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Autore: Tactolien    19/04/2016    1 recensioni
Questa storia è ambientata dopo L'Ultimo Guardiano. Inizia con un matrimonio particolare e spero di portarla avanti fino in fondo. Dopo Una pagina di Diario e Il Sigillo di Scilla ecco questa nuova storia, magari un po' assurda, che spero possa piacervi
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Finalmente! L’ho raggiunto!”. Esultò Artemis Fowl, in un eccesso di contentezza per essere riuscito a calarsi sul Distorsore tutto intero.
La sfera metallica era proprio lì a meno di un metro alla sua destra; coi piedi poggiati direttamente sulla piattaforma che la sorreggeva, poté lavorarci tranquillamente.
Rimase ad esaminarlo un paio di minuti, tanto per farsi un’idea di ciò che doveva fare. Esteriormente sembrava solo una grossa palla con le antenne in stile satellite Sputnik; non c’erano tasti o leve in bella vista.
Dunque la leva dell’accensione manuale deve trovarsi all’interno. E puntò dritto all’unico sportello disponibile.
Grazie al cielo non servivano chiavi per aprirlo; chiunque fosse stato a disattivarlo non riteneva necessario ulteriori impedimenti.
Probabilmente perché non si aspettava altri intoppi.
Un piccolo sforzo… e rialzò la leva di attivazione. In mezzo secondo il Distorsore tubò di una serie di rumori rassicuranti a indicare il buon funzionamento; l’attimo dopo tutta l’isola fu nuovamente invisibile ad occhi indiscreti. Fu una fortuna considerando che poco dopo un satellite meteo passò sopra di loro, senza rilevare nulla.
“Fiuh… -si asciugò la fronte Artemis, improvvisamente sudata- Meno mano. E’ stato facile”.
Richiuse lo sportello. Alzò lo sguardo sulla scogliera fredda e ripida. Strofinò il piede scalzò sull’altra gamba.
Sospirò avvilito: “Adesso mi tocca risalire”.
Non era mai stato un grande atleta, Leale aveva sempre cercato di fargli fare un minimo di attività fisica, tra sollevamento pesi e prendere a pugni un sacco imbottito, ma non c’era stato verso: lui era uno stratega non un culturista! E l’unico sport a cui si era mai dedicato era l’equitazione, e solo perché era il cavallo a fare tutto il lavoro.
Adesso si ritrovava lì da solo a dover arrampicarsi su una scogliera senza corde. Davvero incredibile per Artemis Fowl.
“Chiederò una ricompensa per questo –parlò tra sé- Chissà quanta bella tecnologia c’è qui, rispetto a Cantuccio”.
Poggiò il piede su uno spuntone di roccia; al suo tocco si sgretolò precipitando nel mare sottostante.
Sentendo il cuore accelerare i battiti, il giovane irlandese spostò il piede da un’altra parte. Lo tastò più volte per sicurezza, prima di metterci tutto il suo peso. Si issò lentamente. Un brutto presentimento si fece largo nella sua mente.
Deglutì. Poco a poco un consistente numero di rocce e sassolini cominciò a cedere intorno a lui.
Sta franando!. Rabbrividì.
Cercò di mantenere la calma. Tentò subito di aumentare la velocità della salita, ma in pochi minuti si ritrovò nella condizione di non poter più né scendere né salire: era lì incastrato senza possibilità di muoversi.
Dannazione! Adesso Leale mi ucciderà!. Era una cosa che accedeva spesso negli ultimi anni. Come faceva una povera guardia del corpo a fare il suo lavoro se il protetto insisteva a saltare nella fossa dei leoni?!.
“Aiuto!”. Gridò. In quella situazione non poté fare altro.
E come se il destino ci avesse lo zampino… : “Artemis!”. Rispose qualcuno dall’alto.
Il ragazzo sollevò gli occhi. Spinella Tappo si sporgeva dalla scogliera, guardandolo preoccupata.
“Spinella! Credo che… sta franando!”.
“Non muoverti! Vengo a prenderti”.
Fissò le funi che si era portata dietro intorno a un tronco d’albero e cominciò a calarsi.
Artemis Fowl si guardò intorno. Doveva pur esserci un appiglio per salire almeno un po’. Nulla: doveva aspettare l’elfa.
Sospirò avvilito. Sarò anche un genio… ma sono una palla al piede per i miei amici.
“Ecco, afferra questa!”. Esclamò l’amica, arrivata a neanche due metri da lui, lanciandogli un altro po’ di corda.
Il quindicenne fece per afferrarla. Fu in quel momento che tutta l’isola scoppiò in un tremendo boato.
“Arrgg! Che succede!!?”. Urlò Spinella pur conoscendo già la risposta.
“Le ali sono danneggiate!!”. Perse gli appigli. Artemis Fowl precipitò sbattendo contro la piattaforma del Distorsore.
“Artemis!”.
Quell’ultimo si mosse debolmente; fortuna che non sbatté la testa. Si girò prono e si issò a quattro zampe. Si prese un momento per assicurarsi che tutto fosse a posto.
Mamma che botta. L’impatto era stato doloroso ma non fatale: la schiena era intatta così come tutte le altre ossa del corpo.
“Artemis!”. Lo chiamò ancora l’elfa caposquadra.
Un secondo tremore dell’isola lo spronò a rimettersi in piedi, sfortunatamente anche quella piccola parte di piattaforma cedette alla scogliera e lui cadde ancor più in basso. Ignorando il dolore alle mani e delle dita scorticate riuscì a reggersi sulla roccia; la paura di cadere e la polvere che gli cadeva negli occhi.
Sopra di lui Spinella riprese a scendere con la corda. Arrivata a un certo punto… la corda finì, e Artemis Fowl era ancora ad una decina di braccia da lui.
 
 
 
“Wow! Che impressione!”. Esclamò un esaltato Argh Sgrut guardando il panorama smosso dalle finestre.
Aveva colpito le ali di Mab con tutte le sue forze. Era bastata una prima mazzata per smuovere l’isola fin da fondale. Tuttavia non era ancora abbastanza: ci sarebbero voluti almeno altri tre o quattro colpi per assicurarsi lo sprofondare di Avalon.
Alzò nuovamente il bastone. Diede la seconda percossa, lo sguardo folle di chi non si preoccupava di niente e di nessuno: forse non prendeva neppure in considerazione l’idea di poterci rimettere la vita lui stesso. O magari lo sapeva ma non gliene importava niente da tant’era deciso ad annientare chi l’aveva umiliato.
Quell’insulso demone stregone! Quei due Fangosi impiastri! Quella maledetta elfa!.
Aveva cominciato la sua carriera di Comandante della LEP subito dopo la morte di Julius Tubero. In un primo momento si era pensato che fosse stata Spinella Tappo ad ucciderlo, e Sgrunt aveva colto la palla al balzo di riuscire a disfarsi della mela marcia della Ricog. Ma così non era stato: Spinella si era dimostrata innocente, e lui aveva fatto brutta figura.
Poi c’era stata la storia dei demoni, dov’era stato licenziato per aver scritto una sconvenienza su un rapporto ufficiale.
Alla fine c’era stato il servizio presso Raponzo Tubero. Anche in quell’occasione Artemis, Spinella, Leale, N°1 e quell’irritante Bombarda Sterro avevano avuto la meglio su di lui.
“Ma non questa volta!”.
Fece per dare l’ultima mazzata. Le ali a terra sembravano una scura massa informe con solo poche piume al loro posto.
Calò il colpo.
Uno strano scudo magico di materializzò intorno alle ali.
Appena il bastone lo toccò il contraccolpo fu abbastanza forte da sbalzare lo gnomo all’indietro.
“Ma che diavolo…! –si voltò verso l’entrata della sala- Tu?!”.
Il diavoletto N°1 lo guardava furioso, le mani a quattro dita tese in avanti a sorreggere lo scudo: “Non ti permetterò di farlo!”.
Era corso lì su ordine di Spinella. Gli aveva esplicitamente chiesto di proteggere quelle sacre reliquie, e ora finalmente capiva perché: “Ci penserò io a proteggerle e fermarti!”.
Sulle labbra dello gnomo si dipinse un ghigno malefico: “Chi è che vuoi fermare tu?”.
Non esitò un attimo. Da una fondina nascosta dentro la giacca estrasse un’arma del tutto fuori dal comune: una pistola ad aria compressa modificata a tavolino, che sparò contro il demone stregone tre abbondanti spruzzi di grasso animale. Due lo raggiunsero alle mani, annullando così la sua magia dello scudo; il terzo gli arrivò dritto agli occhi.
Urlando colto da un’orrenda sensazione, N°1 si portò automaticamente le mani al volto, peggiorando la situazione.
“Ah Ah! –rise sguaiato Sgrunt, continuando a sparare grasso fino a metterlo a carponi- Ecco il famoso stregone!!”.
Ripose l’arma. Tornò a rivolgersi alle ali.
 
 
 
Non stiamo forse dimenticando qualcuno?.
Subito dopo esser caduti dalla finestra, Leale, Bombarda e Arno Tozz fecero un volo di almeno una ventina di metri. Sotto di loro, tetti e bastioni; ancor più sotto, terra nuda e dura.
Si sarebbero ammazzati tutti e tre se il nano non avesse dato una potente gassata dal didietro, afferrando la guardia del corpo; il neozelandese si aggrappò a sua volta ad una caviglia di quell’ultimo.
Sforzandosi al massimo col rischio di qualche danno interno, Bombarda continuò la sua flatulenza verso il basso in modo da rallentare le caduta. Ci riuscì fino a raggiungere la prima terrazza, ma gli ultimi otto metri furono costretti a farseli in caduta libera.
“Woaa!!”. Esclamarono tutti.
Grazie al cielo, nessuno si fece male: un impatto del genere avrebbe dovuto rompere qualche gamba, invece Leale se la cavò con una storta al piede.
Il nano non tenne più. Non era mai una buona cosa superare i limiti in quel modo. Stramazzò sul cristallo, improvvisamente debole e debilitato.
“Bombarda, vecchio mio”. S’avvicinò l’enorme eurasiatico.
“Attento…”. Riuscì a gracchiare quello, puntando il dito.
Leale sobbalzò. Venne afferrato alla gola alle spalle e tirato all’indietro: Tozz tornava all’attacco.
Reagì senza pensarci due volte, tirò calci, pugni e testate; tuttavia l’avversario non fu da meno dato che riuscì perfino a superarlo in velocità. Lo centrò con un cazzotto al volto. Leale indietreggiò col naso rotto e sanguinante.
“Lo gnomo mi ha detto che da Londra non sei più lo stesso –sorrise viscido il neozelandese- Dev’essere vero, o non ti avrei mai colpito così”.
L’enorme eurasiatico strinse gli occhi, il respiro affannoso e il petto che si faceva sempre più pesante. Dannato kevlar.
Arno aveva ragione: era più lento rispetto al passato; mentre lui nel corso degli anni in prigione doveva essersi allenato, diventando più forte.
“Alla fine qualcosa in quel ristorante ti ho fatto”. Ripartì alla carica l’altro.
Andarono avanti per un’altra manciata di minuti, Leale sembrò finalmente recuperare un minimo di vantaggio finché un secondo terremoto dell’isola non gli fece perdere l’equilibrio.
Sbatté la testa su una parete di cristallo e cadde stordito. Dovette faticare per non perdere i sensi, ma intanto Tozz già arrivava.
Fu in quel momento che la finestra della sala del trono esplose in una luce dorata.
 
 
 
 
 
“Dammi la mano! Presto!”. Gridò Spinella Tappo, allungandosi il più possibile verso il Fangosetto.
Aveva usato tutta la corda a sua disposizione, tutto ciò che poteva fare era riuscire a calarsi giù per la scogliera pregando che non franasse.
Artemis Fowl tese la mano più in là che poté, i muscoli doloranti contratti nello sforzo. Doveva resistere. Doveva!.
Ma anche se riuscissimo a risalire… Pensò. Che senso avrebbe?.
L’isola stava sprofondando. Sentiva chiaramente le ondate sotto di lui farsi sempre più alte e forti. Anche se si fossero salvati dalla scogliera sarebbero morti tutti poco dopo.
Sobbalzò. Noi… stiamo per morire?!.
Lui, Spinella, Leale, i suoi amici… tutta Avalon.
E i suoi genitori? Che avrebbe fatto non vedendolo più tornare?. Li avrebbe distrutti una terza volta: prima nei tre anni d’assenza nel limbo; poi la morte dopo la sconfitta di Opal… e adesso questa. Solo che ora non aveva più un piano per tornare indietro.
“Artemis!!”. Lo riscosse la voce dell’elfa.
“Sì! Eccomi!!”.
Si sporse ancora un po’. Le loro mani erano proprio lì quasi a sfiorarsi quando gli appigli di Artemis Fowl cedettero.
“AAHHAA!!”. Cadde nel vuoto.
Spinella urlò, strillò sconvolta, e agendo per puro istinto… si buttò anche lei.
Riuscì ad afferrarlo.
 
 
 
In quel medesimo istante, al palazzo di cristallo, proprio nel momento in cui Argh Sgrunt si apprestava a dare l’ultima mazzata decisiva alle ali di Mab, le poche piume ancora intatte di quelle ultime s’accesero di una luce dorata irradiandosi dappertutto.
Lo gnomo calò il colpo. Le ali sfrecciarono via, fuori dalla finestra. Il grosso pomo del bastone si frantumò in mille pezzi.
 
 
 
Artemis non poteva crederci: perfino in quella situazione di morte imminente il suo cervello non smetteva di pensare.
Stavolta però non pensava ad oro, ricchezze, poemi o soluzioni matematiche. Pensava a Spinella. Attaccata alla sua mano, mentre la trascinava giù con sé.
Senza ali meccaniche o funi d’emergenza, la sua amica non aveva esitato a buttarsi nel vuoto pur di salvarlo.
Adesso però morirà anche lei.
Si sentì molto in colpa. Quante cose avrebbe voluto dirle.
Fu allora che dall’alto della scogliera furono raggiunti da uno strano fascio d’oro.
“Arrhh!”. Gridò Spinella, avvertendo un forte bruciore alla schiena.   
 
 

   
 
  
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