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Autore: Roscoe24    19/04/2016    0 recensioni
Questa è la storia di Natalie Duvall (nipote di Bobby, figlia di una sua presunta sorella venuta a mancare in un incidente d'auto insieme al marito. Bobby l'ha presa con se e cresciuta) che è una presenza costante della vita dei Winchester. Si conoscono fin da piccoli, sono cresciuti insieme e cacciano insieme. Presumibilmente, Natalie ha vissuto tutte le esperienze che hanno vissuto i fratelli nel corso delle cinque stagioni che riguardano l'Apocalisse.
Nella storia sono presenti dialoghi che risulteranno familiari, quindi sappiate che sono volutamente ripresi, anche se non sono proprio precisissimi.
La trama della sesta stagione non verrà seguita in maniera perfetta, potrebbero esserci degli avvenimenti nominati che accadono prima o dopo e che, invece, in questa storia sono posizionati in modo diverso, o riferiti a personaggi diversi da quelli originali.
Non so cos'altro aggiungere, quindi credo che mi fermerò qui xD
Buona lettura! (Spero) :)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
Capitoli:
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Scende le scale verso le sette di sera. Si è vestita il più velocemente possibile, indossando un paio di jeans e una felpa nera lunga, di quelle che sul davanti hanno una tasca unica. Ha legato i capelli ramati in una treccia morbida che tiene di lato, dalla quale escono delle ciocche di capelli. Infila le mani nella tasca grossa della felpa e si incammina verso lo studio. Ci trova solo Bobby. Questa cosa, in qualche modo, la rincuora. Non gli chiede dove sono i ragazzi, non vuole saperlo. In questo momento, vorrebbe solo corrergli tra le braccia e farsi abbracciare, come quando da bambina correva da lui dopo aver avuto un brutto incubo. Il vecchio cacciatore la osserva, scrutandola intensamente e le fa cenno di sedersi sul divanetto vicino alla sua scrivania.
“Hai un aspetto tremendo.”
“Dimmi qualcosa che non so.”
Bobby sospira, visibilmente preoccupato. Guarda il viso di Natalie pallido quasi da sembrare grigio, gli occhi stanchi, circondati da profonde occhiaie, il viso scavato, tirato. Vederla ridotta in quel modo gli spezza il cuore.
“Natalie, ti ho lasciato tutto lo spazio di cui pensavo avessi bisogno, ma adesso non posso più stare zitto a guardare. Cosa ti sta succedendo?”
Bella domanda.
Cosa le sta succedendo?
È come se avesse perso se stessa, come se stesse cadendo giù da un aereo senza paracadute e avesse la consapevolezza che lo schianto è sempre più vicino.
È sempre stata una donna forte, oserebbe definirsi anche indipendente, combattiva. Ha sempre cercato di trovare le energie per riuscire a combattere ogni sfida che le capitava davanti. Sempre con grinta. Se la vita colpisce, devi colpire più forte – era quello che si diceva. L’ha sempre presa a pugni, quella spocchiosa. Sempre. Anche quando le faceva gli occhi neri, anche quando la metteva a dura prova. Lei si rialzava, combatteva e usciva vincitrice. Fino alla sfida successiva. Fino al round successivo. Non mollava mai.
Ma poi la Vita ha deciso di mostrarle chi è che comandava, che per quanto Natalie reagisse, rimaneva lei quella più forte.
Le ha fatto vivere l’esperienza di Dean all’Inferno, la (quasi) Apocalisse, la risurrezione di Lucifero, la Guerra Celeste, Angeli contro Demoni che si uccidono e coinvolgono l’umanità come se altro non fosse che un insieme di pupazzetti sacrificabili, inferiori a tal punto che se muoiono  è anche meglio. Sono usciti vincitori da questa guerra, ma a quale prezzo? Hanno perso membri importanti della loro famiglia e quelli che sono ancora in vita sono danneggiati a tal punto da essersi persi in loro stessi. Nessuno dei vivi si riconosce più in quello che era prima che questa battaglia incombesse.
“Non lo so.”
Bobby continua a guardarla, in attesa che lei vada avanti, che almeno provi a dire qualcos’altro. Ma Natalie tace, non sapendo cosa aggiungere.
“Nat, ascolta. So che è stato un periodo tosto: le nostre battaglie, aver visto morire persone a cui volevamo bene, Sam che va all’Inferno, Dean che sparisce senza dire niente e ora questo casino dei mostri che decidono che è arrivato il momento di diventare più feroci. Le cose che abbiamo vissuto, farebbero andare fuori di testa chiunque, ok? Ma siamo sempre riusciti a uscire da qualunque situazione incasinata. Ci riusciremo anche questa volta. Ci riuscirai anche questa volta. Sei più forte di quanto credi.”
Si alza dalla scrivania per dirigersi verso di lei. Si china su Nat e le da un bacio sulla fronte.
“Sta’ tranquilla, bimba.”
Nat annuisce, poco convinta.
“Per quanto riguarda quei due zucconi, so che sono state fatte determinate cose e non voglio entrarci. Ma cercate di risolvere la cosa, va bene?”
Natalie annuisce di nuovo, come se improvvisamente non fosse capace di articolare alcun suono. Guarda Bobby uscire dalla stanza.
“Ti ho lasciato tutta la documentazione sulla scrivania. Dacci una letta, almeno ti aggiorni sul caso.”
Il vecchio cacciatore si chiude la porta alle spalle, lasciandola sola nello studio.
Natalie inizia nuovamente a piangere.
Non si è mai sentita così persa in vita sua.
Si asciuga le lacrime con rabbia, provando quel familiare senso di debolezza che inizia a stancarla, e comincia a leggere ciò che le ha lasciato Bobby.
Legge del Purgatorio e di qualcuno chiamata “la madre di tutte le cose” senza che si specifichi bene a chi è riferito. Vede un’annotazione al lato della pagina e riconosce la scrittura di Bobby: Vampiro Alfa.
Chissà che vuol dire.
Si appunta mentalmente di ricordarsi di chiedere spiegazioni per quella nota.
Va avanti: continua a leggere in quel libro di creature mostruose e letali, del risveglio della loro ferocia latente, rinforzata solo dalla presenza di questa Madre che, a quanto pare, è una creatura antica, potente, malvagia e, per loro sfortuna, immortale. Niente  può ucciderla. O scalfirla. Sembra che sia destinata ad essere liberata, ma non spiega né come, né chi può farlo.
Le informazioni che seguono in quella pagina, non sono per niente rassicuranti. Le storie che parlano di questa Madre sono confuse e non la descrivono mai, non danno informazioni su come possa essere fisicamente, o che caratteristiche abbia, dicono solo che ha un potere immenso e che è destinata a tornare.
Perfetto.
Questa Madre è destinata a tornare dal Purgatorio.
Chi la vuole fuori, probabilmente, sono i mostri. Sapranno sicuramente che la loro potenza aumenta con la Madre nelle vicinanze, dunque vogliono farla uscire. Ma come?
Cerca nel libro per vedere se c’è un rito o un incantesimo da seguire, ma lo stomaco che brontola la distrae dai suoi ragionamenti. Guarda l’orologio appeso al muro e nota che sono quasi le otto. Ora che ci pensa, è da stamattina che non mangia. Decide di andare a preparare qualcosa da mangiare: si lavora meglio con lo stomaco pieno.
Esce dallo studio e si dirige in cucina. La trova vuota. Chissà dove sono andati tutti. Apre il frigo e lo trova quasi completamente vuoto. Se Bobby fosse nelle vicinanze, gliene direbbe quattro: possibile che se lei non c’è, la spesa non viene fatta?
Scuote la testa.
Osserva cosa offre il frigorifero.
C’è del prosciutto e della mozzarella, una cipolla – che emana un odore terribile – una scatola di formaggio spalmabile che ha iniziato a fare la muffa e tanta, tantissima birra.
Sospira, rassegnata.
Afferra prosciutto cotto e mozzarella e si mette a cercare delle patate. Magari ce ne sono rimaste alcune e può farci una tortina salata.
Guardando nella dispensa, con sua grande sorpresa, ne trova alcune in ottime condizioni, così si mette all’opera. Prende una pentola e la riempie d’acqua, poi la mette sul fuoco. Mentre aspetta che l’acqua bolle, inizia a sbucciare le patate. Taglia la buccia con precisione e riflette su ciò che ha letto riguardo alla Madre e a quell’annotazione sul Vampiro Alfa che non le è molto chiara. È così immersa nei suoi pensieri che quando qualcuno si appoggia al piano cottura, vicino a lei, sussulta.
“Sei così tesa?” domanda Sam al suo fianco. Ha le braccia incrociate al petto, fasciate dentro ad una delle sue solite camice a quadri, aperta sopra ad una maglietta grigia. Il suo viso porta delle ferite qua e là, sulle guance e sulla fronte, che stanno guarendo. Come quelle che aveva Dean.
“No. Pensavo di essere sola, tutto qui.” Alza le spalle e torna a concentrarsi sulla buccia delle patate. Sam non perde un minimo movimento. Natalie sente i suoi occhi addosso e quella sensazione le fa mancare il respiro. La soffoca. Teme che la vicinanza di Sam possa essere fraintesa, ora che tutti sanno cosa è successo tra di loro. Porta gli occhi su di lui che la sta guardando come ha sempre fatto da quando è tornato, carico di quel desiderio bruciante e impellente. Sam allunga una mano verso di lei per spostarle dietro l’orecchio una ciocca di capelli, uscita dalla treccia. Natalie rimane immobile. Quando la mano di Sam scende fino alla guancia di Nat, però, la donna si sottrae a quel contatto. Sam assottiglia gli occhi e curva la testa di lato, perplesso da quella reazione.
“Perché?”
Stessa domanda, fratello diverso.
Si sente come in uno di quegli squallidi romanzetti rosa dove la protagonista femminile, per le più disparate cause, salta da un fratello all’altro senza la minima dignità. Improvvisamente, si sente disgustata da se stessa.
Nonostante tutto, però, quella domanda la spiazza: le pare piuttosto ovvio il perché non vuole essere toccata da Sam in quel modo, ma la cosa che la sorprende di più è il fatto che lui si comporti come se non fosse cambiato niente rispetto a mesi fa, quando senza che venisse detta una parola, avevano smesso di passare la notte insieme. Dopo che Sam aveva fatto quella domanda fatidica, infatti, come se avesse reso concreta la cosa anche alla luce del giorno, Natalie non era più riuscita ad andare avanti. Era come se fosse arrivata al limite. Aveva capito che non riusciva più a stare con lui in quel modo ed erano tornati a cacciare insieme e basta, come se tra di loro non fosse mai successo niente. Sembrava che a Sam andasse bene. Perché adesso si comporta così?
“Non vuoi più perché lui è tornato? Appena questa storia sarà finita, Dean tornerà da Lisa e ti lascerà sola di nuovo. Cosa farai, allora, tornerai da me?” Il suo tono è così sprezzante che Natalie fatica a collegarlo a Sam, come se non lo vedesse capace di usare un tono simile con lei. Ma poi, riflette su cosa ha fatto Sam nell’ultimo anno e allora non si stupisce nemmeno più di tanto. È così diverso da fare paura. Come se non avesse dei sentimenti, come se non provasse nulla se non gli impulsi dettati dall’istinto. Il vecchio Sam non avrebbe mai parlato di suo fratello in questo modo, così come non si sarebbe rivolto a lei con quel tono. Ma il vecchio Sam è andato. Perso.
“Chiudi quella bocca, Sam. Tra di noi c’è stato qualcosa che non si ripeterà più. Tutta questa faccenda è andata anche troppo oltre e io sono stanca di cercare di evitarla. L’unica da cui tornerò quando tutto questo sarà finito, sarà me stessa.”
Sam alza gli occhi al cielo, come se quella conversazione non gli importasse veramente. Si china su di lei, all’altezza del suo orecchio per sussurrarle: “Quando sarai con te stessa, e sarai stanca di stare sola, e magari avrai voglia di fare tutte quelle cose in cui sei tanto brava, chiamami.”
Si rimette in posizione eretta, le fa l’occhiolino e si allontana ancora prima che lei possa rispondere.
Sam è definitivamente andato.
Sam non è più Sam, deve approfondire questa questione. Si preoccupano tanto di riuscire a capire chi sia la Madre, ma hanno un caso molto più grosso da risolvere all’interno di quelle quattro mura.
Sospira.
Deve parlarne con Dean.
Con la testa così piena di pensieri che teme possa esploderle, torna a preparare la cena.

Riuniti intorno al tavolo della cucina, Bobby e i tre ragazzi mangiano in silenzio. Il vecchio cacciatore osserva la scena che ha davanti. È capitato moltissime volte, negli anni, di trovarsi tutti e quattro insieme, ma non è mai capitato che ci fosse un silenzio tale da riuscire a sentire le forchette che urtano contro i piatti. Sono cambiate così tante cose, pensa, che non sembra nemmeno siano più gli stessi ragazzi che, anni fa, si tiravano le molliche del pane per farsi dispetto. Nessuno dei tre alza lo sguardo dal proprio piatto, come se ciò che stanno mangiando sia la cosa che più interessa loro. C’è una tensione così palpabile che sembra aleggi densa come la nebbia. Nonostante si sia promesso di non intervenire, non può più rimanere a guardare quei tre idioti che si distruggono con le loro mani.
“Ok, questa storia deve finire.” Posa la forchetta a lato del piatto e, appoggiandosi sullo schienale della sedia, passa lo sguardo deciso su tutti e tre, che hanno iniziato a guardarlo dopo che ha pronunciato quella frase.
“So benissimo cosa è successo, ok? E capisco come vi sentite, ma c’è una faccenda grossa, enorme, in ballo e ho bisogno che voi tre siate concentrati. Siete dei cacciatori eccezionali e insieme siete i migliori, voglio che siate lucidi, focalizzati su questo caso senza avere altri grilli per la testa.”
“Sissignore.” Si trovano a dire Dean e Natalie, all’unisono.
Bobby annuisce e porta lo sguardo su Sam, in attesa.
“Che c’è?” dice il minore dei Winchester, allargando le braccia e appoggiandosi allo schienale della sedia. “Non sono io quello che ha bisogno di ricordarsi che abbiamo un casino in ballo. Dillo a questi due. Da quando Dean è tornato sembra siano finiti in una depressione immensa. Se questo è lo spirito, tanto vale che ritorni da Lisa, almeno Natalie, non avendolo intorno, sarebbe utile a qualcosa.”
Dean serra la mascella e sbatte un pugno sul tavolo, facendo tremare e tintinnare tutto ciò che è poggiato su di esso, producendo un suono metallico che riecheggia per qualche secondo nella stanza. Quelle parole non appartengono a Sam. Quell’arroganza sfrontata non è tipica di suo fratello, così come non lo è quel tono sprezzante che usa nei confronti suoi e di Natalie. Più passa del tempo con questa specie di nuova versione di Sam, più si rende conto che c’è qualcosa che non va in lui.
“Utile a cosa? Al tuo diletto?”
Sam gli rivolge un sorriso sarcastico.
“Ti brucia, non è vero? Nessuno l’ha obbligata a fare niente, sai?”
“Smettetela, tutti e due. Se non ve ne foste accorti io sono qui, e mi sarei anche rotta le palle di essere vista solo come il giocattolo che vi siete scambiati. Piantatela, o vi prendo a schiaffi.”
Sam porta gli occhi su di lei, arriccia le labbra e poi le distende nuovamente per darsi un leggerlo morso sul labbro inferiore.
“Non sa quanto mi piace quando diventi aggressiva.”
Sembra quasi che si diverta, che la faccia apposta, che voglia provocare delle reazioni nei presenti, come se il suo unico scopo fosse farli andare fuori di testa. O magari qualcuno in particolare: Dean. Ed è proprio quello che ottiene. Il maggiore si alza dalla sedia con una velocità tale che Natalie e Bobby si rendono conto di quello che ha fatto solo quando lo vedono prendere Sam per la camicia, obbligarlo ad alzarsi e attaccarlo al muro, sbattendolo contro ad esso con impeto.
“Cosa c’è che non va in te, eh? Non venirmi a dire la cazzata che sei a posto perché non ci credo. Non più.”
Sam fa schioccare la lingua e alza gli occhi al cielo, ostentando quell’arroganza che sembra diventata così tipica di questo nuovo se.
“Niente, mammina, sto bene.” È così sarcastico che la voce che esce dalla sua bocca, non sembra nemmeno la sua.
Quel comportamento fa uscire Dean di testa. È sicuro che ci sia qualcosa che non va in suo fratello, ha avuto parecchi indizi che glielo dimostrano, nonostante Sam continui a negare.
“Smettila di fare il coglione. So che c’è qualcosa che non va: non dormi, sei freddo come il ghiaccio, distaccato, distante. Mi usi come esca per riuscire a prendere il vampiro e ti fai la mia ragazza. Vuoi dirmi che non c’è niente che non va in te??” grida, fuori di se. Il respiro così affannoso che porta il suo petto a muoversi su e giù con una velocità tale che sembra abbia appena corso una maratona.
Ha i pugni talmente stretti intorno alla stoffa della camicia di Sam che le sue nocche sono diventate bianche, schiuma talmente di rabbia e frustrazione che a tratti il suo corpo è attraversato da un brivido violento, la sua mascella è così serrata che potrebbe dare l’impressione che i suoi denti possano spezzarsi da un momento all’altro, e i suoi occhi sono attraversati da saette che sembrano possano fulminare Sam da un momento all’altro.
“Dimmi la verità o giuro che ti spacco il setto nasale con una testata.”
Occhi negli occhi.
Nessuno dei due teme l’altro.
Sono consapevoli delle loro capacità di combattenti e sanno benissimo quanto siano in grado di infliggere del dolore, se solo vogliono.
Sembra di guardare due leoni che si preparano ad un combattimento che ha tutte le premesse per diventare uno spargimento di sangue.
Non fanno in tempo ad aggiungere altro, perché entrambi vengono distratti dalle mani di Natalie che si infilano in mezzo a loro due e li separano, dirigendoli in parti opposte.
“Adesso basta, voi due.” È Bobby a parlare. “Siete usciti di testa, per caso?” Il suo tono severo riempie la stanza. “Hai davvero usato tuo fratello come esca?” chiede, rivolto direttamente a Sam.
Il cacciatore più giovane annuisce. Impassibile. Nessun segno di rimorso, di pentimento. Nessun segno di niente.
“Sapevo che Samuel aveva una cura.”
“L’avevi vista, prima di vederla usata direttamente su di me una volta che il danno era fatto?” si intromette Dean. Bobby fa cenno a Sam di rispondere a quella dannata domanda.
“No.”
“E se avesse mentito? Ti è mai passata quest’idea nella testa?” grida Dean, puntando un dito contro suo fratello. Se dovesse dare retta al suo istinto, si lancerebbe di nuovo su lui e lo prenderebbe a pugni. Come ha potuto fargli una cosa del genere?
“Perché avrebbe dovuto? Ascolta, forse è vero che c’è qualcosa che non va in me, ok? Mi sento strano anche io, a volte. Ma non avrei mai fatto qualcosa di irrimediabile!”
Dean scuote la testa, fissando suo fratello negli occhi. Sam è diventato una specie di robot, senza nessun sentimento. Tutto logica e azione. Se poi qualcuno rischia di rimetterci la pelle, poco importa, l’unica cosa che sembra contare, per lui, è il raggiungimento dell’obiettivo che si era prefissato. Tutto ciò è troppo. Sente crescere un moto di rabbia dentro di se sempre di più, fino a che la necessità di prendere a pugni qualcosa diventa sempre più impellente.
“Ho bisogno d’aria.”
Non aspetta che qualcuno gli risponda. Non sta chiedendo il permesso. Afferra le chiavi dell’Impala dal tavolino dell’entrata ed esce. I presenti lo sentono  partire a tutta velocità.
Natalie rimane ad ascoltare quel rombo come se fosse il suono del suo rimorso, della sua colpa.
Non può credere di essere una delle cause del litigio di Dean e Sam.
Sa benissimo di non essere l’unico motivo perché Dean è principalmente deluso dal comportamento strambo di Sam nei suoi confronti – così gelido e impassibile da accettare persino l’idea di usare Dean come esca – ma sa che l’idea di lei insieme a Sam gli da fastidio. Sa che è andata ad aggiungersi alla loro lista di problemi. E non potrebbe odiarsi di più per questo. Dean e Sam sono sempre stati inseparabili, sempre uno di fianco all’altro. Hanno avuto le loro liti, ma hanno sempre trovato un modo per tornare l’uno dall’altro. Hanno sempre risolto tutto perché sapevano di poter contare sul loro legame indissolubile, sulla fiducia cieca che hanno l’uno nell’altro. E adesso? Adesso si sono quasi presi a pugni anche per causa sua. Nonostante sia consapevole di non essere l’unico motivo di quello scatto d’ira di Dean, il rimorso le divora comunque le budella a tal punto che sente lo stomaco che inizia a bruciare.
“Io e te dobbiamo parlare, ragazzo.” Afferma severo Bobby, l’indice puntato su Sam. Il cacciatore annuisce senza mostrare nemmeno un segno di preoccupazione, quasi come se Bobby gli avesse proposto di fare i biscotti.
I due escono dalla cucina per dirigersi nello studio di Bobby.
Rimasta sola, Natalie inizia a sistemare la cucina e a lavare i piatti.
Si sente una voragine nel petto che diventa più grande ogni giorno che passa, ogni minuto che passa. Sente il peso di quella situazione soffocante sulle spalle che la schiaccia a terra come se dovesse sostenere tutto il peso del globo, proprio come Atlante.
Sospira.
Ancora.
Non fa altro che sospirare.
Continua a lavare meccanicamente i piatti, ad asciugarli e a sistemarli nella credenza. Ci mette circa venti minuti a sistemare l’intera cucina, poi si dirige in camera sua, in silenzio, con tutta l’intenzione di provare a dormire. Anche se sa già che sarà tutto inutile.


Sapeva benissimo che avrebbe passato la notte in bianco, e così è stato. Mentre si prepara, Natalie pensa che forse dovrebbe iniziare a prendere dei tranquillanti, o dei sonniferi, giusto per recuperare un po’ il sonno perduto. Si guarda allo specchio: il suo viso è così sciupato che sembra invecchiata di almeno cinque anni. Distoglie lo sguardo dal suo riflesso e si incammina verso il suo armadio, dove estrae un paio di jeans chiari che indossa subito e una canottiera bianca, lunga, larga e aperta ai lati. Le piacciono fatte così, sono comode e lei può muoversi in tutta libertà. Si dirige in bagno, dove torna a guardarsi allo specchio: si sciacqua il viso, si lava i denti e decide di curarsi un po’. Si da la crema sulle guance, sul naso, intorno agli occhi, massaggiando bene fino a che non è assorbita del tutto. Prende dalla trousse l’eyeliner e si traccia una riga sottile sopra agli occhi e conclude dandosi un po’ di mascara. Almeno adesso non sembra più una morta che cammina.
Esce dalla stanza dopo aver afferrato uno spolverino nero di lana ed averlo indossato. Scende le scale in silenzio, per non disturbare nessuno. Il fatto che siano le cinque e mezza della mattina e lei sia sveglia, non vuol dire che deve fare rumore. Infila le scarpe – un paio di converse nere, basse – e dopo aver preso la borsa accuratamente riempita di portafoglio, chiavi della macchina, documenti e qualche arma contro i mostri (il suo coltellino d’argento e l’acqua santa) esce di casa, chiudendosi delicatamente la porta alle spalle.
Quando sale in macchina, non sa bene dove sia diretta, l’unica cosa che sa è che ha bisogno di stare un po’ tranquilla, provare a scacciare per un attimo quella sensazione di pesantezza e angoscia che le circonda il cuore. Magari potrebbe girare in auto fino a che non trova un posto che le trasmette un senso di pace. Anche se non sa dove potrebbe trovare un posto simile, a Sioux Falls. Forse l’idea migliore è andare in biblioteca a vedere se hanno qualcosa sulla Madre. Soddisfatta di quella trovata, inizia a guidare in direzione della biblioteca, anche se ha la certezza che dovrà aspettare un bel po’ prima che apra. Ma troverà sicuramente un modo per ingannare il tempo.

Alla fine, in biblioteca c’è entrata, ma non nel più legale dei modi: diciamo proprio che è entrata dalla finestra sul retro, quella bassa che altro non è che la finestra dello scantinato dell’edificio. È una cosa che ha imparato da Bobby. Anche lui è entrato così, parecchie volte. Una volta dentro, dopo aver cercato di fare meno rumore possibile, si addentra per i corridoi. Quando arriva al piano terra, inizia a muoversi silenziosa per gli scaffali, cercando qualche libro sul folklore, la religione e le leggende antiche. Afferra cinque tomi delle dimensioni di un mattone e si mette a sfogliarli in un angolo dell’immenso salone pieno di tavoli della biblioteca. C’è talmente silenzio che riesce persino a sentire il rumore del proprio respiro con le orecchie. Cerca tra quelle pagine qualcosa di nuovo, qualcosa che non sia scritto sui libri di Bobby. Non trova granché, se deve essere onesta. E rimanendo sempre sull’onestà, ci rimane anche un po’ male. Pensava di riuscire a trovare almeno qualcosa di nuovo, di utile, qualcosa con cui riuscire a definire questa Madre. Delusa, chiude l’ultimo libro e cerca il cellulare per guardare che ore sono: le otto. Tra meno di mezz’ora la biblioteca aprirà ufficialmente al pubblico. Si alza dalla sua postazione nascosta e sistema tutti i libri al loro posto, poi si dirige verso il seminterrato ed esce dalla finestra, incamminandosi in un secondo momento alla macchina.
Quando si mette al posto di guida, le torna in mente, come un flashback, il frigo vuoto. Con il trambusto che c’è stato la sera scorsa, se l’era dimenticato, così mette in moto e si dirige verso il supermercato.

                                                                                                             ***

Dean guarda fuori dalla finestra della cucina, il sole gli accarezza il viso e gli fa stringere leggermente gli occhi, ma nonostante questo, non li copre. Gli piace sentire il calore dei raggi sulla pelle. Porta alla bocca la tazza piena di caffè che tiene in mano e ne beve un sorso.
Sono le nove e mezza della mattina e il caffè è l’unica cosa che è rimasta in casa.
Riflette.
Continua a tenere lo sguardo fisso fuori dalla finestra, concentrandosi sulle macchine che riesce a vedere da quell’angolazione.
Ripensa alla sera precedente. Quando è tornato dal suo giro serale, era notte fonda e tutti erano nelle loro stanze. In un certo senso, il fatto che non ci fosse nessuno ad aspettarlo, l’ha fatto sentire più sollevato: non avrebbe avuto la forza di discutere con nessuno della sua fuga.
C’è questo pensiero fisso nella sua mente, questa sensazione che Sam sia cambiato, che non sia lui. Ma sa benissimo che apparentemente quello è Sam: Bobby ha fatto tutti i controlli. Deve esserci qualcosa che gli sfugge, però, ne è certo. Altrimenti non si spiega questo radicale cambiamento in suo fratello.
Beve un altro sorso di caffè.
Forse, ciò che non va in Sam non può essere percepito dagli umani, forse ha bisogno di un aiuto angelico per capire cosa c’è di sbagliato in Sam.
Sospira.
Si massaggia le tempie e poi le palpebre. Quanto avrà dormito, stanotte, due ore? Sente tutto il peso della stanchezza sugli occhi. Lava la tazza e la mette al suo posto.
L’idea di chiedere aiuto a Cas diventa sempre più concreta nella sua mente, ma vuole prima parlarne con Bobby e .. si, con Natalie. Hanno i loro problemi, ma lei gli ha sempre consigliato per il meglio. L’unica cosa che deve sperare è che scelga di stare al suo fianco anche in questa occasione, anche se non si meriterebbe proprio di averla dalla sua parte.
Il suono di un clacson lo scuote dai suoi pensieri. Guarda fuori dalla finestra e riconosce la jeep azzurra di Natalie.
Esce di casa e le corre in contro. Nat ha parcheggiato vicino all’Impala e Dean rimane per un attimo a osservare le due auto, così in contrasto tra di loro che quasi le trova buffe, accostate così. Anche se non è la prima volta che quelle due auto sono parcheggiate in quel modo.
“Ehi, hai intenzione di fissare il nulla o sei venuto a darmi una mano?”
La guarda.
Natalie, i capelli  lisci slegati, mossi dal vento leggero e colpiti dai raggi del sole che accende quel rosso già di per se intenso come le fiamme del fuoco, gli occhi puntati su di lui, in attesa di una risposta. Ha sempre amato i suoi occhi, come il resto del suo viso, come ha sempre amato lei. Grigi come la più apocalittica delle tempeste, intensi, profondi. Occhi che gli hanno sempre letto l’anima. Si sentiva disarmato, sotto al suo sguardo. Come se lei gli leggesse dentro, come se lo capisse meglio di quanto lui riuscisse a capire se stesso.
“Dean?”
Scuote la testa e si incammina verso di lei, a passo svelto.
“Si, da’ qua.” Afferra le due borse della spesa, colme fino all’orlo, che lei gli passa. Quando le loro mani si sfiorano involontariamente, i loro cuori iniziano ad accelerare in maniera innaturale ed entrambi, mentalmente, si danno degli imbecilli: nemmeno avessero dodici anni e fossero alle prese con la loro cotta.
Dean si incammina il più in fretta possibile verso casa. È ancora arrabbiato, è ancora spaesato dalla situazione che sta vivendo – sia con Sam, sia con Nat, e la consapevolezza che sia stata con suo fratello quasi lo ossessiona – ma nel tragitto tra la macchina e la casa, non può trattenersi dal pensare a come sarebbe la loro vita se non fossero cacciatori. Probabilmente, portare le borse della spesa in casa avrebbe tutto un altro significato. Probabilmente sarebbero piene di tutte quelle cose necessarie a Natalie per fare i dolci: lei ha sempre sognato di fare la pasticcera, di fare quelle torte a tre piani, o le crostatine con la crema e la frutta a pezzi sopra, che lui adora – ha tradito la sua adorata crostata di mele con quelle parecchie volte, se deve essere sincero. Natalie ha sempre amato cucinare dolci, ne faceva di tutti i tipi, appena aveva tempo, e usava sempre lui come cavia.
Dean, ho trovato una nuova ricetta: è una specie di plumcake con la farina di castagne e il cioccolato!
Era sempre così euforica che lui non poteva fare a meno si lasciarsi contagiare dal suo entusiasmo.
Potrei aggiungerci un tocco mio, tipo, che so, metterci la glassa sopra o tritarci dentro pezzi di castagne!
Potresti, si.

Batteva le mani, come una bambina che ha appena ricevuto una caramella e iniziava a parlare di come avrebbe potuto strutturarla, se farla tonda, o quadrata, o come una ciambella, o direttamente lunga come un vero plumcake.
E poi ovviamente, dovrai assaggiarla!
Mi farai diventare duecento chili a forza di mangiare i tuoi dolci!
Però mentre ti strafoghi non ti lamenti mai!

Incrociava le braccia al petto e alzava un sopracciglio. Lui rideva, si avvicinava a lei e le metteva le mani sui fianchi.
Hai ragione.
Lei sorrideva e lui le baciava la fronte.
Adorava quei momenti, dove potevano parlare di cose normali senza dover tirare fuori mostri, leggende, demoni, dove potevano essere normali.
“Dean, in macchina ce ne sono altre due.” La voce di Natalie lo distrae dai suoi pensieri. È entrato in casa e ha appoggiato le borse sul tavolo senza nemmeno rendersene conto.
“Certo, vado io. Tu sistema, se devi mettere la roba al suo posto.”

Dean, con le borse della spesa in mano, è sulla soglia della cucina e guarda Natalie intenta a sistemare il cibo, dentro alle altre borse, al suo posto. Osserva ogni suo movimento, la vede muoversi esperta in quella stanza, sapendo perfettamente “cosa” va “dove”. L’ha sempre fatto. La cucina è sempre stato il suo regno, un po’ perché c’è naturalmente portata, un po’ perché essendo cresciuta con un uomo – e poi successivamente anche con lui e Sam – ha dovuto imparare in fretta a cucinare, dal momento che loro sono completamente negati.
Una volta, aveva deciso di farle una sorpresa: farle trovare la cena in tavola. Lei era impegnata in un caso e Dean sapeva per certo che sarebbe tornata a casa troppo stanca per fare qualsiasi cosa. Voleva sorprenderla. Voleva prendersi cura di lei con quel piccolo gesto, così come Nat faceva con loro. Voleva farla sentire coccolata. Ma nonostante tutte le sue buone intenzioni, aveva finito per bruciare tutto e ordinare una pizza. La cosa bella è che Nat aveva apprezzato lo stesso. A lei bastavano le piccole cose per essere felice.
Questo ultimo pensiero lo colpisce profondamente insieme alla consapevolezza che, andandosene, deve averle provocato una sofferenza tremenda. Quando era con Lisa, cercava di pensare a Natalie il meno possibile, invano. Ogni attimo, Nat era nei suoi pensieri e la sua mente andava in direzioni in cui lui non voleva che andasse: cosa starà facendo? Mi perdonerà mai per quello che ho fatto? Dovrei chiamarla? Dovrei darle almeno una spiegazione?
Certo che avrebbe dovuto.
Ma come ha detto a Nat, è complicato.
C’è un motivo per cui se n’è andato. E all’inizio, gli sembrava un motivo più che valido. Adesso, vedendo come sono andate le cose, sentendo che tra di loro sono cambiate così tante cose in così poco tempo, non ne è più tanto convinto.
Il solo pensiero che lei sia lì, a pochi passi di distanza da lui, ma non sia effettivamente con lui, lo divora dentro. La sente distante, come se l’avesse lasciata su un’isola che non riesce a raggiungere, ma che può solo limitarsi a guardare da lontano.
La vede, ma non la sente, non la percepisce. Come se fosse intrappolata dentro ad una campana di vetro. E la cosa peggiore è che dentro quella campana ce l’ha messa lui.
La catastrofe l’ha iniziata lui, andandosene.
“Quelle puoi appoggiarle sul tavolo, non serve che le tieni in mano.”
Scosso dalla sua voce, Dean si avvicina al tavolo e ci appoggia le borse. Natalie inizia a guardarci dentro, i capelli che sfiorano il bordo del sacchetto e le mani che pescano il contenuto una cosa alla volta. Fluttua in quella stanza quasi come se stesse danzando, da destra a sinistra senza fermarsi mai.
“Vuoi che ti aiuti?”
Lo facevano, a volte.
Mettevano a posto la spesa insieme ed ogni scusa era buona per fare in modo di sfiorarsi, per rubarsi baci appena si trovavano vicini, per ridere insieme di battute pessime, – ma chi se ne importa se una battuta è pessima, quando l’unica cosa che ti interessa è veder spuntare un sorriso sul viso della persona che ami? – per iniziare discorsi senza ne capo ne coda.
“Se vuoi.”  Nat non lo guarda neppure, si limita solamente a fare spallucce.
È così diverso, adesso.
In questo momento, si muovono in cucina senza toccarsi, nemmeno per sbaglio. Lei sistema le cose nella dispensa, Dean nel frigo. Non si guardano. Camminano meccanicamente, sistemando tutto al proprio posto. C’è silenzio. Un dannato, insopportabile silenzio. Dean non lo regge. Forse il silenzio è una delle cose che più gli fa male. Non sentire la sua voce, sapere che lei non ha il desiderio di parlare con lui, di condividere con lui ciò che pensa.
Ha sempre amato la sua voce, il suo modo di parlare, di ragionare. L’ascolterebbe per ore parlare di qualsiasi cosa ed è una cosa che faceva spesso. Ascoltarla. Sentire il suono della sua voce che, come la più melodiosa della musiche, riempiva l’aria dei suoi pensieri, delle sue osservazioni.
Ora, l’unica cosa che c’è è un assordante, pesante, soffocante silenzio. Giusto per evidenziare quanto lei sia lontana.
Odia tutto questo.
Vorrebbe tornare indietro e cambiare tutto.
Ma non può.
Il danno è stato fatto.
“Dobbiamo parlare di una cosa.” Dice lei, rompendo quel mutismo nato tra loro. Non ha parlato forte, anzi, la sua voce era poco più di un sussurro, ma sono stati talmente tanto in silenzio che quel suono ha spezzato l’aria come un grido, come se avesse conficcato una lama dentro ad una lastra di ghiaccio.
Dean la guarda, attendendo che prosegua. Non vuole farle domande di cui poi potrebbe pentirsi.
“Sam.” Continua lei.
E in quel momento, Dean deve mordersi la lingua per non esplodere in un urlo dettato da una gelosia bruciante che solo in quel momento si rende conto di provare.
Solo quando quel nome esce dalle labbra della ragazza si rende conto di essere divorato da quel sentimento che è così acuto da essergli estraneo. Non l’ha mai provato in maniera così esagerata. È sempre stato possessivo nei confronti di Nat, ma mai in maniera invasiva, anzi cercava sempre di trattenersi per non farla sentire soffocata da questo lato del suo carattere, ma adesso ciò che prova è una cosa nuova, che quasi non gli appartiene. Una gelosia che parte dalle sue viscere e cammina prepotente, dando fuoco a tutto il suo corpo. Improvvisamente, immagini di lei e Sam insieme gli attraversano la mente. Suo fratello che la bacia, che la stringe, e lei che invoca il suo nome. Tutto ciò altro non fa che alimentare quel fuoco morboso dentro allo stomaco, che lo brucia e lo consuma. L’idea che Nat possa amare qualcun altro, desiderare qualcun altro, lo tormenta a tal punto che sente quasi di essere divorato da questa sensazione, alimentata dall’ossessione fissa di Nat insieme ad un altro uomo, insieme a Sam.
Ma poi, si rende conto che tutto ciò non sarebbe successo se lui non se ne fosse andato e allora, quella bestia che lo consuma, che sembra altro non brami che divorarlo, che lo corrode, si attenua, la gelosia morbosa e bruciante inizia a spegnersi e la razionalità prende il controllo, ricordandogli che tutto ciò è la conseguenza di una sua azione.
“C’è qualcosa che non va in lui.”
“E l’hai notato prima o dopo esserci andata a letto?”
Pessima uscita.
Tremenda.
È come se il suo istinto, il suo cuore ferito e sanguinante, avessero preso il sopravvento sulla quella parte razionale di se che gli aveva impedito di fare domande del genere fin’ora e che aveva preso il controllo poco prima, evitando di farlo esplodere. Ma Dean non è razionale, Dean è impulsivo. Prima fa e poi pensa. E in questo caso, prima spara domande e poi se ne pente.
Quell’uscita ha l’effetto che potrebbe avere la benzina gettata sul fuoco. Gli occhi di Natalie si illuminano di un bagliore freddo, astioso.
“Hai intenzione di tirare fuori l’argomento ogni volta che pronuncerò il nome di Sam? Te l’ho già detto: non sei nella posizione di giudicare. Ho fatto le mie scelte e tu hai fatto le tue.”
“Lo so. Non vuol dire, però, che sia disposto a fingere che non sia mai successo.”
Nat incrocia le braccia al petto e alza gli occhi al cielo, visibilmente irritata da quella frase.
“Nemmeno io ero disposta a prendermi cura di Lisa e Ben, quando li hai portati qui, ma l’ho fatto. Trovarmi faccia a faccia con lei era l’ultima cosa che volevo, ma indovina un po’? L’ho fatto. Quindi vedi di sforzarti, almeno per ora. Quando questa questione sarà risolta, risolveremo la situazione tra di noi.”
“Perché non la risolviamo subito? Così possiamo essere concentrati sul caso. Perché non inizi a dirmi il motivo per cui sei stata con lui?”
Si avvicina, fa un passo verso di lei, deciso. Inchioda i propri occhi nei suoi, con tutta la speranza di poter capire qualcosa attraverso le sue espressioni, di poter captare un indizio minimo che lo porti a comprendere perché ha voluto andare con Sam.
Ma l’unica cosa che vede nel suo viso, sono gli occhi ridotti a due fessure per un breve attimo, quasi come se con quel gesto avesse potuto far partire dalle iridi delle piccole saette, destinate a fulminarlo.
“Perché non mi dici il motivo per cui te ne sei andato?”
Dean vorrebbe gridare, urlare fino a squarciarsi le corde vocali. Quella situazione non ha una via d’uscita: lui non vuole parlare di ciò che l’ha portato a fare la scelta che ha fatto e sembra che Natalie non voglia parlare a meno che non sia lui il primo a cedere. Abbassa lo sguardo, incapace di reggere ancora quello di Natalie, così freddo, distaccato.
“Lo sospettavo. Pretendi una spiegazione, ma non me ne vuoi dare una. Siamo ad un punto morto, Dean. Mettiamoci l’anima in pace: per adesso possiamo solo risolvere ciò che ci circonda.”
“Hai ragione.”
La lingua secca, improvvisamente arsa, come se avesse un pezzo di radice coperto di sabbia in bocca. L’ansia che monta percorrendolo in tutto il corpo, stringendogli lo stomaco, la sensazione di vuoto, quell’assenza palpabile di qualcosa che sembra necessario per la sua sopravvivenza, come se qualcuno gli avesse appena strappato il cuore, lo stesso che sente pompare più velocemente del dovuto e che sembra stia per scoppiare. Non sa perché provi queste sensazioni, sa solo che l’ultima cosa che avrebbe voluto al mondo era sentire Natalie lontana, l’ultima cosa che voleva era perderla, ma, in realtà, è proprio quello che è accaduto. Si è spezzato qualcosa tra di loro in maniera così profonda che non ha proprio idea di come fare per ripararlo.
Guarda altrove. Guarderebbe anche dentro al buco del culo di Satana, pur di non incrociare nuovamente lo sguardo gelido di Natalie. Perché non sopporta di essere guardato così da lei.
Lei, che l’ha sempre guardato come se fosse l’uomo migliore del pianeta. Lei, che gli riservava sempre sguardi pieni d’amore e di dolcezza.
Guarda fuori dalla finestra, dove il sole continua a splendere e riflette sulle macchine, come potrebbe fare su un mare d’acqua.
Tira un profondo sospiro e si passa una mano sulla faccia.
Il silenzio è tornato a tormentarlo.
“Che volevi dirmi di Sam?”
Improvvisamente, il bagliore negli occhi di Natalie sparisce, lasciando il posto ad uno sguardo piuttosto neutro, come se avesse la capacità di estraniarsi dalle emozioni che la inondavano fino a qualche istante prima e tornare concentrata su altre questioni.
“Dobbiamo capire cosa c’è di sbagliato in lui.”
Ancora una volta, Dean prova la sensazione che ha sempre provato da quando la conosce: essere capito. Anche se adesso il contesto è estremamente diverso dalle volte precedenti.
“Stavo aspettando che tornassi per parlartene. Ormai l’abbiamo appurato tutti che è diverso, ma Bobby ha fatto ogni genere di test, quindi pensavo che forse ciò che ha non è percepibile dagli esseri umani. Pensavo di chiedere aiuto a Cas. E pensavo anche di chiedere il tuo parere e quello di Bobby.”
Nat ci pensa su, mordicchiandosi il labbro inferiore, tirando una pellicina fino a staccarla.
“Si, mi sembra ragionevole. Sempre che Cas risponda.”
“Che vuoi dire?”
“Le volte che abbiamo provato a chiamarlo, non ha mai risposto. Magari ci sono problemi in Paradiso. Non so.”
“Riproveremo.”
“Già, magari a te da ascolto. Ho pregato per lui così tante volte, in questo anno, che dovrebbero essergli scoppiate le orecchie. Non ha mai risposto.” La sua voce è rassegnata, come se essere ignorata da Cas fosse un’altra delusione da aggiungere alla sua lista. Dean sa quanto lei abbia fede anche se non l’ha mai capita, se deve essere onesto. Nat ha sempre pensato ci fosse un Dio, un Paradiso, degli angeli – è una cosa logica, se ci pensi: se è vero che esistono i demoni, esistono anche gli angeli e magari Dio stesso. Sono come le due facce della stessa medaglia, diceva sempre – e ricorda benissimo come ha reagito quando ha visto Castiel la prima volta: gli è corsa incontro, abbracciandolo e ringraziandolo per aver salvato Dean dall’Inferno. La faccia di Cas era scioccata. Lui, un soldato delle schiere celesti, un servitore di Dio, veniva stritolato da una mortale, un’umana, un essere così insignificante, in confronto alla magnificenza eterna della sua natura angelica. Era una cosa così nuova per lui, ma Dean ricorda anche che dato che Nat aveva manifestato la sua gratitudine, l’angelo l’aveva immediatamente presa in simpatia, era nato un legame tra loro e forse è grazie a Natalie che Castiel ha sviluppato un’idea propria di umanità, non vedendola come il mucchio di scimmie vestite che Uriel vedeva, ma uomini, esseri in grado di amare, odiare, arrabbiarsi, gioire, piangere, scegliere. Gli uomini hanno un’esistenza breve, sono una minuscola, microscopica presenza nella vastità dell’universo, eppure hanno qualcosa che un angelo non potrà mai avere: il libero arbitrio. E Cas ha sempre combattuto per questo. Si è ribellato per avere la sua libertà di scelta.
“C’è sicuramente un motivo per cui non ti ha risposto.”
“Si, sicuramente. Quando hai intenzione di provare a chiamarlo?”
“Ora?”
Nat annuisce.
“Castiel? Sono Dean, ci servirebbe il tuo aiuto.” Mentre parla, tiene gli occhi chiusi, come se quello fosse il suo modo di pregare. Rimane in ascolto senza aprirli per qualche istante, ma quando non sente alcun tipo di reazione decide di aprirli uno alla volta. L’unica cosa che vede è Natalie davanti a lui, con le braccia incrociate al petto che lo fissa, in attesa di qualcosa.
“Qui non c’è nessuno.”
Ma quando fa un giro su se stessa per dare enfasi alla sua frase, nota che alle sue spalle qualcuno c’è ed è proprio Castiel.
L’angelo, vestito del suo solito completo elegante e l’immancabile impermeabile, li fissa con un’espressione concentrata, facendo passare i suoi profondi occhi blu prima su Natalie e poi su Dean. Dopo un’attenta analisi, stringe le labbra, aggrotta le sopracciglia e, dopo aver inclinato la testa da un lato, si trova a dire: “C’è qualcosa di diverso, in voi due. Tra voi due.”
Natalie non crede alle sue orecchie. Guarda l’angelo sorpresa – e forse anche un po’ risentita.
“È la prima cosa che ti viene da dire? Ti ho chiamato tante di quelle volte che ho perso il conto. Dean chiama una volta, una dannatissima volta e tu salti fuori e dici che c’è qualcosa di diverso in noi?” si rende conto solo dopo che ha finito di parlare che la sua voce è più alterata di quanto in realtà avrebbe voluto.
Cas la guarda confuso: “Io volo.”
Natalie rimane spiazzata un attimo da quella risposta, non capendone il significato: “Che cosa?”
“Io non salto fuori, io volo. Raggiungo i posti volando.”
Nat alza gli occhi al cielo, tirando un sospiro: “Cas, era un modo di dire. So che raggiungi i posti volando!”
“E allora perché..?”
“Basta, vi prego. Non è questo il punto!” interviene Dean, trovando quel teatrino decisamente inopportuno, vista la situazione. “Cas, se Natalie chiama, tu rispondi, ok? Adesso, dovremmo parlarti di una cosa, hai tempo?”
L’angelo annuisce.
“Bene, sarà un discorso lungo.”
 
“Sam è tornato? Quando?” Castiel in piedi, al centro della stanza con le braccia lungo il corpo, guarda Dean con espressione confusa.
“Da un anno.”
“E tu non lo sapevi?”
“Certo che no, se avessi saputo..” si blocca di colpo. Se avesse saputo cosa avrebbe fatto? La risposta è piuttosto ovvia: se avesse saputo, sarebbe tornato da lui, l’avrebbe raggiunto immediatamente, allontanandosi da Lisa e Ben. Sembra una cosa così egoistica da dire, soprattutto perché considera Lisa e Ben come la sua famiglia, ma Sam.. Sam è la sua famiglia. Il suo fratellino. La parte bella della vita. Ciò che c’è di buono al mondo.
“Non lo sapevo e basta, ok? Ma è diverso. Così diverso da far venire i brividi. Bobby ha provato qualsiasi cosa, ma non ha reagito a niente. Apparentemente è normale, ma temo che ci sia qualcosa di sbagliato, in lui.”
“Dov’è? Ho bisogno di vederlo.”
Nat, fino a quel momento rimasta in silenzio ad ascoltare Dean che raccontava a Cas gli avvenimenti dell’ultimo periodo, interviene: “Non credo lui debba sapere della tua presenza.”
Cas sposta i suoi occhi color del cielo su di lei. Natalie ha sempre trovato intimidatorio il colore di quegli occhi, così blu da poterci annegare dentro, così profondi da rischiare di perderti dentro la loro vastità. A volte, guardando dentro a quel blu così denso, le sembra di guardare dentro ad un buco nero, come se stesse guardando qualcosa che ha un inizio, ma non si sa se ha una fine, vista la sua immensa intensità.
“Perché?”
“Perché non credo si sottoporrà di sua spontanea volontà a nessun tipo di trattamento.”
“Ha ragione.” Interviene Dean. “Se vuoi vederlo e fare qualsiasi cosa tu debba fare, credo che lui debba essere immobilizzato, o qualcosa del genere.”
Castiel guarda entrambi per un attimo che sembra durare un’eternità. Osserva le due persone davanti a lui, e più li osserva più sente quanto siano diversi, quanto le loro anime siano diverse – sprigionano un’energia diversa: luminosa, ma non abbastanza. Accesa, ma ad intermittenza. Come se ci fosse qualcosa, un evento forse, che le impedisce di brillare come ha sempre fatto.
È come se le loro anime fossero.. scheggiate.
Tutto ciò lo confonde e lo spiazza per un momento. Come hanno fatto a danneggiarsi così tanto? La vita che conducono sicuramente ha contribuito a questo cambiamento, ma c’è qualcosa.. un qualcosa che li turba molto più di aver passato la vita a combattere mostri, ed è quello che ha fatto si che venissero danneggiati.
“Immobilizzatelo, poi chiamatemi di nuovo, tornerò e cercherò di capire cosa c’è che non va.”
Senza lasciare loro nemmeno il tempo per rispondere, l’angelo con un battito d’ali è già svanito nel nulla, lasciando dietro di se il fruscio tipico delle piume che sferzano l’aria.
“Vedo che certe abitudini non le perdi!” brontola Dean, al vento, convinto però che l’angelo riesca comunque a sentirlo.
“Che facciamo?” domanda Nat.
“Troviamo un modo per immobilizzarlo.”
“Sai che quando fai sembrare le cose facili poi non lo sono mai?”
“Generalmente, è vero. Ma ho un piano. Fidati.”
“Quando mai non l’ho fatto?”
Quella frase le esce spontanea. Senza accusa, senza rimprovero. Ma per Dean è come una sassata. Lei si è sempre fidata di lui, anche quando non aveva nessun motivo per farlo. E lui ha sempre vissuto con il terrore di poterla deludere. Cosa che ha fatto, poco più di un anno fa.
Scaccia quel pensiero, deciso a non farsi prendere nuovamente dalla tristezza e si avvia verso lo studio dove si trovano Bobby e Sam, ma una presa stretta sul polso destro lo distrae dalle sue intenzioni. Le dita di Natalie sono intrecciate al suo polso e la donna lo guarda fisso negli occhi. Lui ricambia lo sguardo in maniera interrogativa, aggrottando le sopracciglia e facendo correre i suoi occhi prima sul polso e poi su Nat: “Che stai facendo?” chiede confuso.
“Ho detto che mi fido di te, ma voglio prima sapere cosa hai in mente.”
“Gli dirò che voglio chiarire la situazione di ieri sera.”
“Certo, così rischiamo di ripetere la scena: lui che ti provoca e te che lo attacchi al muro. Non voglio vedervi di nuovo sul punto di prendervi a pugni.”
E in particolare, non vuole rivedere l’espressione ferita di Dean, solcata dalla consapevolezza, ormai priva di ogni dubbio, che suo fratello non è suo fratello. Non vuole vedere la rabbia attraversargli il viso, l’espressione piena d’ira rivolta a Sam, segno palese che qualcosa tra di loro non va – perché in occasioni normali, Dean non guarda mai Sam in cagnesco.
Non sopporta di vederlo così. Non sopporta l’idea che lui soffra, perché sa quanto in realtà questa situazione gli faccia male. Dean vuole suo fratello indietro, ma non sa ancora come fare per farlo tornare. E tutto ciò lo tormenta. Se potesse, Natalie prenderebbe tutto il suo dolore e se ne farebbe carico.  
Dean non dice niente, si limita a guardarla in attesa che lei tiri fuori una soluzione.
“Cos’hai intenzione di fare?”
“Dirò loro che è pronta la colazione, si alzeranno, verranno qui e tu colpirai Sam, poi insieme lo legheremo alla sedia. A quel punto chiameremo Castiel.”
“Semplice e coinciso.”
“E speriamo anche che funzioni.”
“Di solito i tuoi piani funzionano sempre.” Sorride mentre lo dice, ripensando a tutti i piani che Nat negli anni ha tirato fuori al momento giusto, andando sempre a colpire nel segno e salvando la situazione – e le loro chiappe – il più delle volte.
“Ci sono delle corde in garage, andiamo a prenderle.”
Si avviano in silenzio fuori dalla porta, diretti al garage dietro casa.

Camminano in silenzio, fianco a fianco senza nemmeno toccarsi. Il sole della tarda mattina è alle loro spalle e riscalda le loro schiene con un tepore piacevole che si irradia in tutto il corpo, facendo sentire loro una sensazione quasi beata.
Si stanno dirigendo verso il garage e Natalie, mentre è intenta a fissare le loro ombre – la sua decisamente più bassa di quella di Dean – viene colpita da un ricordo che le sembra estremamente lontano, nonostante risalga a malapena alla sera precedente: l’annotazione di Bobby. Sono stati così presi dalla lite tra Sam e Dean, che si sono completamente dimenticati di parlare del caso. Forse Dean sa qualcosa.
“Dean”
Il cacciatore si volta verso di lei, incastrando i propri occhi nei suoi.
Smettono di camminare. Fermi, uno di fronte all’altra con il sole che illumina i loro visi per metà. I raggi incontrano gli occhi di Dean, rendendoli luminosi come due specchi d’acqua, un mare verde baciato dal sole che sembra brillare di luce propria, come una stella.
“Devo chiederti una cosa su un’annotazione di Bobby: ieri mi ha lasciato un libro che parlava di una certa Madre di tutte le cose e a fianco c’era scritto Vampiro Alfa. Sai cosa significa?”
L’uomo distoglie lo sguardo da lei, guardando oltre le sue spalle. Per un attimo, ha sperato che forse, visto che sono soli, avrebbero potuto parlare effettivamente di ciò che accade tra loro. Ma sa che non è così. E odia tutto questo. Odia trovarsi con lei e dover parlare solo di lavoro e non di altro senza finire a guardarsi male, rimproverandosi reciprocamente le scelte fatte in passato. Non ha bisogno di parole, quando sono gli occhi a parlare.
Non ha bisogno di sentirsi dire che l’ha ferita a morte, andandosene, basta che il suo sguardo incontri quello di Nat. Ogni volta che lei alza gli occhi su di lui, ci legge dentro tutta la sofferenza, la rabbia, la frustrazione che prova, ma che tiene ben nascoste dietro ad un muro di mattoni, spesso e alto, eretto per proteggerla, per fare in modo che queste emozioni vengano controllate, vengano tenute a bada. È come se la razionalità avesse tirato su una diga per impedire alle emozioni di venire fuori e inondare tutto. Fiumi di parole legate al guinzaglio dal lume della ragione.
 “Si. Abbiamo scoperto, in un viaggetto in famiglia, che nonno Campbell cattura i mostri alfa di ogni specie. Li interroga.”
“Perché?”
A quella domanda, una ruga si forma decisa tra le sopracciglia di Dean. Un’espressione dura si forma sul suo viso, delineandone ancora di più i tratti marcati. Stringe la mascella e poi le labbra, mostrando le fossette ai lati della bocca, evidenti e profonde.  
“Cosa c’è che ti fa arrabbiare tanto?”
Il suo tono sembra.. preoccupato. È una cosa così strana, viste le circostanze. Ma sarebbe normale in una qualsiasi altra situazione: Natalie si è sempre preoccupata per lui e ha sempre capito cosa provava solo guardandolo.
“Vedi.. Campbell.. lui..” sospira, cercando di mettere da parte la rabbia “..lui prende i mostri e li interroga perché vuole scoprire dove si trova esattamente il Purgatorio, loro vengono da li. La Madre li ha creati e dunque tecnicamente sanno da dove vengono.”
“E perché lo fa?”
“Perché Crowley lo vuole sapere.”
“Tuo nonno lavora con Crowley??”
“A quanto pare, si.  Crowley vuole il Purgatorio perché tecnicamente è vicino all’Inferno: amplierebbe il suo territorio.”
“Ma perché Campbell dovrebbe accettare?”
L’espressione dura formatasi poco prima sul suo viso si scioglie, lasciando spazio ad una tristezza profonda.
“Gli ha promesso che come ha fatto tornare lui e Sam, farà tornare anche mia mamma.”
Il tremolio nella sua voce quando pronuncia la parola mamma fa stringere il cuore di Natalie. D’istinto lo prende per mano, facendo incrociare le proprie dita con le sue per dargli conforto. In quel momento, non le interessa ciò che è successo tra loro perché sa che Dean ha bisogno di lei. Nat sa quanto la sua mamma gli manchi. Sa quanto è dura per lui ogni volta che qualcuno la nomina, o la usa a suo favore contro di loro, come se fosse merce di scambio.
Dean non si tira indietro, anzi. Stringe quella piccola mano, così calda, morbida e delicata. È quasi assurdo pensare che sia la mano di una delle cacciatrici più letali che esistano perché sembra quasi la mano di una creatura celestiale, come se fosse l’angelo custode di cui sua madre gli parlava sempre. Gli angeli buoni che Mary pensava esistessero, non quei cazzoni che in realtà esistono.
“Crowley ha anche aggiunto di darci da fare a scoprire dove sia il Purgatorio, o rispedirà Sam all’Inferno.”
“Quindi è stato lui a tirarlo fuori.”
Dean annuisce: “Anche se deve aver sbagliato qualcosa nel processo di estrazione.” Conclude, con un’amara nota sarcastica.
Natalie gli accarezza con il pollice il dorso della mano.
“Pensiamo prima a Sam, ok? Poi penseremo a Crowley e a tutta questa faccenda della Madre. Un problema alla volta, intesi?”
Dean annuisce, di nuovo. Si limita a questo. Perché sa che non è il momento giusto. Ma se lo fosse, si chinerebbe su di lei e la stringerebbe forte a se, la bacerebbe così intensamente da toglierle il fiato e le direbbe, guardandola dritta negli occhi, che non riuscirebbe mai a sopportare tutto questo senza di lei.
Ma non è il momento giusto.
C’è ancora un muro tra di loro.
Alto. Ma non insormontabile, ne indistruttibile. E forse una piccola crepa inizia già a farsi vedere.


Entrano dentro al garage di Bobby e afferrano le corde più spesse che riescono a trovare dentro ad una scatola per gli attrezzi. Si incamminano nuovamente verso casa senza dire una parola. Sono tornati al silenzio e alla distanza, come se quel piccolo attimo verificatosi tra di loro pochi istanti prima fosse solo un ricordo lontano, qualcosa di estraneo. Quasi come se i due che tenevano per mano non fossero loro, ma una proiezione di loro stessi, prima che tutta questa situazione si verificasse.
Entrano in casa senza fare troppo rumore.
C’è silenzio il che significa che molto probabilmente Sam e Bobby sono ancora nello studio.
Natalie e Dean si scambiano un’occhiata piuttosto eloquente e fanno un cenno d’assenso con la testa.
Natalie si avvia allo studio, mentre Dean rimane in cucina, in attesa.
I passi della ragazza, adesso si fanno più pesanti, come se volesse far avvertire la propria presenza in quella casa a tutti quelli che ci sono dentro. Bussa alla porta dello studio e la apre non appena sente Bobby che le urla: “Avanti!”
Il vecchio cacciatore quando vede il viso della ragazza che fa capolino sulla porta, sorride. Nota che è diversa dalla sera precedente: il suo viso è più colorito, come se una linfa vitale avesse ricominciato a scorrere dentro di lei, ma nota ancora un bagliore opaco nei suoi occhi, come se la luce che li ha sempre caratterizzati fosse ancora spenta, ingoiata completamente dal buio e consumata dalla tristezza intrinseca che ormai sembra vivere dentro di lei da un anno a questa parte.
“Ho fatto la spesa e preparato da mangiare, venite?”
“Certo. Abbiamo bisogno di una pausa.”
Sono entrambi seduti alla scrivania, Bobby con il viso rivolto verso la porta, Sam di spalle. Si alzano dalle loro postazioni per dirigersi verso la porta.
“Cos’hai preparato?” domanda Bobby.
I tre si incamminano, uscendo dallo studio. Il cuore di Natalie accelera non appena Sam mette un piede in cucina, aspettando una mossa di Dean. Poco dopo, infatti, il rumore di qualcosa di metallico che batte contro la testa di Sam, risuona in tutta la stanza, riempiendo l’aria di vibrazioni che rimbombano tra i muri, e il tonfo sordo di Sam che cade sul pavimento fa tremare i piatti dentro alla credenza.
“Che diavolo succede??” grida Bobby, portando lo sguardo su Dean che era rimasto nascosto vicino alla porta della cucina, aspettando il momento giusto per colpire.
Ma il vecchio cacciatore non ottiene risposta perché non appena Sam cade a terra, Dean e Natalie sono su di lui. Dean gli punta un ginocchio sulla schiena, mentre gli tiene le mani bloccate dietro di essa, le braccia di Sam piegate in un modo quasi innaturale per impedirgli di reagire. Il minore dei Winchester sente tutto il peso di suo fratello sul corpo e si sente schiacciato a terra con forza, le braccia iniziano a formicolargli per la scorretta circolazione del sangue. Gli si stanno quasi addormentando. Lancia un grido frustrato: in quella posizione non riesce a muoversi. 
Natalie afferra una sedia e aiuta Dean a far alzare Sam che, nonostante il colpo forte alla testa e lo stordimento provocato da esso, si dimena come un matto con movimento scoordinati e privi di senso. Il minore dei Winchester ha la vista annebbiata a causa della forza del colpo alla testa.
“Mi volete dire cosa cacchio state facendo?” la voce di Bobby è un grido imperioso e furioso, ma che viene nuovamente ignorato dai due cacciatori che continuano a legare Sam ad una sedia. Mentre Dean tiene fermo Sam, Natalie gli gira intorno facendo cinque giri con la corda intorno al torace e bloccandogli poi le mani sui braccioli della sedia. Fa la stessa cosa con le caviglie. Dean e Natalie si allontanano da lui solo quando si sono assicurati di averlo legato saldamente.
“Dovevi colpirlo con una padella?” dice lei, ansimando.
“Non ho trovato niente di meglio!” si giustifica lui.
“Mi volete dire cosa sta succedendo??”
Bobby li guarda in attesa di risposta. Nel suo sguardo non c’è niente che faccia intuire nemmeno una possibilità remota di contraddizione alla sua richiesta.
Nat si trova a deglutire a vuoto: conosce quello sguardo. Di solito la guardava così quando ne combinava una grossa e si metteva nei guai – guai seri, quel genere di guai dai quali solo Bobby riusciva a tirarla fuori.
“Bobby, so che avremo dovuto parlartene..” inizia “..ma è stata una decisione presa in fretta e non c’era tempo di avvertirti..”
Bobby continua a fissarla, ma il suo sguardo si ammorbidisce un po’.
“D’accordo. Ma perché l’avete legato?”
“C’è qualcosa di diverso, in lui.” È Dean a parlare “Lo sai bene anche te, nonostante tu non sappia di cosa si tratti. Ma non posso continuare a guardarlo e vedere una specie di automa privo di sentimenti. Quindi ho chiesto aiuto a Castiel, ha detto che lo vuole vedere. Così per sicurezza, abbiamo deciso di legarlo in modo che non si opponga all’ispezione angelica.”
Bobby sospira. È sollevato, se deve essere sincero. Se Castiel ha risposto forse può aiutarli a risolvere tutta questa situazione di merda in cui si trovano.
“Ha senso.”
“Ha senso???” dice Sam. Il dolore dietro alla nuca gli fa pulsare tutta la testa. “Legarmi e colpirmi con una padella dovrebbe avere senso?”
“Sta’ zitto, Sam.” Di nuovo Dean.
“Chiamalo.” Dice Natalie, guardando verso l’alto.
Dean annuisce, chiude gli occhi e inizia la sua strana preghiera: “Cas, ci siamo. Porta qui le tue chiappe!”
Silenzio. Poi un fruscio e un battito d’ali riempie la stanza, alzando un leggero vento innaturale, vista l’assenza di spifferi, e Castiel compare al centro della stanza, proprio davanti a Sam.
“Cominciamo.” Afferma con una solennità che fa scorrere un brivido lungo la schiena dei presenti. Castiel si avvicina a Sam, guardandolo fisso negli occhi. La determinazione negli occhi dell’angelo così in contrasto con il lampo di terrore negli occhi di Sam, che quasi lo implorano di risparmiarlo a quella procedura: “Cas. Non lo fare, ti prego.”
Quella sua reazione è così diversa dalle ultime avute, pensa Natalie. Quasi come se l’umanità che pensavano Sam avesse perso, fosse riemersa facendosi strada prepotentemente in mezzo alla neutralità glaciale che caratterizzava Sam nell’ultimo periodo. Come se il cacciatore avesse perso la sua freddezza e recuperato un po’ della sua vecchia natura sensibile.
“Natalie, prendigli la cintura dai pantaloni e mettigliela fra i denti.” Ordina Castiel. La sua voce è così perentoria che Natalie si trova ad ubbidire senza farsi troppe domande. Si posiziona davanti a Sam e inizia ad armeggiare con la sua cintura.
Quel gesto turba Dean, che inizia ad avere la mente inondata da immagini che si insinuano nella sua mente, subdole come un virus. Inizia ad immaginare Nat in quella stessa situazione, che armeggia con la cintura dei pantaloni di Sam prima di sedersi a cavalcioni su di lui e fiondarsi sulla sua bocca con urgenza e smania, quasi come se fosse l’unica cosa di cui ha bisogno per vivere e Sam che la stringe a se, abbracciandola e facendo vagare le sue mani sulla schiena della donna, fino ad arrivare alle natiche che stringe con forza.
All’improvviso, sente quella gelosia bruciante che gli monta dentro, salendo sempre più rabbiosa, come un fuoco in una foresta che divampa sempre più violento e si ingrandisce ad ogni metro di terreno che mangia. Quell’immagine, così fervida da sembrare più un ricordo che una paranoia, gli occupa la mente a tal punto che non sente nemmeno Castiel che lo chiama.
Solo quando l’angelo grida il suo nome, allora viene riportato alla realtà.
“Cosa?”
È scosso. La sua voce è disorientata, come se fosse stato catapultato nella realtà dopo aver vissuto un incubo.
“Sei pronto? Sentirà dolore.”
Dean guarda Sam legato alla sedia, la cintura tra i denti, la fronte imperlata dal sudore e gli occhi imploranti. Per un attimo, crede che tutto ciò sia sbagliato, guarda quegli occhi e non riesce a credere che chi adesso lo sta silenziosamente supplicando di liberarlo, di risparmiarlo da quella procedura, sia lo stesso che la scorsa sera l’ha provocato con tanta arroganza, o che l’ha usato come esca con un vampiro. Ma ormai sono arrivati fino a quel punto e devono andare fino in fondo. Abbassa lo sguardo, smettendo di incrociare gli occhi di Sam e poi si rivolge all’angelo.
“Fallo.”
Castiel annuisce e, dopo aver tirato su la manica dell’impermeabile, infila con decisione l’avambraccio dentro al petto di Sam.
Le grida soffocate del minore dei Winchester riempiono la stanza, un lamento profondo tenuto a bada solo dalla cintura stretta tra i denti. Gli occhi di Sam che si riempiono di lacrime, prima di chiudersi forte fino a essere strizzati. Sam tira indietro la testa, poi la porta in avanti di scatto e inizia a scuoterla come se ripetesse un frenetico segno di negazione. I suoi mugolii continuano, mentre Castiel continua a rovistare dentro al suo petto, il suo braccio circondato da una luce rossastra e incandescente.
Per Dean tutto ciò è un’agonia. Per un attimo, si dimentica che c’è qualcosa che non va in Sam e l’unica cosa che vede è il suo fratellino che soffre e per giunta per colpa sua.
Castiel affonda più profondamente il braccio e Sam porta di nuovo la testa indietro, le lacrime scappano dagli angoli degli occhi e gli rigano i lati del viso, scivolando silenziose fino a raggiungere le orecchie.
Dean continua a guardare la scena, con il cuore stretto in una morsa d’acciaio. Gli sembra quasi di sentire i rivoli di sangue che escono dal suo cuore e scendono lenti e caldi, percorrendolo fino alla piccola punta.
Poi tutto finisce.
Castiel ritrae piano l’avambraccio facendolo uscire da Sam con delicatezza.
Il minore dei Winchester rimane seduto sulla sedia ansimando, gli occhi arrossati, il viso coperto di sudore e i capelli attaccati alle guance.
Castiel rimane in silenzio per qualche istante prima di portare i suoi occhi su Dean. Nel suo sguardo c’è qualcosa di così catastrofico che Dean teme il verdetto.
“Parla.” Lo sprona. Sapere è sempre meglio di brancolare nel buio. Qualsiasi cosa sia, troveranno una soluzione. La trovano sempre.
Castiel passa lo sguardo su tutti i presenti, prima di riposarlo su Dean.
“La sua anima. Non c’è più.”  

 
   
 
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