Serie TV > Supernatural
Ricorda la storia  |       
Autore: Roscoe24    15/04/2016    2 recensioni
Questa è la storia di Natalie Duvall (nipote di Bobby, figlia di una sua presunta sorella venuta a mancare in un incidente d'auto insieme al marito. Bobby l'ha presa con se e cresciuta) che è una presenza costante della vita dei Winchester. Si conoscono fin da piccoli, sono cresciuti insieme e cacciano insieme. Presumibilmente, Natalie ha vissuto tutte le esperienze che hanno vissuto i fratelli nel corso delle cinque stagioni che riguardano l'Apocalisse.
Nella storia sono presenti dialoghi che risulteranno familiari, quindi sappiate che sono volutamente ripresi, anche se non sono proprio precisissimi.
La trama della sesta stagione non verrà seguita in maniera perfetta, potrebbero esserci degli avvenimenti nominati che accadono prima o dopo e che, invece, in questa storia sono posizionati in modo diverso, o riferiti a personaggi diversi da quelli originali.
Non so cos'altro aggiungere, quindi credo che mi fermerò qui xD
Buona lettura! (Spero) :)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quando Sam aveva bussato alla loro porta, Nat e Bobby erano rimasti impietriti a fissarlo. L’avevano visto gettarsi dentro alla gabbia con Lucifero in persona, destinato a rimanerci chissà per quanto, e invece se l’erano ritrovato davanti, in salute e tutto intero. Bobby, paranoico com’è, aveva fatto tutte le prove possibili e immaginabili per accertarsi che fosse realmente Sam e quando poi l’aveva appurato, Nat gli era corsa in contro e l’aveva abbracciato stringendolo forte, felice di averlo di nuovo con loro. Il ragazzo aveva detto che aveva iniziato a cacciare con suo nonno, Samuel Campbell, che non si sa come era resuscitato nello stesso momento in cui Sam era uscito dall’Inferno. Il grande mistero era proprio quello, in effetti: come avesse fatto Sam ad uscire indenne dagli inferi, ma, all’inizio, poco importava. All’inizio, la cosa importante era che lui fosse lì, che fosse vivo e che fosse tornato da loro perché sentiva nostalgia di casa.
Casa.

Ecco loro cos’erano per lui.
Nat, in quel periodo, era particolarmente emotiva. Vorrebbe dire di non sapere bene il perché, ma la verità era che ammettere a se stessa ciò che la dilaniava dentro, faceva un male cane.
Il problema, ovviamente, era Dean.
Tutto gira intorno a Dean da quando l’ha incontrato. Forse sarebbe stato molto meglio se non avesse incrociato il suo cammino, forse era meglio  limitarsi all’episodio delle caramelle, quando lei e Sam, che avranno avuto più o meno quattro anni, se ne stavano nascosti dentro all’armadio di Bobby a mangiare gli orsetti di gomma che avevano rubato a Dean che, invece, li chiamava a squarciagola, furioso di essere stato fregato. Erano ancora solo dei bambini e i sentimenti non erano così complicati come lo sono quando sei adulto.
Dean se n’era andato. Dopo aver guardato suo fratello saltare nella Gabbia, si era allontanato senza dire né dove andasse, né cosa avesse intenzione di fare.
Ovviamente Natalie l’aveva cercato e quando l’aveva trovato, avrebbe preferito di gran lunga non averlo cercato affatto.
Dean si era rifugiato tra le braccia di un’altra e lei aveva provato un dolore tale che sembrava che il cuore le fosse stato cavato dal petto, lanciato in terra e calpestato da un esercito.
Egoisticamente parlando, non sopportava di vederlo felice con una donna che non fosse lei.
Ne avevano passate così tante insieme, Nat c’era sempre stata per lui e viceversa. Negli anni, si erano sempre supportati a vicenda e rifugiati l’uno nelle braccia dell’altra quando il mondo sembrava più intenzionato del solito a complicare le loro vite e a ferirli nel profondo. E sapere che in un momento così difficile, aveva scelto l’affetto di qualcun’altra, l’aveva lacerata dentro.
Non aveva mai sperato nell’amore, visto la vita che aveva scelto, eppure in lui l’aveva trovato.
Ama Dean con ogni fibra del suo corpo e della sua anima. Le è entrato nella stanza più profonda del cuore, sfondando la porta come un uragano e posizionandosi al suo interno.
Ricorda ancora il loro primo caso insieme. L’ha scolpito nella mente in maniera ferrea. Erano così ingenui, allora. Non sapevano cosa il destino avrebbe riservato loro, non sapevano che da li a poco si sarebbero trovati a combattere una guerra celeste che andava al di là delle capacità umane. Quella volta, si erano limitati alla solita prassi fatta di distintivi, identità false e la camera di un motel scalcinato in periferia.
Quella è stata la prima volta che aveva fatto l’amore con lui. Anche se all’epoca non era ancora amore, solo attrazione dovuta alla complicità che era subito nata tra di loro.
Ce ne sono state tante altre, di volte.
E più succedeva, più lei si perdeva in lui.
Più gli stava accanto, più sentiva che ogni parte di se stessa sarebbe appartenuta a quell’uomo per sempre, perché nessuno la faceva sentire come la faceva sentire lui: speciale. Sembra una cosa così banale da dire, ma era così. Ogni volta che Dean posava il suo sguardo su di lei, Nat si sentiva la cosa più preziosa di questo mondo. Ogni volta che la guardava con quegli occhi grandi e verdi che brillavano di luce propria, lei sentiva il cuore battere nel petto così veloce da sentirlo risuonare forte nelle orecchie come una tamburo. Poi le sorrideva e Natalie non poteva fare altro che ricambiare. Perché in quello sguardo e in quel sorriso, lei ci leggeva tutta la dolcezza che la vita non le ha mai riservato, ci leggeva ammirazione, ci leggeva amore. È sicura che la ami, a modo suo. Più volte gliel’ha dimostrato, anche se non l’ha mai detto apertamente. Dean ha dei modi tutti suoi per dimostrarti quanto sei importante per lui e nessuno di questi comporta il dirtelo a voce.  Nonostante questo, però, se n’è andato. Non è tornato da lei, questa volta. Ha preso una strada diversa, ha scelto una realtà dove loro non sono insieme, dove le sue braccia non l’avvolgono nel più caloroso degli abbracci, facendola sentire al sicuro; dove lei non gli bacia le labbra appena sveglio per poi appoggiare la testa sul suo petto per ascoltargli il cuore che batte; dove non stanno ore a parlare di tutto – dalle cose più assurde, alle cose più concrete – per poi addormentarsi incrociati l’uno nell’altra. Semplicemente, non l’ha scelta. E questo la uccide. Le stringe il cuore in una morsa dolorosa che la riempie di rabbia nei confronti dell’uomo che ama, ma che l’ha messa da parte, come qualcosa di vecchio, come qualcosa che non va più bene. Lo detesta perché l’ha ferita profondamente, nonostante avesse promesso che non avrebbe mai permesso a nessuno di farle del male, anche a costo di uccidere chiunque.
Lo detesta perché lo ama, nonostante tutto. E detesta se stessa per questo. Perché continuerà ad amarlo nonostante la sofferenza, nonostante la porta in faccia.

Quando era tornato, Sam aveva notato che c’era qualcosa che non andava. C’è sempre stata complicità, tra loro. Erano sempre sulla stessa lunghezza d’onda e la maggior parte delle volte si capivano con un solo sguardo. Si faceva un sacco di risate con lui, con quel ragazzone che la metteva di buon umore e le impiastricciava i capelli di farina tutte le volte che poteva concedersi del tempo per preparare una crostata di quelle che piacciono tanto a Dean.
Sam è sempre stato gentile con lei.
Lo è stato anche quella volta.
Dimmi cosa c’è.
Si era avvicinato a lei con passo deciso e aveva inchiodato i suoi occhi in quelli di Natalie. C’era qualcosa di diverso, nel suo sguardo. In qualche modo sembrava avesse perso la dolcezza che lo caratterizzava. Nat aveva pensato che dipendesse dal “soggiorno” all’inferno e, di sicuro, le cose che aveva visto e vissuto laggiù lo avevano cambiato.
Per questo, non voleva parlargli dei suoi problemi, perché a confronto a ciò che aveva passato lui, erano delle frivolezze.
Dimmi tu piuttosto come stai. Come hai fatto a tornare?
A quella domanda, Sam aveva interrotto il contatto visivo tra di loro e aveva guardato altrove, confessandole poi che non ne aveva la minima idea, che poco dopo che si era gettato, era tornato nuovamente a camminare su questa Terra e che, stranamente, si sentiva bene.  
Scommetto che Dean è stato felice di rivederti.
Vedi Nat, lui non lo sa.

Quelle parole le erano sembrate così strane che aveva aggrottato le sopracciglia in un’espressione interrogativa.
So che vita fa, adesso. Ne è uscito, finalmente, e non voglio che si ributti a capofitto in questa vita. Voglio lasciargli un po’ di felicità.
Ricorda come a quelle parole, si fosse rabbuiata. Il pensiero che con lei Dean non fosse mai stato veramente felice l’aveva colpita come un pugno allo stomaco.
Sam, ovviamente, aveva notato la reazione che quelle parole avevano provocato in Nat, arrivando alla conclusione che la sua tristezza dipendesse dal fatto che lei sapesse che vita conducesse Dean.
Tu lo sai.
Nat aveva annuito, lentamente. Non lo guardava negli occhi, si era concentrata  sulla punta delle proprie scarpe dove c’era una macchia di fango che attirava particolarmente la sua attenzione.
Sam le aveva alzato il viso per fare in modo che i loro occhi si incrociassero, con i pollici le accarezzava le guance. Quel contatto era così delicato, caldo e rassicurante. Così in contrasto con la scintilla che ardeva nei suoi occhi. La guardava come non aveva mai fatto, prima di allora, quasi come se la desiderasse. Quello non era lo sguardo di Sam. Tutto avvertiva Natalie che c’era qualcosa di diverso in lui, la sua testa le gridava di approfondire la questione tornato dall’inferno senza la minima conseguenza apparente, ma non aveva avuto nemmeno il tempo di ascoltare i segnali perché Sam si era avvicinato a lei e le aveva sfiorato le labbra con le sue. E in quel momento lei era così fragile, così intenta a raccogliere i pezzi del suo cuore frantumato che quel gesto le aveva alleviato un po’ il dolore. Senza nessuna logica, si era trovata a baciare Sam che le stringeva il viso tra le sue mani calde, mani che piano, piano avevano iniziato a vagare per tutto il suo corpo, percorrendolo lentamente in tutta la sua lunghezza e fermandosi sui fianchi per tirarla meglio a se e sentirla più vicina. Più tempo stavano in quella situazione, più i loro baci diventavano sempre più urgenti, sempre più appassionati, abbandonando la delicatezza e l’insicurezza dei primi. Era una cosa così sbagliata, si ripeteva Nat in testa. Ma lei si sentiva così debole, in quel periodo, e Sam le sembrava così forte, così saldo, solido – l’unica colonna portante del tempio in rovina che era diventata – che aveva sentito la necessità di aggrapparsi a lui. E l’aveva fatto. Letteralmente. Aveva circondato il suo collo con le braccia, alzandosi sulle punte per arrivare meglio alla sua bocca con un’urgenza a lei estranea. Non aveva mai messo Sam sotto quell’ottica. Ma lui era li con lei e la faceva sentire meno in bilico, meno persa. Nat ricorda che quando Sam le aveva stretto il sedere tra le mani per caricarsela in braccio,  aveva intrecciato le gambe alla sua vita con naturalezza, senza porsi troppe domande perché ormai sapevano entrambi come sarebbe andata a finire e la coscienza, arrivati a questo punto, altro non poteva che starsene zitta. Era sbagliato perché lui era il fratello di Dean. Perché non potevano fare a Dean una cosa del genere.
Ma Dean aveva scelto un’altra.
Dean era con un’altra, amava un’altra.
Dean non c’era. Non più.
E Natalie aveva solo bisogno di qualcosa che la distraesse dai suoi pensieri, dai suoi tormenti – e dalle scie di baci infuocati che Sam le lasciava, percorrendo tutto il suo corpo ormai nudo, aveva capito che anche lui voleva la stessa cosa. Entrambi volevano un attimo di paradiso in mezzo all’inferno che stavano vivendo.

Il senso di colpa si era fatto strada dentro di lei  prepotentemente, la mattina seguente. Si era alzata da quel letto sfatto che sapeva di sesso e rimorso, guardando Sam addormentato e apparentemente tranquillo. Era coperto solo dalla vita in giù, lasciando scoperto il busto. Doveva aver fatto esercizio, o qualcosa di simile, perché non era mai stato così ben fatto. O forse era lei che non ci aveva mai prestato attenzione. Non fino a quando si era trovata sotto di lui e aveva visto i suoi muscoli contrarsi ad ogni movimento, ingrossandosi e mostrandosi in tutta la loro potenza.
Aveva scosso la testa ed era uscita da quella stanza.
La fregatura, in queste bravate dettate dalla passione, è proprio il mattino seguente. Quando uno dei due se ne va, lasciando l’altro a se stesso. Non che pensasse che Sam si sarebbe fatto tante paranoie, alla fine erano adulti consenzienti e ciò che avevano fatto – e come l’avevano fatto – faceva pensare solo ad un bisogno fisico impellente, quasi animalesco. Niente di sentimentale. Avevano soddisfatto un istinto che partiva dai reconditi più bassi del loro essere. Alla fine, gli esseri umani sono solo scimmie con la capacità di parlare. Il fatto che il loro cervello sia più sviluppato di quello di un animale non vuol dire che siano immuni agli istinti primitivi. E quando Natura chiama, devi rispondere. O almeno, era quello che si ripeteva per sentirsi meno in colpa.  
Era uscita di casa che era ancora mattina presto, non ricorda bene che ore fossero, ricorda solo che il sole aveva appena iniziato a fare capolino sul mondo, scandendo così l’inizio di una nuova giornata. Era saltata in sella alla sua moto ed era partita a tutta velocità, diretta non sapeva nemmeno lei dove.
Quando era tornata a casa, il sole era ormai alto. Aveva trovato Bobby e Sam intenti a leggere qualcosa su qualche caso. I due avevano portato l’attenzione su di lei, ma non avevano detto niente.
Vuoi mangiare? Era stata l’unica cosa che aveva chiesto Bobby, ma l’aveva guardata in un modo che le aveva fatto capire che lui sapeva tutto. Sapeva cosa stava passando per via di Dean, sapeva cosa aveva fatto con Sam la notte precedente. Non la giudicava, ma non la capiva nemmeno.
Non per questo, però, si sentiva in diritto di urlarle contro. Le lasciava i suoi spazi e questo Natalie l’ha sempre apprezzato.
No, grazie. Non ho fame.
Si era seduta al tavolo insieme a loro per sapere di cosa si trattasse. A quanto pare, c’erano delle creature fuori controllo. Di ogni specie e dimensione, più incattivite del solito. Quel caso specifico, era testimone di un carneficina: dodici persone a Toledo erano state trovate sbranate e private del cuore in vicoletti anonimi. Lupi mannari, fantastico. Odia quelle bestiacce. Sono infimi e bastardi e sembra che ti diano la caccia non appena fiutano il tuo odore. E il loro olfatto è fenomenale. Ha imparato a cavarsela, con il tempo. Ma quando era alle prime armi, una bestia del genere era quasi riuscita a strapparle via il cuore dal petto. Fortuna che era riuscita a raggiungere il coltellino d’argento che teneva in tasca. Non l’aveva fermato, ovviamente, ma le aveva permesso di avere un vantaggio e avere la possibilità così di recuperare la pistola e conficcargli una pallottola d’argento nel petto. Era tornata a casa piena di sangue, ferita e dolorante. Bobby l’aveva medicata e l’aveva insultata, dicendole che non era ancora abbastanza esperta per vedersela da sola con esseri del genere. La verità era che Bobby era terrorizzato dall’idea di perderla, per questo la sgridava quando faceva errori simili.
Quell’episodio le ha lasciato il segno dei cinque artigli intorno al cuore, cinque cicatrici tondeggianti che circondano il muscolo più importante per la vita umana.
Adesso, tutto ciò non è più un problema. Adesso riesce ad avere la meglio su qualsiasi cosa.
Lo sistemate voi? Aveva chiesto Bobby, guardandoli con uno sguardo fermo.
Nat e Sam si erano scambiati un’occhiata ed avevano annuito.
Avevano preso la jeep di Natalie ed erano partiti per raggiungere l’Ohio il prima possibile. Avevano controllato e la fase lunare stava per finire, se volevano prenderlo in tempo, dovevano darsi una mossa.

Una volta arrivati a Toledo, avevano seguito la solita prassi: avevano affittato una stanza di un motel – con la muffa ai muri e l’odore più nauseante del solito – e si erano messi a fare ricerche.
Alla fine avevano scoperto chi fosse il mannaro: Louis Baster, un ragazzo sui trenta che si era trasferito in città proprio quando erano iniziati gli omicidi. Lavorava in un ristorante e guarda caso, si era assentato dal suo turno notturno sempre nelle ore che coincidevano con gli omicidi.
L’avevano stanato e l’avevano ucciso. Non senza riportare delle ferite, ovviamente. Erano tornati nella loro stanza che ormai era notte fonda, con i vestiti impregnati di sangue – non sapendo bene dove finisse quello di Louis e iniziasse il proprio – le gambe e le braccia doloranti, sporchi e sudati. Nonostante fossero in due, quello stronzo aveva dato loro del filo da torcere.  Bobby aveva ragione: i mostri stavano diventando più forti. E questo non era di certo un bene. Forse c’era qualcos’altro sotto, qualcosa di molto più pericoloso di un lupo mannaro incazzato.
Avevano deciso di farsi una doccia, per togliere via l’odore di morte e terra umida che si portavano appresso. Nat era andata per prima, aveva fatto più in fretta possibile perché l’unica cosa che voleva fare era infilarsi sotto le coperte e riposare. Non sarebbe finita così. La nottata avrebbe preso una piega completamente diversa e lei l’aveva capito quando Sam era uscito dal bagno con i capelli lunghi tirati indietro, ancora bagnati, e solo un asciugamano legato in vita. Aveva piantato i suoi occhi in quelli di lei con lo stesso sguardo famelico della notte precedente. Con lo stesso desiderio. Con lo stesso bisogno impellente di averla sua. Nat aveva passato lo sguardo sulle sue spalle ampie, sul suo fisico scolpito, sulle braccia definite e sulle vene in rilievo sugli avambracci, per finire poi a guardare quella V che caratterizzava il ventre di Sam ed indicava, come una freccia, un punto specifico. Si era morsa il labbro inferiore, scossa da un brivido di desiderio che la eccitava e allo stesso tempo la terrorizzava. Voleva Sam tanto quanto Sam voleva lei. E quella volta, era stata Natalie a fare il primo passo: l’aveva raggiunto e lui l’aveva agguantata nello stesso modo in cui aveva fatto la sera prima, caricandosela addosso e iniziando a baciarla. Lei gli aveva afferrato con decisione i capelli dietro alla nuca e l’aveva avvicinato più a se, prendendogli il labbro inferiore tra i denti e tirandolo leggermente. A quel gesto, Sam aveva reagito con un profondo ringhio gutturale e l’aveva trasportata fino al letto più vicino. Non c’era niente di dolce, di delicato. C’era solo urgenza, una disperata urgenza. C’era un fuoco che ardeva intorno a loro ogni volta che si sdraiavano su un letto e davano il via a quella danza in cui erano complici in maniera tutt’altro che innocente.
E andava bene così. Ad entrambi.
Con il tempo, quello era diventato una specie di rito.
Sfogavano i loro bisogni e mettevano da parte il loro tormento per qualche istante, poi lei aspettava che lui si addormentasse per sgusciare fuori da quel letto e andare a dormire nel proprio. Non riusciva a dormire con lui. Sembra una cosa così irrazionale, visto che ormai, il danno era fatto, ma finché si trattava di sesso poteva anche accettarlo – anche se i suoi sensi di colpa, ormai la stavano divorando – ma dormire con Sam avrebbe assunto tutto un altro significato. Lei aveva dormito solo con Dean. E farlo con qualcun altro le dava l’impressione di inquinare ciò che di bello era rimasto della loro relazione.
Natalie e Sam non parlavano mai di quello che succedeva tra di loro, quando la notte calava e rimanevano soli. C’era questo accordo tacito che implicava il non farne parola, il non fare domande. Sembrava che con l’arrivo del giorno, arrivasse anche il tabù. Ma una volta Sam aveva lanciato la bomba e aveva fatto più danni di una centrale nucleare che esplode all’improvviso.
Perché ti trovo sempre in un altro letto, la mattina?
Natalie non voleva affrontare quell’argomento. Non voleva che ciò che c’era tra loro venisse allo scoperto. Non voleva dare un nome a quello che succedeva, voleva che continuasse a succedere senza che venisse identificato. Anche perché egoisticamente parlando, a lei andava benissimo così. Non voleva amore da Sam e sapeva che nemmeno lui lo voleva da lei. Non pretendevano altro di diverso da ciò che già si davano. E allora perché se n’era uscito con quella domanda che aveva qualcosa di così fatale?
Perché dormo meglio sola.
O perché temi che dormendo insieme e me tu possa fare un torto a Dean?

Chiaro, diretto. A quella domanda non aveva mostrato il minimo imbarazzo, o la minima emozione. Come se parlare di quello che facevano alle spalle di Dean per lui fosse normale, come se andare a letto con la storica donna di suo fratello non gli facesse minimamente provare alcun tipo di rimorso. Il vecchio Sam non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Il vecchio Sam l’avrebbe aiutata a placare il suo dolore in un altro modo, parlando, lasciando che lei si sfogasse. Il vecchio Sam non l’avrebbe mai nemmeno sfiorata con malizia, figuriamoci percorrerle tutto il corpo con le labbra lasciandole i marchi decisi che si ritrovava sulla pelle ogni mattina. Ma lei continuava a pensare che questo cambiamento fosse dovuto alle cose che aveva visto e vissuto all’Inferno. Anche Dean era cambiato quando era tornato, non vedeva perché la stessa cosa non potesse valere per Sam. Ed erano sempre stati così diversi, Dean e Sam, che Natalie pensava fosse persino ragionevole che avessero avuto due modi completamente diversi di reagire al ritorno in terra dopo aver visto il fuoco infernale e ciò che riesce a farti.
Gli ho fatto un torto nel momento esatto in cui ho deciso di venire a letto con te. Più e più volte.
E ti sei pentita?

Non aveva risposto a quella domanda, semplicemente perché non sapeva cosa rispondere. Sentiva il senso di colpa, ma forse era dovuto al fatto che Sam fosse il fratello di Dean. Se fosse stato qualcun altro, forse non si sarebbe sentita così uno schifo, perché avrebbe pensato che come Dean si stava rifacendo una vita con un’altra, lei aveva tutto il diritto di fare lo stesso con un altro uomo. Se l’altro uomo però era Sam le cose si complicavano.
Sam si era alzato dal letto del motel in cui si trovavano quella volta, aveva raccolto i pantaloni dal pavimento e li aveva indossati con un movimento fluido. Si era avvicinato al letto di Natalie e si era sdraiato sopra alle coperte vicino a lei. Nat era ancora sotto al piumone rovinato. I loro corpi non si toccavano. Erano in costa, tutti e due appoggiati su un gomito, e si guardavano negli occhi.
Lui va avanti, cerca di farlo anche te –  Le aveva sistemato una ciocca di capelli dietro all’orecchio – Dean non tornerà. Tutto ciò non gli appartiene più, tu non gli appartieni più.
Ma Sam aveva torto.
Perché Dean stava per tornare.
 

Ed è qui che questo racconto ci porta.
Al momento esatto in cui Dean torna a cacciare con Sam, dopo aver avuto un brutto incontro con dei Djinn particolarmente furiosi e violenti.
Al momento in cui si è allontanato da Lisa con la promessa che si sarebbero rivisti. Non sapeva ancora che quella sarebbe stata la bugia più grossa che avrebbe mai potuto dirle. Dopo tutti questi anni, sembra che Dean non abbia ancora imparato che quando c’è di mezzo suo fratello, indipendentemente dalla situazione, lui sceglierà sempre Sam.

                                                                                   ***

“Sicché hai passato l’anno a cacciare con nostro nonno?”
“Si. Abbiamo scoperto delle cose alquanto inquietanti. A quanto pare, i mostri sono più feroci del solito.”
Dean annuisce come per registrare l’informazione. Gli fa uno strano effetto essere tornato in azione dopo dodici mesi di niente, ma sa che quella è la sua vita e gli ci vorrà meno di quanto pensa per tornare attivo. Si guarda intorno. Si trovano in un vecchio magazzino abbandonato, dentro ad una stanza spoglia, grigia e umida che altro non è che lo studio di Samuel Campbell. Una grossa scrivania piena di plichi di fogli infiniti troneggia al centro di quella stanza e Dean si domanda cosa mai potrebbe esserci scritto sopra.
La porta che si apre alle loro spalle, però, lo desta dai suoi pensieri e lo fa voltare d’istinto.
Quando entra, suo nonno Samuel saluta Sam con un caloroso abbraccio, mentre a lui riserva una stretta di mano formale e cordiale. La sua stretta è salda e sicura. Quella di Dean, ovviamente, non è da meno. Samuel lo guarda negli occhi, senza abbassare lo sguardo. Ha gli occhi di un nero profondo e quell’atteggiamento tipico di chi è abituato ad essere rispettato e ammirato.
“Dean, è un piacere incontrarti.”
“Il piacere è mio, Samuel.”
Entrambi non lo pensano davvero. Sanno che è una formalità, sanno che va detto perché condividono lo stesso sangue, ma nessuno dei due si fida veramente dell’altro.
“Venite di là, dobbiamo parlare della prossima caccia.”
I due fratelli seguono il vecchio cacciatore fino a raggiungere una stanza grande, con un grosso tavolo di metallo al centro pieno zeppo di armi e circondato da tre cacciatori che si stanno occupando di renderle il più funzionanti possibili.
“Dean, loro sono i tuoi cugini: Gwen, Christian e Mark.”
I tre si voltano verso di lui, degnandolo appena di un cenno che dovrebbe essere un saluto.
“È tutto pronto per la caccia di questa sera?”
“Quale caccia?” domanda Dean, ignorando un piano che a quanto pare tutti – suo fratello compreso – conoscono.
“Te lo spiegheremo lungo la strada.”
“Preferirei saperlo adesso.”
“Perché?” domanda uno dei cacciatori, quello con i capelli corti e l’aria strafottente “Tanto starai solo di guardia.”
“Christian!” lo rimprovera Samuel. Ma poi si volta verso Dean, con un finto dispiacere dipinto sul viso: “Mi dispiace, ragazzo, però ha ragione.”
“Certo, capisco. Non ti fidi di me e quindi non vuoi che qualcuno che non conosci ti copra le spalle.”
“No, non è che non mi fido è che..”
“..Che non ti fidi di me. Lo capisco.”
Il vecchio Campbell non aggiunge altro. Lancia un’occhiata al resto del gruppo che lo guarda come se attendesse gli ordini di un generale e appena lui fa un cenno con la testa, si avviano all’uscita.

È quasi l’alba quando Sam e Dean entrano nuovamente nel magazzino dove i Campbell hanno allestito la loro fortezza.
I loro cugini sistemano le armi ai rispettivi posti e si curano le ferite senza lamentarsi troppo. Dean riconosce in quel gesto quell’atteggiamento tipico di chi, fin da ragazzino, è stato addestrato a non lamentarsi e ad essere semplicemente grato del fatto che nessuno ti abbia fatto fuori.
Per il maggiore dei Winchester tornare attivo non è stato semplice come credeva. Anzi, se deve essere sincero è stato piuttosto frustrante: lo hanno fatto stare nelle retrovie a fare la guardia insieme a Gwen, come se fossero due novellini.
La cosa che l’ha turbato di più, però, è stato vedere Samuel che scorta un vampiro dentro ad un furgone blindato e Sam che si guarda intorno, assicurandosi che nessuno li veda. C’era qualcosa di così diverso nel suo sguardo. E quel modo di agire sembrava gli fosse anche troppo familiare, come se lui sapesse che cosa trama nonno Campbell alle spalle di tutta la sua combriccola che gli ubbidisce senza fare domande. Il che porta Dean a ragionare su un altro punto sospetto: Sam non ha mai eseguito gli ordini di nessuno, ne quelli che gli dava lui quando erano ragazzini e doveva badare al suo fratellino rompi scatole che aveva sempre da ridire su tutto, ne quando da grande era papà ad ordinargli qualcosa. Sam ha sempre fatto  di testa sua e ha sempre, sempre, obiettato quando qualcuno gli ordinava qualcosa. Perché con Samuel è diverso? Perché con lui è così accondiscendente? Sicuramente il suo fratellino sa qualcosa che lui ancora non sa e che vuole scoprire. E sicuramente quel qualcosa si trova nello studio di nonno Campbell, tra quei fogli infiniti che ha ordinato con tanta premura, prima di uscire per cacciare.
Non si fida di Samuel Campbell. Generalmente, lui non si fida mai di nessuno – conseguenza, questa, di una vita passata a cacciare, a scovare esseri umani che potrebbero essere dei demoni, o dei vampiri, o dei lupi mannari, o dei mutaforma, o dei rugaru – ma quando suo nonno è nei paraggi il suo istinto gli urla a squarciagola di non fidarsi. E quando il suo istinto è così forte, generalmente non sbaglia mai. Per questo, notando che la sua famiglia è intenta a discutere su altri possibili casi, lui  si allontana per cercare di entrare nella stanza di Samuel.
Percorre  tutto il corridoio fino a raggiungerla.
Quando trova la porta chiusa a chiave, i suoi sospetti non fanno altro che aumentare. Perché deve chiudere una porta a chiave, se non ha niente da nascondere? Se ci tiene così tanto a tenerla serrata, significa che dentro c’è qualcosa a cui solo lui vuole avere accesso.
Forza la serratura e apre la porta il più silenziosamente possibile, ma quando sta per entrare, una voce fastidiosa, irritante e pungente attira la sua attenzione e lo distoglie dalle sue intenzioni.
“Che ci fai qui?”
Quando si volta non è per niente sorpreso di vedere Christian e il suo brutto muso. È in loro compagnia da pochissimo, ma ha già imparato a riconoscere la voce di quello sbruffone. E ha già deciso che non lo può sopportare. Ne lui, ne il suo atteggiamento da prima donna, come se l’unico in grado di cacciare fosse lui.
Imbecille.
“Cercavo il bagno.” Si affretta a rispondere, facendo un passo indietro per allontanarsi dall’uscio della porta.
“Quello non è il bagno.”
“Oh, ma dai? Me ne sono accorto.”
Christian fa schioccare la lingua. Si avvicina sempre di più a Dean, inchiodando i propri occhi ai suoi. In quello sguardo, Dean ci legge tutto il disprezzo possibile. A quanto pare, l’antipatia è reciproca.
“Quella è la stanza di Samuel e sai che abitudine ha? Di chiuderla a chiave.”
Dean si avvicina a quell’idiota che sembra proprio voglia mettergli i bastoni tra le ruote e ricambia l’occhiata turpe.
“Non sapevo fossi il suo cane da guardia. Cos’è, se fai bene il tuo compito a fine giornata ti da un biscottino?”
Christian serra la mascella e, afferrando Dean per le spalle, lo attacca al muro senza pensarci due volte. Gli pianta un gomito sotto alla gola, i loro visi vicinissimi, tanto che Dean riesce a sentire il suo respiro affannato addosso. L’ha fatto innervosire e non poco a quanto pare.
“Perché non chiudi quella bocca? Sei solo un arrogante pallone gonfiato. Vieni qui e ti atteggi come se fossi il migliore cacciatore di tutti i tempi, quando l’unica cosa che hai fatto in questo anno è stato stare tra le gambe della tua ragazza!”
 Non doveva dirlo. Non doveva proprio. Quella frase è stata un grave, gravissimo errore. Dean stringe i denti, per cercare di trattenere un po’ il nervosismo, prima di dare una testata sul setto nasale di quel coglione che sembra non sappia fare altro che dare fiato a quella bocca per sparare merda.
Christian lascia la presa e si porta le mani sul naso sanguinante.
Dean lo afferra per il colletto della maglia e lo tira a se. Lo sguardo truce che non lascia un attimo Christian il quale continua a lamentarsi sommessamente del dolore al naso.
“Non devi dirle certe cose, intesi?” ringhia.
Christian sputa per terra il sangue che gli è colato in bocca e torna a guardare Dean con quell’aria di sfida che inizia a dare sui nervi al maggiore dei Winchester.
“Sai, se avevi così voglia di farti una scopata, potevi prendere esempio da Sam: Natalie non era per niente male ed era un cacciatrice in gamba. Tuo fratello ha unito l’utile al dilettevole senza finire a incrociare cestini per il pane e diventare un pappamolle.” Ringhia tra i denti. Dean fatica moltissimo a tenere a freno le mani che hanno iniziato a prudergli, ma resiste all’impulso di spaccargli la faccia solo perché sa che prendendo a pugni questo coglione si mangerebbe definitivamente anche la minuscola possibilità che ha di entrare nelle grazie di Samuel e fare in modo di venire a conoscenza dei suoi segreti – che suo fratello sembra conoscere. C’è qualcosa in ballo molto più grande e importante di Christian che da fiato alla bocca solo perché ne ha una. Deve ammettere, però, che ciò che ha detto gli ha dato parecchio fastidio. E non solo perché ha tirato in ballo Lisa, ma perché ha insinuato che Sam e Natalie avessero una specie di storia. Natalie, la sua Natalie. Anche se forse, viste le circostanze non dovrebbe più definirla così. Ha fatto le sue scelte che hanno portato delle conseguenze, tra cui, appunto, perdere Nat, ma pensare che tra tutti gli uomini presenti al mondo lei sia finita con Sam e che Sam, tra tutte le donne presenti al mondo sia proprio finito con Natalie, lo turba profondamente. Sammy, il suo caro fratellino, non gli farebbe mai una cosa del genere. Reagirebbe in modo totalmente diverso: gli griderebbe contro che è stato un coglione ad andarsene, ad allontanarsi da Natalie senza nemmeno spiegarle il perché e probabilmente gli direbbe che se lei volesse fargli la pelle, farebbe anche bene. Suo fratello non andrebbe mai con la donna che lui ha sempre amato. Seguendo questa logica, suo fratello non lascerebbe nemmeno che un vampiro lo trasformasse. Già, perché ancora non gli è chiaro come mai Sam sia stato a guardare mentre quel vampiro lo trasformava. Se sono riusciti a trovare il covo del vampiro alfa, è proprio perché Dean è diventato uno di loro per qualche ora e ha il sospetto che suo fratello abbia lasciato che la sanguisuga facesse il suo “dovere” proprio per arrivare prima all’alfa.
Sam non è Sam. Di questo ne è sicuro, ma deve ancora capire cosa sia successo esattamente al suo Sam.
Lascia andare la maglietta di Christian e se ne va, avviandosi alla stanza dove erano tutti riuniti poco prima. Ci trova solo Sam e Samuel che parlano per poi smettere appena Samuel vede Dean. Ovvio.
“Sam, credo sia ora di andare.”
Suo fratello si volta e annuisce. Entrambi salutano Campbell e si avviano verso l’uscita.

                                                                                                              ***

El Paso, Texas.
Natalie Duvall varca la porta della stanza del motel che ha affittato per qualche giorno. Ha risolto il caso per cui ha trascinato le sue chiappe fino in Texas: uno spirito vendicativo stava sterminando tutte le donne della sua famiglia per fare in modo che non ci fossero più eredi. Una storia triste, quella del signor Robert Keller, un uomo vissuto più di sessant’anni fa che aveva vissuto la tragica esperienza di vedere la moglie assassinata dal proprio fratello, Jim Keller, suo rivale in affari.
Secondo la storia, Jeremy Keller, imprenditore, aveva due figli: Robert, suo primogenito, e Jim. Robert era destinato ad essere l’erede dell’azienda di famiglia al cento per cento, dal momento che aveva dimostrato di avere tutti i requisiti per poterlo fare. Ma questa cosa non andava bene al piccolo Jim che, nel momento esatto in cui la moglie di suo fratello aveva scoperto di essere incinta, si era visto sfuggire l’occasione di diventare proprietario nel caso suo fratello fosse venuto a mancare: se Robert avesse avuto un figlio, sarebbe stato quest’ultimo l’erede. Così Jim decise di uccidere la povera signora Keller davanti agli occhi del marito. Robert fu preso da un dolore così profondo e da una rabbia così cieca, che pugnalò Jim al cuore. Ma il minore dei Keller giurò che sarebbe tornato. Ed è questo giuramento che ha portato Natalie fino ad El Paso: ha dovuto sbarazzarsi una volta per tutte di Jim Keller, l’uomo ossessionato dalla vendetta e dal potere.
Si lancia letteralmente sul letto, senza nemmeno togliersi i vestiti. Getta gli anfibi da qualche parte ai piedi del letto e affonda la faccia nel cuscino: ha un bisogno estremo di dormire. Non chiude occhio da diciotto ore e ora che il caso è risolto, vorrebbe riuscire a dormirne almeno cinque.
Ma quando il telefono squilla, ovviamente si rende conto che chiedere almeno qualche ora per dedicarsi ad attività fisiologiche – quali il dormire – è troppo.
Sbuffa con ancora la faccia nel cuscino ed estrae dalla tasca dei jeans quell’aggeggio infernale che squilla e vibra nemmeno fosse posseduto. È fortemente tentata di recitare un esorcismo, magari così facendo, smetterebbe di suonare e lei potrebbe tornare al suo sonno.
“Pronto.” Biascica, stanca.
“Bimba, ho bisogno di te. I ragazzi stanno tornando e hanno scoperto qualcosa di grosso.”
Bimba.
Sorride a quel nomignolo: Bobby la chiama così da quando lei ha memoria. Il vecchio cacciatore non la chiama mai in quel modo, in pubblico. È una cosa che sanno solo loro, una cosa tutta loro. Più e più volte è stata tentata di dirgli che  visto che ormai ha quasi trent’anni, chiamarla così non è più molto appropriato, ma non ha mai avuto il cuore per farlo. È una delle poche smancerie che Bobby si concede e se a lui fa piacere farlo, non vede perché lei debba dirgli di smettere. Alla fine, lui la vedrà sempre come quella bambina che ha cresciuto e alla quale ha insegnato a camminare, o a tenere il cucchiaio nel verso giusto, o ad andare in bici.
“Nat, ci sei?”
Quella domanda la desta dai suoi pensieri.
“Si, ci sono.” Risponde, massaggiandosi le tempie.
“Allora, sei dei nostri?”
“Si, sono dei vostri.”
“Dove sei?” la voce di Bobby sembra piuttosto preoccupata. In effetti, non si sentono da giorni, da quando lei ha deciso di fuggire di volata appena ha sentito il motore dell’Impala parcheggiare davanti a casa Singer.
“El Paso.”
“Dovevi andare così lontano?”
“Avevo un caso.”
“Pure qui ne avevi uno e bello grosso, anche.”
“Lo so, lo so. Dammi qualche ora, ok?”
“D’accordo.”
Natalie attacca il telefono e si immerge nuovamente nel cuscino non più con l’intenzione di dormire, ma con l’intenzione di soffocare un grido di frustrazione.
Non vuole tornare a casa, dove vedrà Sam e Dean. Non vuole tornare in quelle quattro mura piene di imbarazzo, cose non dette e ricordi ormai troppo lontani. Non vuole tornare e rischiare di vedere nuovamente lei.
Lisa.
Giorni fa, Natalie si trovava in un motel esattamente come in questo momento: sola, stanca e con un caso da risolvere. Si trattava di un wendigo a Bossier City, Louisiana. Le ci erano voluti due giorni interi per stanarlo e più fuoco di quanto lei riuscisse a maneggiare senza rischiare di finire ustionata, per ucciderlo. Il mostro, come tutti i mostri nell’ultimo periodo, era stato più spietato di quanto potrebbe esserlo stato in condizioni normali. Le aveva persino lasciato un taglio sul braccio che Nat si era preoccupata di disinfettare, cucire e fasciare con una garza. Un’altra cicatrice da aggiungere alla sua collezione.
Anche quella sera, stava per mettersi a letto quando Bobby l’aveva chiamata.
Ho bisogno di te, Nat.
Lei aveva sospirato. Ultimamente, sospira moltissimo. Come se ogni sospiro potessero aiutarla ad alleggerire il cuore.
Sono tutta orecchie, Bobby.
Bobby era rimasto qualche istante in silenzio, probabilmente per cercare le parole giuste da usare, per cercare di metterla davanti al fatto senza farla rimanere troppo male.
Lisa e Ben sono qui. Dean mi ha chiesto di tenerli al sicuro mentre lui si occupa di una questione con Sam. Pensi di poter venire a darmi una mano? So che ti chiedo tanto, bimba, ma non so come comportarmi.
Il suo tentativo di ammortizzarle la cosa, non era andato a buon fine: Bobby non sa rigirare tanto la frittata, in occasioni come queste. Di fronte ad un caso, pur di risolverlo, riuscirebbe a far credere a chiunque di essere il presidente degli Stati Uniti, ma davanti a cose come la normalità non sa usare molto le parole, quindi l’unica cosa che gli rimane è essere diretto. E quella volta lo era stato fin troppo.
Parto tra cinque minuti. Sarò lì domani mattina.
Aveva guidato tutta la notte per raggiungere il South Dakota il prima possibile ed era arrivata verso le sei del mattino, con il sole che stava sorgendo e colorava di rosa e rosso il cielo. Era entrata piano, cercando di fare il meno rumore possibile. Quando aveva notato che tutti stavano ancora dormendo, si era sdraiata sul divano e aveva chiuso gli occhi, giusto per riposarsi almeno mezz’oretta. Ma un rumore di passi l’aveva destata e con gli occhi chiusi, si era messa ad ascoltare con attenzione. Quando aveva sentito qualcuno cercare di infilare una mano nel borsone che aveva lasciato alla testa del divano, si era messa seduta e aveva bloccato la mano dell’estraneo. Solo quando la sua stretta era ben salda, si era accorta che era una mano troppo piccola per appartenere ad un adulto, così si era ritratta con uno scatto fulmineo.
Scusa, pensavo fossi qualcun altro.
Il ragazzino che la stava fissando con curiosità, aveva alzato le spalle.
Non preoccuparti. Lo faceva anche Dean, i primi mesi che è venuto a stare da noi.
Sarà una cosa tipica di noi cacciatori, allora.

Il ragazzino, che aveva dedotto fosse Ben, la guardava con gli occhi grandi. Fissava lei e poi la sua borsa e la sua fasciatura.
Chi te l’ha fatta?
Un wendigo, stanotte.
Ti ha fatto male?
Un po’, ma io gliene ho fatto di più.

Ben le aveva sorriso con ammirazione. Nat aveva istintivamente cercato un segno di somiglianza con Dean. Sapeva benissimo che prima di lei, Dean era stato con Lisa e che più o meno Ben potrebbe essere stato suo, anche se Lisa ha sempre negato. Comunque, nel sorriso di Ben, Natalie non aveva visto nessuna somiglianza. E forse, di questo, era più felice del dovuto.
Sono Natalie.  Aveva allungato una mano e Ben aveva fatto lo stesso, aggiungendo: Ben.
Hai fame, Ben?

Il ragazzino aveva annuito con decisione a quella domanda e Natalie, alzandosi dal divano, istintivamente gli aveva scompigliato i capelli. Si era resa conto di ciò che aveva fatto solo dopo averlo fatto e aveva guardato Ben per capire se poteva avergli dato fastidio o meno, ma lui non sembrava per nulla seccato da quel gesto, quindi aveva proseguito in cucina tranquillamente.
Ti piacciono i pancakes?
Molto!
Ti va di aiutarmi a prepararli?

Si erano messi insieme a mischiare tutti gli ingredienti necessari per la pastella: latte, uova, lievito, zucchero e burro. Aveva scoperto che Ben era un ottimo aiutante in cucina e che si divertiva un sacco a fare intrugli commestibili.
Natalie aveva sorriso guardandolo, vedendo in lui quella spensieratezza tipica dei ragazzi della sua età. Forse era stato anche merito di Dean, che sicuramente l’aveva protetto dal sovrannaturale, mettendolo in guardia su quanto possa essere pericoloso, ma non inculcandogli l’ossessione di combatterlo. Di questo ne è certa. Dean non farebbe mai ciò che John ha fatto con lui.
Tu sei un’amica di Dean?
Un’amica. Lei era davvero questo per Dean? Erano mai stati effettivamente amici? Istintivamente direbbe di no: si è sempre sentita attratta da Dean, come una calamita. Quando lui era in una stanza, lei sentiva la necessità di stargli intorno, solo per guardarlo mentre si concentrava su un caso, osservando quella piccola ruga che gli si formava tra gli occhi quando aggrottava leggermente le sopracciglia. Gli stava il più vicina possibile per sentire il suo profumo che sapeva di polvere da sparo, pelle e dopo barba: lo stesso odore dell’impala. Come se ciò stesse a significare che Baby faccia davvero parte di Dean, che siano un tutt’uno. Non ne aveva mai abbastanza di lui, della sua presenza. Ogni scusa era buona per sfiorarlo, ogni scusa era buona per averlo vicino. Lei non è mai stata sua amica, lei l’ha sempre amato anche quando non aveva ancora capito che ciò che provava per lui era effettivamente amore. C’era sempre per lui perché voleva fargli sentire la sua presenza, voleva che non si sentisse mai solo, anche in quei momenti dove capitava che lui e Sam litigassero pesantemente e lui tendeva a chiudersi in se stesso, convinto di non meritare altro se non la solitudine. Questo è sempre stato il problema di Dean: non ha mai pensato di essere degno. A volte, lo diceva anche a lei. Diceva che non la meritava, che non capiva cosa avesse fatto lui di tanto speciale da meritarsi l’amore e l’attenzione di una donna come lei, di una donna straordinaria. Nat gli diceva che lei di straordinario non aveva proprio niente e che non è necessario fare qualcosa di eclatante per essere amato, lei lo amava semplicemente per come era, per l’uomo che era: buono, gentile, altruista, premuroso, amorevole, protettivo, leale. Dean in quei momenti abbassava lo sguardo, incapace di reggere il suo: forse perché non era abituato a sentirsi descrivere così. Poi si avvicinava a lei e quando i loro visi erano a pochi centimetri le sussurrava un flebile non sopporterei mai tutto questo senza te e la baciava. Non le diceva mai ti amo forse perché non ne era capace, ma le diceva frasi del genere e a lei bastava, o meglio, aveva imparato a farsele bastare, consapevole del fatto che Dean non sarebbe mai andato oltre. Ma le andava bene, le dimostrava di tenere a lei nei modi più vari e quando hai i gesti che parlano, delle parole poco ti importa.
Si, ci conosciamo da quando eravamo piccoli.  Aveva risposto, concentrandosi nuovamente su Ben.
E sai sparare?
Certo, che razza di cacciatrice sarei se non lo sapessi fare?
Mi insegneresti?
Dean te l’ha mai insegnato?

Ben non la guardava, teneva gli occhi bassi sulla ciotola piena di pastella che stava mescolando con un cucchiaio di legno. Dopo qualche istante aveva fatto ‘no’ con la testa.
E ti ha mai detto perché non vuole insegnarti a farlo?
Dice che i ragazzini della mia età devono imparare a giocare a baseball, non a imbracciare un fucile.
Dean è molto saggio, dovresti ascoltarlo.
Ma io voglio imparare!
Perché?
Perché da grande voglio essere come lui, voglio che sia fiero di me! Alla mia età lui già sapeva sparare!

Natalie si era voltata completamente verso di lui, mettendogli le mani sopra le sue per impedirgli di continuare a girare la pastella e fare in modo che alzasse i suoi occhi su di lei.
Ben, diventare un cacciatore non è bello come sembra. La vita del cacciatore comporta sacrifici e dolori – e spesso quelli fisici sono niente in confronto a quelli emotivi. Perciò da retta a Dean: impara anzi giocare a baseball. Per quanto riguarda il renderlo fiero di te, non serve che diventi un cacciatore, sono sicura che sia già fiero di te, esattamente per quello che sei.
Ben aveva annuito in silenzio, anche se Nat non era molto convinta fosse d’accordo con lei.
Che ne dici di andare a svegliare la mamma? La colazione è quasi tutta pronta.
Il ragazzino si era avviato al piano di sopra e lei aveva finito di preparare la colazione. Mentre guardava i pancake cuocersi nella padella, desiderava solo di essere pronta abbastanza all’incontro che stava per fare. Ovviamente non lo era. Sentiva lo stomaco stringersi e il panico in circolo. Avrebbe di gran lunga preferito tornare a fronteggiare il wendigo che trovarsi faccia a faccia con Lisa.
Ricorda che quando Lisa era entrata in cucina, seguita da Ben, Nat non era riuscita a non guardarla: era indubbiamente bella, con i capelli lunghi, neri e mossi, gli occhi dello stesso colore e un portamento così aggraziato da sembrare una fata che fluttua nelle foreste incantate.
Istintivamente si era paragonata  a lei, notando che nella sua vita non era mai sembrata una fatina, ma piuttosto un’amazzone. Aggraziata tanto quanto una guerriera senza un seno che lancia frecce in sella ad un cavallo al galoppo. Si sentiva così diversa da lei, ma non per questo si sentiva in soggezione. Guardandola, altro non vedeva che una donna spaventata, una madre preoccupata e ciò le era bastato per accantonare il fatto che Dean se ne fosse andato per stare con lei, e vederla come qualcuno da proteggere. Una vittima come tutte le altre. Una persona normale che viene a contatto con il loro mondo e teme non solo per la sua vita, ma anche per quella di suo figlio.
Lisa aveva ricambiato lo sguardo, quasi come se volesse studiarla, quasi come se sapesse lei chi fosse e si aspettasse da un momento all’altro una scenata, ma quando aveva visto che Natalie le aveva sorriso cordiale, si era rilassata. Poco dopo Bobby li aveva raggiunti e si erano messi a fare colazione. L’imbarazzo era talmente palpabile che si sarebbe potuto tagliare con un coltello, ma tutto sommato erano riusciti a scambiare qualche parola. Quello che parlava di più era Ben, che faceva domande a raffica a Natalie sul suo lavoro e Lisa più di una volta l’aveva rimproverato, intimandogli di smettere. Poco più tardi, Bobby aveva proposto a Ben di andare a fare qualche tiro con la palla e il guantone da baseball. Il ragazzino, pensando alla conversazione che avevano avuto qualche istante prima, aveva tirato un’occhiata furtiva a Natalie la quale aveva annuito con convinzione, spronandolo ad accettare.
Nat era rimasta a pulire la cucina. Lisa le si era timidamente avvicinata chiedendole cosa potesse fare per aiutarla.
Non devi fare niente, tranquilla.
Hai preparato tantissima roba da mangiare, fatti almeno aiutare a pulire.

Era una richiesta così discreta e sincera che Natalie aveva accettato. Aveva così paura di confrontarsi con lei, che non aveva minimamente pensato al fatto che anche Lisa potesse sentirsi in soggezione in sua presenza. Anche se dubitava che Dean le avesse raccontato tutto. Forse, l’imbarazzo di Lisa era più dovuto al fatto che si sentisse un’estranea nei loro confronti, qualcuno che irrompe nella quotidianità di qualcun altro senza averne il diritto.
Io lavo e tu asciughi, ok?
Perfetto.

Non si erano parlate granché. Anzi, non si erano parlate per niente. C’era tensione tra loro, nonostante tutto. Erano due donne adulte, intelligenti abbastanza da capire l’importanza l’una dell’altra nella vita di Dean, per questo cercavano una convivenza cordiale ai limiti dell’educazione e della formalità. Nessuna delle due voleva conversare con l’altra più del dovuto. Nessuna delle due guardava l’altra negli occhi più del necessario. Forse perché guardandosi, avrebbero reso concreti i loro dubbi. Guardandosi era come dare un volto, una forma, ai pensieri – tessuti dal dubbio con la stessa precisione maniacale con cui un ragno tesse le proprie tele – legati a Dean insieme all’altra.
Quella che delle due sentiva questa sensazione in maniera più profonda era Lisa, anche se questo Natalie non poteva saperlo.
Perché, a differenza della cacciatrice, che aveva la certezza che Dean fosse stato con Lisa, quest’ultima non ne era certa. Era divorata dal dubbio, dall’incertezza. Asciugava i piatti e guardava il profilo di Natalie, quel nasino piccolo e tondeggiante, coperto di lentiggini, le labbra piene. Senza rendersene conto, Lisa si era trovata a chiedersi se le labbra di Dean si fossero mai posate su quelle di Natalie. D’un tratto, l’immagine di quella foto che aveva trovato per caso in uno dei cassetti mentre sistemava i suoi vestiti, qualche mese fa, le era piombata nella mente: Dean e Natalie – non aveva mai dato un nome alla donna nella foto prima di quella mattina – che ridevano insieme, guardandosi negli occhi. Dietro di loro c’era il mare che brillava sotto la luce intensa del sole. E Dean aveva uno sguardo così sereno, così spensierato. I suoi occhi brillavano esattamente come faceva il mare sotto ai raggi incandescenti del sole. Guardava Natalie come se fosse il regalo più prezioso che la vita gli avesse mai fatto. Guardando quel pezzo di carta, Lisa aveva sentito un tuffo al cuore, chiedendosi chi mai potesse essere la donna di cui Dean sembrava essere innamorato. Anzi, era certa che lo fosse. Lo era talmente tanto che non aveva mai avuto il coraggio di dirgli che aveva trovato quella foto e di chiedergli chi fosse quella donna perché temeva la risposta. Era terrorizzata dalla risposta. Aveva preferito riporre la foto nel cassetto e fingere di non averla mai trovata.
Abbiamo finito.
Era stata Natalie a rompere quel silenzio che sembrava durasse ormai da ore. Lisa aveva sorriso debolmente e a Nat era sembrato anche che stesse per aggiungere qualcosa, ma il motore dell’Impala aveva riempito le sue orecchie e una morsa ferrea le aveva stretto lo stomaco così forte che pensava potesse vomitare da un momento all’altro.
Sono arrivati. Aveva detto, cercando di mascherare il più possibile il panico. Io devo andare.. ho un caso.. è stato un piacere conoscerti. Salutami Ben. È un ragazzino simpatico!
Era stata goffa, impacciata e .. codarda. Aveva preferito fuggire piuttosto che affrontare la realtà: Dean insieme a Lisa e Ben che si riuniscono come una di quelle famigliole felici nelle pubblicità delle merendine. Ma era troppo per lei, in quel momento. Non era pronta. Non ancora. Aveva bisogno di più tempo. Così aveva afferrato velocemente il borsone delle armi che era ancora vicino al divano ed era uscita dalla porta sul retro, salendo in macchina e partendo a tutta velocità.

È questo l’episodio che rivive mentre raccoglie le sue cose in giro per tutta la stanza del motel. Afferra i vestiti sparsi sul letto e, dopo averli piegati, li sistema in una delle borse. Afferra il computer sul tavolino accanto alla finestra e lo infila dentro alla sua borsa a tracolla, infilandoci dentro anche tutte le mappe e i fogli su cui ha tracciato gli schemi per risolvere il caso. Già che c’è ci infila anche la storia dei Keller, giusto per avere del materiale in più nel caso si verifichi una situazione simile alla loro, in futuro.
Controlla di aver preso tutto e quando ne è certa, afferra le chiavi da sopra al tavolino e si dirige alla macchina. Mette tutte le sue borse in bauliera e poi si dirige al posto di guida.
Sono le tre del mattino quando parte da El Paso, facendo un conto approssimativo raggiungerà il South Dakota in quindici ore, il che le fa pensare che molto probabilmente quando lei arriverà a casa di Bobby stanca, sudata e puzzolente, dovrà fare i conti con la situazione imbarazzante che sta evitando da troppo ormai e che sembra non la voglia mollare, come se il karma volesse punirla per ciò che ha fatto, come se volesse ricordarle che ad un’azione corrisponde una reazione e quindi, se fai una determinata cosa, poi, devi essere anche in grado di affrontare le conseguenze. In poche parole, il karma vuole ricordarle che dove prendi il sole, prendi anche la pioggia. Il karma è uno stronzo spocchioso. Come se non lo sapesse anche da sola che in ogni situazione c’è sempre il rovescio della medaglia e non è mai positivo. Sbuffa frustrata. Sa che deve affrontare Dean e sa che c’è anche un conto in sospeso con Sam che va chiarito al più presto. All’improvviso, è fortemente tentata di non lasciare quella città, di trovarsi un lavoro in un negozio di dischi e cambiare nome, fuggendo dal suo passato da assassina di creature sovrannaturali e diventare una normalissima commessa che si innamora del proprietario del suddetto negozio. Un po’ come ha fatto Beatrix Kiddo in Kill Bill (*). Poi però pensa alla fine che quella donna ha fatto per quattro anni e decide anzi di mettere in moto e partire. Con la fortuna che ha lei, cambiare vita non le servirebbe proprio a niente. Verrebbero a cercarla. Bobby per primo e probabilmente la prenderebbe per un orecchio, sgridandola come se fosse una bambina di cinque anni, per essere sparita senza dirgli niente, e i mostri per secondi. Non sa come, ma più di una volta le è capitato che fossero le creature a trovare lei e non il contrario. Le piace pensare che lo facciano perché sono spaventati da lei, che conoscono la sua fama e la sua bravura e che quindi preferiscono cacciarla subito anzi che aspettare di essere cacciati, ma la verità è che spesso la rintracciavano per cercare di catturarla e arrivare a Dean e Sam, un po’ come se volessero usarla come esca. Il fatto è che lei è piuttosto brava nel suo lavoro e quindi li ammazzava ancora prima che riuscissero a finire di dire Winchester.
Sospira.
Gira che rigira, il discorso va sempre a finire lì: Dean e Sam Winchester. La situazione sta diventando veramente pesante: deve risolverla al più presto, prenderla di petto e affrontarla apertamente. Togliere il cerotto dalla ferita con uno strattone forte, secco e improvviso fa male all’inizio, ma poi il bruciore sciama, toglierlo pezzo alla volta, fa meno male li per li, ma il dolore è prolungato. Lei ha prolungato lo strappo del cerotto anche troppo, è arrivato il momento di strapparlo definitivamente.

                                                                        ***

Arriva a Sioux Falls verso le sei del pomeriggio, come aveva previsto. Imbocca il vialetto, passando sotto all’arco con l’insegna Singer Auto e si inoltra nella proprietà di Bobby. Guarda le macchine ad una ad una per distinguere tra quei rottami la fin anche troppo familiare Impala nera del ’67 che trova proprio davanti alla casa di Bobby, pulita e tirata a lucido. Così in contrasto con i cadaveri delle altre auto che sembra possa prendere vita da un momento all’altro. Quella macchina può ritenersi più fortunata di molte donne con cui Dean è stato: ha ricevuto – e riceve tutt’ora – una cura e delle attenzioni tali che Dean non ha mai riservato a nessuna se non a Baby.
Dean, è solo una macchina.
Non lo dire mai più! Soprattutto non davanti a lei. Non ascoltarla, Baby. È solo gelosa!

Lei e Dean avranno fatto discorsi come questo almeno un migliaio di volte. Più il tempo passava, più Natalie lo diceva solo per vedere Dean che la guardava come se gli avesse fatto l’affronto più grosso di questo mondo.
Tu non hai un cuore. Come fai a parlarle così? Le aveva detto una delle tante volte. E aveva messo su un broncio così serio che lei si era messa a ridere, perché era troppo buffo: Dean Winchester, uno dei cacciatori più cazzuti esistenti, un uomo grande e grosso, forgiato dalle intemperie della vita, metteva il broncio se parlavi male della sua macchina, proprio come potrebbe fare un bambino di sei anni sentendo qualcuno che insulta il suo giocattolo preferito.
Scuote la testa, mentre parcheggia la macchina dentro al garage dietro alla casa di Bobby. Scende e recupera tutte le sue cose, poi si dirige verso casa Singer. Quando infila le chiavi nella serratura, e la sente scattare, una fitta provocata dal panico le percorre le viscere facendole contorcere. Il primo istinto, quasi come se si sentisse una gazzella che sta per entrare nella gabbia di un leone affamato, sarebbe quello di scappare a gambe levate. Ma non può più scappare. Lei non è una preda. Non lo è mai stata in vita sua, non inizierà  certo ad esserlo adesso. Gira con decisione la chiave e la serratura scatta del tutto, apre la porta ed entra in casa. Come varca la soglia, tre paia di occhi si mettono a fissarla: Dean, Sam e Bobby sono nello studio. Bobby alla scrivania con un tomo tra le mani, Dean seduto su una sedia – che tiene al contrario, appoggiando i gomiti allo schienale – di fronte al vecchio cacciatore e Sam in piedi appoggiato allo stipite della porta scorrevole. Sono tutti voltati verso di lei, intenti a fissarla. Il che la fa sentire estremamente a disagio. Insomma, la guardano come se non l’avessero mai vista, o come se fosse un fantasma. Ha davvero un aspetto così orrendo?
“Ciao a tutti.” Dice, senza aspettarsi una risposta. Appoggia tutte le borse sopra al divano e si dirige in cucina per bere un po’ d’acqua. Si sente la gola estremamente secca. Afferra dal frigo una bottiglietta da mezzo litro e la tracanna tutto d’un fiato. Forse le ci vorrebbe anzi una birra, così per distendere un po’ quel fascio di nervi che solo in questo istante si è resa conto di essere. O magari può bastare anche una doccia. Si, vada per quella. Quando torna verso lo studio nota che i tre hanno ricominciato a parlare. Quando Bobby la vede tornare tace, per portare la sua attenzione totalmente su di lei.
“C’è del lavoro da fare, Nat.”
“Lo so, sono tornata per questo, no? Ma prima ho bisogno di una doccia: ho guidato quindici ore e non dormo da trentatre. Posso avere mezz’oretta?”
“Certo. Ti aspettiamo.”
Nat lancia un’occhiata furtiva ad entrambi i fratelli, non sapendo bene come comportarsi. Deve chiarire un sacco di cose, ma non vuole farlo in presenza di Bobby. Mentre si incammina su per le scale, pensa a quanto questa situazione le faccia schifo: si è a mala pena scambiata uno sguardo con due delle persone che per lei sono la sua famiglia. È stato un gesto così freddo. Se non avesse combinato quello che ha combinato, è sicura che li avrebbe abbracciati forte, stringendoli a se in una morsa ferrea e loro, uno alla volta, l’avrebbero stretta a loro volta, inglobandola in uno di quegli abbracci tipici dei Winchester. E invece, niente. Sono cresciuti insieme, hanno vissuto le esperienze atroci fianco a fianco, sempre loro tre contro il mondo. Li ha sempre considerati come fratelli, prima di capire effettivamente cosa provasse per uno di loro.
E adesso, sono passati dall’essere un tutt’uno all’essere niente.
Entra in camera sua, dove, dopo essersi chiusa la porta alle spalle, inizia a spogliarsi per poi dirigersi nel piccolo bagno dentro alla sua stanza.
Sospira, lasciandosi andare alla tristezza.
Accantona quel pensiero che le porta a terra il morale – calpestandolo maleducatamente – e si butta sotto la doccia, lasciando che l’acqua calda le scivoli sulla pelle e le scacci via i pensieri. A volte, vorrebbe riuscire a zittire quella vocina bastarda nel suo cervello che altro non fa che ricordarle cose che vorrebbe dimenticare almeno per cinque minuti. La coscienza è una stronzetta. Pinocchio ha fatto bene ad uccidere la sua. Se anche quella di Natalie assumesse la forma di un grillo, in questo periodo, probabilmente la schiaccerebbe anche lei.
Si lava i capelli, con cura, passandoci le dita per districare i nodi. Passa qualche minuto sotto il getto dell’acqua per assicurarsi che si sciacquino bene e poi esce dalla doccia, afferrando l’accappatoio e infilandoselo per non patire il freddo. Esce dal bagno e rientra nella sua stanza con tutta l’intenzione di vestirsi, ma i suoi piani sono costretti ad un cambiamento quando vede Dean seduto sul suo letto, i gomiti appoggiati alle ginocchia e il mento appoggiato alle mani. Fissa un punto indefinito nella stanza, come se stesse intensamente pensando a qualcosa. Natalie nota che tutte le sue borse sono sistemate con cura in un angolino della stanza. Probabilmente ce le ha portate lui.
“Grazie.” Sussurra, distraendo Dean dalla sua trance. L’uomo alza lo sguardo su di lei.
“Non c’è di che. Sembravi così stanca che ho pensato ti avrebbe fatto piacere.”
“È così, infatti. Lo apprezzo molto.” Accenna una sorriso, cercando di sembrare tranquilla. In realtà il cuore le batte talmente forte e veloce che teme possa vederlo uscire dal petto e farsi un giro per la stanza da un momento all’altro. Sentire di nuovo la sua voce, averlo di nuovo così vicino e nella stessa stanza le risveglia solo i ricordi piacevoli dei momenti passati insieme, quando tutto non era ancora precipitato nel baratro. O meglio, nella Gabbia. Perché è inutile negarlo, tutto è cambiato quando Sam si è gettato con  Lucifero e Michele nella voragine infernale. Da quel momento, Sam non è più lo stesso, Dean se n’è andato, Natalie è stata distrutta in tanti piccoli frammenti.
Tutti e tre rotti in maniera irreparabile.
Segnati da quell’esperienza nel profondo, come se si fosse conficcata nelle loro menti come un chiodo che spinge la sua punta sempre più in profondità, come se volesse ricordare loro che non li lascerà mai, che l’angoscia di quei giorni graverà su di loro per il resto delle loro vite.
La loro armonia si è rotta.
È come se in quel buco ci fossero finiti tutti e tre per riemergere come delle persone totalmente nuove. È come se ciò che erano fosse stato resettato e ora si trovassero a ricominciare tutto d’accapo.
“Bobby mi ha detto che stavi risolvendo un caso.”
Natalie annuisce. C’è qualcosa di strano in Dean. Una calma così esagerata da sembrare forzata, come se si stesse trattenendo, come se stesse cercando di non esplodere.
“E di cosa si trattava?”
Rimane seduto, non si muove. L’unico movimento che fa il suo corpo è quello delle labbra che si aprono e si chiudono per formulare parole.
“Uno spirito vendicativo.”
Dean annuisce, impassibile.
Natalie lo osserva: sta fissando il vuoto, i suoi occhi sono inchiodati sul nulla; ha uno zigomo viola e il labbro inferiore rotto. Probabilmente sono conseguenze della questione di cui si è occupato con Sam, come le aveva detto Bobby.
C’è silenzio.
Un silenzio così profondo da risultare assordante.
Loro non sono mai stati in silenzio per più di due minuti. Avevano sempre qualcosa di cui parlare, sempre qualcosa da dirsi, sempre qualche osservazione da scambiarsi e sempre qualche domanda da porsi.
“Dean..”
L’uomo si volta di scatto verso di lei. Natalie è sicura che non l’abbia fatto perché ha pronunciato il suo nome, anche perché l’ha chiamato così debolmente che il suono uscito dalla sua bocca era poco più di un sussurro.
“Ci sei andata a letto?”
Quella domanda la colpisce come un pugno in pieno stomaco. Diretto. Spietato. Letale. Niente giri di parole, niente discorsi preparatori, niente di niente. Solo ed esclusivamente una cannonata in pieno petto.
Tiene i suoi occhi inchiodati in quelli di lei. Non la lascia nemmeno un attimo. La scruta attento per non perdere nemmeno una minima reazione della donna.
“Si.”
Non gli chiede con chi, sa benissimo che la domanda è riferita a lei e Sam. Se n’è accorta dal tono che ha usato, quasi accusatorio. La fissa con rimprovero e .. sembra delusione quella sul suo viso?
Dean si alza di scatto dal letto, come se il suo corpo fosse stato percorso da una forte scossa elettrica.
“Perché?”
Si passa la mano sulla faccia. In quel momento le sembra così sciupato, consumato. Nota le occhiaie bluastre che contornano i suoi occhi, le rughe intorno ad essi leggermente accentuate e la pelle del viso tirata. Dean è così stanco.
“Perché te ne sei andato?”
A quella domanda, l’uomo abbassa lo sguardo. Mette una mano su un fianco e con l’altra si massaggia le palpebre degli occhi chiusi.
“È complicato.”
Complicato? Poteva usare moltissime parole per spiegarle il perché l’avesse trattata come se fosse qualcosa di cui si era stufato, un bambola che con il tempo perde la sua bellezza e viene sostituita da una più nuova, ma complicato non è la parola giusta. La loro intera esistenza è complicata. Hanno vissuto una miriade di situazioni complicate e sono sempre stati insieme, le hanno sempre affrontate insieme.
Hanno corso verso le braccia della Morte più di una volta, ma l’hanno sempre fatto insieme.
E adesso le viene a dire che darle almeno una spiegazione del perché volesse andarsene è complicato?
Natalie sente la rabbia repressa in questo anno salirle su per lo stomaco e arrivare fino alla gola, come se fosse un vulcano pronto ad eruttare. Esplode senza nemmeno rendersi conto della potenza con cui inizia a inveire contro di lui.
“Sei un fottuto pezzo di merda, Dean. Complicato, dici? Con tutto quello che abbiamo passato, con tutte le volte che ho rischiato il culo perché avevo deciso di stare dalla tua parte, almeno una spiegazione del perché avevi deciso di andartene me la dovevi! Me la dovevi! E non venirmi a fare la predica del perché sono stata con Sam, perché nemmeno tu sei un santo! Che mi dici di Lisa? Porca vacca, ti sei fatto una nuova vita con un’altra donna e io dovrei sentirmi in colpa? Mi stai accusando della stessa cosa che hai fatto tu. Hai preso e te sei andato per giocare all’allegra famigliola. Mi hai sostituita come se niente fosse. Come se non avessimo passato una vita insieme! Quindi non usare quel tono accusatorio con me, quando mi chiedi se sono stata con tuo fratello.”
Di tutto il discorso, Dean rimane momentaneamente concentrato su ho rischiato il culo perché avevo deciso di stare dalla tua parte. Quella frase lo investe con una potenza tale che gli sembra veramente di essere stato colpito da un tir. Quella frase, gli ricorda la cicatrice perlacea e sottile che Natalie ha sulla pancia. Un taglio che parte dalle costole di destra e arriva fino all’osso del bacino di sinistra. Quella volta, aveva veramente rischiato di perderla: Zaccaria aveva capito che era uno dei suoi punti deboli e l’aveva catturata per costringerlo a fargli dire di si. L’aveva torturata con una ferocia disumana, crudele, spietata. Natalie non aveva ceduto nemmeno un attimo. Ricorda che, coperta di sangue, mentre lui la stava fissando, tremante di rabbia nei confronti del figlio di puttana che l’aveva ridotta così, continuava a ripetergli di non cedere, di non assecondarlo. Era stato in quel momento che Zaccaria, preso dall’ira, l’aveva tagliata da parte e parte facendole uscire dalla gola un grido così doloroso da non sembrare nemmeno umano. Per un attimo, Dean aveva pensato che si fosse distrutta le corde vocali. Era stato in quel momento che, preso dall’odio cieco che provava per quell’angelo, gli aveva trafitto la gola con una spada angelica.
Per riprendersi da quell’incidente, Natalie ci aveva impiegato settimane.
Ma dopo questo ricordo, il resto del discorso risuona nella sua testa. Il tono furente di Natalie gli riempie le orecchie e lo risveglia dalla sua momentanea trance. Si rende conto di essere arrabbiato. Si sente la voce che monta in gola con prepotenza ed esce fragorosa come un tuono.
“Credi che per me sia stato facile? Porca troia, avevo appena visto mio fratello saltare dentro ad un fottuto buco per l’inferno, cosa avrei dovuto fare??”
“Tornare da me!” grida lei, frustrata, arrabbiata, fuori di se. Le lacrime le riempiono gli occhi e glieli fanno pizzicare, ma le ricaccia indietro. Un dolore lancinante le squarcia il petto e si propaga per tutto il suo corpo.
“Dovevi tornare da me, come hai sempre fatto.”
“Questa volta non potevo.”
Si guardano per un attimo che sembra destinato a non finire mai. Sono così frantumati dentro che questa volta nemmeno rifugiarsi l’uno nell’altra potrebbe aggiustarli. O forse, questa volta non possono aggiustarsi proprio perché rifugiarsi l’uno nell’altra non è la soluzione. Non è quello che vogliono. Sarebbe troppo diverso, adesso. Si è creata una crepa tra di loro che è così profonda da sembrare irreparabile. Sono vicini, ma così distanti l’uno dall’altra, come se fossero su due pianeti diversi.
“Perché?”
“Come ho detto: è complicato.”
Dean si incammina verso la porta, senza aggiungere altro. Le da le spalle, segno che quella conversazione, per ora, è finita lì. Natalie non ribatte, perché sa che se Dean non vuole parlare, non parlerà più. E, ad essere onesti, lei è troppo stanca per continuare una conversazione che le ha già consumato le poche energie che le erano rimaste. Lo guarda chiudersi la porta alle spalle. Quando rimane sola in quella stanza dove risuona ancora l’eco delle loro grida, inizia a piangere. Le lacrime scendono senza sosta, silenziose e calde. Non sa per quanto rimane lì, impalata al centro della stanza, con il viso solcato dalle lacrime, ma sa che si muove solo quando sente il corpo scosso dai brividi di freddo e gli occhi che bruciano. In quel momento, inizia a vestirsi, cercando di non crollare, anche se si sente così debole che è l’unica cosa che vorrebbe fare. Ma non può, non deve. L’unica cosa che deve fare, adesso, è risalire dal buco nero in cui lei e la sua vita sono finite.
Deve riuscire a salvare se stessa, ora più che mai







(*) Kill Bill, Quentin Tarantino - Vol. I (2003) & Vol. 2 (2004)
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Roscoe24