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Autore: crazy lion    16/04/2016    8 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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ATTENZIONE! Ho revisionato questo capitolo cambiandolo parecchio e aggiungendo alcune cose. Nei precedenti avevo fatto solo alcune modifiche o aggiunte alla storia, ma nulla di che, qui invece ho cambiato parecchio. Consiglio caldamente a chi l'avesse già letto di rifarlo. Leggete ciò che ho scritto nell'angolo autrice per ulteriori dettagli. In questo capitolo Demi inizia l'iter adottivo.
Buona lettura.
 
 
 
 
CAPITOLO 5.

L'INIZIO DI UN LUNGO CAMMINO

La mattina seguente Demi fu oberata di lavoro. Solo alle 10:00 riuscì a trovare un attimo di tempo per chiamare le agenzie per l'adozione. Al primo numero rispose una segretaria che le disse che l'assistente sociale della quale lei chiedeva sarebbe stata fuori città fino alla fine di gennaio. Provò quindi il secondo e le venne detto che sarebbe stata richiamata non appena la donna che cercava fosse stata libera. Demi uscì a pranzo con il suo manager e i ragazzi che suonavano le sue canzoni. Mentre mangiavano le squillò il cellulare. Tutti ammutolirono.
"Pronto?"
"Pronto? Sono Holly Joyce. Lei mi aveva cercata, vero?" chiese una voce gentile.
"Sì, sono io."
"Come posso aiutarla?"
Demi le disse chi era e il motivo per il quale l'aveva chiamata. Fissarono un appuntamento per il venerdì di quella stessa settimana.
Per Demi i due giorni successivi furono tra i più lunghi della sua vita. Non passavano mai. Le ore scorrevano lente e le sembrava che il tempo si volesse prendere gioco di lei aumentando di minuto in minuto la sua angoscia.
Giovedì andò a cena da sua madre e ne parlò con lei. Addie era fuori con dei suoi amici, così quella sera in casa c'erano solo donne.
"Immagino che tu sia molto preoccupata per domani" le disse Dianna, "ma devi cercare di stare tranquilla, in fondo non è un esame!"
"Beh, più o meno" obiettò Dallas, facendo segno di sì con la testa. "Ti faranno delle domande, potrebbero tenerti lì anche per ore."
"Grazie Dallas, questo mi conforta molto" disse Demi sospirando.
"Non voglio spaventarti, sorellina, ma la realtà è questa. Ciò che ti aspetta non..."
"Non sarà un cammino facile, sì, lo so. Continuano a ripetermelo tutti, ormai ho imparato a memoria queste parole. Non potete aiutarmi di più e dirmi che probabilmente andrà tutto bene? Non so se ve ne rendete conto, ma io ho paura! Cosa succederebbe se per caso non piacessi all'assistente sociale, o se facessi qualcosa di sbagliato?"
"Demi ha ragione," disse Madison, "la state spaventando troppo."
"Grazie cara! Vedete? Lei è la più piccola, ma capisce le cose meglio di voi due messe insieme."
"Scusaci, tesoro" disse Dianna avvicinandosi a Demi.
Le accarezzò la testa e le diede un bacio.
"Perdonami, sorellina" sussurrò Dallas con dolcezza.
"Okay, accetto le vostre scuse, tranquille."
Demi sorrise. Non era arrabbiata, solo molto agitata.
"Vedrai che andrà tutto bene" la rassicurò Dianna.
"In fondo, non c'è nessun motivo per cui non dovrebbero accettarti" aggiunse Dallas.
Quella sera Demi fu di poche parole, cosa che non era affatto da lei, ma si sentiva così in ansia per quello che avrebbe dovuto fare il giorno dopo, che non riusciva a smettere di
pensarci.
Quando andò a casa accese il computer e cercò su Google il nome dell'agenzia che Andrew le aveva scritto. Avrebbe voluto farlo prima, ma era stata troppo occupata con il lavoro. Ora che aveva tempo, preferiva controllare il sito dell'agenzia per capire se i single erano ben accetti o se c'erano altri requisiti che i genitori dovevano avere. Scoprì che i single potevano adottare e che erano accette anche le coppie omosessuali, le persone oltre i quarant'anni e quelle che avevano certe disabilità o che in passato avevano avuto altri problemi. C'era anche scritto che l'agenzia voleva assicurarsi che, nonostante gli adottanti soffrissero o avessero sofferto di alcune malattie o fossero affetti da disabilità come ad esempio la cecità, riuscissero ad occuparsi di un bambino dandogli amore e una vita serena in un ambiente sicuro. Demi sorrise: le persone che lavoravano in quell'agenzia dovevano essere molto aperte e competenti. Sapeva bene che non sempre ciò che c'è scritto su internet è affidabile, quindi qualche dubbio le restava, ma decise comunque di fidarsi. Se era stato Andrew a consigliarle quell'agenzia significava che, evidentemente, ne aveva sentito parlare bene. Demi lesse altre informazioni sull'adozione in California navigando in internet e capì di essere in buone mani, dato che trovò scritto in un altro sito che non tutte le agenzie erano disposte ad accettare i single come adottanti. Per fortuna, sotto questo punto di vista, lei era abbastanza sicura che sarebbe stata accettata.
Il mattino successivo si presentò all'agenzia con mezzora di anticipo. Aspettò pazientemente seduta su una sedia, finché una donna aprì una porta e la chiamò. Demi ne riconobbe subito la voce: era Holly Joyce. Aveva una voce dolce e rassicurante.  La ragazza avanzò lentamente verso l'assistente sociale che le teneva la porta aperta. Dopo poco si trovò all'interno di un ufficio con le pareti dipinte di un rosa caldo e le finestre grandi. L'ambiente era piccolo, ma  molto luminoso e ordinato. C'erano un tavolo e, dall'altra parte, uno scaffale pieno di libri. Appesi alle pareti c'erano un'infinità di disegni, soprattutto di animali o di paesaggi dai colori molto accesi. Alcuni disegni erano talmente strani e buffi che Demi non poté fare a meno di sorridere.
"Ne faccio fare uno a tutti i bambini che vengono qui" disse Holly, notando l'interesse della ragazza. "Alcune famiglie portano qui i bambini che hanno adottato grazie alla nostra agenzia per far conoscere ai figli le persone che hanno reso possibile la loro felicità. Per me è qualcosa di molto gratificante ed è meraviglioso vedere quelle famiglie felici e sapere che, almeno in parte, è stato grazie a me e alle altre persone che lavorano qui."
Indicò a Demi una sedia vicino al grande tavolo sul quale si trovavano dei fiori freschi. La ragazza si accomodò e Holly le si mise di fronte. La guardò negli occhi e disse:
"Allora, al telefono mi raccontava che ha deciso di adottare un bambino. Come mai vuole farlo?"
Holly voleva assicurarsi che Demi non fosse come altre donne single che aveva incontrato nel corso della sua carriera, che avevano desiderato adottare un bambino perché si sentivano sole. La solitudine, infatti, non poteva e non doveva assolutamente essere l'unico motivo per voler far entrare un bimbo nella propria vita.
"È da mesi che penso di voler avere un figlio. Avevo sperato di poter realizzare questo sogno grazie alla fecondazione in vitro, ma dopo aver fatto alcuni esami in ospedale ho scoperto che sono sterile. A peggiorare la situazione i dottori mi hanno detto che, in ogni caso, anche se facessi la fecondazione, le possibilità di portare a termine una gravidanza sarebbero quasi nulle. Ho pensato all'adozione perché voglio mettere un bambino al centro della mia vita e dargli tutto l'amore di cui sono capace. Essere mamma è quanto di più bello c'è al mondo per una donna e penso che sarà la cosa che riuscirò a fare meglio nella mia vita. Non so come sono riuscita a capirlo, visto che non ho mai avuto bambini, ma le posso solo dire che è qualcosa che sento dentro, nella mia mente e, soprattutto, nel profondo del mio cuore."
"Come ha affrontato la dura realtà di non poter avere dei figli tutti suoi?"
"Come ho..." Demi si interruppe. Quella domanda la bloccò per un momento, ma si riprese subito. "Per mesi interi sono stata molto male, questo non glielo nascondo. Mi sentivo sbagliata, in colpa, mi domandavo perché era successo a me. Ho passato molto tempo a parlarne con la mia famiglia e i miei amici, non riuscivo a cambiare argomento.”
“È mai stata da un medico visto che si sentiva così male? Sentimenti come quelli che descrive potrebbero indicare una diagnosi di depressione.”
E questo, ovviamente, avrebbe reso difficile se non impossibile l’iter adottivo.
“No, perché pian piano ho iniziato a sentirmi un po’ meglio e la situazione migliorava giorno dopo giorno, anche se lentamente.” Le raccontò come era uscita da quel periodo buio e l’assistente sociale sembrò soddisfatta. Non pareva credere che Demi avesse affrettato le cose. “A volte avevo pensato all’adozione ma sempre in modo vago, per nulla convinto e non nella maniera corretta.”
“Che intende?”
“Che pensavo di ripiegare su di essa perché non sarei riuscita a dare la vita” ammise per la prima volta. Si sentì così male nel dirlo. “Era un pensiero orribile, lo so e credo che se fossi stata bene non mi sarei nemmeno sognata una cosa del genere. Per questo ho preso tempo per guarire. L’adozione dev’essere una scelta, un piano A non un piano B” proseguì, “ci ho messo un po’ ma l’ho capito. Per adottare bisogna esserne convinti al centouno per cento o anche di più e aver superato le difficoltà e i dolori. E ringrazio Dio ogni giorno per avermi fatto capire che era necessario agire così prima di venire in quest’agenzia. Prima di adottare dovevo ritrovare un mio equilibrio e stare bene. Ora mi sento benissimo. Mesi fa non sarei mai stata pronta. Adesso lo sono.”
Aveva dovuto e soprattutto voluto dire tutta la verità anche riguardo i suoi sentimenti. Sperò di essere riuscita a spiegarsi, che ora Holly non pensasse che voleva un bimbo per motivi sbagliati. Quando la donna cambiò argomento capì che forse ci era riuscita.
"Io l'ho vista più volte in televisione o sui giornali, ma glielo devo chiedere comunque: lei non è sposata, vero?"
Se Demi era lì da sola, significava che forse non aveva né un fidanzato né un marito. Se invece fosse stata sposata o fidanzata e il suo partner non si fosse fatto vedere perché magari non era d'accordo con quel progetto, per Demi, come per qualsiasi altra donna, adottare un bambino sarebbe stato impossibile.
"No" rispose la ragazza. "Sono sola da cinque anni, da quando il mio fidanzato mi ha lasciata."
"Com'è successo?" le chiese Holly.
"Quando ho iniziato a sentirmi davvero male, lui non è riuscito a starmi vicino. Un giorno mi ha detto che non ne era più capace e se n'è andato. Tra l'altro, mi ha anche confessato che mi aveva tradita ed io, come una stupida, non mi ero mai accorta di niente. Ci ho sofferto molto, ma dopo un po' abbiamo ripreso i contatti. Ora siamo amici, ci troviamo bene insieme e abbiamo cantato in duetto qualche canzone."
"Non sta considerando l'idea di trovare qualcun altro?"
"No."
"Il suo ex fidanzato è Joe Jonas, giusto?"
"Vedo che conosce bene la mia storia" osservò Demi.
"Mia figlia Tanya, che ha quindici anni, è una sua grande fan, adora sentirla cantare e sa tantissime cose su di lei, per questo la conosco. Mi scusi se le pongo tutte queste domande, ma è il mio lavoro. Lo faccio con tutti i possibili genitori adottivi che vengono qui, coppie o single che siano."
"No, si figuri! Capisco, è suo dovere e lei non si deve scusare di nulla, perché non ha proprio niente per cui chiedermi scusa. Io voglio essere trattata come una persona normale, capisce? Voglio seguire l'intero procedimento senza scorciatoie o trattamenti di favore perché non sarebbe giusto da parte mia chiederli, né da parte vostra offrirli. Quindi, lei e chi mi seguirà in futuro dovrà trattarmi come farebbe con qualsiasi altra donna single che vuole adottare un bambino."
Holly sorrise. L'onestà di quella ragazza la commosse per un momento. Non era come altre persone che, avendo ricchezze di ogni sorta e molti soldi in tasca, erano disposte a fare di tutto per avere ciò che volevano, di qualsiasi cosa si trattasse, anche a costo di andare contro la legge. Demi era limpida, onesta, voleva fare le cose come andavano fatte e per questo Holly la ammirava. Secondo lei, non c'erano molte persone come quella ragazza al mondo.
"Sì, capisco" disse "e la ringrazio per avermelo detto. Perché non considera nemmeno la possibilità di stare con qualcuno, in futuro? Lei è una donna molto bella!"
"Grazie per il complimento, ma non credo che un uomo sarebbe disposto a sposarmi sapendo che non potrò mai avere dei figli miei e, comunque, io sto bene così."
"Se un uomo ama una donna, lo fa a prescindere da tutto. Demi, se si innamorasse di qualcuno e lui ricambiasse questo sentimento, non dovrebbe importargli il fatto che lei non può avere figli. Non la pensa così? Sia sincera con me, se mi sbaglio me lo dica. Non vorrei mai offenderla, sto solo cercando di seguire con lei un ragionamento."
"Non mi offende affatto. Sì, lei ha ragione, ma come le ho detto non credo di poter trovare qualcuno, almeno non in tempi brevi e poi, ripeto, sto bene da sola. Non mi pesa per nulla il fatto di non essere né sposata, né fidanzata."
"D'accordo. So che lei ha avuto problemi di anoressia, bulimia e autolesionismo. Ora come sta?"
L'assistente sociale doveva essere sicura che Demi non soffrisse di depressione, o che non si facesse ancora del male in nessun modo e che non fosse mentalmente instabile.
"Non mi taglio più da tempo. Per quanto riguarda l'anoressia, la bulimia e il binge eating - di quest'ultimo ho iniziato a soffrire a nove anni -, li tengo a bada. Ho ripreso a mangiare come prima. A volte esagero un po', lo ammetto, ma mai troppo. Non mangio fino a vomitare come facevo anni fa, né sto giorni senza toccare cibo, non mi peso in modo ossessivo e non vado a correre fino a sfinirmi. Sono stata seguita bene in clinica. Certo, una volta uscita ho dovuto combattere ancora contro i miei problemi, sono stata da una psicologa - la stessa che c'era in clinica e che aveva uno studio tutto suo - fino al 2013, così come da una psichiatra, anno in cui mi sono sentita molto meglio. Entrambe hanno detto che ero pronta a terminare la terapia psicologica e psichiatrica e, dato che io ero del medesimo aviso, l'abbiamo fatto."
"In tutti quegli anni non ha più avuto l'impulso di tagliarsi, o di non mangiare, o di farlo troppo?"
"Il primo anno è stato difficilissimo" disse la ragazza, mentre la sua voce si spezzava. Faceva così male ricordare quel periodo. "A volte ero scontrosa con i miei genitori o le mie sorelle, che non c'entravano niente e anzi, avrebbero solo voluto aiutarmi. Certo che avrei voluto smettere di mangiare o abbuffarmi, o farlo troppo e vomitare, ma mia mamma mi teneva sotto controllo." L'aveva sgridata spesso, quando aveva perso la pazienza. "Aveva nascosto tutte le lamette e gli oggetti appuntiti presenti in casa e mi aveva insegnato ad andare da lei quando sentivo l'impulso di tagliarmi. A volte non ci riuscivo, mi arrabbiavo con lei perché avrei voluto una lametta e non la trovavo, allora cercavo qualsiasi cosa, un temperino per esempio, e lo facevo di nascosto. Qualche volta mi ha scoperta, altre no. Ma quando mi rifugiavo tra le sue braccia e piangevo mia mamma riusciva a calmarmi."
"Sua madre dev'essere meravigliosa!" esclamò Holly, ammirando la forza d'animo di quella donna.
Con i figli non ci si deve mai arrendere, è vero, ma non è facile stare loro accanto quando passano dei momenti difficili.
"Oh sì, lo è e lo sono anche Dallas, Eddie e Madison. Hanno fatto di tutto per me e continuano tutt'ora ed io cerco di stare loro accanto più che posso e di dar loro una mano se hanno bisogno. Lo faccio anche con Andrew, il mio migliore amico. Anche lui mi è stato sempre molto vicino, è uno dei pochi amici che sono rimasti con me durante e dopo il ricovero. Comunque, anche se desideravo tagliarmi, non l'ho quasi più fatto. Non succede da tre anni e mezzo, poco più, poco meno. Per la bulimia e l'anoressia ci è voluto più o meno lo stesso tempo ma grazie alla mia forza, alla psicologa, alla psichiatra e a una brava dietista che mi hanno seguita benissimo, sono riuscita a superarle entrambe. Il 22 giugno del 2013 è morto il mio padre biologico, Patrick."
"Lui l'ha aiutata nel suo periodo più brutto?"
"No," diss la ragazza mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime, "non è mai stato molto presente nella mia vita." Amore e odio, gli stessi sentimenti che provava ogni volta quando pensava a lui, si ripresentarono anche quel giorno. Strinse i pugni e li appoggiò alle ginocchia, lo fece anche con le mascelle ma quando sentì dolore le rilassò. "Il nostro rapporto è sempre stato complicato" sospirò tristemente. "Ho sofferto, ma mi sono ripresa piuttosto in fretta, tanto che poco dopo ho smesso di andare dalla psicologa e dalla psichiatra. Certo lui mi manca, ma il nostro rapporto è sempre stato conflittuale. Gli voglio bene e allo stesso tempo no ma, anche se la sua assenza - anche quando era vivo intendo- ha inevitabilmente influenzato la mia vita, da anni mi sento molto meglio."
Le venivano i brividi nel ripensare a tutto ciò che aveva passato.
"Mi dispiace che le cose con suo papà non siano mai andate bene."
"La ringrazio. Purtroppo ad alcuni capita di non avere una famiglia perfetta. Mio padre a volte prendeva droga ed era un alcolista che rifiutava di farsi aiutare. Era anche molto violento, non con noi ma con mia madre, e noi abbiamo visto cose che preferiremmo dimenticare. Io ero piccola quando mamma l'ha lasciato, avevo qualche anno, ma Dallas era più grande. Né io, né le mie sorelle, né mia madre abbiamo mai preso nulla di quella roba, glielo posso assicurare."
"Le credo. Essere traumatizzati in quel modo da bambini non è mai facile. Lascia dei segni profondi nell'anima che non se ne andranno più e spesso modifica il comportamento dei soggetti, soprattutto se anche i bambini sono stati picchiati o abusati."
"Mio padre non ha mai toccato né me, né Dallas in nessun modo. Ma negli anni di terapia abbiamo affrontato molto anche questo, perché ovviamente tutto il resto è nato da lmio passato. Abbiamo scavato a fondo nei miei sentimenti, in quello che è successo. Andavo in terapia due volte a settimana per un'ora o a volte più, certe sedute non erano semplici perché parlare di cose così delicate e difficili mi stancava, ma mi hanno aiutata molto. Certo non hanno cancellato il dolore né quanto accaduto, niente potrà farlo, ma mi hanno aiutata ad accettarlo, almeno in parte."
Holly notò che era molto emozionata mentre ne parlava, il tono della sua voce si era abbassato e aveva gli occhi pieni di lacrime, ma non le pareva una persona instabile.
"Vede cos'ho fatto per nascondere i tagli?" Le mostrò i polsi, sui quali c'era la scritta Stay strong, ovvero quello che i suoi fan le avevano scritto tantissime volte su Twitter. "È ovvio che nell'anima mi rimarranno sempre delle cicatrici ma, come ho detto in una mia canzone, io sono una guerriera e non sono mai stata così forte. Ho imparato, pian piano, ad affrontare il passato, a farmi una ragione di quello che avevo fatto a me stessa e ad accettarmi per come sono, con i miei pregi e i miei difetti e a capire che non devo disprezzare il mio corpo e che tagliarsi, non mangiare, o abbuffarsi fino a scoppiare non sono le soluzioni per risolvere i problemi che ogni giorno la vita ci pone davanti."
Holly annuì.
“So che ha anche sofferto d’ansia e di attacchi di panico, o almeno, questo è quanto ha rivelato in alcune interviste. Mi parli un po’ di questi problemi.”
Era vero, purtroppo ci era passata e sapeva quant’era difficile uscirne. Glielo disse, aggiungendo che non se ne viene mai fuori del tutto, perché l’ansia entra a far parte di te e del tuo modo di essere, o a volte lo è da sempre ma tu te ne rendi conto solo dopo un po’, e pian piano impari a controllarla, a fare in modo che non sia più invalidante e che ti lasci vivere.
“In passato ho sofferto d’ansia, soprattutto durante la mia adolescenza ma non solo. Credo sia nata assieme a tutti i miei altri problemi."
"Cosa sentiva quando ti succedeva?"
"Mi mancava il respiro, era come se stessi soffocando e non riuscissi a trovare aria. A volte tremavo e non ce la facevo a stare ferma, dovevo sempre muovermi durante quegli attacchi, con tutto il corpo. Ho avuto anche dei problemi alla tiroide da quanto ero stressata, ma faccio le analisi per tenerla sotto controllo ed ora è tutto a posto. Una volta sono anche finita in ospedale a causa di un attacco di panico e un'altra a casa mia, dopo il ricovero in clinica. Da quando è iniziata sono stata male per anni.”
“E come la contrastava? Ha preso farmaci?”
“Sì. Alla Timberline Knolls mi è stato prescritto il Trilafon, un neurolettico per curare l’ansia. Mi avevano proposto le benzodiazepine, ma ho rifiutato perché danno assuefazione. Prima ne prendevo tre pastiglie, una alla mattina, una al pomeriggio e una la sera, tutte da due milligrammi, la dose minima, poi sono passata a quattro. Non ero contenta di prenderle, penso che nessuno sia felice di curarsi con quelle medicine, ma sapevo che in quel momento della mia vita non ce la potevo fare da sola, per quanto in parte lo volessi. Dico così perché la mia forza di volontà per un po’ è venuta meno, dopo alcune settimane però stavo già meglio.”
“Lo utilizza ancora? E se sì, in che dosi?”
“No, non più. L’ho usato per un anno e otto mesi, poi per fortuna anche con l’aiuto della psichiatra, della psicologa e di tecniche di rilassamento, come la meditazione guidata al sonno o la meditazione, sono riuscita a stare meglio e ho potuto smettere di prenderlo."
"E ci sono altri modi nei quali gestisce l'ansia quando le viene?"
"Scrivendo, o a volte dipingendo. Scrivere, soprattutto canzoni, mi aiuta a buttare fuori le mie emozioni e a sfogarmi. Inoltre parlo molto con i miei familiari, il mio manager, i miei amici di ciò che provo."
"Sono tutte buone soluioni. Quindi pensa di avere un buon supporto?"
"Assolutamente."
"Da quanto non soffre di quell'ansia forte di cui mi ha parlato poco fa?"
"Ho terminato la cura a luglio 2012, più o meno un anno prima di finire la terapia psicologica e psichiatrica, per cui da alcuni mesi prima. A volte ci sono state ricadute, ma non così forti e non hanno richiesto la ripresa dei farmaci. Prendendo alcuni respiri profondi, stringendo le mani a pugno e usando le altre tecniche di cui le ho parlato sono sempre riuscita a gestire tutto, anche se a volte non è facile. Sono una persona ansiosa per natura, credo, ma non così tanto da combinare guai o da non sapere ciò che sto facendo. Riesco a mantenere il controllo, adesso. Ho imparato che bisogna capire l'ansia, arrivare alla radice del problema e poi affrontarlo in positivo. Non è semplice, ma io ci provo."
"Capisco. Molto bene." Le chiese come mai non avesse optato per l'adozione internazionale e Demi le ripeté quello che aveva detto ad Andrew. Holly capiva che per lei sarebbe stato difficile affrontare un percorso così lungo e complesso, quindi le disse che se era quello che sentiva nel suo cuore, allora avrebbe dovuto seguirlo. Aggiunse che, per qualsiasi tipo di adozione avesse scelto di fare, ci sarebbero stati molti moduli da compilare e documenti da preparare e che la procedura non era affatto semplice. Le spiegò che l'agenzia nella quale lei lavorava seguiva le madri che volevano dare in adozione il loro bambino non ancora nato e si occupava di parlare con le persone che desideravano adottare un figlio ma cercava anche, se possibile, di trovare una famiglia adottiva e una casa ai bambini in affidamento. Le spiegò che, a volte, questi venivano adottati dalle famiglie affidatarie, altre no e quindi o rientravano in famiglia con i genitori o venendo adottati da parenti o, quando questo non era possibile, venivano dati in adozione ad altre persone.
"I bambini già in affidamento" continuò Holly "possono avere esigenze speciali, per esempio essere non vedenti, sordi, sordo-muti, muti, essere malati della Sindrome di down, di AIDS o di altre, gravi malattie, sia fisiche che mentali. Alcuni di loro sono molto piccoli, altri hanno anche sei anni o più. Spesso hanno subito maltrattamenti, violenze sessuali, fisiche o psicologiche o hanno uno o entrambi i genitori alcolizzati o drogati. Sa quanti bambini si trovano in affidamento negli Stati Uniti? Quattrocentomila, di cui un quarto aspettano di essere adottati."
"Quattrocentomila?"
Demi provò ad immaginarseli. Erano un'infinità. Tantissimi volti, sguardi, voci, storie differenti. Non riuscendo a parlare e pensando agli orrori che molti di loro avevano vissuto annuì soltanto. Si prese qualche momento di pausa. Avrebbe voluto commentare, ma non c'era bisogno di parole. I suoi occhi lucidi dicevano tutto.
"Quindi, se scegliessi questo tipo di adozione, non avrei la certezza di adottare quel bambino, giusto?" chiese, tremando.
Molte cose che aveva appena sentito le erano state già dette da Andrew, anche se Holly aveva aggiunto più informazioni. E Demetria conosceva già la risposta a quella domanda, ma chiedere le era venuto spontaneo. Non riuscì a capire perché. Forse aveva solo bisogno di farselo entrare ancora meglio in testa.
Holly notò la paura nei suoi occhi.
"La certezza assoluta non c'è mai, Demi. A volte capita che anche le madri naturali, sia in questo tipo di adozione sia nell'independent adoption, cambino idea e rivogliano i loro bambini. Dopo la nascita dei piccoli, per lo Stato della California, hanno 30 giorni per ripensarci - anche se poche lo fanno - per cui finché i diritti dei genitori non sono terminati, il bambino è legalmente ancora loro figlio. Dare in adozione un bambino è, a quanto mi è stato detto in tutti questi anni, la cosa più difficile che una donna deve fare nella vita. Chi lo fa non agisce mai a cuor leggero e i motivi per cui si lascia un proprio figlio sono molto seri. Per quanto riguarda i bimbi più grandi, quando è possibile si cerca di fare in modo che i bambini in affidamento tornino dai loro genitori naturali e questo, devo ammetterlo, succede spesso. Noi, però, come agenzia intendo, aderiamo anche ad un programma che si occupa di trovare una casa a quei bambini che molto difficilmente ritorneranno in famiglia a causa di problemi gravi dei genitori per esempio. Quindi, se lei sceglierà di proseguire per questa strada sarà davvero molto, molto probabile che il bambino che le verrà affidato sarà anche adottato da lei. I diritti dei genitori potrebbero già essere terminati o stare per terminare. Ci occupiamo soprattutto di dare in adozione bambini con bisogni speciali, oppure gruppi di fratelli, o bambini afroamericani, o che hanno dai quattro anni in su, che quindi, essendo un po' grandicelli e avendo magari certi tipi di problemi, fanno fatica a trovare una famiglia. In ogni caso l’età media dei bambini in affidamento è otto anni."
Lei, adesso, che cos'avrebbe dovuto fare? Se lo chiese molte volte. Non la spaventava più tanto il fatto che c'era comunque sempre il rischio, seppur minimo, che il bambino le venisse tolto - dato che Holly l'aveva rassicurata sotto questo punto di vista - quanto il fatto che, se avesse aderito a quel programma, l'agenzia avrebbe potuto affidarle un bambino con dei problemi magari molto gravi e Demi non sapeva se sarebbe stata in grado di affrontarli. Ovviamente tutto sarebbe dipeso dal tipo di difficoltà... Era anche vero che lei era molto giovane, quindi forse adottare un bambino più grande sarebbe stato difficile. Se quando aveva parlato con Andrew era stata convinta di voler adottare solo ed esclusivamente un neonato, ora aveva dei dubbi.
"Per adottare un neonato inoltre ci potrebbe volere molto tempo, soprattutto per lei che è single" le disse Holly, parlando in tutta onestà.
Demi adesso era confusa più che mai. Forse, se avesse avuto  del tempo a disposizione per rifletterci meglio, sarebbe stata in grado di capire quale tipo di adozione era il migliore.
“Quanto tempo?” chiese.
“Da alcuni mesi a un anno e poi altri mesi per finalizzare l’adozione, mentre se adottasse un bambino in affidamento tutto dipenderebbe dalle circostanze. Potrebbero volerci alcuni anni fino al momento della finalizzazione dell’adozione, sempreché il bimbo rimanga con lei. Adottare un neonato costa molto, mentre farlo con un bambino già in affidamento non dovrebbe pagare praticamente nulla. So che i soldi non sono un problema per lei, ma è giusto che sappia anche questo."
"Potrei…" disse, ma poi si interruppe, un po' intimidita.
"Mi dica!" esclamò Holly sorridendo. "Non abbia paura di farmi domande o richieste, se ne sente la necessità. Le verrò incontro, se potrò."
"Mi sarebbe possibile avere del tempo per pensarci e ricontattarla in seguito?"
"Certo!" esclamò la donna. "Questo in fondo era un primo colloquio di presentazione. Io comunque ora la inserirò nella lista degli adottanti che stanno lavorando con noi qui in agenzia."
"Avete una lista?" chiese la ragazza, che non ne sapeva niente.
"Sì, teniamo una lista con tutti i nomi e i cognomi delle persone che decidono di adottare con noi. Lo fanno tutte le agenzie che si occupano di adozioni."
"Okay. Allora io penserò con calma a ciò che lei mi ha detto e poi deciderò, d'accordo?"
"Va benissimo; e Demi, si ricordi che non deve avere fretta. Per queste cose ci vuole tempo. La parola "adozione" è davvero molto importante. Decidere di adottare un bambino è una cosa bellissima, ma anche una scelta coraggiosa e che cambia la vita sia degli adottanti, sia del bambino, per cui non è qualcosa da prendere alla leggera. Non sto dicendo che lei si sta comportando in questo modo, anzi, mi sembra una persona molto responsabile, ma voglio solo suggerirle di rifletterci con calma. Pensi bene a quale tipo di adozione è meglio per lei. Certo, io le ho fatto presente che per avere un neonato ci vorrà molto tempo, ma non è detto. Potrebbe esserci una madre naturale disposta a darle il suo bambino tra un po' di mesi. D'altronde, è così anche nell'altro tipo di agency adoption: si può trovare un bambino più grande in poco, come in molto tempo. Ogni tipo di adozione ha i suoi pro e i suoi contro."
"Sì, capisco benissimo. Ha fatto bene a dirmi queste cose. Ci rifletterò."
Holly la accompagnò alla porta e la salutò, dicendole che sperava di rivederla prima o poi.
"Mi rivedrà sicuramente, molto presto spero" disse Demi, poi le strinse la mano e se ne andò.
Solo ora se ne rendeva conto: scegliere quale tipo di adozione fare era una decisione critica ed importante e la ragazza non avrebbe mai pensato che decidere sarebbe stato così difficile.
Pur sapendo che nessuno avrebbe potuto darle la risposta giusta se non lei stessa decise di coinvolgere la sua famiglia e gli amici, le uniche persone al mondo che, almeno, avrebbero potuto darle un aiuto, un piccolo consiglio.
Tornata a casa, Demi andò su internet e cercò dei siti nei quali si parlava di adozione. Entrò in un forum nel quale delle persone raccontavano di aver adottato bambini che erano già in affidamento presso altre famiglie. Dicevano che era stata una bellissima esperienza e che anche quelli più grandi in realtà erano, in un certo senso, piccoli, perché avevano comunque bisogno di tantissime coccole e affetto. Altre invece raccontavano che, a causa di ciò che avevano passato, i bimbi avevano avuto difficoltà a legare con i genitori che poi li avevano adottati. Alcuni litigavano spesso con loro ma poi cercavano il contatto fisico, altri avevano scatti di rabbia. Erano storie difficili, insomma, che non sempre erano terminate con un'adozione. C'erano anche famiglie a cui erano stati affidati parecchi bimbi prima che riuscissero ad adottarne uno. Le fu impossibile rimanere indifferente di fronte a quelle storie fatte di sofferenza e speranza. Quella sera Demi chiamò Andrew e sua madre per chiedere loro un consiglio e parlò anche con Dallas, Madison, Nick, Joe e Selena. Tutti le dissero la stessa cosa: che pur immaginando che la ragazza avesse paura, era anche vero che i bambini molto piccoli o quelli non ancora nati avevano più possibilità di essere adottati e che, al contrario, quelli un po' più grandicelli o con esigenze speciali facevano molta più fatica a trovare una famiglia. Le consigliarono, quindi, di pensarci con molta calma e attenzione. Quella notte Demi non fece altro. Al mondo c'erano molti bambini piccoli ed era ovvio che una coppia, come un single, avrebbe preferito adottare uno di loro, ma era altrettanto vero che anche quelli più grandi avevano tutto il diritto di essere amati, coccolati e cresciuti al meglio. Anche loro avevano bisogno di amore. Quando lei aveva deciso di aprire il suo cuore ad un bambino aveva pensato sempre e solo ad un neonato sia perché era giovane, sia per la paura che un bambino più grande le sarebbe stato tolto ma d'altra parte si rendeva conto che, in fondo, il suo cuore era sempre stato aperto ad adottare uno di quegli sfortunati bambini più grandi nonostante tutto, anche se lei, fino a quel momento, non l'aveva mai ammesso nemmeno a se stessa. Anche lei, come le coppie di quel forum, sarebbe stata prima un genitore affidatario e poi, se il cielo avesse voluto, uno adottivo. Avrebbe dovuto ricordarsi costantemente, però, nonostante ciò che Holly le aveva detto, che ci sarebbe potuto volere molto tempo per trovare un piccolo e soprattutto che non era affatto sicuro che il primo bambino che le sarebbe stato affidato sarebbe poi rimasto con lei per sempre. Scelse di aderire al programma che trovava una famiglia a bambini con esigenze speciali. Lo fece, un po' egoisticamente, perché Holly le aveva detto che quei bambini sarebbero rientrati molto difficilmente in famiglia, ma soprattutto perché sapeva che, anche se con difficoltà, sarebbe stata in grado di crescere al meglio un bambino con disabilità, dandogli tutto l'amore del mondo. Demi non seppe mai dove trovò il coraggio di prendere quella decisione difficile. Non seppe se fu la sua fede a darle la forza di dire:
"Sì, lo faccio"
o se fosse stata lei a riuscirci, con le sue sole forze. Seppe soltanto che il suo cuore le urlava:
"Sì!"
La notte, mentre ci pensava, piangeva e poi sorrideva. Sorrideva per la contentezza e l'eccitazione, piangeva per la paura e il dolore che una separazione da uno o più bambini le avrebbe provocato. Nonostante questo, decise di farsi forza e il giorno dopo chiamò Holly chiedendole un appuntamento per il lunedì seguente.
Demi visse il sabato e la domenica in trepidante attesa. Non riusciva a pensare a nulla che non riguardasse l'adozione e la notte faticò a dormire. Quando finalmente il giorno tanto agognato arrivò, la ragazza corse in agenzia con il cuore che le batteva all'impazzata per l'emozione. Salutò l'assistente sociale, entrò in ufficio, si sedette e disse:
"Ci ho pensato molto attentamente e, nonostante sappia che sarà più difficile, ho deciso di adottare un bambino più grande dal programma al quale aderisce quest'agenzia. Non ho preferenze per il sesso, né per il colore della pelle. Il fatto che sia di un'altra etnia non mi crea problemi." Demi pensò che quando si decide di adottare un bambino non bisogna assolutamente avere preferenze sull'etnia. Tutti i bimbi hanno diritto di avere qualcuno che li ami e li faccia sentire protetti e al sicuro e la loro etnia non conta. Tutti i bambini sono uguali a questo mondo, così come lo sono gli adulti. "L'unica cosa," continuò, "è che, se dovesse avere bisogni speciali non credo di poter affrontare malattie come la sindrome di down, l'autismo o altri disturbi mentali molto gravi. Penso, però, che riuscirò a crescere un bambino con l'AIDS, o non vedente, o che si trova su una sedia a rotelle, o con altre disabilità fisiche."
"Va bene" le disse Holly con un gran sorriso. "Capisco che decidere di adottare un bambino con una malattia mentale non sia affatto facile e, mi creda, non sono molte le persone che lo fanno. Di solito questi bambini vengono dati in affidamento a coppie che hanno già figli con malattie del genere e vengono adottati da loro. Non è che i possibili genitori adottivi rifiutino di adottare tali bambini per cattiveria, quindi lei non si deve sentire in colpa per questo. Semplicemente, alcuni di loro non si sentono abbastanza forti per poter sopportare situazioni troppo difficili. Siamo tutti diversi a questo mondo ed è giusto che sia così. Qualcuno riesce a reggere certe cose, qualcun altro altre."
"Beh, in realtà è molto difficile non sentirsi in colpa" confessò Demi e le disse che si sentiva un'egoista per ciò che aveva appena detto. "Forse sono una persona orribile, mi sembra di fare qualcosa di crudele" concluse, con le lacrime agli occhi e il volto pallido.
"Lo posso solo immaginare, Demi, ma glielo ripeto, non deve. Deve stare tranquilla. Se lei avesse deciso di adottare un bambino con disturbi come la sindrome di down quando in realtà non si sente in grado di affrontare una cosa del genere, probabilmente più avanti se ne sarebbe resa conto e questo avrebbe potuto avere delle conseguenze negative su di lei e su di lui, sul vostro rapporto intendo. Quindi ha fatto bene ad essere sincera con me su questo, come su tutto il resto e la ringrazio per la sua onestà. Consiglio sempre agli adottanti di essere sinceri quando parliamo ed è una cosa che le verrà detta anche a dei seminari sull'adozione ai quali dovrà partecipare e che le saranno molto utili. Sta male? Vuole un bicchiere d'acqua?" le chiese, notando che il suo pallore aumentava.
"Sì, grazie, è molto gentile."
Holly si alzò, uscì e poco dopo tornò e le porse un bicchiere di vetro. La ragazza bevve a piccoli sorsi e pian piano il suo colorito migliorò.
"Scusi" disse Demi, vergognandosi.
Holly le sorrise, sentendo che la sua voce era più forte e vedendo il suo sguardo rasserenarsi un po'.
"Non si preoccupi."
Demetria iniziava a capire che l'iter adottivo sarebbe stato pieno di forti emozioni, momenti difficili e altri toccanti e commoventi e si disse che lei era solo all'inizio. Chissà quanto avrebbe avuto da imparare durante quel lungo cammino.
"Se la sente di continuare?" le domandò Holly, parlando sempre dolcemente.
Demi le sorrise e pensò che, con quel suo carattere così dolce, le ricordava molto sua madre.
"Sì."
L'assistente sociale le spiegò che avrebbe dovuto compilare dei moduli e poi portarli in agenzia, che in seguito le sarebbe stato assegnato un assistente sociale, che non era detto che fosse lei, che questi avrebbe dovuto fare dei controlli, vedere la sua casa, parlare più volte con lei, con i suoi familiari e con gli amici e i colleghi di lavoro per capire se sarebbe stata davvero in grado di occuparsi di un bambino e prenderle le impronte digitali. Demi avrebbe dovuto fare un'infinità di esami clinici, dimostrare di avere la fedina penale pulita e provare di non essere più anoressica, né bulimica, né autolesionista. Le spiegò per filo e per segno l'intero procedimento e le disse che ci sarebbe voluto molto tempo anche solo per essere approvata dall'agenzia. Demi si rese conto in quel momento che era tutto molto più complesso di quanto si aspettasse. Fino ad allora, nonostante quello che le avevano detto i suoi familiari, Holly ed Andrew, aveva immaginato che sarebbe stato un po' più facile di così, ma non disse niente a Holly. Non voleva far capire di essere un po' spaventata, né tantomeno dare l'impressione - che sarebbe stata sbagliata - di sentirsi insicura.
"Adesso cosa faccio?" chiese, elettrizzata.
Holly notò la voglia che aveva di iniziare il procedimento, la gioia che traspariva dal suo sguardo. Era cambiata molto rispetto a qualche minuto prima e si vedeva che non era più sconvolta, né aveva paura. La donna le diede dei moduli e le disse di compilarli tranquillamente a casa e di riportarglieli in seguito. Demi le lasciò il suo numero di cellulare, quello dello studio, di casa e il suo indirizzo di posta elettronica.
Poco dopo uscì dall'agenzia con le idee più chiare su ciò che la  attendeva. Nonostante le difficoltà che avrebbe incontrato si sentiva piena di entusiasmo e sapeva che sarebbe andato tutto bene. Holly era stata molto carina con lei e questo le aveva trasmesso un senso di calma e sicurezza. Sperava che sarebbe stata lei la sua assistente sociale. Mentre tornava a casa, Demi aveva le ali. Nonostante la paura che, nel profondo provava ancora, non si sentiva così felice da moltissimo tempo e sperava che quella sensazione sarebbe rimasta nel suo cuore anche nei mesi successivi, nei quali avrebbe dovuto essere molto forte.
 
 
 
NOTE: 
1. so che questo capitolo, come il precedente, può sembrare un po' tecnico e pieno di spiegazioni. In effetti è proprio così, anche se ho cercato di non renderlo pesante. Non succede un granché, è vero. La trama non progredisce molto, ma era necessario introdurre questa tematica lentamente, spiegando bene tutto. Non volevo scrivere qualcosa di frettoloso, poche righe per parlare di un a questione così complessa come l'adozione. Non sarebbe stato giusto.
2. Demi ha davvero sofferto d’ansia e ha avuto sul serio un attacco di panico grazie al quale è finita in ospedale, mentre quello a casa è inventato, anche se credo che avendo questo problema ne abbia sul serio avuti là, e anche prima di andare in clinica. L’ho letto in due articoli, uno dell’”American Way” e l’altro, più dettagliato, dell’”Huffington Post”. È vero anche che ha avuto problemi alla tiroide per questo, ma negli articoli veniva detto solo ciò per cui non ho specificato altro, non avendo informazioni. Non so, invece, quali farmaci abbia preso per l’ansia o se l’abbia fatto. Io, però, prendo il Trilafon e ho preso anche benzodiazepine, per cui questo dettaglio deriva dalla mia esperienza personale. Il fatto che lei non volesse prendere benzodiazepine è inventato, ovviamente.
3. Lo Special Needs Program viene seguito da alcune agenzie in California, ma non ho capito se è inserito nella agency adoption o se è un tipo di adozione a se stante.
Tengo tantissimo a questa storia perché mi permette di trattare temi che mi stanno molto a cuore, tra i quali l'adozione da parte dei single, alla quale, come avrete capito, sono favorevole. Tuttavia non so se avrei avuto lo stesso coraggio di Demi. Forse avrei fatto una scelta diversa, forse no.



ANGOLO AUTRICE:
salve a tutti! Finalmente sono riuscita a capire come funziona l'HTML grazie a quell'angelo di Marty_199.
Ho fatto delle modifiche sostanziali rispetto alla precedente versione di questo capitolo. All'inizio avevo scritto che Demi decideva di adottare un neonato. Solo in seguito le veniva proposto di prendere in considerazione l'idea di adottare un bambino più grande e con esigenze speciali. Essendo venuta a conoscenza dello Special Needs Program, però, cioè del programma del quale ho parlato in questo capitolo, ho deciso di inserirlo qui perché mi sembrava interessante. Demi, quindi, ha fatto una scelta diversa, anche se come avrete letto non è stato facile per lei.
Spero di aver reso bene tutto il colloquio con l'assistente sociale. Mi rendo conto che forse quasi tre anni di terapia sono pochi per affrontare tutto quello che lei ha passato nella sua vita, e so benissimo che Demi va ancora oggi in terapia. Andandoci io stessa, posso affermare che ci vogliono anni per superare certe cose, benché io non abbia avuto i suoi stessi problemi. Ma sarebbe stato troppo difficile inserire sue sedute di psicoterapia qui, anche perché più avanti lo farò con un altro personaggio e tutto ciò sarebbe stato, a mio avviso, troppo pesante e noioso da leggere. Per cui non lo faccio perché voglio mancare di irrealismo, ma solo per un discorso di fluidità della storia. Ho comunque cercato di fare in modo che andasse in terapia per molto tempo e più volte a settimana per riuscire ad affrontare bene i suoi problemi.
Ora vi lascio. Questo capitolo è stato molto lungo e in futuro ce ne saranno altri così o anche molto più lunghi, anche se la lunghezza varierà un po' a seconda di ciò che racconterò. Pubblicherò subito il capitolo successivo e ci vedremo domenica con quello dopo. Terrò il capitolo ancora seguente per il 30 aprile, il giorno del mio compleanno e, a partire da allora, pubblicherò gli altri ogni due settimane, non so ancora se di sabato o di domenica. Per me è indifferente, perciò mi farebbe piacere se mi faceste sapere che giorno preferite.
crazy lion
   
 
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