico sai, mangiammo un cheeseburger e, era la prima volta che ne
mangiavo
uno. Infine mi portò al campo a vedere
un’importante partita di tennis. Al
ritorno, in macchina, crollai dormii per tutto il viaggio quando mi
svegliai
non eravamo casa. Mi lasciò qui. Non l’ho
più visto e sentito fino ad oggi.”
Non staccai nemmeno un attimo gli occhi da lui e lui fece altrettanto
con
l’orizzonte che aveva catturato il suo sguardo.
Quello che mi aveva detto, era tutto così assurdo senza
senso! Lui riusciva a
raccontarlo con una tale calma che sembrava avessi assorbito io tutta
la
tristezza e l’agitazione per quell’incomprensibile
realtà.
“Tua madre?”
“Ha lasciato la famiglia quando ero ancora un bambino. Non ho
alcun ricordo di
lei.”
Voltò la testa dall’altro lato in modo che io non
potessi vederlo.
Smisi di fare domande per un po’, forse era arrivato il
momento di passare a
qualcosa di più forte. Presi la vodka liscia e cominciai a
berla. Ancora una
volta bevevo il sapore delle sere passate con gli amici, che tanto
amici non
erano.
Un paio di bevute e passai la bottiglia a lui.
“Vacci piano con questo.”
Squall avvicinò la bottiglia ne sentì
l’odore e ci pensò prima di bere. Preso
dall’indecisione bevve veloce tutto d’un fiato.
Perché doveva fare sempre
l’opposto di quello che gli dicevo?
Cominciò a tossire e l’alcol gli cadde dalla bocca
e poi anche dal naso.
Scoppiai a ridere fragandomene di chi potesse sentirmi. Ben gli stava,
la
prossima volta avrebbe fatto meglio ad ascoltarmi. Continuò
a tossire e la
parte divertente di tutto ciò era che cercava di camuffare
il tutto, come se
non fosse stato per via dell’alcol!
Più mi sentiva ridere più si arrabbiava. Si tolse
la giacca con un gesto veloce
e si asciugò il viso con quella, pensai che si stesse
lasciando proprio andare.
Si voltò a guardami, aveva le guance rosse e gli occhi
umidicci, mi ero
preparato a una qualche sfuriata o a un silenzio impenetrabile. Invece
riprese
la bottiglia e bevve a lungo per dimostrarmi, in
quell’assurdo modo, di essere
in grado di farcela.
“Adesso basta Squall!” Gli staccai la bottiglia
velocemente. “Domattina non ti
alzerai dal letto...” bisbigliai.
“Come ti pare.” Furono le sue parole, ero
abbastanza sicuro che fosse ubriaco,
molto ubriaco. Squall aveva ancora 15 anni e quella era la prima volta
che
beveva alcolici, era più che normale. Anche io ero
abbastanza stonato, sembrava
passata una vita che non bevevo più così.
Il moro poggiò a terra i talloni e alzo le punte dei piedi
verso l’alto,
facendo dondolare le punte da un lato e poi dall’altro. Si,
era decisamente
andato.
“Non capisco ancora perché odi tanto tuo
padre… avrà sbagliato ma forse anche
io avrei agito come lui conoscendoti.” Dopo quelle parole
avevo una forte
voglia di lanciargli un pugno!
“Io non ho scelta. Vivo come dice lui faccio quello che dice
lui e anche se mi
ribello o cerco di cambiare le cose la mia volontà non
conta!” Usai un tono
forte senza nemmeno volerlo.
“Nah… io credo che tu cerchi
l’approvazione di tuo padre. Vorresti che lui
fosse fiero di te! Lo capisco, anche io l’ho fatto in questi
5 anni. Ci sono
arrivato solo quando mi avete spezzato la gamba!” Sorrise,
come non lo si
vedeva mai fare. Era tutto così distorto, riusciva a
sorridere solo per le
avversità della vita. Più cercavo di capirlo
più mi sentivo la copia di un
puzzle con i pezzi sbagliati.
Parlava di quell’avvenimento sempre con molta leggerezza,
ogni volta che lo
faceva era come se la spezzassero a me una gamba.
“Cosa intendi? Anche in passato me lo dicesti, cosa
significa? Non si può
trarre insegnamento da una cosa del genere!” Mentre parlavo
pensai che quella
ad Esthar sarebbe stata la sua prima uscita da
quell’istituto. “Tu ci tenevi
tanto perché volevi uscire di qui…”
Dissi più tra me e me mentre sentivo una
stretta al petto.
Squall bevve ancora un po’ di vodka liscia “No! Non
me ne fregava nulla di
uscire di qui! Sai chi è presente alle finali dei
campionati?” In quel momento
capii tutto.
“Volevi vedere tuo padre! Essendo lui il presidente sarebbe
stato certamente
presente alla partita.” Squall non disse nulla. Quindi era
veramente così, si
era impegnato tanto da diventare il numero uno solo per vedere suo
padre.
Squall mi osservò e non poteva vedere che compassione sul
mio volto.
“Tranquillo, avevo la TV in stanza e vedendo i notiziari il
presidente non
c’era! Troppi impegni lavorativi.” Parlò
con un tono scherzoso come se stesse
ridendo ma non c’era espressione sul suo viso.
A quel punto riprendemmo a bere: io il mio rum, lui la sua vodka.
Squall cominciava a sudare un po’ sulla fronte. Ci stavamo
andando giù forte.
Si sbottonò quasi tutti i bottoni della camicia che era
ancora bagnata della
vodka che aveva sputato. E io ero lì in silenzio a fissarlo.
Aveva un forte
senso del pudore. Anche durante gli allentamenti o negli spogliatoi non
si
mostrava mai a torso nudo. L’unica volta che lo vidi senza fu
quella sera negli
spogliatoi ma data la situazione non ci feci tanto caso.
Mi raddrizzai al mio posto e bevvi un altro sorso di rum, dovevo
decidermi a
smetterla o anche io non mi sarei alzato dal letto il giorno dopo.
Non trattenni la domanda più ovvia che potessi fare
“Perché ti odia tanto?”
Si votò di scatto sgranando gli occhi, lo vidi leggermente
sbandare si frenò
poggiando le mani sul marmo freddo davanti a me. Tornò a
fissarmi e questa
volta era molto vicino a me. L’odore della vodka, i suoi
capelli attaccati al
collo per via del sudore, quello sguardo smarrito… tutto
quello non mi aiutava
a restare lucido.
“E me lo chiedi?!” Incalzò
“Chi vorrebbe un foglio come me. Anche tu lo sai,
sono uno sfigato, no? Insopportabile e sono il giochino
dell’istituto! Vuoi
fare a botte? E vai da Squall. Hai voglia di far sentire qualcuno meno
di zero?
Vai da Suqall! Vuoi spezzare la gamba a qualcuno?
Vai…”
“Quello che dici non ha un cazzo di senso lo sai vero? Tuo
padre dovrebbe
odiarti per dei motivi campati in aria? E poi, ti prego, BASTA CON
QUELLA CAZZO
DI GAMBA!” Urlai. Ero stufo di sentirmi in colpa. Era palese
che Squall non era
pienamente cosciente ormai.
“Giusto! Io non sono uno dei tuoi amici con i quali ridere su
della cosa.” La
rabbia crebbe forse per il pizzico di verità. Quando si era
soli col gruppo si
finiva spesso a parlare di quella sera e ridere, io me ne stavo in
silenzio ma
sapevo che non giustificava nulla. Se lì c’era uno
sfigato quello ero io.
“Basta ti prego. Ogni volta che prendi a parlare di
quell’episodio… io sto
male. Quello non sono io! Tu ne parli con tanta leggerezza, come se
fosse una
cosa normale, io invece mi sento male se penso a quello che ti ho
fatto!”
Finalmente lo avevo detto! Avevo confessato il mio peccato con annesso
il senso
di colpa. Il moro era ancora li a penzoloni sulle mani mi guardava con
i
capelli arruffati e lo sguardo assente. Infine il mio sguardo cadde
sulle sue
labbra leggermente aperte il mio cuore cominciò a battere
come un treno
all’impazzata! Afferrai Squall per le spalle e lo spinsi
all’arcata della
finestra, dovevo allontanarmi e volevo uscire da quel dannato balcone.
Il moro non era pienamente stabile e si trattenne a stento tra il vetro
e il
muro per non cadere all’indietro.
“Che diavolo ti prende?! Vuoi fare a pugni?!” Aveva
preso la mie reazione come
una sfida e subito dopo mi lanciò un pugno, che secondo lui
doveva finirmi
dritto in faccia, ma bastò un leggero movimento per
scansarlo. Aveva perso
nuovamente equilibrio e stava cadendo all’inditro, mi usci
naturale afferrarlo
per le spalle ma cademmo entrombi nell’angusto arco della
finestra. Squall era
steso per metà fuori e per metà dentro e io lo
stesso sopra di lui.
Feci forza sulle braccia sollevandomi a guardarlo: Aveva ancora
un’aria di
sfida nonostante non riuscisse a fare o a capire nulla. I suoi occhi
erano di
ghiaccio la sua espressione era sempre così seria, ma ora
potevo capirlo un po’
aveva vissuto sempre da solo nel vero senso della parola. Le sue
sopracciglia
sempre inarcate in un’espressione di provocazione, le labbra
serrate… quello
era l’unico modo che conosceva per sopravvivere?
Quella sera era una vera e propria giungla di pensieri e di emozioni,
molte
delle quali senza senso. Potevo sentire le tempie battere velocemente.
Fu
Squall a smuovere quella situazione si sollevò sui gomiti e
mi arrivò
vicinissimo al volto, si guardava attorno palesemente intontito dai
giramenti
di testa.
“Adesso spostati” Sussurrò troppo vicino
al mio orecchio. Ebbi un brivido
forte, palese, l’aveva sentito anche lui. Poi fu
l’alcol, decisamente fu
quello! Rimasi una mano a terra per sostenermi e con l’altro
afferrai la testa
di Squall, lo spinsi verso di me e le nostre labbra si sovrapposero.
Una parte
di me voleva pensare dare un motivo o una scusa per quella situazione,
ma
l’altra era solo un istinto irrefrenabile di desiderio e non
sapevo porvi fine.
Lui non si ritrasse così lo strinsi ancora di più
e il nostro bacio prese
forma, il rum e la vodka conobbero un nuovo modo per essere miscelati.
Le sue labbra erano morbide e calde e ogni minimo dettaglio di quella
situazione non faceva altro che eccitarmi di più. Lo baciavo
avidamente e lui
non riusciva a stare al mio passo, più che altro annaspava
in cerca di aria,
quando anch’io non ne potevo più mi staccai da lui
e presi a respirare.
Questa volta mi alzai frastornato e cercai dei pensieri lucidi, cosa
cazzo
avevo fatto? L’idea di aver baciato un altro ragazzo mi stava
facendo impazzire
“Squall…” Cercavo delle scuse per quel
comportamento solo che lui non era più
steso a terra si stava lentamente avvicinando al letto e si stava
sedendo con
la lentezza di un bradipo, come se tra lui e il letto ci fossero metri
di
distanza. Il suo tentativo fu vano e cadde in avanti tenendosi sulle
ginocchia,
risi silenziosamente faceva tenerezza in quelle condizioni.
Andai verso di lui cercando di non pensare a nulla lo aiutati a
sollevarsi e lo
feci sedere sul letto, i nostri sguardi si incrociarono e nessuno dei
due lo
distolse. Il mio respiro si fece affannato e solo un pensiero
martellava la mia
testa –vodka, voglio altra vodka!– spensi il mio
cervello e mi protesi verso di
lui a baciarlo ancora una volta.
Questa volta il bacio fu meno violento, Squall spinse la lingua nella
mia bocca
e la faceva guizzare come avrebbe fatto uno che non ha mai baciato.
Probabilmente non aveva dato molti baci in passato, staccai le mie
labbra da
lui e quando ripresi a baciarlo fui io a prendere
l’iniziativa con movimenti
lenti della lingua. Imitava i miei movimenti e il bacio diveniva sempre
più
passionale e acceso, ad un tratto mi spinse leggermente via e cadde sul
letto
scosso da un altro giramento.
La camicia gli era scivolata via e ammirai il suo petto muscoloso e ben
definito eppure se lo teneva sempre ben nascosto. Lo vidi alzare la
testa e
fissarmi, non resistevo più ero eccitato. Salii sul letto mi
misi sopra di lui
e ripresi a baciarlo non avrei ammesso altre interruzioni, ancora le
nostre
labbra si toccavano e il mio corpo era scosso da temiti non avevo mai
provato
nulla di simile. Mi staccai ancora da lui sentendolo mugolare di
dissenso andai
ad assaggiare il collo –mordi, lecca, bacia– ma
questa volta non era una
tecnica per far eccitare qualche ragazza, era fame, fame pura e
sconosciuta.
Lo sentivo gemere mentre esploravo quel sapore nuovo: il collo era duro
diverso
da quello di un collo femminile. Forse era quello il motivo per il
quale
sentivo di dover mordere più forte, per farmi sentire, per
trasmettergli quello
che stava succedendo a me.
La mano che non sorreggeva il mio peso andò ad esplorare i
suoi addominali, lui
stava fermo incapace di reagire a tanto piacere. Il mio sesso era
diventato
duro non sapevo dire da quanto ormai, la mia mano scese sempre
più giù arrivai
all’attaccatura dei pantaloni, di scatto mi lanciai in avanti
ansimante
allontanando il contatto dei nostri corpi. Squall era rimasto fermo
lì ad
ansimare a sua volta.
Quello che stavo toccando e desiderando era un uomo…
qualcosa non andava, forse
era l’astinenza troppo tempo che non avevo rapporti. Poggiai
le mani sul
materasso e mi tirai un po’ più su, quella follia
doveva finire! Abbassai lo
sguardo cercando di non incrociare gli occhi di Squall, non mi ero
accorto che
questa volta lui stava fissando me col mento
all’insù, aveva la bocca
leggermente aperta un chiaro invito a baciarlo. Come un bambino davanti
a un
negozio di caramelle non resistetti! Mi avventai su di lui come un
serpente, lo
baciavo avidamente con i pensieri che facevano rumore. Allargai le sue
gambe e
mi sistemai in mezzo, questa volta anche lui reagì
stringendomi forte a se.
Strusciai il mio sesso contro il suo ed io stesso gemetti nella sua
bocca, non
sembrava duro come il mio, l’adrenalina che provai quella
sera non mi portava
ad avere pensieri concreti.
Continuai a strusciarmi contro di lui velocemente questa volta era lui
e gemere
continuamente. Mi diressi al petto lasciando una scia di baci. Non
sentii più
la sua presa sulle mie spalle non me ne curai e continuai a baciarlo
salendo un
po’ per volta per arrivare alle sue labbra morbide. Mi resi
conto che non lo
sentivo più nemmeno gemere, allora mi staccai per guardarlo,
sembrava un angelo
e la camicia stropicciata dietro di lui dovevano essere le sue ali. Si
era
addormentato
“Squall…” Lo scossi leggermente me era
caduto in un sonno più forte di lui.
Mi alzai e cercai di sistemarmi la camicia, non ci potevo credere era
crollato
lasciandomi come un cretino. Ora che Squall non era più
presente a farmi
perdere la testa con il suo corpo non mi restavano che i pensieri. Ero
abbastanza convinto che fosse stato l’alcol ad indurci a
quella situazione, era
stata pura curiosità… avevamo solo bisogno di
sfogarci. Lanciai una rapida
occhiata al corpo dormiente del moro, lui era sistemato era talmente
ubriaco da
aver risolto tutto addormentandosi ma il mio pene non ne voleva sapere
di
addormentarsi. Un forte senso di vergogna mi strinse lo stomaco, tirai
via la
sedia che bloccava la porta e senza curarmi che fosse chiusa o meno
corsi giù
per le scale.
Mi avviai verso gli spogliatoi interni del terzo piano, come immaginavo
a
quell’ora l’istituto era vuoto. Dopo le 8 di sera
non era possibile entrare
negli spogliatoi ma ne avevo un bisogno urgente. Le camere disponevano
di un
bagno ma avevano solo un lavandino e un water. Io avevo bisogno di una
doccia
fredda! E fu quello che ottenni, mi diressi sotto la prima doccia e
feci
partire il getto d’acqua. Era gelida, cadeva con una certa
velocità sul mio
corpo, non mi tolsi nemmeno i vestiti. Lasciai che l’acqua
gelida portasse
tutto via, la mia erezione, le sensazioni di quella sera e la vergogna
che
provavo dentro.
Non ero gay! mio padre non l’avrebbe mai… era
proprio come diceva Squall, era
la sua approvazione che cercavo! Ero talmente sbagliato che non mi
avrebbe mai
accettato. Restai molto tempo sotto la doccia che pian piano si
portò via tutto
anche le mie lacrime silenziose. Ma qualcosa rimase, qualcosa che
ancora non
conoscevo bene che mi portava un brivido di emozioni belle e brutte.
Il mattino seguente fui svegliato da un gallinaccio rumoroso,
continuava a
chiedermi cosa fosse successo mi sentivo a pezzi e ci misi un
po’ per
ricompormi era come se avessi dei pesi di 100 kili su tutto il corpo.
Mi
guardai intorno ero steso sul letto nella mia camera ed era tutto
bagnato, io,
il letto e i miei vestiti
“Allora cosa è successo?!”
Ripeté ancora una volta con la sua insopportabile
voce acuta non era capace di parlare senza urlare, quella mattina la
sua voce
era più fastidiosa del solito. A completare il tutto era
arrivato Irvine che mi
guardava con gli occhi sgranati mentre finiva di vestirsi.
“Ci sei?!” Continuò Zell, mi si
avvicinò afferrò il mento e tirò la
mia testa
troppo bruscamente verso l’alto, voleva guardami per vedere
come stavo. Non
fece altro che peggiorare le cose il suo gesto mi provoco un giracapo
tremendo
che percepì anche il mio stomaco, in un attimo tutto quello
che era successo la
sera precedente era chiaro e limpido nella mia mente.
“Idiota di un gallinaccio!!” Esclamai mentre
correvo al bagno, feci appena in
tempo ad aprire la porta e cominciai a vomitare tutto! Si suol dire che
il
buongiorno si vede dal mattino.
Dopo una doccia e, quello che era stato probabilmente un litro, di
caffe arrivai
a uno stato quasi umano. Mi premurai di saltare le prime ore
nell’aula di
letteratura e scienza visto che erano gli stessi corsi che frequentavo
con
Squall. Partecipai a due lunghissime ed infinite ore di matematica e
una di
storia moderna, nonostante avessi ingerito poco prima un
antinfiammatorio la
testa sembrava stesse per scoppiare da un momento all’altro.
La mente tornava sempre a ripescare i ricordi del bacio cercavo di non
farmi
pesare la cosa. In fono non era successo nulla di grave non eravamo
arrivati
chissà dove ed eravamo ubriachi fradici. La cosa che mi
metteva maggiormente
ansia era un probabile faccia a faccia con Squall, non avevo idea in
quali
condizioni versasse non ero tanto contento
di dover andare da lui quel pomeriggio.
L’infernale ora di storia finì e andai dritto
nella sala mensa, Jass e il resto
della banda non erano ancora arrivati non arrivavano mai molto presto.
Mi guardai attorno in cerca di qualche viso conosciuto pochi tavoli
più avanti
vidi Irvine e mi sedetti accanto a lui.
“Il gallinaccio è già in fila per i
panini vero?”
“Se lo chiami ancora così penso che ti
lancerà giù per le scale. Ovviamente è
lì” Indicò la fila al bancone dei
panini. Lo guardai, per la prima volta in
faccia quel giorno, e aveva una chiazza violacea in faccia.
“Cosa diavolo hai fatto alla faccia?”
“Ah una tipa ieri alla festa degli istituti, le ho chiesto se
le ragazze si
lavavano a vicenda sotto le docce e lei mi ha lanciato un ceffone
talmente
forte da far tremare la virilità di un uomo!” Mi
spiegò, come se la sua domanda
fosse stata più che lecita.
“Sei proprio un cretino! E pensare che se non fossi tanto
idiota potresti avere
molte ragazze dietro.”
“Vuoi dire che sono un bel ragazzo!” Sorrise
facendo un occhiolino “Mi dispiace
sono solo per le donne.” Divenni paonazzo, lo afferrai per il
colletto
“Cosa vorresti dire eh?” Lo avevo strattonato e il
suo viso era molto vicino al
mio, avevo perso il controllo. Dopo quello che era successo ero ancora
straniato.
“Ohi Seifer che diavolo ti prende? Scherzavo
amico!” Rispose lui allontanando
la mia mano senza problemi. Non era uno che amava creare liti inutili,
non si
poteva dire lo stesso di Zell. Si risistemò sulla sedia e
stavo per fare lo
stesso io, ma qualcuno mi prese con forza il polso e
cominciò a tirarmi via
“Chi cazz..”
“Devi aiutarmi, cosa devo fare con questi dolori lancinanti
alla testa? Ti pare
il modo di andartene?! Mi sono ritrovato Quistis fuori dalla stanza
questa
mattina è stato un casino nasconderle tutto!” Era
Squall, lo avevo volutamente
evitato tutto il giorno ed ora eccolo lì. Non sapevo cosa
dire, notai che lui
mi fissava mi mancò un battito, quelle scene si muovevano a
rallentatore nella
mia testa.
“Cosa diavolo ti prende?!” Mi scosse vedendo che
non avevo reazioni.
“N… nulla. Che hai?” Come diavolo faceva
a comportarsi come se nulla fosse? Ero
forse io quello strano?
“La testa sta per scoppiare cosa devo fare?” In
quel momento misi a fuoco il
suo viso, non aveva certamente una bella cera il viso era cereo e aveva
due
occhiaie nere sotto agli occhi.
“Ti serve un antinfiammatorio.”
“Ho creduto di vomitare le mie stesse interiora.”
Ero teso e lui lo vedeva
“Cosa ti prende?”
“Nulla, solo che… niente, ho bevuto troppo anche
io!” Quando mi guardava negli
occhi subito fissavo un altro punto, non riuscivo a sostenere il suo
sguardo.
“Sei stato male anche tu? Ma che fine hai fatto
ieri?” Chiese confuso.
“Sono… non ricordi nulla?”
“Certo abbiamo bevuto e parlato, poi mi sono
addormentato!” concluse senza
imbarazzo o aggiungere altro. Non ricordava nulla, lui non ricordava
quello che
era successo.
Quando pensai che lui non fosse cosciente qualcosa dentro mi fece male,
molto
male.
Era stato l’alta assunzione di alcol a fargli fare quello che
ha fatto, non ero
più sicuro di poter dire lo stesso di me.
Senza dire altro mi allontanai da lì, uscii
dall’istituto e cominciai a
camminare lungo i campetti. Ero confuso, ero deciso a lasciarmi quella
vicenda
alle spalle, ma sapere che Squall aveva dimenticato tutto avrebbe
dovuto
rincuorarmi invece mi faceva sentire un tale idiota.
Sapevo dall’inizio che quel cretino mi avrebbe portato solo
casini, sorrisi tra
me e me. Ah avevo decisamente bisogno di una donna!
Commento
dell’autore
E’ passata
una marea di tempo chiedo perdono!! Spero che questo capitolo vi
piaccia.
Ci terrei a precisare
che con certi concetti o avvenimenti non intendo
offendere nessuno, vorrei solo far emergere la difficoltà di
certi ragazzi nel
conoscere se stessi.
Grazie a chi mi
legge, lasciate un commentino <3