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Autore: Hagne    05/04/2009    1 recensioni
Nulla viene concesso gratuitamente.
Nulla verrebbe donato così facilmente se dietro ad esso non ci fosse un tranello ben celato, quasi sformato, per poter assumere fattezze più dolci ma non meno pericolose.
Questo è ciò che accade in questa storia. Un patto. Un uomo consumato dall'amore. Una donna che nulla aveva se non il proprio dolore. Degli specchi che tutto sembrano fuorché semplici superfici lucide. Creature misteriose, maledette e quant'altro in questa favola, triste e dolce.
Genere: Avventura, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Non saprei ben  narrare l’avventura nella quale improvvisamente mi trovai volente o nolente invischiata, né potrei dire il perché la mia vita avesse svoltato in una direzione  che mai avrei creduto  di poter percorrere.
Nulla fu lasciato al caso. Tutto era stato già deciso senza che io ne fossi stata messa al corrente, come se qualcuno mi avesse bendato per anni e poi condotto di fronte a innumerevoli vie che si ramificavano davanti ai miei occhi che mai la luce avevano visto, e che nulla sapevano del mondo che mi apprestavo a conoscere.
D ’un tratto tutto ciò che ritenevo fosse realtà divenne menzogna, quello che credevo fosse giusto si rivelò sbagliato, coloro i quali presupponevo fossero mie nemici furono forse i più giusti e buoni con me.
D’altronde, chi mai avrebbe pensato che la mia sola  esistenza  potesse  in qualche modo decidere quella di altri che neanche conoscevo, che non avevo mai visto, che non pensavo neanche esistessero ?
Non biasimo coloro i quali  avrebbero preferito  un personaggio femminile più attaccato alla tradizione fiabesca, né potrei controbattere a coloro i quali  mi trovarono una ragazzina un po’ troppo eccentrica. Buffa. Fragile. Esuberante. Cocciuta. Infantile. Saccente.
Personalmente, anche io avrei meglio inquadrato al mio posto un personaggio più sottomesso all’etichetta di corte, alle regole del vivere civile, alle leggi che tutti sembravano comprendere ed accettare eccetto me.
Sono conscia di come stramba io possa sembrare  con i miei stivali di gomma verdi un po’ troppo grandi, la mia altezza che sfiorava al massimo il metro e sessanta, la mia corporatura esile e le forme femminili che arrotondavano la mia figura fin troppo  sottile e gracile, i corti capelli castani dai riflessi ramati che contornavano il mio viso  a cuore, le sottili e rosee labbra sempre curvate in sorrisi enigmatici, i miei vispi e grandi occhi grigi adombrati sempre da un qualcosa che nessuno mai riusciva a cogliere , la mia pelle pallida che mi rendeva, se possibile, ancora più indifesa ad occhi estranei.
 Ora come ora, seduta sul mio letto dalla curiosa forma triangolare, cullata dal familiare ticchettio dei tacchi di colei alla quale  io ero stata donata come pegno d’amore, attirata dal pittoresco cielo ambrato che al di fuori della minuscola finestra riuscivo a scorgere, sorrisi al solo pensiero dei miei compagni seduti attorno al fuoco scoppiettante, immersi nei loro pensieri, intenti a raccontare le loro mille imprese.
Potrei  quasi sentire il sibilo scocciato di Alec che, seduto nel posto più buio dell’accampamento osservava come suo solito, altezzoso, il resto della curiosa compagnia, nascosto sempre dal mantello che sapevo, venne quasi cucito sulla sua pelle per celare la punizione che secoli addietro gli venne imposta, ma  non mi sarei  seduta più  con loro, non avrei mai più rivisto il capitano Leon bacchettare severo Ian il ladruncolo, né avrei mai più sentito le occhiate gelide di   Cloe sul mio viso, né avrei potuto accarezzare il mio piccolo Nicholas, né avrei rivisto la dolce  Antoniette, né avrei potuto incontrare gli altri miei compagni .
 Per la prima volta, nei miei diciassette anni di vita,  una lacrima solcò il mio viso pallido.
Per la prima volta compresi cosa fosse il dolore e la tristezza,  mentre udivo un rumore di passi veloci giungere da dietro la mia porta chiusa a chiave, e confusa da quelle emozioni che ancora stentavo a metabolizzare vidi  stagliarsi davanti a me l’imponente figura di William.
 Sorrisi d’istinto, avvicinandomi di pochi passi all’uomo dal viso duro ma dagli occhi tristi, occhi di un verde smeraldo privi di un qualsiasi bagliore vitale, occhi che si illuminavano al solo nome della sua amata che quel sentimento chiamato odio mi aveva spinto a provare.
Perché, forse, era solo per William che rimanevo lì, solo per vederlo sorridere quando annuivo docile alle sue pretese, solo per vederlo rianimarsi quando Matilde  ricambiava falsa i suoi sorrisi, solo per stargli accanto e riuscire così a sentire il suo cuore battere per qualcosa che non fosse l’odio.
Qualcuno mi definì  pazza, altri folle, altri ancora mi apostrofarono come una sciocca ragazzina che spontaneamente si era lasciata catturare dalle grinfie di quell’uomo consumato d’amore per la  donna sbagliata, la donna alla quale io dovevo sottostare, ma  tramavo in segreto uno stratagemma per disfarmi di lei, un modo per far sì che William non potesse più soffrire per quell’amore non corrisposto.
Sapevo da sempre che qualcosa in me  non andava, non mi riferisco  certo al fatto che all’età di tre anni divenni muta, o all’abbandono di mio padre, o alla misteriosa morte di mia madre.
Crescendo, compresi che per quanto mi ostinassi ad imitare le emozioni degli uomini che ancor  ora non comprendo, per quanto tentassi di scoprire cosa si celasse  dietro le parole di amore, rabbia, dolore a me ignote, non riuscivo a capacitarmi di come in me albergasse solo il silenzio, pacifico, quieto, sereno, placido silenzio.
 Ora, mentre seguo docilmente William per le gelide vie dell’immenso castello, stringendogli debolmente la  grande e forte mano  segnata da cicatrici, comprendo il perché io sia giunta in quel luogo, il perché mi sentissi così strana al confronto con gli uomini, il perché mi trovassi ora sotto gli ordini del primo essere che imparai ad odiare.
D’altronde, anche volendo, non avrei mai abbandonato colui il quale, seppur indirettamente, mi diede la vita.
- Clara !
Mi irrigidì d’improvviso, stringendomi contro il fianco dell’uomo quando si erse nella sua maligna bellezza Matild, le labbra del color del rubino curvate  in un sorriso smorzato, i lunghi capelli viola che sensuali ondeggiavano sulle minute spalle, gli inquietanti occhi bianchi che trepidanti mi osservavano.
Rabbrividì, disgustata da quella seppur divina bellezza oltre la quale William, accecato dall’amore,  non riusciva a scorgerne l’anima nera, ma io la vedevo, la sentivo,  la odiavo.
Chiusi gli occhi mentre mi afflosciavo priva di sensi tra le braccia aperte dell’uomo che, indifferente, mi stese su un divano per raggiungere la compagna le cui labbra continuavano incessantemente a strillare quelle frasi che purtroppo io dovetti udire, memorizzare, esaudire.
 Una lacrima discese dai miei occhi dischiusi, ma sorrisi nel dolore quando vidi William sorridere di un sorriso caldo che mi rallegrò, che mi fece accettare quella sofferenza, che follemente mi fece ridere di cuore mentre esausta mi lasciai  cadere tra le braccia di Morfeo, conscia del fatto che anche io per la prima volta avrei voluto avere qualcuno al mio fianco, quel qualcuno che sapevo stava fissando il cielo in cerca di qualcosa.
In cerca di ciò che sperai esser io ."

 
 
   
Eccomi qui con una nuova storia tutta da leggere.
Questo è ciò che accade quando non riesco a dormire. Tratta da un sogno avuto pochi giorni fa, aiutata dalla mia fervida fantasia vi presento la prima storia che scriverò in prima persona.

 Spero di avervi attirato, e spero in vostri commenti, perché non so come, ma già tengo a questa storia .
È un mio piccolo esperimento che spero vi intrighi.
 
Vi ringrazio di cuore per l’attenzione, spero che questa piccola introduzione vi piaccia, aspetto ansiosa vostri pareri.
Baci, Gold  eyes   
     
  
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