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Autore: Hatsumi    05/04/2009    3 recensioni
Jonathan e Christian sono per tutti la coppia perfetta. Balle. La perfezione non esiste, è solo illusione. Lacrime, dolore, risentimento. Su questo scenario la coppia "perfetta" crolla, non esiste più. E di fronte a ciò entrambi pensano se sia possibile sopravvivere dopo la rottura di un rapporto di interdipendenza durato quindici anni. Come riusciranno ad andare avanti senza il reciproco sostegno? E' difficile chiedere scusa, imputare la colpa ad uno dei due, ma riuscendoci è davvero abbastanza, si può davvero tornare indietro?
***VI INVITO INOLTRE A LEGGERE EVENTUALI "AVVISI" in testa ai capitoli. Grazie e buona lettura. ***
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Jonathan & Christian'
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!!! AVVISO !!!! (Relativo ai primi capitoli)
Ehi, sì dico proprio a te!
Vedo che hai deciso di aprire la mia storia e di questo ti ringrazio. Voglio però farti presente che il testo che stai per leggere è parecchio datato (prima metà 2009) e che ne esiste ora versione migliorata, riveduta e corretta. Lascio a te scegliere se continuare a leggere questa versione (che qui su EFP rimarrà così com'è) oppure scoprire dove puoi leggere la nuova versione (accompagnata da contenuti "speciali").
Se preferisci proseguire qui ti auguro BUONA LETTURA, in caso contrario, scorri fino ad arrivare in fondo a testo. GRAZIE!


. . . . .
2. Everybody needs time (Bisogno di tempo)

Jonathan ha sempre avuto uno strano rapporto con gli alberghi.
Almeno una volta, in ogni fase della sua vita, aveva avuto modo di vivere in albergo. Quando aveva dieci anni aveva  pernottato quattro in un albergo fuori New York, per motivi di lavoro della madre. A sedici anni era scappato di casa e aveva vissuto in un modesto hotel fuori città, da solo. A ventitre anni vi aveva trascorso  ben tre mesi con Jonathan, in albergo. In attesa la che la casa che avevano comprato, la sua casa fino a quel momento, fosse ristrutturata. Ed ora a quarant’anni, si trova di nuovo in albergo, in attesa di trovare una sistemazione alternativa.

E’ trascorsa quasi una settimana da quando è stato costretto ad andarsene di casa e durante quella settimana non aveva ancora trovato il tempo o forse la forza, per cercare un posto dove stare, che non sia un albergo. La sorte aveva voluto che trovasse una stanza nello stesso hotel dove era stato l’ultima volta con Christian. Non la stessa camera, certo, ma l’arredamento di una stanza e l’altra non differisce in molto.
Jonathan è seduto su una poltroncina beige, a fianco della grande finestra che affaccia su Manhattan. Gambe accavallate, gomito sinistro appoggiato al bracciolo e sigaretta mezza consumata tra le dita. Nell’altra mano regge un volantino raccolto in metropolitana con degli annunci di affitti di appartamenti. Scruta con attenzione ogni proposta, cercando di trovarne una di suo interesse.

Non trova nulla.

Prende una boccata dalla sigaretta e arriva quasi al filtro.  
Sbuffa.

E’ lunedì, il suo giorno libero. Sono le due di pomeriggio. Non si è alzato da molto. Ha già fatto colazione. Non c’è un televisore nella sua stanza, ha già letto il New York Post, che ora se ne sta piegato ai piedi del letto. Si trova alla sua terza sigaretta del giorno.Si alza, butta la sigaretta nel posacenere accanto al comodino e poi si rimette a sedere sulla poltrona. Non ha altro da fare che starsene seduto a fissare il nulla.
Il suo campo visivo in quel momento comprende il cellulare, accanto al posacenere. E’ acceso ma nessuno chiama.  Non arriva alcun messaggio.

Jonathan aspetta.

Non sa esattamente cosa. Forse che qualcuno, una persona qualsiasi gli parli. Gli andrebbe bene anche uno sconosciuto, uno qualunque. Detesta rimanersene in silenzio.
Osserva l’orologio al suo polso. Un bel Cartier, che si era voluto regalare due anni prima, durante un viaggio di lavoro in Svizzera. Jonathan è un amante degli orologi. Li colleziona e ne possiede tantissimi, che variano dai più costosi, come quello che in quel momento ha al polso, ai più economici.

Non si sarebbe mai separato dai suoi orologi.

Aveva iniziato a collezionarli all’età di diciotto anni, il primo era stato un Breitling con il cinturino in pelle marrone, regalatogli da suo padre il giorno del suo sedicesimo compleanno.  
Per un’intera settimana ha portato quello stesso orologio, non era mai successo. E’ solito cambiarne uno al giorno, abbinandolo ai completi. Tuttavia, avendo lasciato la sua casa così in fretta  si era dimenticato persino dei suoi orologi. Dovevano essere ancora al loro posto, nel primo cassetto del suo comodino, tutti disposti in ordine in una teca di legno contenente anche i foglietti di garanzia e i certificati di originalità per ogni orologio.

Le due e cinque.

-Forse è meglio che inizi a fare qualcosa.

Si alza e si dirige verso la porta. Prende dalla tasca dei pantaloni la tessera magnetica, la inserisce nella fessura ed esce.
Non sa ancora dove andare. Sono solo le due di pomeriggio, andare a rintanarsi in qualche bar a bere sarebbe a dir poco squallido e poi, è una possibilità che si serba per la sera.  Decide quindi di limitarsi a fare una passeggiata per la città, vedere qualche vetrina e magari comprarsi qualche vestito.

Gliene è rimasto soltanto uno pulito tra quelli che si è portato via.  
Non ha intenzione di tornare a casa a prendere il resto.  

Dopo due ore si trova a ripercorrere la stessa strada nel senso opposto.  Ha fatto acquisti. Dei nuovi completi, un nuovo paio di scarpe e un altro orologio.
Il tutto dovrebbe bastare per un'altra settimana, non dovrebbe tornare indietro ancora per una settimana. Gli abiti sporchi li potrebbe portare in tintoria, per quando riguarda gli orologi potrebbe comprarne degli altri.
Una volta tornato all’albergo, appoggia le borse a terra e si getta sul letto. Sospira profondamente e osserva il soffitto. Poi il suo sguardo torna sulle borse a terra.
Prada, Boss, Todd’s, Cartier.
Non vuole sapere nemmeno quanto ha speso quel giorno.  Decisamente troppo. Non si è nemmeno badato di guardare i cartellini, ha comprato ad occhi bendati qualsiasi cosa gli andasse.  E tutto questo per cosa?

“Tutto questo per non tornare a casa”

Pensa.

-Tanto prima o poi …

***
Il suono della campanella.
-Finalmente!

Esclama Kyle alzandosi dal banco.

-Non passava più oggi, eh Kyle?

Chiede Morgan, la migliore amica di Kyle.

-Non dirmelo. Tral’altro domani abbiamo il test di algebra … non sono per niente preparato.

I due ragazzi si incamminano verso l’uscita della scuola.

-Davvero?  Non ti aiuta Jonathan a studiare?

Kyle non dice nulla. Morgan lo guarda, con aria inquisitoria. Non sa nulla della situazione familiare dell’amico, non le ha detto nulla perché la conosce bene, sa che lo riempirebbe di domande, che gli manderebbe sms ogni ora per chiedergli come sta, se va tutto bene. Sarebbe persino in grado di obbligarlo ad andare a dormire da lei. In quel momento non vuole parlarne con nessuno, vuole starsene solo.

-No. Lui è … impegnato con il lavoro …

Conclude, cercando di sembrare più realistico possibile. Morgan continua a scrutarlo. Nota che c’è qualcosa che non va ma non ne è sicura.

-Uhm …

Si siedono sulla panchina alla fermata dell’autobus. E’ in ritardo. Kyle guarda l’orologio al polso. Segna le 3 e un quarto.

-Wow Kyle! Che bellissimo orologio!

Morgan prende il braccio del ragazzo e lo strattona per osservare meglio l’orologio.

-Ma è un rolex! E’ bellissimo!

Kyle ritira il braccio e sistema il polsino della felpa, quasi per nascondere il suo orologio. Che proprio suo non è.

-Dove l’hai preso?

Chiede Morgan incuriosita.

-Un regalo.

Risponde Kyle frettoloso.

-Di chi?

Kyle sbuffa.

-Che stress Morgan! E’ un regalo, punto.

Morgan fa una smorfia e decide di smettere di fare domande a Kyle.  In realtà quell’orologio non è affatto un regalo. E’ un pezzo della collezione esclusiva di Jonathan.  Kyle se n’è appropriato il giorno prima, in un momento in cui Christian non era presente. Non sa nemmeno lui perché. Certo, è indubbiamente un orologio bellissimo, gli piace da molto tempo ma il fatto di averlo preso così di nascosto sembra essergli inspiegabile. Anche perché da una settimana non sente Jonathan, spontaneamente. Lo fa un po’ per rispetto nei confronti di Christian e un po’ perché è realmente in collera con lui.

-Non l’avrai mica rubato, vero?

Chiede Morgan di punto in bianco, sull’autobus.

-Ma piantala Morgan! Secondo te!

Rincasando Kyle si trova uno scenario piuttosto strano. La porta di ingresso è aperta e sulla soglia ci sono due scatoloni chiusi. Li scavalca ed entra in casa.

-Chris?!

Chiama.

-In camera.

Lo raggiunge e lo trova davanti all’armadio, mentre getta alle sue spalle, sul letto, tutti i vestiti di Jonathan.

-Cosa …?

Chris smette di fare ciò che sta facendo per dare retta al figlio.

-Almeno dei vestiti avrà bisogno, non credi?

Spiega, fingendo un sorriso.

-Non dovrebbe venire lui a prenderseli?

Chiede Kyle. Subito dopo si pente di aver parlato. Si era promesso di non esprimere la proprio opinione riguardo all’intera faccenda.

-Se non l’ha ancora fatto ci sarà un motivo, no?

Kyle si siede in punta del letto ad osservare Christian. Cercando di non dire nient’altro.  Purtroppo non riesce a starsene zitto.

-Hai intenzione di sbatterli in giardino?

Christian sbuffa, quasi seccato. Si gira e guarda Kyle.

-Non sono così bastardo. Li metterò uno sopra l’altro sul pianerottolo. Che se li venga a prendere quando io non sono a casa.

Kyle non dice nulla. Avverte però risentimento nelle parole di Christian. In tutta quell’intera settimana il nome di Jonathan è stato menzionato una volta tra i due. Eppure la sua presenza si avverte ancora in quella casa. Non mette piede lì dentro da una settimana ma è come se non se ne fosse mai andato. Sembra quasi sia presente, seduto da qualche parte e che Christian e Kyle lo stiano ignorando di proposito.
Vedere quell’armadio mezzo vuoto provoca a Kyle un tuffo al cuore. Cerca di distogliere lo sguardo dall’armadio e si ritrova a fissare la specchiera dove è ancora appoggiata l’agenda di Jonathan, aperta alla pagina del 12 marzo, il giorno prima che lasciasse quella casa. Inizia a chiedersi per quale motivo quell’agenda non sia stata chiusa. Non è possibile che Christian non l’abbia vista. Si chiede anche come avrebbe fatto Jonathan a lavorare senza la sua agenda.

Per un attimo  ha l’impulso di alzarsi e chiuderla. Allunga il braccio, quasi per raggiungerla. La manica leggera della sua felpa scivola indietro, scoprendo il braccio quasi fino al gomito e di conseguenza l’orologio.  Kyle se ne accorge e tempestivamente ritira il braccio e sistema la manica. Non vuole che Christian veda che porta al polso l’orologio di Jonathan.
Per evitare che lo scopra, si alza e va in camera sua.

Christian ha finito di togliere gli abiti di Jonathan dall’armadio. Si mette minuziosamente a piegare ogni cosa e la ripone poi in pile ordinate. Una volta fatto, prende da sopra l’armadio una valigia, la più grande, quella che di solito usa per andare in vacanza e sistema tutto quanto ordinatamente. Al momento di chiuderla respira profondamente.

Allunga la mano verso una delle linguette ed inizia a tirarla verso sé. La mano quasi gli trema. Fa in fretta e afferra anche la zip dalla parte opposta e le congiunge, in modo di chiudere la valigia. Rapidamente la solleva dal letto e trascina anche quella in corridoio, accanto agli scatoloni. Spinge con le ginocchia gli scatoloni ai lati della porta e sopra uno di questi appoggia la valigia. Poi osserva qualche istante. Infine, rientra in casa, chiudendo la porta.

Ha trascorso tre ore di quel pomeriggio a radunare tutti i vestiti di  Jonathan. Ha piegato tutti i jeans, le felpe, le t-shirt, ha lavato tutto ciò che ancora era rimasto nel cesto della biancheria e ha riposto tutto quanto con cura negli scatoloni e nella valigia. Una precisione quasi maniacale.

Era il suo giorno libero quello, lunedì, che normalmente trascorreva con Jonathan. Era il loro giorno.Averlo trascorso in quel modo è il segno che qualcosa è seriamente cambiato dopotutto.

Christian torna in camera da letto. Osserva l’armadio aperto, appese ora ci sono tante grucce vuote, che ancora oscillano. Il primo cassetto è aperto e completamente vuoto. E’ rimasta soltanto la carta da pacchi colorata, spostata, che Christian adagia sul fondo di ogni cassetto per questioni di igiene. Quel cassetto vuoto è  quello di Jonathan. Appena sopra al suo.  
Chiude l’anta dell’armadio e il cassetto poi sistema il copriletto. Alzando lo sguardo nota sulla specchiera l’agenda aperta di Jonathan. La guarda ogni giorno, quella pagina aperta, ormai conosce a memoria ogni dicitura.

Ore 12.30 appuntamento con Simon Wayne.
Ore 14.30 appuntamento Mrs. Wang.                                                                                                                                             
Ore 17.40 appuntamento rappresentante farmaceutico.                                                                                              
Ore 19.00 Cena al ristorante con Chris.

Ed è proprio l’ultima dicitura a fermarlo dall’idea di chiuderla quella maledetta agenda. Erano stati al ristorante la sera prima. Il loro ristorante preferito, un posto appartato e molto elegante chiamato “La Conchiglia”, specialità  italiane. Si erano trovati bene, loro due soli. Avevano parlato del lavoro, di Kyle, dei loro progetti di vacanza, sorseggiando del buon Chianti e gustando dell’ottimo cibo. Una scena piacevole, un quadretto ideale per la coppia ideale, eppure, la quiete prima della tempesta.

Esattamente ventiquattro ore dopo tutto era cambiato. Niente più sorrisi, solo grida, imprecazioni, insulti e tante lacrime.  Per poi arrivare alla situazione attuale.
Christian scosta di nuovo lo sguardo dall’agenda. Non la toccherà nemmeno quella volta. Non ne ha la forza. Si avvicina all’interruttore, spegne la luce e chiude la porta. E’ quasi ora di cena.



Kyle è disteso sul suo letto a pancia in giù. Sta leggendo un libro, o meglio sta studiando, algebra. Non è mai stato bravo in matematica. Un asso a scuola certo, tranne per la matematica. E’ riuscito a cavarsela sempre e soltanto grazie all’aiuto di Jonathan. Senza di lui, il test del giorno successivo sarebbe andrà sicuramente male. Continua a fissare quei numeri, potenze, radici. Non capisce nulla.

Allunga il braccio verso la tasca dei pantaloni, si sposta quel necessario per afferrare il cellulare.

Un messaggio non letto. Di nuovo. Sa già chi è.

Sblocca la tastiera e va a vedere il mittente. “John”. Senza nemmeno leggere, lo cancella. Esattamente come i precedenti messaggi ricevuti durante la settimana. Inizia a temere che Jonathan pensi che sia Christian a non permettergli di rispondere ai suoi messaggi, a far si che non lo chiami. Non vuole che pensi così. Non è la verità, è lui a non volerlo sentire.

Eppure gli manca. E se ne rende conto solo in quel momento.

Sposta la manica della felpa e osserva l’orologio. Con l'indice destro percorre la circonferenza del quadrante per poi passare al cinturino in acciaio. Decisamente un gran bell’orologio. Jonathan ha un certo gusto per gli orologi.  
Segna le sette meno dieci. Tra poco sarà ora di cena.

Toglie l’orologio, lo appoggia sul letto e per qualche secondo rimane a fissare la lancetta rossa dei secondi muoversi rapidamente lungo tutto il quadrante.

-Kyle! La cena!

Si alza dal letto, prende delicatamente l’orologio e lo ripone nel primo cassetto del comodino, facendo attenzione a nasconderlo tra i boxer e i fazzoletti poi chiude il cassetto e raggiunge Christian a tavola.











Continuazione dell'AVVISO in testata:
La novità per HARD TO SAY I'M SORRY per il 2014 è il SITO: APRIMI!



Troverete oltre ai capitoli già presenti su EFP (riveduti e corretti in modo da renderli più coerenti in linea col mio sitle di scrittura attuale), le schede dei personaggi, alcuni approfondimenti, curiosità e partire dal mese di Aprire un PREQUEL di questa storia (che pubblicherò successivamente anche qui).

Che Aspettate? APRITE SUBITO IL LINK!!!!



--> Ecco il secondo capitolo! Spiegazione veloce sui titoli. Due domande che mi faccio e mi auto-rispondo (no, non sono normale) Perchè i titoli sono due? E perchè quello in inglese non è la traduzione di quello in italiano?
I titoli sono due perchè esistono due versioni di questa storia, in inglese e in italiano. La titolatura originale dei capitoli è in inglese. Ho voluto comunque dare un titolo italiano, a volte tradotto alla lettera a volte leggermente diverso per motivi di sonorità. Tutto qui^^

E poi ringrazio Tao per il commento :) <---

  
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