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Autore: aoimotion    19/04/2016    10 recensioni
1 - Più la guardava, più Nick si stupiva di quanto Judy Hopps fosse piccola.
5 - Nick tirò indietro le orecchie, leggermente offeso. «Le tue insinuazioni mi feriscono, Judy. Quale agente di polizia darebbe la colpa agli altri per la propria malasorte?»
11 - Nel buio, una voce a lei terribilmente nota sussurrò parole divertite ad un soffio dal suo orecchio. Judy si voltò di scatto e tentò di acciuffare le tenebre, ma ottenne solo di sbilanciarsi e finire col muso per terra.
«Nick!» gridò, al colmo della misura. «Vuoi darci un taglio, sì o no?»

13 - «Tu mi farai morire» le disse, sorridendo appena. «Sei una minaccia per la mia sanità mentale, Carotina.»
16 - Ma intanto le sue zampe erano già corse al telefono con l’urgenza di chi, annegando nell’oscurità, cerca disperatamente l’interruttore della luce.
20 - «È proprio questo il punto» le disse. «Che tu non capisci. Fino all’ultimo secondo, fino all’ultimo istante, tu non capisci.»
[Post-film] [I'm nothing but furry trash]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry
Capitoli:
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~Volpe~
19 - Proteggere


 
 



Nota 1: questo capitolo NON è il seguito di quello precedente (se lo fosse stato avrebbe avuto la freccetta che indicava di quale capitolo era seguito). :P
Nota 2: scorrete fino alla fine e troverete un'illustrazione bellissima! (edit del 21/04/16 alle ore 19:00)
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Il primo dettaglio che colpì la sua attenzione fu la distesa di bianco sporco che si stagliava sopra la sua testa. Nick ruminò saliva inesistente dentro la bocca asciutta, mentre il cervello cominciava lentamente a carburare; la prima domanda che riuscì a porsi, a mente quasi lucida, verteva sul logico bisogno di determinare dove si trovasse; quesito a cui la volpe provò a rispondere sollevando il busto, in un faticoso tentativo di osservare meglio i dintorni di quel luogo sconosciuto.
Sfortunatamente per lui un dolore al fianco destro, tanto intenso quanto inaspettato, lo costrinse a desistere dal suo proposito; Nick ricadde sulla schiena – incontrando così la morbida superficie sotto di lui a cui prima non aveva fatto caso – e realizzò finalmente di trovarsi in un letto.
Prima che potesse sommare quelle informazioni per trarre un qualche tipo di conclusione, un lieve cigolio attirò la sua attenzione; Nick girò appena il capo e vide una porta aprirsi – ‘quindi c’è una porta qui dentro’ – e un musino a lui familiare fare capolino sulla soglia.
«Nick…?» disse la bestiola grigia che era appena comparsa nel suo campo visivo.
«Judy?» Nick si morse il labbro inferiore, stizzito dall’urgenza con cui aveva pronunciato il nome di lei. Sapeva che in questo modo stava praticamente ammettendo di non avere il controllo della situazione, così come sapeva che la sua partner lo avrebbe capito nell’istante stesso in cui quel suono avesse raggiunto le sue attente orecchie.
Ed infatti, appena dopo una manciata di secondi, un sorrisetto impertinente sorse sul volto di Judy alla stregua di un mostriciattolo che faceva capolino da sotto il letto. «Siamo già arrivati alla parte in cui invochi disperatamente il mio nome?»
«Scusa, mi sono appena svegliato e non sono ancora in pieno possesso delle mie facoltà mentali» rispose lui, cercando di dissimulare il sollievo che lo aveva invaso nel vederla entrare nella stanza.
La coniglietta gli si avvicinò a lunghi passi, talmente lunghi da assomigliare più a dei salti che ad una camminata vera e propria. «Come ti senti, Nick? Sai dove ti trovi? Ricordi qualcosa?»
Ogni domanda era pronunciata in perfetta sincronia con i saltelli con cui stava progressivamente riducendo la distanza che li separava. Arrivata al “qualcosa”, Judy era praticamente arrivata fino al suo capezzale e lo stava osservando con un’espressione terribilmente preoccupata.
«Ehi, ehi, ehi» la frenò Nick, «sta’ calma, Carotina. Va tutto bene.»
«Davvero?» La coniglietta continuò a fissarlo, come se volesse guardargli dentro il cuore. Nick deglutì, la gola più secca che mai.
«Beh–» tossì, fingendo di schiarirsi la voce. «Ho ancora quattro zampe, riesco a parlare, riesco a vederti mentre sembri sul punto di saltarmi addosso…»
Non che eventualmente gli sarebbe dispiaciuto.
«E la ferita? Ti fa male?»
«Quale ferita?»
A quella domanda, gli occhi di Judy si aprirono un po’ di più. «Non ricordi…?»
Nick tirò indietro le orecchie, interdetto di fronte a quella reazione. «Carotina, mi stai spaventando. Di quale ferita stai–» Quando provò a sporgersi verso di lei, il dolore al fianco che lo aveva colpito appena un minuto prima tornò a lacerargli la carne. Nick emise un guaito sofferente e si raggomitolò in sé.
«Quella ferita» disse Judy, mentre gli poggiava una zampina sulle spalle. «Ti è costata un bel po’ di giorni di sonno.»
«Quanto?» chiese Nick, digrignando i denti.
«Quasi una settimana» rispose Judy, cauta. «Era… davvero una brutta ferita, Nick.»
Nel pronunciare “brutta”, la voce di lei si era incrinata appena. La volpe si massaggiò il fianco sofferente e tentò di pescare qualche immagine dalla memoria, ma ben presto si accorse che i ricordi non volevano proprio saperne di venir fuori, come se fossero spariti… o si fossero nascosti.
«Sto bene» ansimò, quando il dolore cominciò a diradarsi. «Ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco, Carotina.»
La coniglietta non disse nulla; si limitò a fissarlo, a fissarlo, a fissarlo e Nick avvertì improvvisamente il bisogno di ficcare la testa sotto un cumulo di neve–
«Lo sai…» mormorò Judy, «ho avuto paura.»
Il peso di quelle parole lo colpì con una tale violenza che, in confronto, il male che aveva provato pochi secondi prima sembrava niente più che un prurito fastidioso.
«Hai… avevi perso molto sangue» continuò, con un lieve tremore nella voce. «La colluttazione era stata molto violenta, e… ma davvero non ricordi niente, Nick?»
Nick scosse il capo. «L’ultima cosa che ricordo è che stavamo inseguendo qualcuno nel distretto di Foresta Pluviale. Da lì in poi è il nulla.»
Judy tacque per qualche istante, pensierosa. «Ti dice niente il nome “Ruffy Triger?”»
Una piccola lampadina si accese nella sua testa. «È quello del nostro fuggitivo?»
La coniglietta annuì. «E… non ti viene in mente altro?»
«Sì, che anche io sarei diventato un criminale se i miei genitori mi avessero affibbiato un nome del genere.»
Un peso gli volò via dal cuore quando vide la partner ridere per la sua battuta.
Nick non poteva sopportare di vederla triste; era diventata una di quelle cose che lui cercava di evitare in ogni modo, e non sapeva se lo faceva per lei oppure per se stesso. Nel dubbio lo faceva e basta, anche se non mancava mai di sentirsi sempre un po’ idiota. 
«Quindi non hai idea di quello che è accaduto dopo» disse Judy, sorreggendosi il mento con la zampa con cui non lo stava toccando – lo stava ancora toccando? Non l’aveva tolta neppure per un istante, quella zampina, tanto che Nick si era pure dimenticato che fosse ancora lì, come una minuscola macchia grigia sulla propria spalla. «A questo punto mi chiedo se tu non abbia subito uno shock o qualcosa genere. Forse non dovremmo parlarne, dopotutto.»
«Non puoi semplicemente alludere a qualche tipo di disastro sanguinolento e poi liquidare tutto con un “oh, forse è meglio non parlarne”» replicò Nick, leggermente risentito.
«Sì che posso, invece.» Il gentile tocco di Judy seguì la curva della clavicola ed arrivò fino alla sua guancia. «Non voglio rischiare di farti del male, Nick» gli disse, cominciando ad accarezzarla.
Il cervello della volpe andò in blackout e Nick avrebbe giurato che, per una frazione di secondo, ogni funzione vitale del suo corpo aveva completamente cessato di esistere.
Nel frattempo, la frase che lei aveva pronunciato era rimasta lì, sospesa nell’etere, a fluttuare sulle loro teste, come a voler suggerire che di quelle parole ci fosse un seguito, o ho prequel, o magari entrambe le cose. E, quando Nick ricominciò a pensare lucidamente – e gli ci volle un bel po’ per riuscirci – la tentazione di non indagare oltre era forte perché sapeva che, se l’avesse fatto, Judy si sarebbe allontanata da lui – e quelle carezze erano così dolci che privarsene sarebbe stato come un commettere un crimine contro se stesso – e lo avrebbe di nuovo guardato con quegli occhioni viola pieni di tristezza, e sapeva che gli avrebbero fatto più male di qualunque ferita al fianco. E a lui il dolore non piaceva, non piaceva neanche un po’.
Nonostante questo la bocca, emissaria di fredda razionalità, si mosse per conto proprio: «Me ne farai di più se mi tieni all’oscuro, Carotina.»
«Non cominciare con queste frasi da telenovela» lo rimbeccò Judy, alzando gli occhi al cielo.
«Ehi, per una volta che non sto recitando!»
«Ah, quindi di solito reciti?»
«Cosa? No, cioè–!» Nick percepì tutti i peli del suo corpo rizzarsi per la frustrazione. Quando voleva, Judy era brava quanto lui a mettere all’angolo gli altri. Gli teneva testa egregiamente, pensò, e quell’idea solleticò gli angoli della sua bocca e li spinse leggermente verso l’alto. «Con te non ho bisogno di certi trucchetti, visto che sei già completamente pazza di me.»
Le orecchie di Judy schizzarono all'insù. «Io, pazza di te? Non pensarci neppure!» esclamò, balzando all’indietro, ma la sua espressione rivelava che invece era proprio lei a starci pensando più del dovuto.
Quasi brava quanto me.’
«Devo ricordarti la famosa discussione che abbiamo avuto il giorno che abbiamo sbattuto al fresco Flash?» Nick sorrise ampiamente e inclinò leggermente la testa verso di lei. «Lo sai che mi adori.»
«Quello era…» cominciò Judy, ma ben presto le orecchie le ricaddero dolcemente sulle spalle e lei smise di protestare. «Non ti sopporto, Nick.»
«Cosa faresti senza di me» la prese in giro lui, scuotendo il capo. «Esserci conosciuti è stata una grande fortuna, non credi?»
La partner si strinse nelle spalle. «Magari a quest’ora staresti ancora vendendo zampe ghiacciolo – mentre Finnick aspetta nascosto nel cassonetto dell’immondizia – e incassando i tuoi duecento bigliettoni giornalieri.»
«Senza di te» puntualizzò la volpe, accorgendosi un secondo troppo tardi dell’errore che aveva appena commesso. ‘Dannazione.’
«Quindi… Nicholas Wilde ammette di essere grato di avermi incontrato?»
Le orecchie di Judy erano tornate ad ergersi, fiere, di fronte alla sua disfatta.
L’aveva fregato e contro-fregato nel giro di un minuto; come poteva esistere nell’intero cosmo una creatura magnifica la metà di quanto lo era lei?
«Beh–» La patetica scusa che stava tentando di elaborare evaporò come neve al sole di fronte al ghigno perfidamente attraente della sua partner, e Nick non poté far altro che rimpicciolire nel suo letto e bofonchiare un «per questa volta hai vinto tu» che a lei dovette sembrare una succulenta conquista, perché il suo sorrisone era cresciuto ancor più di prima.
«Sai, forse dovresti finire in ospedale più spesso; sei carino quando rimani a corto di parole.»
«A parte che mi hai appena augurato di rifarmi male in un futuro prossimo – e questo non è per nulla gente da parte tua, com’è che funziona la storia? Nessuno può dirti che sei carina, ma tu puoi schiaffarlo in faccia agli altri?»
«Solo quando “gli altri” sono volpi egocentriche che vengono colte in fallo una volta ogni cento anni» rispose Judy. «Bisogna pur approfittare di queste occasioni secolari, non credi? E comunque» aggiunse, dopo una breve pausa, «cos’è, vorresti dirmi che sono carina?»
«Chi, io? Neanche per sogno.»
«E allora che problema c’è?» lo incalzò lei, assottigliando gli occhi a due fessure colme di malizia.
«Nessuno, infatti.» Nick incrociò le braccia al petto e sprofondò tra le lenzuola. «Sai, credo proprio che me ne tornerò a dormire.»
«Abbiamo una volpe lesa nell’orgoglio, qui~» canticchiò la coniglietta, scoppiando a ridere subito dopo. «Dai, Nick, non fare così! Ogni tanto è bello anche essere derisi, oltre deridere gli altri.»
«Non credo proprio» rispose la volpe, «e tu, che sei oggetto costante delle mie derisioni, dovresti saperlo meglio di chiunque altro.»
Judy ci pensò su. «Sì, hai ragione. Beh, allora ben ti sta, così impari a prenderti sempre gioco di me.»
«Non è così che si tratta una volpe, un collega, un amico in convalescenza» protestò Nick, rivolgendole un’occhiata di profondo sdegno. «Sappi che mi ritengo offeso, agente Hopps, e quindi adesso pretendo che tu mi racconti cosa diavolo è successo la settimana scorsa.»
L’allegria che l’aveva contagiata fino a qualche istante prima svanì in un battito di ciglia. La coniglietta esalò un profondo respiro, così sconfortato che parve raffreddare la temperatura stessa della stanza. «Ne sei sicuro, Nick? Ci sarà un motivo se non te lo ricordi…»
«E ce ne sarà uno anche se te lo chiedo, Carotina. E, comunque, dopo che mi hai rivoltato come un calzino – solo perché in questo momento sono ancora un po’ indolenzito, precisiamo – due volte in meno di cinque minuti, penso che potrei sopportare qualunque racconto scabroso tu possa propinarmi.»
Lei chiuse gli occhi per un momento, come se stesse valutando l’idea. «E va bene» disse infine, «se proprio non se ne può fare a meno…»
Un barlume di tristezza era ritornato nei suoi occhi, notò Nick, e il senso di colpa cominciò a strisciare dentro di lui come un serpente velenoso.
Judy si sedette sul bordo del letto; il materasso quasi non sembrò risentire di quell’ulteriore peso – era davvero una cosina minuscola, la sua coniglietta.
«Ehi, Carotina.» Le poggiò una zampa una schiena e la accarezzò appena, ignorando l’anfratto della sua mente che si stava rivoltando di sgomento di fronte a quel gesto. «Qualunque cosa sia successa, sono ancora vivo. Non morirò adesso, solo perché me ne hai parlato.»
«Ma io potrei.»
«Se dovesse accadere, ti salverò io.»
«Davvero?» Judy sorrise. «E come?»
«Se te lo dico, poi non funziona.»
«Volpe truffaldina.»
«Anche io ti adoro, Carotina.» La frase gli tolse dieci anni di vita con una tale facilità che Nick si chiese cosa ne sarebbe stato di lui se al posto di “adorare” avesse usato un’altra parola.
Quella dannata, dannatissima parola che ogni tanto veniva a fargli visita dentro la testa, che Nick non sapeva mai dove collocare – se tra le amene burle o in quell’altro cassetto che non apriva più da una vita e mezza.
E la colpa era tutta, tutta di lei.
 
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«Nick!» Judy tese una mano verso la volpe che in quel momento le dava le spalle.
Lui non si mosse. Rimase lì, pelo irto e schiena incurvata, mentre poco distante da loro una tigre rideva con un che di assolutamente sprezzante e maligno.
La coniglietta tentò di alzarsi in piedi, ma quando appoggiò il proprio peso sulla zampa sinistra questa le lanciò un lampo di dolore terrificante.
Judy gemette e ricadde per terra, incapace di intervenire. L’aria era piena del male che si sarebbe riversato su di loro da lì a poco – lei lo sentiva, ma non poteva fare niente per impedirlo. L’impotenza la ancorò alla fredda terra come una catena e a lei non rimase che sbracciarsi verso il partner nel tentativo di farlo tornare in sé.
«Ti prego» sussurrò, la disperazione a inquinarle la voce, a indebolirla – a indebolirli, tutti e due. «Nick, non lo fare…»
Nick non rispose. Il ringhiare sommesso si alzò di tono e riempì l’aria con la sua ferocia, facendola sussultare.
«La tua amica ha ragione, volpe» disse Triger, venefico. «Non giocare a fare l’eroe, ti farai male…»
Un suono che Judy non riconobbe, e che la spaventò a morte, riecheggiò per la foresta come una dichiarazione di morte.
Vide Nick avventarsi contro la tigre. Le budella le si attorcigliarono e Judy sentì l’impulso di gridare, di vomitare, di fare qualcosa, ma la gamba le faceva troppo male e lei non poteva fare niente se non osservare quella scena terrificante e maledire se stessa per la propria incapacità.
Se solo fosse stata più forte.
Se solo fosse stata più agile.
Se solo fosse stata più attenta.
A monte di tutti quei “se solo”, però, rimaneva soltanto un esserino contuso e impotente.
Un ruggito rabbioso la strappò a quelle turpi elucubrazioni in tempo per mostrarle Nick, il suo caro Nick, venir addentato con forza al fianco destro e successivamente scagliato via, a pochi metri da dove giaceva lei.
«Nick!» Judy tentò di spiccare un balzo verso di lui ma il corpo non riuscì a stare al passo con suo cuore e la tradì, costringendola ad annaspare per terra come un verme.
Judy strisciò da lui trascinando la zampa dolorante. «Nick! Nick!»
Una grande chiazza di sangue gli stava bagnando la divisa e continua ad allargarsi, ad allargarsi, ad allargarsi come se volesse inghiottirlo. La coniglietta premette i piccoli palmi sulla ferita e sentì il sangue venirne fuori con una copiosità tale da farla inorridire.
«Va tutto bene, Nick» singhiozzò, mentre tentava vanamente di fermare l’emorragia. «Va tutto bene… stai con me, ti prego…»
La volpe voltò piano la testa verso di lei e le sorrise. Lacrime cominciarono allora ad accumularsi ai lati dei suoi occhi, lacrime che lei si sforzò di non piangere perché no, non doveva farlo. Nick era vivo e vivo sarebbe rimasto, perciò non avrebbe avuto senso piangere.
… Eppure, quando Nick abbassò le palpebre – senza mai smettere di sorridere, mai – Judy ebbe l’impressione che non le sarebbe bastato tutto il tempo del mondo per piangere quelle lacrime fino all’ultima goccia.
 
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Nick rimase quieto. Non si mosse, non proferì parola mentre Judy tirava su col naso, i grandi occhi color ametista umidi e sconsolati come la pioggia.
La sua mente, però, correva a cento miglia all'ora.
Come aveva potuto dimenticare una cosa del genere? Come aveva potuto dimenticare la paura, il dolore, la rabbia di quella notte? Come aveva potuto dimenticare la voce di Judy mentre lo chiamava, disperata, pregandolo di non andarsene?
 
Il suo primo impulso fu quello di prendersi a morsi da solo – non lo fece, ovviamente, ma solo perché lei era con lui.
Il secondo impulso che lo mosse fu l’odio; odio per quel mammifero che aveva tentato di farle del male, ma anche odio per se stesso che non era stato abbastanza forte. Odio che pizzicò la carne e la fece tendere e urlare sotto la fasciatura, costringendolo a reprimere un grugnito doloroso.
«Stai bene?» Judy si sporse verso di lui, le zampe che vagavano nell’aria sopra la sua testa, senza osare toccarlo. «Forse non avrei dovuto raccontartelo, dopotutto…»
«Sarei venuto a saperlo lo stesso» la rassicurò lui, «meglio averlo saputo dalla tua bocca che non dai miei ricordi confusi.»
«Sei stato uno sciocco» gli disse lei. «Potevi morire, te ne rendi conto?»
«Anche tu» ribatté pronto Nick, quasi ringhiando, pentendosi un secondo dopo della propria reazione. «Tu avresti fatto lo stesso per me, no?»
Vide Judy abbassare di nuovo le orecchie e distogliere lo sguardo. Sapeva di aver appena giocato sporco – e si sentì in colpa per averlo fatto – ma, nonostante questo, non desistette. «Quella tigre stava per ammazzarti. Cosa avrei dovuto fare, secondo te? Aspettare i rinforzi e guardarti mentre venivi fatta a brandelli?»
«Avrei potuto temporeggiare…» replicò lei, debolmente, ma quella risposta ottenne soltanto di farlo arrabbiare ancora di più.
«Col rischio che ti mangiasse viva?»
«Magari non–»
«Ti eri slogata una caviglia, Judy. Era ovvio come sarebbe andata a finire se non fossi intervenuto.»
«Però, così…
«Ma sei viva» quasi gemette la volpe. «Sei viva e vegeta, sei qui accanto a me, mi parli, mi guardi, posso toccarti, posso…»
Si fermò e prese un profondo respiro. «Sei viva, Judy. Pensi davvero che, di fronte a questa vittoria, mi importi qualcosa di me? Mi importi del fatto che sarei potuto morire al posto tuo?»
«Ma dovrebbe» disse Judy. «A me importa di te, Nick. Importa enormemente.»
Il calore che quelle parole così semplici gli avevano appena trasmesso bastò a spegnere del tutto il fuoco che gli stava mangiando la carne e l’anima. Il cupo ringhio di Nick si tramutò in un leggero brontolio e la volpe chinò il capo, incapace di far fronte alla nuova tempesta di emozioni che lo stava assalendo. Aveva male al cuore, ma quel male racchiudeva un sé una dolcezza che non avrebbe mai creduto di veder rivolta verso la propria persona.
La dolcezza che si provava ad essere amati. Ad essere protetti. Ad essere voluti.
Nick Wilde era voluto da quella coniglietta che adesso sedeva sul bordo del suo letto d’ospedale; era importante per lei come non aveva mai sperato di poter essere per qualcuno, e Judy… oh, se Judy era importante per lui.
Oh, se lo era.
«È perfetto» mormorò la volpe. «Io mi preoccupo per te, tu ti preoccupi per me.»
«No, non è perfetto» insistette Judy. «Non ci saremo sempre l’uno per l’altro, Nick. Verrà un momento in cui dovremo fare delle scelte per noi stessi, e nessuno potrà aiutarci a compierle.»
«Non decidere arbitrariamente una cosa del genere.»
«Non sono io a deciderlo, è la vita.»
«Beh, per quanto mi riguarda la vita può anche andare a quel paese.»
«Nick!» esclamò la coniglietta, quando lo vide scostare via le lenzuola. «Dove pensi di andare?»
«Ovunque possa trovare un po’ di gratitudine e un po’ meno prediche.»
Ma prima che potesse poggiare le zampe per terra, Judy Hopps si sporse verso di lui e gli afferrò un braccio, costringendolo a rimanere dov’era.
«Tu non vai da nessuna parte» sentenziò, fissandolo con sguardo contrito.
«Oh, io invece credo proprio di sì.»
Ma non fece nulla per divincolarsi. Rimane lì a guardarla, viso truce contro viso truce, ma ben presto il suo livore si trasformò in un senso di vuoto e Nick fu costretto a distogliere lo sguardo con un sospiro. «Quand’è che sono diventato così smidollato?»
«Non sei smidollato, sei solo… gentile.»
«Io non sono gentile» sputò con disprezzo. «Sono un imbecille. Tu mi hai reso un’imbecille.»
Si rese conto troppo tardi della valanga di implicazioni contenute in quell’ultima frase.
Ed anche quando Judy gli gettò le braccia al collo, affondò il muso nell’incavo della spalla e lo strinse fin quasi a fargli male, gli ci volle un po’ per realizzare cosa in realtà avesse appena ammesso.
«Brutto idiota» sussurrò la coniglietta, strofinando il naso contro il suo pelo – involontariamente? Di proposito? Poco importava, il cervello di Nick era appena andato in ibernazione a priori. «Pensi davvero che non ti sia grata? Dopo che sei finito in rianimazione ho pensato a te ogni secondo, chiedendomi quando… chiedendomi se avrei mai avuto occasione di ringraziarti. Ma, allo stesso tempo… se penso a quanto mi hai fatto stare in pensiero, solo per proteggere me… come faccio a non odiarti, Nick? Come faccio a non amarti
Lo strinse ancora più forte e lui la lasciò fare, del tutto incapace di compiere un’azione che andasse oltre il mantenere le funzioni vitali necessari a prevenire il collasso fisico ed emotivo.
Nick Wilde aprì la bocca, nel vano tentativo di aggiungere qualcosa, ma non riuscì ad emettere un solo suono.
Neppure per lamentarsi del fatto che Judy gli stesse premendo sulla ferita – e lui trovava sempre il tempo e il modo per lamentarsi. Ma non questa volta.
«Io, uhm…» riuscì infine a biascicare, il dizionario ridotto all’osso e la capacità di esprimersi regredita allo stadio embrionale. «Anche io, uhm, sì…»
«Uh? Hai detto qualcosa?» La coniglietta si staccò da lui e lo osservò. Di fronte a quelle pupille viola, la volpe si sentì piacevolmente morire.
Nick Wilde riuscì a scuotere appena la testa, prima di affogare nel mare di imbarazzo in cui lei lo aveva scaraventato senza pietà. Le sue braccia furono percorse da un fremito e il desiderio di ricambiare quell’abbraccio si trasformò in un bisogno spasmodico… bisogno che lui, però, non aveva il coraggio di soddisfare.
«Lo sai, quando sei balzato addosso a quella tigre… credo che una parte di me sia stata felice. Mi sono sentita importante per te, quanto non avrei mai pensato di essere. Certo, è stato solo un momento di puro egoismo, però l’ho sentito. E lo sento tuttora. L’ho percepito nel modo in cui mi hai parlato, nel modo in cui mi hai guardato… e devo ammettere che non è stata male, come sensazione.» Judy rise e appoggiò la fronte sul suo petto. «Grazie… Nick.»
Qualcosa in lui si mosse. «Tu sei importante» affermò, prima che qualunque freno inibitore avesse il tempo di reprimere i suoi sentimenti. «Non hai la minima idea di quanto tu lo sia. Non hai idea di come… di quanto io…»
Il resto della frase collassò su se stesso e svanì dalla sua mente. Nick tentò di afferrarne gli ultimi brandelli, di recuperare il coraggio che lo aveva spinto fin lì, ma il nulla fu tutto ciò che riuscì ad ottenere.
Sotto di lui, Judy aveva allontanato la testa dal suo petto e lo stava fissando con una strana luce negli occhi. «Lo pensi davvero…?»
«Lo penso davvero» ripeté la volpe, meccanicamente, perché ripetere era l’unico modo che gli rimaneva per poter esprimere i suoi pensieri.
«Sono felice» mormorò lei, ridacchiando appena. L’imbarazzo era palpabile almeno quanto lo era la gioia nella sua piccola voce e Nick non poté far altro che sciogliersi d’amore, ancora stretto tra le sue zampine grigie. «Sono così felice, e non so neppure perché.»
Una via di fuga apparve dinanzi a lui e Nick vi si tuffò a capofitto. «Chiunque lo sarebbe, sapendo di essere così tanto amato dal sottoscritto» scherzò, ritrovando parte della propria sicurezza nella noncurante alzata di spalle con cui accompagnò quelle parole.
 
Fu come se il tempo si fosse appena fermato.
L’eco di quelle parole rimbalzò sui muri della stanza e ritornò indietro per colpirlo in tutta la sua sconcertante ovvietà.
Alla fine, proprio alla fine, Nick Wilde si era tradito. E, cosa ancor più divertente, si era tradito proprio quando pensava di aver trovato una scappatoia da quella situazione che non poteva in alcun modo gestire senza perdere del tutto la sanità mentale.
«Mi ami?» Fu Judy la prima a rompere il silenzio – lo sarebbe stata per forza di cose, perché altrimenti lui non avrebbe mai più aperto bocca, mai più – e lo fece con una voce talmente dolce, talmente incerta, in cui non si riusciva a scorgere neppure il più vago sentore di paura o ribrezzo, che ogni difesa di Nick si sgretolò come un castello di sabbia portato via dalle onde.
Le remore, il buonsenso, la prudenza, tutto crollò, semplicemente crollò; crollò facendo un baccano assordante e Nick si ritrovò la testa piena di un’infinità di pensieri e parole che si intrecciavano, si ingarbugliavano tra di loro, creavano universi, sogni, possibilità e le distruggevano con altrettanta rapidità per poi crearne di nuovi, più belli e assurdi dei precedenti.
Mentre la sua mente correva come un treno impazzito, una frase nacque dalle profondità della sua coscienza e trovò la via fuori dalla sua bocca. «Più o meno» disse, le orecchie tirate indietro e le pupille dilatate nel vano tentativo di afferrare i contorni di una realtà che pareva disfarsi proprio di fronte ai suoi occhi.
Judy sciolse l’abbraccio con cui l’aveva stretto fino a quel momento e portò entrambe le zampe al petto, mentre le lunghe orecchie le si afflosciavano delicatamente lungo la schiena. «Di che… genere di amore stiamo parlando?»
«Quanti tipi di amore conosci?»
«Tanti… o nessuno, dipende dai punti di vista.» Judy si avvicinò a lui, naso tremante ed occhi lucidi. «Illuminami, Nick.»
Nick inghiottì a vuoto, il cuore che sbatteva contro la gabbia toracica con la violenza di un martello. «Diciamo… quel tipo di amore che mi fa venir voglia di avvinghiarmi a te e…»
«E…?»
«E di tenerti tutta per me.»
«E…?»
«E di riempirti di baci solo perché ne ho voglia.» La volpe si leccò le labbra – non ancora pienamente conscio di quel che aveva appena detto, ma abbastanza da capire che stavano entrambi raggiungendo il capolinea. «Tipo adesso
Era come se il muro che li aveva separati fino a quel momento si fosse progressivamente assottigliato fino a diventare dello spessore di un foglio di carta; e attraverso quel foglio il desiderio fluiva, si trasmetteva da un capo all’altro, li legava con un filo invisibile.
Solo un ultimo sforzo. Un ultimo sforzo, e il foglio sarebbe andato in mille pezzi.
Per sempre.
«È buffo» sussurrò Judy, «anche io ne ho una gran voglia, sai?»
«Fantastico.» Le zampe di Nick le afferrarono delicatamente il viso, come se stesse maneggiando qualcosa di infinitamente fragile e prezioso. «Quindi, se io ne ho voglia e tu ne hai voglia, direi che…»
«Direi che si può provare.»
«Direi di sì.»
«Già.»
«Già.»
Le loro labbra si incontrarono un piccolo, timido bacio.
 
Per Nick fu come nascere per la prima volta. Qualcosa dentro di lui sbocciò come un fiore e fermò il tempo, lo spazio, congelò quel prezioso momento di assoluta beatitudine, rendendolo eterno.
Non l’avrebbe scordato mai più. Anche se fosse rinato mille volte, Nick aveva la sensazione che non avrebbe mai scordato quella sensazione di appagamento totale, di felicità assoluta, come se questa si fosse appena impressa a fuoco nella radice stessa della sua anima.
Due parole spontanee premettero per uscire, ma lui le contenne dentro di sé. Non voleva parlare, voleva solo baciarla.
Baciarla per tutte le volte che avrebbe desiderato farlo ma non aveva osato, per tutte le volte che avrebbe voluto mangiarla ma era stato costretto a sostituire quel desiderio con una risata sarcastica o una battuta per congegnata.
Il bacio divenne più intenso. Nick la circondò con ogni parte del proprio corpo che potesse avvolgersi attorno a lei – zampe, coda, cuore – e la trascinò su di sé, la pretese, la reclamò, reclamò la sua Judy – finalmente, finalmente, finalmente sua, sua per sempre.
«Nick–»
La volpe premette ancora le sue labbra contro quelle di lei. «Non parlare» ansimò contro il suo muso. «Abbiamo parlato a sufficienza, noi due. Baciami e basta
La coniglietta esitò un istante, prima di ricambiarlo con una foga persino più grande della sua. Quando sentì la lingua di Judy farsi strada dentro la propria bocca, Nick credette di impazzire.
Anzi, non lo credette soltanto: i suoi sensi si sciolsero fino a diventare un’unica percezione di piacere e lui non ragionò più, troppo impegnato ad annegare in quel dolce mare di miele.
Ma quando provò a farla stare sotto di sé, con tutta l’intenzione di sovrastarla e divorarla di baci e carezze – ed anche qualcos’altro a cui si risparmiò di dare un nome, per prevenzione del proprio auto-controllo – un dolore lancinante gli ricordò bruscamente dove si trovasse e soprattutto perché vi si trovasse.
«Ahi–» rantolò la volpe, ricadendo con un tonfo sulla superficie del letto. «Che male…»
«Ah!» Judy si allontanò da lui, ansante e preoccupata. «La ferita!»
Nick strinse in denti, ma allungò comunque una delle zampe verso di lei mentre con l’altra si teneva il fianco. «Vieni qui» le disse, «ancora.»
«Ma, Nick…»
«Ancora» insistette lui. «Ti prego. Ho aspettato mesi, ho aspettato una vita questo momento, non posso fermarmi adesso. Non voglio fermarmi adesso.»
«Oh, Nick» gemette Judy. «Se mi dici queste cose, io…»
«Ti amo.» Le due parole infine trovarono una via di fuga e si riversarono fuori come un fiume in piena. «Scusa, forse non è una cosa molto romantica da dire mentre mi tengo un’anca fasciata e grugnisco di dolore, ma queste situazioni non sono esattamente il mio forte.» La volpe si issò faticosamente in posizione seduta, massaggiandosi la ferita con cauzione. «Spero che perdonerai la disorganizzazione, non ero preparato ad una confessione d’amore in un momento sim–»
Il respiro, le parole, il pensiero, tutto gli si mozzò in gola quando lei raggiunse di nuovo la sua bocca, la assaltò con una fame che era da predatori – e Nick si eccitò più per quella presa di iniziativa che non per qualunque donna nuda avesse mai visto nei suoi trentadue anni di vita.
La abbracciò con la zampa libera, avvinghiandosi a lei come un disperato, assaporando quelle labbra così calde e quella lingua così così umida che– no, non poteva essere legale un piacere del genere, non poteva, non poteva assolutamente essere legale un piacere del genere, una creatura del genere.
 
Judy si staccò lentamente da lui e gli regalò un sorriso dolce come il pan di zenzero. «Riprenditi presto» mormorò, mentre i loro nasi si sfioravano appena. «Così potremo continuare da dove ci siamo interrotti.»
Un brivido di aspettativa gli attraversò la spina dorsale e Nick non poté trattenersi dal leccarle amorevolmente una guancia. «Con tutte le possibili implicazioni?»
«Con tutte le possibili implicazioni.» Sorrise ancora, e lui con lei. «Non vedo l’ora» aggiunse poi, espirando alito caldo sul suo muso.
In quel momento, la volpe fu certa che il proprio sangue fosse appena fluito tutto verso un’unica parte del corpo – ed anche Judy dovette esserlo, visto il ghigno malizioso che le si era appena formato sul viso. «Anche io» rispose Nick, prima di lasciarle un ultimo, lungo bacio sulle labbra, «non vedo l’ora.»




  
    



                                                        













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Angolino dell'autrice:
Più di 5000 parole per una one-shot che ho iniziato a scrivere UN MESE FA e che ho più volte interrotto perché non sapevo come continuarla. Sinceramente mi è piaciuto molto il modo in cui alla fine l'ho sviluppata, perciò spero che sia piaciuta anche a voi bei bambini che leggete <3
Già che ci sono stasera vi porto due notizie: una buona e una ancora più buona! La prima è che sto scrivendo il capitolo seguito di "Divano" quindi non preoccupatevi, lo avrete presto. La seconda è che sto per raggiungere i 100 preferiti e quando accadrà... beh, avete presente il capitolo speciale che ho scritto in commemorazione dei 60 preferiti? Ecco, aspettatevi una cosa analoga per il prossimo traguardo ma molto, molto più wild(e) di quella :P

(Scusate se non ho ancora risposto a tutte le vostre recensioni, sono in periodo pre-esami e sono sclerata all'ennesima potenza ;_;)

Edit del 21/04/2016: HABEMUS ILLUSTRAZIONE! Grazie a quella meravigliosa persona che è Rem289 ---> Clicca qui!

   
   
 
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