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Autore: determamfidd    24/04/2016    1 recensioni
La battaglia era finita, e Thorin Scudodiquercia si svegliò, nudo e tremante, nelle Sale dei suoi Antenati.
La novità di essere morto sparisce in fretta, e osservare i propri compagni presto lo riempie di dolore e senso di colpa. Stranamente, un debole barlume di speranza si alza nella forma del suo parente più giovane, un Nano della linea di Durin con dei capelli rosso intenso.
(Segue la storia della Guerra dell'Anello)
(Bagginshield, Gimli/Legolas) Nella quale ci vuole tempo per guarire, i membri morti della Compagnia iniziano a guardare Gimli come se fosse una soap opera, Legolas è confuso, il Khuzdul viene abusato, e Thorin è quattro piedi e dieci pollici di sensi di colpa e rabbia.
[Traduzione]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gimli, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'ingresso della forgia era illuminato della luce delle galassie. Il martello cadeva a ritmo del canto primordiale. Con ogni martellata, l'aria tremava e si scuoteva, e la terra risuonava di tuono sotterraneo.

E poi si fermò. Cadde il silenzio, assoluto e soffocante, risucchiava suono e aria dal laboratorio. Il grande Fabbro si fermò come colpito da qualche colpo invisibile. I suoi terribili occhi si chiusero.

«Addio, mio promettente allievo» sussurrò «Il tuo fuoco fu caldo e luminoso prima di divenire corrotto, lurido e oscuro. Se solo non tu non fossi giunto a questo. Addio, Mairon.»


C'è una pausa alla fine di ogni battaglia, una frazione di secondo di immobilità, prima che l'intero mondo sembri esalare. Prima della battaglia è l'inalazione, il picco del terrore, la pressione sorda del battito del cuore nelle orecchie, il vuoto nello stomaco. Durante, è il terrore e il tuono della battaglia e il sangue che corre caldo nelle vene, l'urlante desiderio di vivere, momento dopo momento dopo momento. Dopo, l'immobilità e la stanchezza, l'improvvisa calma e il cuore pesante e il passo di piombo.

Il momento passa da battaglia a cosa accadrà ora senza il suono di un corno o uno stendardo nell'aria: nessun segnale grandioso dichiara una vittoria. Il campo di battaglia non viene vinto in un colpo solo, ma ad incrementi. Come un'onda che sciacqua ed erode la spiaggia, la pausa passa sui guerrieri uno alla volta, e il mondo esala.

Il tempo rallenta e guadagna quel carattere sognante, smorto, sciropposo. Il mondo respira nuovamente, inalazione-a-esalazione, battaglia-a-dopo, e coloro che sono sopravvissuti possono alzare la testa e vedere cosa rimane.

Thorin guardò la rovina di Mordor che si disintegrava davanti ai suoi occhi, abbassandosi e accartocciandosi e polverizzandosi, e trattenne il respiro.

«Arrivano le Aquile» disse Bilbo piano.


il mondo inala

«Non ci capisco niente» disse Dwalin, grattandosi la testa calva «Che cosa ha fatto eccitare tutti gli uccelli, secondo te?»

«Probabilmente – uf! - tutto il mangime che gli stiamo dando!» urlò Glóin, tagliando la testa a un Orco «Perché ti guardi intorno?»

«Non ha torto, si comportano in modo molto strano» disse Bombur, guardando oltre i bastioni dove gli uccelli cantavano e si affollavano in uno spettacolo stranamente gioioso, sopra Bosco Atro «Gli uccelli in genere non si comportano così, vero?»

«Dovresti chiederlo a Óin» rispose Balin, ma anche lui osservava accigliato gli uccelli.

Poi improvvisamente risuonò un corno sotto di loro, e gli Orchi che si affollavano, lottavano e litigavano si guardarono attorno confusi, i loro occhi andavano da una parte e dall'altra. Ci fu un momento di puro finimondo quando gli assedianti iniziarono a spingersi a vicenda, le voci alzate in orrore e meraviglia, prima che l'esercito si allontanasse leggermente dalle mura della Montagna.

«Nel nome di Durin, che sta succedendo?» ringhiò Dwalin, alzando l'ascia e avanzando per osservare meglio «Perché si stanno ritirando?»

La cacofonia divenne gemiti e mormorii mentre Orchi ed Esterling sembravano perdere morale improvvisamente. Balin guardò Bifur e Bombur, che lo fissarono a loro volta, ugualmente persi.

«Eh» giunse una voce sotto di loro «Salve?»

«Non proprio nello stile di Dâgalûr, questo» borbottò Dís «Cosa? Perché vi siete fermati?»

«...non lo sapete?»

Inseme, Dwalin e Dís si sporsero oltre il bordo per vedere un'alta Esterling, il volto pieno di trepidazione, che stringeva una lancia in una mano tremante. Il suo mento era alzato testardamente e la sua postura era orgogliosa, ma i suoi occhi erano pieni di rassegnazione fatalistica. «Sapere cosa?» le abbaiò contro Dís.

Ci fu un altro tremito di confusione fra gli eserciti sotto. L'autonominata portavoce alzò il volto in un movimento fluido, la mano stretta attorno alla lancia.

«Vi prendete gioco di noi?»

«Stai parlando per enigmi» grugnì Dwalin «Parla chiaramente, o mangerai una delle nostre frecce.»

«La Torre Oscura» disse un Orco in una voce ringhiante e lamentosa. Gli altri Orchi indietreggiarono alle sue parole. «È caduta.»

«COSA?» Balin strinse la spalla di Bifur per tenersi in piedi «Aspetta, si stanno...»

Dwalin rimase serio e immobile, ma gli occhi di Dís si sbarrarono. «La Torre...»

«Egli è caduto» confermò un altro Orco. Gli altri guairono e ci furono uno o due ululati. «L'Occhio non è più su di noi. Maledetti e dannati, ci hanno sventrati!»

«Sventrerò te per aver detto cose simili, bugiardo!» sibilò un altro, e una bella rissa scoppiò mentre i Nani fissavano in meravigliata confusione.

«Non può essere vero» sussurrò Dís.

Il capitano Esterling le lanciò uno sguardo serio e duro. «È vero.»

«Gli uccelli» disse Bifur con voce debole «Mi targê.»

Dwalin uscì dalla sua paralisi stupefatta con un suono ansimante e scuotendo la testa violentemente. Poi fissò il Capitano col suo occhio buono e chiese duramente: «allora perché diavolo siete ancora tutti qui?»

Il Capitano batté le palpebre. Il silenzio si allungò, spezzato solo dalle grida di uccelli lontani.

Poi lei alzò la lancia verso la propria fronte, toccandosi con la punta l'attaccatura dei capelli. Era un gesto stranamente cerimonioso e rispettoso da qualcuno che aveva appena saccheggiato Dale e fatto del suo meglio per distruggere Erebor.

Poi gettò la lancia a terra in un movimento rapido, e senza guardarsi indietro girò sui tacchi e iniziò a spingersi fra l'esercito. Quasi un terzo degli Esterling fra gli assedianti la seguì immediatamente, seguendola lontano dalla Montagna e verso la strada commerciale sul grande deserto rosso.

Verso Est.

«Avete del cibo?» gli urlò dietro Bombur.

«Beh, io non mi arrendo!» ringhiò un Orco «Li abbiamo quasi presi, possiamo avere il loro regno grasso e ricco e vivere come il Re dei Goblin ogni giorno, senza l'Occhio che ci dica no o non puoi o da quella parte o costruisci questo. Io penso di-»

L'Orco si prese un pugno in bocca da un altro, e altri si lanciarono sul chiacchierone mentre l'esercito iniziava a dividersi ai bordi. Orchi iniziarono a correre verso Nord, senza dubbio diretti alle Montagne Grige.

«Sembra che faranno il lavoro per noi» disse Dwalin «Suppongo possiamo andarcene tutti in vacanza ora.»

Orla si tolse l'elmo e si spinse una mano sulla fronte e fra i capelli sudati. «È stato inaspettato» fu tutto ciò che disse. Dís la guardò acidamente.

«C'è un tempo e un luogo per essere brevi, e non è questo» disse «Cos'ha fatto con la lancia? Avremmo potuto tirarle una freccia nella schiena.»

Orla fece alla sua amica un piccolo sorriso contenuto. «Una questione di rispetto e onore. Stava accettando la nostra vittoria. Quel clan non tornerà.»

Nonostante tutto, Balin era intrigato. L'Est e i suoi popoli erano un mistero per lui, e non aveva mai udito la cupa e taciturna Orla parlare così apertamente dei suoi luoghi d'origine prima.

«Gli altri?» Dwalin si sporse nuovamente in avanti per guardare la ritirata di massa, grandi linee serpeggianti di persone che si allontanavano dalla Montagna «Rimarranno e continueranno a combattere?»

Orla fece spallucce. «Forse. Gli Orchi non scapperanno tanto in fretta, penso. Non posso parlare per gli Uomini. Alcuni hanno vissuto sotto il culto di Sauron più a lungo di altri. Posso dire questo: non accetteranno né nostri interventi né nostre leggi. L'Ovest non ha sempre avuto una buona influenza sull'Est. Lasciamoli perdere. I loro numeri diminuiranno, e non possono aprire un varco fra le nostre mura.»

«Ma sono venuti a ucciderci!» disse Dís, le labbra ritratte dai denti «Hanno distrutto Dale! Hanno ucciso Brand! Hanno fatto a pezzi il nostro Re, Dáin mio cugino!»

«E Bombur» disse Glóin duramente «Non dimenticherò in fretta l'espressione sul volto di mio nipote.»

«Eppure siamo qui, eppure abbiamo vinto» Orla si tirò il colletto fradicio, e fece una smorfia «Mi serve una doccia.»

«Meglio aspettare. Ho sentito che la Montagna va a fuoco» disse Dwalin, e alzò nuovamente l'occhio verso gli uccelli che volteggiavano in quella danza di gioia «Il nostro lavoro non è ancora finito.»

«Il male non conosce riposo» mormorò Orla.


«Le Aquile» sussurrò Thorin, e le stelle si alzarono nei suoi occhi finché tutto ciò che poté vedere non fu bianco.


la terra trattiene il respiro, per un momento, solo un momento

«Pipino!» Gimli barcollò per il campo di battaglia, la sua voce si alzava sopra le urla dei feriti e le strida degli Orchi in fuga «Pipino! Maledizione, piccola peste dalla testa di legno, per favore sii in vita, per favore sii sano e salvo, mi sei costato troppi dolori per morire ora!» Rovesciò il corpo di un grande Orco grigio con una poderosa spinta e un'imprecazione, ma non trovò Hobbit sotto di esso «Pipino!»

«Meleth, non è fra le schiere Orientali» disse Legolas, poco lontano. Non aveva lasciato il Nano da quando lo aveva trovato incolume fra le rovine e la distruzione di Mordor. «Di certo avrà trovato delle provviste da qualche parte. Lo troveremo a fumare e bere sui carri di rifornimento, ne sono certo.»

«Quello è il primo posto che ho controllato» disse Gimli, frustrato, e tirò un calcio al corpo di un Orco con un ringhio «Pipino!»

Gli occhi di Legolas si addolcirono. «Starà bene» disse, e poggiò una mano sulla spalla di Gimli.

«Aye, finché non gli metto le mani addosso, starà bene» disse Gimli, e si asciugò bruscamente occhi e fronte «I tuoi occhi sono migliori dei miei, ghivashelê. Vedi nulla?»

Legolas si voltò per guardare la desolata, silente rovina che erano i resti della potenza di Mordor. «Vedo la Torre caduta e la Montagna di Fuoco vomita ancora il suo fumo ovunque. Vedo i corpi di Uomini ed Elfi, cavalli e Troll e Orchi, tutti giacciono dove sono caduti. Vedo la sagoma delle Aquile nel cielo, la luce delle stelle oltre i fumi della Montagna che infine riescono ad attraversarli...»

«In altre parole, vedi tutto» sospirò Gimli, e toccò la mano di Legolas in segno di consolazione «Tutto tranne quel maledetto idiota di un Tuc. È un'ottima cosa che sappiamo riconoscere i piedi di uno Hobbit. Ricordi dove stava combattendo?»

«Corse avanti con tutta la velocità che i suoi piedi pelosi gli diedero» disse Legolas, e si inginocchiò e tolse a Gimli l'elmo dalla testa, premendo assieme le loro fronti infangate «Non lo vidi.»

Gli occhi di Gimli si chiusero e lui ispirò lentamente. «Non lo perderò, piccola giovane canaglia dal cuore forte» disse, quasi senza suono «Questo dovrebbe essere un campo di vittoria, eppure...»

«Anch'io mi sento così» disse Legolas, e baciò Gimli leggero come una piuma «Abbiamo vinto – ma ora dobbiamo anche contare le nostre perdite, ed esse sono enormi. Andiamo verso una nuova era, e con essa diciamo addio a molto di ciò che era bello e triste nella vecchia.»

«Elfico e criptico, come sempre» disse Gimli, e passò una mano fra i capelli di Legolas, e lo baciò di nuovo «Andiamo, continuiamo a cercare, prima che questa tua Nuova Era diventi più vecchia.»

«Potrebbe essere stato il clamore della battaglia che mi confondeva l'udito, ma forse fu la sua voce ad urlare vicino a dove gli Uomini di Rohan tenevano la loro posizione. Qualcosa sulle Aquile?»

«Avresti potuto dirlo prima!» esclamò Gimli. Strinse forte la mano di Legolas e lo fece alzare e lo trascinò verso il mucchio crollato che era stata la Torre dei Denti settentrionale «I Signori dei Cavalli erano da queste parti, penso...»

«Stavano lottando nei ranghi centrali, credo» disse Legolas, trascinato da Gimli.

«No, a destra» ripeté Gimli testardamente, e si mise l'elmo sotto il braccio e spinse un cavallo caduto con un piede «Vedi?»

«Un cavallo non fa una Éored» disse Legolas asciutto, ma fu interrotto dal sussulto di Gimli. Il Nano era immobile, prima di lasciare la mano di Legolas e iniziare a correre, scattando il più rapidamente possibile sulla terra bruciata verso la carcassa di un gigantesco troll.

Gimli lasciò cadere elmo e ascia in terra, prima di spingere con tutta la sua forza il corpo della bestia. «Aiutami!» urlò, prima di raddoppiare i suoi sforzi, i muscoli del collo che risaltavano per lo sforzo «È sotto!»

Legolas era subito dietro di lui, e insieme riuscirono ad alzare abbastanza in alto il Troll. Poi Gimli si girò e prese tutto il peso sulla sua schiena, mentre Legolas strisciava sotto di esso sulla pancia. Ne uscì, un piccolo, infangato, molle corpo fra le braccia. La bella livrea Gondoriana era macchiata di sangue oltre che di fango, e i capelli erano appiccicosi e sporchi su un lato della testa riccia.

«Oof!» Gimli lasciò cadere il Troll, e mosse le spalle. Il suo collo scrocchiò quando abbassò la testa. «Sta bene? Respira? Dimmi che respira!»

«Respira, ma a fatica» disse Legolas piano «Non ha ossa rotte, ma non so dire cos'altro avrebbe potuto aver subito. Ha bisogno di Gandalf, o Aragorn. Se ha abbattuto questa bestia, allora ha davvero compiuto la grande impresa che desiderava.»

«Lo porterò io» disse Gimli, con sguardo testardo. Legolas ovviamente pensò fosse meglio non discutere, e appoggiò dolcemente lo Hobbit nelle grandi braccia di Gimli. Gimli portò la piccola creatura come se fosse un suo parente, stringendolo dolcemente al proprio petto.

«Dov'è Gandalf, comunque?» chiese mentre Legolas li guidava attraverso il campo verso dove l'esercito si riuniva assieme, vittorioso eppure solenne, perché così tanti di loro non avevano vissuto per vedere questa vittoria.

«È partito sulla schiena di un'Aquila gigante» disse Legolas, e guardò la terribile landa oscura, oltre i cancelli distrutti, verso il fuoco fumante all'orizzonte «Andava verso Orodruin.»

«Mahal tadnani astû» mormorò Gimli, e strinse più forte la piccola forma di Pipino «Sarebbero dovuti essere...»

«Dovevano essere proprio in cima ad essa» disse Legolas, cupo e triste «Ai carri.»

Gimli guardò Pipino mentre attraversavano la piana, e poi sospirò senza rumore. Poi guardò Legolas, la sua espressione leggermente più rilassata. «Sai» disse, quasi in tono da conversazione «ora potremo dare tutto ciò che avevamo detto avremmo. Fangorn e le Caverne Scintillanti ci aspettano!»

«Così come i nostri popoli» disse Legolas, e fece un piccolo sorriso asciutto al Nano «Dovremo anche far qualcosa a quel proposito.»

«Ah, è vero» Gimli fece un smorfia, e poi sospirò «Ebbene, non che altro da fare, âzyungelê. Io non nasconderò il mio amore, né scapperò dal mio popolo. Il prezzo della vittoria, potremmo dire.»

«Un prezzo, o un premio?» ribatté Legolas, e appoggiò una mano gentile sulla spalla di Gimli e la strinse «Dobbiamo ancora scoprire cosa questa nuova Era ci porterà. Ma finché mi porterà te, allora io sarò contento.»

«Non so come reagirebbero se ci limitassimo a presentarci insieme e annunciarlo» disse Gimli, e guardò Legolas sovrappensiero «Tu cosa ne pensi?»

Legolas fece una smorfia. «Penso abbia il potenziale di andare terribilmente, orribilmente male. Non penso sarebbe giusto verso la mia famiglia o verso te, mettervi tutti in una posizione del genere. Sorpresa e paura possono solleticare la rabbia fino a farla esplodere.»

«Troppo vero» sospirò Gimli «A nessuno piacciono le cattive nuove.»

Un'espressione cupa toccò il volto di Legolas. «Tu non sei una cattiva nuova, meleth nín.»

«Dalla tua bocca alle orecchie di Gimrís. Per non parlare di quelle di tuo padre. Ecco Aragorn!» Gimli iniziò a camminare più in fretta sul terreno bruciato, ma era attento a non scuotere il suo fardello «Aragorn, ragazzo! Ho trovato il nostro combinaguai, ma ha bisogno del tuo aiuto...»

Aragorn era circondato da soldati e consiglieri, tutti che discutevano insieme con voci basse e confuse. Sembrava nessuno riuscisse davvero a comprendere la realtà di cosa fosse successo. Presto la realizzazione sarebbe arrivata, e allora sarebbero iniziate le celebrazioni – ma nel frattempo, l'aria era fragile e sottile. Il Re si voltò al richiamo di Gimli, e aveva a malapena visto la situazione che già scendeva dal suo cavallo e avanzava a grandi passi verso la coppia. Inginocchiandosi nel fango, senza curarsi della sua armatura o degli abiti, Aragorn passò una mano sul piccolo volto tondo di Pipino. «Ho quasi esaurito la mia riserva di athelas, ma farò ciò che posso con quella che rimane» disse.

Poi guardò Gimli e Legolas, e disse: «è bello vedere che entrambi siete sani e salvi. Ero preoccupato.»

Gimli fece un suono maleducato, ma Legolas sorrise e basta. «Lo stesso vale per te.»

Aragorn fece per prendere lo Hobbit da Gimli, ma il Nano strinse le braccia attorno a lui e scosse la testa. «Lo porterò io. Fin dove serve. Dove ci accampiamo?»

Aragorn si girò verso dove Éomer e Imrahil aspettavano, e soppresse un gemito. «Ne stiamo discutendo. Ma io desidero andarmene dalla vista di questo cancello nero e della sua triste terra, e cercare viste più verdi e più pacifiche. Vorrei osservare tutta la natura che posso, prima...»

Il volto di Gimli si addolcì. «Ah.»

Legolas chinò la testa, e c'era comprensione nei suoi occhi quando disse, delicatamente: «L'Ithilien è vicino.»

«Ed è ancora verde» confermò Aragorn «L'Ithilien è dove desidero andare. Abbiamo molti feriti e stanchi, e ci potrebbero volere dei giorni. Camminerai tutto il tempo, Mastro Nano, o potrò portare il nostro giovane eroe sul mio cavallo?»

Gimli guardò Pipino, prima di accettare con un grugnito. «Non ci starebbe su Arod, suppongo.»

«E tu non cavalcheresti da nessun altra parte» disse Aragorn, e un mezzo sorriso gli attraversò il volto «Non per tutto il mondo né la per corona di Durin stesso.»

«Certo che no» con molta riluttanza Gimli gli porse il piccolo corpo abbandonato, e Legolas gli si avvicinò. Sembrò ad Aragorn che l'ansiosa preoccupazione di Gimli fosse in qualche modo tranquillizzata dall'Elfo. Si scambiavano i ruoli di consolatore e consolato con tanta facilità che ormai era completamente senza parole e quasi impercettibile. «Fai del tuo meglio allora, ragazzo. Pensavo, quando abbiamo tolto quel troll dal suo povero corpicino, che lui doveva-» si interruppe improvvisamente e deglutì, e le sue grandi mani si alzarono involontariamente, come per riprendersi Pipino.

Aragorn tastò la pallida fronte macchiata di fango, e annuì. «Starà meglio. Si sveglierà fra qualche ora. Ma la cosa difficile sarà tenerlo a letto. Gli serve quiete, e riposo.»

Legolas guardò i Signori dell'Ovest là dove si affollavano, in attesa del loro Re. «Dubito ne troverà molta, dove sei tu.»

Aragorn represse una smorfia. «Forse no. Sia Imrahil che Éomer chiedono sempre le mie attenzioni. Hanno le intenzioni migliori, ma io non sono abituato a questo genere di richieste. I miei giorni di solitudine arriveranno presto alla fine, amici miei.»

«Beh, non va bene per un invalido. Ci prenderemo noi cura di Pip dopo che tu avrai fatto quella tua... cosa di guarigione» disse Gimli, agitando le mani in modo vago «E tu potrai riaverlo mentre ci sposteremo.»

«Io non litigherei con un Nano d'umore protettivo» mormorò Legolas, e Aragorn rise piano.

«Ho abbastanza saggezza per saperlo. Molto bene, Gimli, lo riporterò da te non appena avrà preso dell'acqua e dell'athelas, e quando avremo determinato che non ha ferite peggiori. Partiremo entro un'ora. Siate pronti»

«Sì, vostra divina maestà» disse Gimli in tono derisorio, accompagnandosi da un formale inchino Nanico «E avete già mangiato?»

Il volto di Aragorn era diviso fra imbarazzo e irritazione.

«Ti troveremo qualcosa da mangiare. Vieni meleth» disse Legolas, e mise una mano sull'avambraccio di Gimli e portò via dolcemente. I suoi brillarono di malizia quando aggiunse: «non vorremmo che spirasse sotto il peso della sua nobiltà, dopotutto.»

«Siete entrambi terribili» disse Aragorn, ma stava sorridendo di nuovo «Grazie.»

«Al tuo servizio, ora e sempre!» urlò Gimli agitando una mano «Âzyungelê, pensi che questi Uomini di Gondor avranno ancora un po' di quell'oca deliziosa?»

«Chiedere non farà male. Ho ancora un po' di lembas...»

«Lembas! Puah!»

«Pensavo ti piacesse? E è stato preparato dalla Dama»

«Oh. Beh, il lembas andrà più che bene»


i polmoni bruciano

Thranduil guardò per un momento mentre Celeborn sosteneva sua moglie e la riportava al suo cavallo. Lei era stranamente diminuita ai suoi occhi, come se il fuoco che l'aveva sostenuta per così tanto tempo si fosse spento. Ma lui sapeva che si sarebbe riacceso.

Ma aveva ciò che aveva a lungo desiderato. Le aree più settentrionali e orientali della Foresta erano ora sua, dietro permesso di Celeborn, e poteva ora rendere sicuro il suo regno senza dispute o interferenze.

Voltandosi, scacciò i Galadhrim dai suoi pensieri. C'era un ultimo compito che doveva portare a termine.

Si allontanò dalle sue truppe, confidando che lo Stregone e Galion li avrebbero tenuti occupati in sua assenza, ed iniziò a camminare sulla nuova radure che aveva preso il posto della grande fortezza a punte.

«Cosa sta facendo?» mormorò Lóni. Thráin gli fece segno di star zitto, osservando il freddo, vecchio Elfo con gli occhi socchiusi.

«Scommetto che non sarò nulla di buono» borbottò Frár.

«Shhh!» disse Frís severamente, e i due rimasero in silenzio.

Thranduil si mosse come una brezza fra le foglie, a malapena le toccava mentre passava senza suono. Non sembrava una creatura vivente del mondo, e fu così che i Nani seguirono a poca distanza. Il dolce odore verde dell'erba appena cresciuto era ancora appiccicato a loro mentre lui si spingeva fra i germogli e l'edera rampicante, finché non giunse nel luogo dove era stata la torre più alta. Ora, un piccolo sepolcro di roccia era tutto ciò che restava, ed anche quello era coperto di fiori.

Lì si inginocchiò, e poggiò una mano sulle pietre.

«Cosa nel nome di Durin...?» disse Thráin in un mezzo sussurro «Cosa sta succedendo? Non possiamo andarcene ora?»

Frís gli prese la mano. «Devi andare, amore?»

Thráin scosse la testa, un gesto rapido e brusco. «Voglio sapere cosa pensa di fare, perché se n'è andato dagli altri.»

Thranduil era ancora alla tomba, ma infine fece un lungo, lento sospiro. Poi si alzò con un movimento liquido, e calciò via le pietre più in alto. Il sepolcro sembrava vuoto dentro, un piccolo duomo, ogni roccia teneva su la successiva. Caddero sotto i suoi colpi, e lui continuò a calciarle finché non rimase solo polvere.

Sotto il sepolcro era il corpo di una ragazza Elfo.

Non era stata toccata dal decadimento o dagli anni, e sembrava che stesse solo dormendo. La sua mano destra era serrata, ma la sua sinistra teneva una spada. Thranduil fece un altro lento sospiro, e Lóni si meravigliò della profonda emozione che vi era dentro. Un Elfo che sembrava fatto di ghiaccio non avrebbe dovuto suonare tanto terribilmente ferito.

«Dunque è qui che incontrasti la tua fine, mio capitano» disse infine, e si inginocchiò accanto al corpo, togliendole frammenti roccia nera dal volto e dai capelli. Lei era bellissima, come lo erano tutti gli Elfi, ma c'era caparbietà e allegria nel suo volto. I suoi capelli erano rossi come quelli di un Barbafiamma. «L'avevo sospettato. Lo seppi il momento che lasciasti il mondo. Sapeva che non avevi preso una nave.»

Chinò la testa. «Ancora combattevi le battaglie da cui io fuggivo, vedo.»

Poi Frís fece un suono stupefatto, e si voltò verso Thráin. «Ricordi...»

Thráin strinse la mascella. «Aye. Ricordo. Vidi.»

Frís fissò la scena e sussurrò: «ma come poteva Kíli sapere?»

«Sembra che nostro nipote stia continuando la vecchia tradizione di famiglia di tenere nascosti i cuori spezzati» sospirò Thráin.

«Posso indovinare il tuo scopo qui» disse Thranduil, e lisciò i capelli accesi con dita dolci «Da sola cercasti di sradicare il male che ci piagava. Nulla ti aveva mai fermata quando sceglievi una strada e la tua causa era giusta. Se solo me ne avessi parlato, bambina.»

«Aveva provato a... prendere Dôl Guldur? Da sola?» disse Lóni in orrore meravigliato «Ma quello è...»

«Coraggioso» disse Thráin.

«E stupido» aggiunse Frár. Thráin sbuffò.

«Scusa, tu non avevi provato a riprendere Khazâd-dum?»

«Non ci hai provato tu per primo?» replicò Lóni. Frís lanciò un'occhiataccia a entrambi, e loro si calmarono con riluttanza.

Dolcemente, Thranduil le aprì le dita della mano destra, che caddero in terra come i petali aperti di un fiore. C'era una vecchia pietra runica lì: era stata tenuta tanto a lungo, che le parole avevano lasciato le impronte nella pelle del suo palmo.

«Oh Tauriel, goheno nín» sussurrò Thranduil, e suonava vecchio, e stanco, e rotto in più modi di quanto Lóni potesse immaginare «Era reale. Lo era.»

Frís si premette le mani sulla bocca. «Come potremmo mai dirgli questo?»

Il petto di Thráin si alzava e si abbassava pesantemente, ma riuscì a dire: «glielo dirò io.»

Frís lo guardò con confusione.

«Quantomeno, Crema sarà lì» disse. L'espressione di Frís rimase dubbiosa, ma infine annuì. Poi lo abbracciò e premette il volto contro il petto di lui, e Thráin seppellì il proprio nei suoi bei capelli.

Il volto di Thranduil era liscio e senza espressone, ma i suoi occhi erano pieni di rimorso e dolore mentre chiudeva nuovamente le dita sottili attorno alla pietra. Poi si alzò e guardò la pacifica figura che dormiva fra i fiori. «Dormi bene, e sii rinata in una terra priva di dolore» disse infine «Hai combattuto il male fino al tuo ultimo respiro, persino mentre la vita ti lasciava. Se solo tutti avessimo avuto il tuo coraggio.»

Mentre lui si voltava, Lóni gli vide apparire un'orribile cicatrice, bruciata e slabbrata e aperta, sul volto.


ma per un momento, solo un momento

A quanto pareva, Barís Linguacristallina era molto, molto più di una bella voce.

Il suo piano sembrava prevedere lanciare una freccia con una corda nei magazzini in fiamme. Poi i Nani, Elfi ed Uomini riuniti avrebbero potuto usare la corda come una carrucola per portare secchi e pelli riempite d'acqua nelle stanze tagliate fuori. Barís gesticolava mentre spiegava il suo piano a Bani e Bomfrís, i capelli le uscivano dalla treccia e le si incollavano al sudore della fronte.

«È troppo pericoloso entrarci, è troppo lontano, c'è troppo fumo» terminò con voce rapida «Quindi dobbiamo farci entrare sabbia e acqua senza entrare noi stessi.»

Bani sembrava molto scettica, ma Bomfrís stava annuendo.

«Che dite di pelli?» volle sapere Bani, masticando la bacchetta dei suoi occhiali mentre esaminava il disegno che Barís aveva fatto sul muro con il carbone «Non potremmo vestirci in strati di pelli e armatura?» Ma entrambe le sorelle stavano scuotendo la testa.

«Abbiamo già provato, con i minatori» disse Bomfrís bruscamente «Anche con uno straccio bagnato sulla bocca, soffochi prima di bruciare. In una stanza chiusa come i magazzini, il fumo non può andare da nessuna parte. Anche sdraiarti a terra non ti salverebbe.»

«Dobbiamo tenare qualcosa» disse Barís, tormentandosi le mani «E questa è l'unica cosa che mi viene in mente.»

Bombur sentì la mano di Bifur che si appoggiava delicatamente sulla sua schiena. «Orgoglioso di loro?» disse piano.

«Più di quanto possa mai dire» disse Bombur, la voce rotta.

«Lo so» disse Barís, ed esitò per una frazione di secondo prima di continuare con la frase «Lo so che la mia ultima idea non ha funzionato tanto bene, e non hai motivo per fidarti di questa, ma...»

Bani sbuffò forte, fissando ancora lo schizzo e prendendo il carbone. Aggiunse un dettaglio qua e là mentre parlava. «Oh, Usignolo. Le idee in genere non funzionano. In genere, sono un disastro. Non vuol dire che tu smetta di provare. Dove sarei io se mi fossi arresa dopo tutti gli errori che ho fatto? Non lavorerei nella forgia di Thira, questo è certo. Nah, proviamo tutto, e ripuliamo se esplode.»

Bomfrís toccò il braccio di Barís e con le labbra formò le parole “CHIEDIGLIELO ORA!” Barís le fece segno di smetterla prima di schiarirsi la gola e dire: «va bene, quindi, pensi funzionerà?»

Bani fece un passo indietro e osservò le modifiche che aveva apportato. Poi annuì. «C'è solo un modo per scoprirlo. Andiamo, voi due. Diamo a questi nobili nel panico qualcosa da fare. Ci servirà il tuo amico Elfo, vostra Maestà.»

«Non è mio amico, perché tutti lo dicono – e piantala di chiamarmi così!»


«Sono stanca di essere confinata in questa gabbia dorata» disse una voce, mentre Haban si riscuoteva dalla luce stellare e batteva le palpebre alla luce dei viventi.

«Non sentirti sola» rispose un'altra, e Haban si voltò per vedere Merry seduto su una panca in un piccolo cortile. Aveva una benda attorno al braccio della spada, e i cerchi sotto i suoi occhi erano ancora scuri, ma per il resto sembrava si fosse pienamente ripreso. C'era una caraffa d'acqua e una piccola ciotola di frutta al suo fianco, anche se erano per la maggior parte vuoti. «Chi si prende cura di Pipino ora? E scommetto che ha già finito l'erbapipa.»

«Vorrei che ci fossero dei messaggeri» disse l'altra, e accanto ad Haban Gróin fece un suono sorpreso. Lei socchiuse gli occhi per abituarli alla luce, e riconobbe l'alta aggraziata forma di Éowyn. La scudiera guardava la piana butterata del Pelennor, come se potesse tagliare la distanza fra sé e la battaglia solo coi suoi occhi. «Sono pronta come chiunque per combattere. Mi farebbero indossare abiti da notte, e giacere a letto per altri due giorni! Sono guarita quanto serve, e il mio braccio non mi rallenterà. Posso combattere altrettanto bene con l'altro. Mi sento sempre più debole e consunta, in questa gabbia.»

«Guarita quanto serve per cosa?» chiese Gróin.

Haban aveva un sospetto. «Oh, bambina» sospirò «Ci sono cose più belle e grandiose nella vita che morire in battaglia. Fidati di una che lo sa.»

«Almeno Faramir ti ha fatto cambiare di stanza» disse Merry allegramente, versandosi un bicchiere d'acqua «Ora dà ad Est, vero? Anche se la vista non è molto rassicurante, se vuoi il mio parere. Il Nord, ora – il Nord è molto raccomandato.»

Éowyn sorrise fra sé e sé. «E crescono piccolo, feroci guerrieri nelle terre del Nord, Mastro Merry?»

Merry sbuffò attorno a un enorme boccone di frutta. Haban non l'aveva nemmeno visto muoversi per prenderla. «Non proprio. Siamo una piccola dolce terra, con piccole dolci persone. O così mi sembra, ora che ho visto qualcosa del grande mondo. Ma abbiamo una nostra certa saggezza, nonostante tutto. Amiamo la pace più delle battaglie. Prima di lasciare la Contea ero molto più bravo con un rastrello che con una spada.»

«Sembra un modo di vivere noioso e statico» disse Éowyn «Timido e mansueto e blando.»

«Oh, può esserlo, può esserlo» disse Merry, anche se il suo tono era uno di educato disaccordo «Di certo è pieno di pettegolezzi, e tutti hanno il naso negli affari degli altri metà del tempo. Non è grandioso o eroico, suppongo. Ma è solido, e sicuro, e fatto per durare. Se il buon cibo e le case calde, la famiglia e le comodità sono noiose, allora io sarò noioso e me ne compiacerò. Non sono fatto per vivere sui picchi più alti, ma in confortevoli buchi Hobbit. Preferibilmente quelli con credenze ben rifornite.»

«Ma tu hai veduto quegli alti picchi, non è così?»

«E sono anche incredibilmente scomodi» Merry fece una smorfia «Non dimenticherò presto il Caradhras.»

Éowyn si voltò dalla sua contemplazione del cielo Orientale, e gli sorrise. «Sono ancora una volta meravigliata del tuo coraggio, Scudiero di Rohan, udendo cose simili della tua terra natia. Vorrei essere stata al tuo fianco. Avrei potuto vinto onori quanto te – o anzi, quanti Re Théoden.»

Merry alzò un sopracciglio sopra il suo bicchiere d'acqua. «Sono riuscito a rimanere in vita, con un sacco di fortuna e un sacco di aiuto e qualche rotto della cuffia. E posso a fatica capire perché mi dovresti invidiare. Anzi, tu che hai onore in battaglia tale che le canzoni ne canteranno per sempre! Io preferirei avere Pipino con me, e una birra invece dell'acqua nel mio bicchiere. Ma ora mi colpisce, Dama, e mi chiedo: chi mai ti ha detto che essere pacifici vuol dire essere deboli?»

Le fronte di Éowyn si corrugò, e lei si tese.

«Mi piacciono sempre di più gli Hobbit» disse Haban con approvazione, e incrociò le braccia «Un popolo eccellente.»

«Invero la Dama Bianca di Rohan» disse Gróin, osservando Éowyn con occhi seri «Lei è fatta d'acciaio, ma talmente sottile e fragile che potresti spezzarla.»

Merry guardò il proprio bicchiere, facendo una smorfia. «Non volevo essere tanto diretto. È così che siamo noi. Conosco la mia piccola terra e i nostri piccoli modi devono sembrare tanto piccoli e sciocchi. Ma bontà mia, come direbbe il Vecchio Bilbo! Conosco Hobbit più feroci di qualsiasi Orco. Frodo è lo Hobbit più coraggioso che io abbia mai conosciuto, ed è dolce come la panna! Amiamo la nostra terra, amiamo i nostri amici e la nostra casa e le nostre piccole vite pacifiche. Combatteremmo per loro, se dovessimo.»

Éowyn lo fissò.

Gróin prese la mano di Haban, e la strinse. «Suona quasi Nanico, non è così?»

«Come sta il tuo braccio, piuttosto?» disse Merry, e si piegò in avanti «Il mio è ancora freddo al tocco, e mi sembra sbagliato usarlo – come se non sia proprio attaccato a me, se capisci ciò che dico. A volte le mie dita si intorpidiscono, anche nella stanza più calda. Almeno è sparita quella brutta macchia. Tu hai dato il colpo di grazie, il tuo deve darti ancora più guai.»

Lei sobbalzò, come riscossa da un sogno, e poi disse: «...sì, è ancora freddo. E ha sopra una ragnatela di linee nere.»

«Allora dovresti stare alla luce del sole» disse una nuova voce, e Faramir attraversò il giardino. Sembrava molto più forte, il volto arrossato dalla camminata dalla sua stanza.

«Ma allora non potrei vedere le mura della città sul fiume» rispose Éowyn, e chinò la testa. Con le dita di tormentò le maniche. «Non ricordo la strada che hanno percorso.»

«Te la mostrerò» disse Faramir «Come stai, Éowyn?»

Lei non rispose.

Merry sospirò. «Io rientro. Quel vento è troppo forte! E non posso essere accanto a Pipino solo volendolo, quindi tanto vale che io dorma ancora un po'.”

«Buonanotte, Merry» disse Éowyn, e non alzò lo sguardo «E penserò a ciò che hai detto.»

«Oh, non darci troppa importanza, sono irritato e nervoso per tutta questa inattività io stesso» Merry scese dalla panca, e iniziò ad allontanarsi. Passando accanto a Faramir, gli diede una pacca sul braccio. «Vai piano» sussurrò.

Faramir annuì grato.

Il giardino sembrava più grande senza la luminosa e vivace personalità di Merry a riempirlo: vuoto, e freddo. Faramir andò accanto ad Éowyn, e insieme guardarono oltre le mura della città verso l'oscurità innanzi.

«Quel ragazzo è innamorato» disse Haban improvvisamente. Gróin la guardò confuso. Lei agitò una mano verso i due. «Guardalo!»

«Come fai a dirlo?»

Lei alzò gli occhi al cielo, come se cercasse la pazienza. «Gli faccio la guardia da Mahal solo sa quanto. Mi sembra di conoscerlo bene quanto i nostri ragazzi. E lui si è infatuato di quella coraggiosa ragazza orgogliosa da quando ha posato gli occhi su di lei.»

«Se lo dici tu» disse Gróin, facendo spallucce. Lei alzò il mento, pronta a discutere, ma lui alzò la mano. «Amore, sei più brava di molti nel capire ciò che non viene detto. Sarei un idiota a non fidarmi del tuo istinto» Poi le fece un caldo sorrisetto soddisfatto «Dopotutto, hai detto sì a me.»

Lei gli sorrise, un sorriso piccolo e tenero, e gli lisciò la barba. «Tsk. Dovevo aver perso la testa» disse, e lo baciò «Ora silenzio.»

«Aye, mia cara»

«Questo non è silenzio!»

«Ho qui qualcosa per te» disse Faramir, e aprì il fagotto che stava portando. Un tessuto del blu più scuro si srotolò e svolazzò al vento freddo, e gli occhi di Éowyn si allargarono. «È un mantello. Può far freddo qui, e l'Alito Nero indugia ancora. Se lo sento io, quanto puoi farlo tu?»

«Non sono qualcosa di fragile e delicato, che necessita di una confezione» disse lei, ma Faramir si limitò a ridere la sua risata dolce.

«E non vi è vergogna nell'essere mortale e subire gli elementi. Se non piace ai tuoi occhi, allora non insisterò. Ma penso che ti donerebbe molto»

Gli occhi di Éowyn andarono ancora al mantello, e stavolta notarono il meraviglioso decoro a stelle lungo l'orlo e la gola. «Bellissimo lo è» disse, e i suoi occhi andarono nuovamente a Faramir «Sembra vecchio, e ben tenuto.»

«E caldo, io spero» Faramir passò un pollice su una delle stelle, e il suo sguardo divenne distante e perso «Io me lo ricordo caldo.»

Éowyn esitò un altro secondo, e poi Haban esclamò: «Oh, maledetto il tuo orgoglio, ragazza! Mettiti quel mantello!»

Era quasi impossibile che questa scudiera dei signori dei cavalli avesse udito la voce di una guerriera Nanica morta da tempo. Nonostante questo, Éowyn fece un passo avanti e alzò il braccio buono. «Allora te ne prego.»

Il sorriso di Faramir fu radioso, anche se breve, e con cautela lo passò sopra le spalle di Éowyn e strinse la spilla sulla gola di Éowyn. «Avevo ragione» disse, piano.

Le guance di Éowyn avevano leggermente preso colore quando si voltarono per rimanere fianco a fianco, guardando, sempre guardando ad Est.

«Sette giorni» sussurrò.

Faramir non la guardò. «Sette giorni?»

«Da quando lui partì» disse lei, quasi troppo piano per essere udita.

«Ah» Le spalle di Faramir non si abbassarono, ma Haban sapeva che quasi l'avevano fatto. Eppure lui tenne per sé qualsiasi delusione avesse provato, e non obbligò l'altra a prenderne atto. «È così. Sette giorni, e nessuna nuova. Mi causa più dolore delle mie bruciature.»

«E le tue ferite sono ancora doloranti?» chiese Éowyn, e Faramir fece un sospiro fra i denti.

«Non... le ferite corporali, no. Esse guariscono. La gente di questa casa conosce il proprio lavoro, e lo fa bene»

La testa di Éowyn si voltò, leggermente, verso di lui. «Allora così ti affligge, mio signore?»

Faramir rimase in silenzio, e poi disse: «Se qualcuno può capire, allora saresti tu. Perché mio fratello è morto, e così mio padre, e il mondo intero è sull'orlo di un precipizio, pronto a cadere o ad essere inghiottito dall'oscurità... Eppure il mio cuore spera, per quanto sia vano ciò. Anche se non abbiamo parole, né speranza né domani, ancora guardo ad Est.»

La mascella di Éowyn tremò quando la strinse, e lei afferrò i lembi del mantello stellato e rabbrividì.

«Sette giorni» ripeté Faramir, quasi a se stesso «E mi hanno recato una gioia e una pena che non immaginavo mai di provare. Gioia di vederti; ma pena, perché timori e dubbi sono aumentati in questi giorni infausti. Éowyn, non vorrei che questo mondo finisse adesso, e che perdessi così presto ciò che ho trovato.»

«Perdere ciò che hai trovato, sire?» disse Éowyn, e lo guardò. I suoi occhi erano dolci, ma fermi. «Non so che cosa tu abbia trovato in questi giorni che potresti perdere. Ma coraggio, amico, non parliamone! Non parliamo del tutto!» E poi lei si voltò di nuovo verso il parapetto e fissò con rinnovata determinazione.

Haban annuì con rassegnazione. «Ah beh.»

«Attendiamo, e guardiamo ad Est in attesa del colpo del fato» mormorò Faramir, e poi il suo respiro di mozzò. Perché il vento che soffiava attorno al picco del Mindolluin improvvisamente morì, e il sole si scurì improvvisamente. Il canto degli uccelli esitò, e si fermò.

Nessuna voce parlò. Nemmeno il fruscio delle foglie o il battito dei loro cuori fece rumore. Il tempo si fermò.

Il mondo trattenne il respiro.

Senza guardare, senza nemmeno pensiero cosciente, le mani di Faramir ed Éowyn si mossero nel momento senza tempo, e si incontrarono, e si strinsero.

Haban prese a sua volta la mano di Gróin, e la strinse forte. Lui la strinse a sua volta, e lei ringraziò Mahal per il suo dolce idiota litigioso, coi suoi modi bruschi e il suo enorme cuore. Poi si chiese come stesse Narvi. Dove fosse. Se stesse bene.

Mentre guardavano, parve che una vasta oscurità nebulosa si alzasse da sopra i picchi distanti delle Montagne di Mordor, torreggiando verso il cielo come un'onda mostruosa che avrebbe inghiottito il mondo intero. Nelle sue profondità, il lampo giocava e sputava. La terra iniziò a tremare – e le mura tremarono a loro volta. Il vento tornò come un torrente, facendo volare insieme i capelli di Faramir ed Éowyn, mischiati e attorcigliati, mentre loro rimanevano in piedi sull'orlo.

«Mi ricorda Númenor» sussurrò Faramir.

«Númenor?» disse Éowyn.

La mano di Faramir si strinse su quella di lei. «La grande ombra oscura che sommerse tutte le terre versi e le colline e che avanzava, oscurità inesorabile. Lo sogno sovente.»

«Allora credi che l'Oscurità stia arrivando?» disse Éowyn «L'Oscurità Inesorabile?» E gli si avvicinò, come se il vento crudele l'avesse infine ferita.

«No» disse Faramir, e si voltò per guardarla «Non so che cosa stia accadendo. Ragionando a mente lucida direi che una grande catastrofe è avvenuta, e che ci troviamo alla fine dei giorni. Ma il cuore mi smentisce, e le mie membra sono leggere, e sono invaso da una speranza e da una gioia che la ragione non può negare. Éowyn, Éowyn, Dama Bianca di Rohan, in questa ora io non credo che alcuna oscurità possa durare!» E si piegò e le diede un baciò sulla fronte.

La luce del sole iniziò a passare, debole all'inizio. Poi proruppe in grandi raggi di luce che distrussero la terribile oscurità e la fecero dissipare in un ricordo di se stessa, prima che il vento scacciasse ciò che ne rimaneva.

«Cosa-» Éowyn sussultò, e si allontanò e si sporse sulle mura per fissare la luce dorata che ora riempiva la terra. Ciò che era parso triste e scabroso e rovinato per sempre, ora si illuminò di nuovi colori: verde e oro e rosso, il fiume Anduin brillava come argento.

E alzandosi nel tramonto da Est giunse un Aquila, portando notizie oltre ogni speranza.

Sing now, ye people of the Tower of Anor,
for the Realm of Sauron is ended for ever,
and the Dark Tower is thrown down.
Sing and rejoice, ye people of the Tower of Guard,
for your watch hath not been in vain,
and the Black Gate is broken,
and your King hath passed through,
and he is victorious.
Sing and be glad, all ye children of the West,
for your King shall come again,
and he shall dwell among you
all the days of your life.
And the Tree that was withered shall be renewed,
and he shall plant it in the high places,
and the City shall be blessed.
Sing all ye people!
[Traduzione]


Uno dopo l'altro, barcollarono nel laboratorio di Thrór.

Uno ad uno, ritornarono da dov'erano quando il cataclisma li aveva colpiti. I volti di tutti erano stupiti e inespressivi, le loro voci mute. Quando si guardarono negli occhi a vicenda, la stessa meraviglia venne riflessa verso di loro.

«È fatta» disse Thorin, stupefatto e barcollante. Dáin lo sorresse cautamente. La testa gli faceva male. I suoi arti tremavano come se l'Occhio ancora – no. No. «Non riesco a crederci. È finita.»

«Aye» disse Thrór, dolce e orgoglioso «E tu ci hai guidati. Attraverso terrore e paura e inseguimenti infiniti, menzogne antiche e nuove, attraverso la tua stessa irritazione e i tuoi dubbi, ci hai riuniti e ci hai portato attraverso tutto ciò, sei stato una guida ai viventi, e non hai esitato.»

E il Re Sotto la Montagna chinò la testa verso suo nipote, la barba toccava il pavimento e la sua mano era premuta al cuore nel più profondo rispetto.

«Nemmeno quando faceva male» disse Fíli piano, e i suoi occhi brillarono. Poi anche lui chinò la sua testa dorata. Uno alla volta, gli altri lo imitarono: il grano che si piegava al vento.

Thorin non sapeva cosa dire, e rimase fermo a disagio per un momento. La sua mente era piane di nebbia confusa. «Siamo stati tutti noi, lavorando insieme» iniziò, e poi si fermò. Non riusciva a pensare a parole sufficienti a mostrare la sua gratitudine, il suo amore e il suo rispetto.

Poi capì che le parole non sarebbero mai state sufficienti, non per tutto ciò che loro gli avevano tanto liberamente dato e insegnato. Quindi piegò la testa e si inginocchiò a sua volta, la genuflessione più vera che avesse mai fatto in vita o in morte. «Vi ringrazio tutti» riuscì a dire, la voce rotta.

«Questa è una bella visione» disse Bilbo, al suo fianco come doveva essere. Lo Hobbit fece a Thorin un piccolo sorriso segreto. «Te lo sei guadagnato, mio caro.»

La bocca di Thorin era intorpidita. «È finita» ripeté, e batté le palpebre rapidamente.

«Io ho finito» disse Nori «Voto che tutti ce ne andiamo a letto per qualche secolo.»

«Concordo» grugnì Narvi. Un russare si alzò dalla direzione di Óin.

Kíli si girò su se stesso e iniziò ad andare stancamente via dalla forgia. «Svegliatemi quando inizia la Battaglia delle Battaglie» sbadigliò.

«Copriti la bocca!» la voce di Hrera si alzò sopra la folla.

Thorin camminò per i corridoi, e solo vagamente riconobbe la sensazione della piccola mano di suo fratello sulla sua spalla. «Sei sveglio?» mormorò Frerin.

«Non davvero» disse Thorin, e batté di nuovo le palpebre.

«Cielo, mettetelo a letto prima che cada di faccia sul pavimento» disse Bilbo.

«Shhh, âzyungelê, non agitarti tanto. Non farei mai nulla del genere» Thorin alzò la testa e sorrise a Bilbo «Sei bellissimo, a proposito. Se non te l'ho già detto prima.»

Bilbo immediatamente iniziò a sputacchiare frasi mezze iniziate che non avevano nessun senso. Poi chiuse la bocca e un adorabile rossore si arrampicò lungo il suo collo. Thorin si chiese se arrivasse anche al suo petto...

«Va bene, devi smetterla di dire cose del genere ad alta voce quando io posso sentirle» disse Frerin, divertito «Ecco il tuo letto. Sogni d'oro, nadad

«'Notte, nadadith» borbottò Thorin, e cadde in avanti sul suo cuscino e si addormentò un secondo dopo.


e il mondo esala

Hrera era piuttosto annoiata. Aveva iniziato il turno dopo Lóni e Frár, ma era francamente incredibilmente noioso ora che tutta quella... innaturalità era finita. Sbadigliò e si sistemò distrattamente la barba, rimettendo le perline a goccia al loro posto facendosi guidare dal tatto e dall'abitudine. Sì, tremendamente, intollerabilmente noioso. Nulla da guardare se non le piante.

Avrebbe dovuto essere con la sua famiglia. La maggior parte di loro si erano riuniti ancora, tutti riposavano infine. Frerin era raggomitolato con un tazza di tè, e Thorin finalmente dormiva. Sciocco bambino altruista, mettersi lungo la strada dell'Occhio! Aveva rischiato chissà cosa, davanti all'Ombra stessa, per carità di Mahal. Lei aveva deciso che -

Una magra, piccola figura uscì da tutte le piante. La sua spada era ancora macchiata di sangue nero.

«Ah, il figlio maggiore» capì Hrera «Ebbene, è il più vicino ad avere un'altezza decente e propria, almeno.»

«Adar. Gli Orchi che restano sono scappati verso le Montagne. Li inseguiamo?» Laindawar si era fatto alto quanto il suo corpo permetteva, impaziente come un cane da caccia al guinzaglio. Gli brillavano gli occhi.

Il volto di Thranduil era girato dall'altra parte, ed era accanto alla sua grande renna. La sua mano accarezzava distrattamente il pelo folto. Non rispose immediatamente, e Laindawar si dondolò impazientemente, l'armatura cigolava. «No, abbandona l'inseguimento. Gli Orchi che rimangono non si guarderanno indietro. Come sta il nostro popolo?»

«Meglio del loro» Laindawar parve deluso, ma lo nascondeva meravigliosamente, pensò Hrera. Aveva sempre ammirato coloro che riuscivano a nascondere cose simili.

(Si rifiutò testardamente di ricordare i propri ultimi anni, il mento alzato mentre il cuore le ululava nel petto, le orecchie pronte a carpire ogni sussurro, le gonne regali indossate con la precisione e cura di un'armatura.)

«Nessun morto, anche se Taembeng è stato ferito»

Thranduil chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro i fianchi lisci della renna. «Galion?»

«La sua lingua rimane intatta» disse Laindawar, le labbra in una linea acida «Si è lamentato per tutto il tempo.»

«Ah» le spalle di Thranduil si raddrizzarono leggermente.

Hrera aggrottò le sopracciglia e osservò meglio il Re Elfico. Non più gelido e remoto e intoccabile, era in qualche modo – più morbido. In qualche modo. Ma più rilassato? Lei non riusciva a capirlo. Eppure la notizia della sopravvivenza del suo vecchio maggiordomo ubriacone lo rallegrava...? Strano.

«Quanti Orchi sono sfuggiti?» disse Thranduil, e infine si girò per osservare suo figlio.

«Una decina, nessuno di noto» Laindawar si raddrizzò «Andrei e porterei a termine il lavoro, se tu mi dessi il permesso...»

«No, torniamo a Nord» Thranduil guardò gli alberi che lo circondavano, le loro chiome dondolavano pacificamente alla brezza. «Abbiamo ripuliti i nostri boschi infine. Non abbiamo più nulla da fare qui.»

Laindawar sbuffò, ma non protestò.

«Nord!» la voce di Radagast risuonò, e lo Stregone si fece avanti fra il bosco. Per qualche motivo il suo cappello era al contrario. «Se andate a Nord, allora vengo anch'io. Qualcuno deve ripulire questo disastro, e Gandalf non è qui. Sarà ancora a fumare con gli Hobbit nella Contea, suppongo! Quindi il vecchiaccio marrone qui deve fare qualcosa, oh sì...»

«Gandalf è morto per questa guerra. Persino ora è nel cuore degli eventi» esclamò Hrera «E come osi mettermi nella posizione di difenderlo! Intollerabile.»

«Oh, chi ha chiesto a te?» Radagast tirò su col naso. Si mise le mani sui fianchi e lanciò ai due Elfi uno sguardo severo (rovinato dal cappello, tristemente). «Bene, quindi, avete del cibo?»

Gli occhi di Thranduil divennero sospettosi, anche se lui rimase calmo. «Abbastanza.»

«Bene. Spero sia sufficiente sia per Dale che per Erebor. Avranno bisogno di qualcosa da mangiare dopo che tutti quegli Orchi gli hanno rubato i raccolti. Chiamarli locuste sarebbe un insulto a tutte le locuste»

«Mahal sia benedetto» Hrera sussultò, completamente presa alla sprovvista e totalmente stupita «Oh – oh, per favore!»

«Non puoi essere serio» disse Laindawar.

«Sono perfettamente serio» disse Radagast «Ho conosciuto delle splendide locuste.»

«Perché dovremmo mandare del cibo ai Nani?» disse Thranduil, la voce lenta e misurata.

Hrera si girò per guardarlo male, la lingua pronta a dargli una strigliata – ma lo Stregone fu più rapido. Radagast si mosse così in fretta che lei non lo vide nemmeno. Lei batté le palpebre, e lui era naso a naso con il Re degli Elfi.

«Perché stanno morendo di fame, Thranduil» disse piano «Gli uccelli ne cantano, i fiumi ne sussurrano. I Nani muoiono di fame, e lottano ancora. Ancora fermano le orde di Gundabad che avrebbero dovuto tramutare il nostro grandioso, antico bosco in ramoscelli e cenere e fumo. Il loro valore e il loro sacrifico dovrebbe essere onorato.»

«Non ho mai dubitato del loro coraggio» disse Thranduil.

«Adar...» disse Laindawar a disagio.

Thranduil non distolse lo sguardo da Radagast. «Deri, lonneg.»

«Hai sentito l'Oscurità che lasciava il mondo?» disse Radagast piano. I suoi occhi antichi erano acuti. «La terra canta canzoni di libertà sotto i nostri piedi.»

Thranduil rabbrividì. «Lo sento. Il Nemico è morto.»

«Una nuova alba, una nuova Era» disse Radagast, e alzò le sopracciglia.

Thranduil non parlò, ma i suoi occhi tornarono alle rovine di pietra oltre la radura.

«Una volta hai guardato Nani che morivano di fame e ti sei voltato dall'altra parte» disse Radagast, la voce un sussurro come vento fra le foglia «Come inizierai questa nuova Era del Sole, oh grande Re degli Elfi?»

«Adar, temo dobbiamo» disse Laindawar, con ovvia riluttanza «Lo Stregone ha ragione» la sua bocca si strinse, come se aver detto parole simili gli avesse fatto sentire un cattivo sapore «Se non fosse stato per la Montagna dei Nani, la Foresta sarebbe caduta... nonostante il nostro dolore e la nostra lunga guerra. Abbiamo abbastanza barili in magazzino per...»

«Barili, non mi parlare di barili!» sibilò Thranduil, e chiuse gli occhi e si girò. Le sue dita si alzarono per stringere la base del naso.

«La tua forza ti ha portato lontano, e ha protetto il tuo popolo» disse Radagast, e chinò la testa «Non puoi piegarti, solo questa volta, e mostrare pietà verso coloro che ne hanno bisogno?»

Gli occhi di Thranduil si aprirono, e la sua testa si girò per fissare lo Stregone. «Ho già udito parole simili» disse, e le sue dita cercarono il collo della renna. Avendolo trovato, lo strinse forte. «E già ho udito parole simili. Aveva ragione. Abbastanza forti da frantumarsi. Ah, Elbereth, anno dulu enni. Non sanno quando scappare e non combattere.»

La fronte di Radagast si corrugò in confusione. «Eh. Chiedo perdono?»

Thranduil fece uno o due respiri profondi, e poi annuì. «Manderemo del cibo. Quanto ne serve. Anche al Popolo di Dale, perché loro sono nostri vicini e amici oltre agli scambi e alla moneta. Servirà tutta la nostra gente. Andiamo a Nord, e non ci fermiamo per il vento o il maltempo. Dobbiamo essere rapidi come le ali dell'Aquila!»

Le palpebre di Hrera si chiusero, e due lacrime fredde caddero nella sua barba, solleticandone i peli. «Mahal si lodato, sono salvi. Sono salvi, oh grande Telphor, non posso credere...!» pianse, e il suo contegno posato era scomparso completamente.

Ebbene, maledetto il suo orgoglio. Maledetto ogni orgoglio! Erano salvi!

«Lasto beth nín!» chiamò Thranduil, e i corni risposero all'urlo «Nord! Cavalchiamo! Noro lim! Toro, noro lim!»

Laindawar rispose all'urlo con un grido feroce di «Gwaem!» E poi saltò in aria e scappò dalla radure, sparendo come fumo.

Thranduil balzò sulla sua grande renna e lisciò il suo collo con la mano. «Lei ne sarebbe stata felice» disse, cripticamente. E poi l'enorme bestia scosse la testa dalle grandi corna, e trottò via in un tuonare di zoccoli. «Tieni il passo, Stregone!»

«Così drammatico!» borbottò Radagast, e poi fischiò per richiamare la sua slitta. Notando Hrera e il suo volto coperto di lacrime, disse con voce timida: «beh, va a dire a tutti le buona nuove!»

«Grazie» disse lei, dal profondo del cuore. Il volto del vecchio petulante divenne rosso, e lui si sistemò il cappello.

«Eh. Sì. Grazie per il grazie. No, no, no, non è così... Cosa si dice quando si viene ringraziati? Non mi ricordo bene?» Si grattò la testa. Ne cadde della terra come una pioggia granulosa.

«Si dice “non c'è di che”» gli disse Hrera, sorridendo con gli occhi lucidi.

«Oh, ecco! Beh, non c'è di che, cara signora. Sparisci, allora!»

Una piccola indignata parte di Hrera scattò quando le venne detto “sparisci”, ma lei la calpestò. Comunque, ogni parte del suo corpo le urlava di fare un'ultima cosa – e lei non poté fare a meno di dire: «E il tuo cappello è al contrario.»

«Cosa? Il mio cappello, al contrario? Per tutto il tempo?»

Lei fece la sua espressione più educatamente dispiaciuta, e incrociò le braccia. «Temo di sì.»

Radagast imprecò e si mise le mani in testa, mentre continuava a borbottare fra sé e sé. «Il cappello al contrario, maledizione. Tutto il tempo, mentre litigavo con quel vecchio Elfo testardo. Scommetto che a Gandalf non sarebbe mai successo...»

Hrera chiuse gli occhi, e sorrise mentre i suoni di borbottii queruli la seguirono nella fredda oscurità delle Sale.


e il mondo esala

Le Aquile poggiarono Sam e Frodo sulle coperte delicatamente quanto una madre può poggiare il suo figlio dormiente. Le urla di orrore che si alzarono da Aragorn, Gimli, Legolas e Pipino fecero chiudere gli occhi di Fíli. Lui aveva saputo – oh, come aveva saputo – quanto era stato difficile, quanto magri e secchi e prosciugati i due erano diventati.

In qualche modo era anche peggio, sotto le verdi foglie e alla luce accesa delle selve dell'Ithilien.

Gandalf scese dalla schiena della più grande delle Aquile, e poi gli si inchinò profondamente. «I miei ringraziamenti, Gwaihir, mio vecchio amico» disse, e l'Aquila piegò la sua enorme testa guardandolo, senza battere le palpebre. Poi abbassò la propria testa, il collo piumato si gonfiò, prima che le enormi ali si aprissero. Con una folata di vento che fece volare i capelli di tutti, le Aquile di Manwë ripresero il volo.

«Andranno a nord» disse Gandalf, osservandole per un momento. Poi si inginocchiò accanto ai due piccoli corpi e lisciò i loro capelli. «Le loro vite sono quasi al termine» mormorò «la fiamma dei loro spiriti è l'unica cosa che li ha fatti andare avanti in questo terribile, terribile viaggio.»

«Me ne rimane così poca» disse Aragorn, inginocchiandosi accanto a Gandalf «Così poca, e ora che serve più che mai...»

«Io ne conosco aspetto e odore» disse Legolas senza esitare «La troverò.»

«Andrò con lui per assicurarmi che non si perda» aggiunse Gimli. Legolas alzò gli occhi al cielo, ma non protestò.

«Oh, assicurarti che non si perda, oh molto sottile, cugino» sbuffò Kíli. Fíli non osò distogliere lo sguardo dalle piccole, scarne figure che giacevano sulla sacca da viaggio di Aragorn.

Pipino stava piangendo, le lacrime correvano silenziosamente lungo il suo volto e cadevano dal suo mento. Con la bocca formava i loro nomi, e si stava stringendo le dita come se potesse darne una a Frodo.

«Shhh, piccolo guerriero» disse Imrahil dolcemente «Mithrandir ed Elessar se ne prenderanno cura.»

«Gli servono le arti di Elrond» borbottò Aragorn, le mani occupate ad avvolgere una benda strettamente attorno alla mano mutilata di Frodo, lavare le brutte croste infette sui piedi di Sam, trovare i lunghi tagli slabbrati sulle loro schiene delle fruste degli Orchi. Pipino trattenne un singhiozzo.

«Oh vi prego» sussurrò.

«Devono bere acqua, se possono» si disse Aragorn, e si piegò sui loro volti dormienti «Frodo, Sam» li chiamò, e appoggiò la testa sul petto di Frodo per un istante, ascoltando «Il suo cuore batte ancora, ma piano. Frodo, il tuo nemico è morto e il tuo tormento finito! Sam Gamgee, svegliati! Perché la lunga notte è terminata e il vostro compito compiuto!»

«Non funzionerà» disse Pipino tirando su col naso «Non sveglieresti lo Hobbit più sano addormentato su un cuscino di piume così.»

«Allora, prego, Peregrino Tuc» esclamò Gandalf, a malapena in grado di tenere a bada la tempesta di impazienza e preoccupazione «mostraci come si fa!»

Pipino lanciò allo Stregone uno sguardo arrabbiato che non nascondeva per nulla quanto fosse spaventato. Poi si raddrizzò con qualche sforzo, e disse con voce alta e allegra: «Ehilà, Sam! Dov'è Padron Frodo?»

«Pa'ron Frodo» mugugnò Sam «De' 'ro'a'e Paron Frono...»

Aragorn e Gandalf fissarono lo Hobbit sorpresi, prima di voltarsi di nuovo verso Pipino. «Sono stato corretto, Mastro Tuc» disse Gandalf infine.

Gli occhi di Pipino luccicavano ancora di lacrime, ma alzò il mento, incrociò le braccia e alzò un sopracciglio. «Gente Alta» borbottò a se stesso.

«Dov'è?» disse Sam, più chiaramente, e poi si svegliò di colpo. Sedendosi di scatto, indietreggiò. Il suo piccolo petto si alzava e si abbassava rapidamente mentre si guardava attorno vedendo tutti ma riconoscendo nessuno. «Padron Frodo!» strillò, acuto e spaventato, e poi parve congelarsi.

«Gandalf?» balbettò «Non l'ho lasciato. Non lo lasciare, Samwise Gamgee. Non l'ho fatto. Non l'ho fatto. Non...»

«Shhh» disse Gandalf, e prese lo Hobbit esausto fra le sue braccia «Hai fatto più di quanto chiunque avrebbe mai potuto sognare, e io sono tanto orgoglioso di te che non posso esprimerlo a parole. Vieni, devi guarire, ti servono acqua e cibo.»

«Chiedo perdono, Signor Gandalf signore, ma Padron Frodo ne ha più bisogno di me» disse Sam lentamente «Io posso andare avanti con qualche sorso d'acqua.»

«Oh, caro idiota, ce n'è abbastanza per entrambi» esclamò Pipino «Aragorn, fai qualcosa, non ha senso quello che dice!»

«Ci vorranno tutte le mie arti» disse Aragorn, aprendo le spalle, e alzandosi. I suoi occhi rimasero su Frodo, cupi e seri. «Temo che entrambi rischino di morire. Imrahil, prepareresti un padiglione per loro, da qualche parte lontano dall'accampamento principale? E mandami i figli di Elrond. Potrebbero avere qualche conoscenza dei metodi di loro padre.»

Imrahil si inchinò, e immediatamente se ne andò dalla piccola tenda.

«Starò bene» disse Sam, ma la sua voce stava diventando confusa mentre Gandalf gli portava un bicchiere d'acqua alle labbra «Mi rimetterò.»

«So che lo farai» disse Gandalf piano «Bevi, ora.»

Il volto di Pipino si contorse, come se stesse a malapena trattenendo un altro singhiozzo.

«L'ho trovata!» giunse una voce leggera, e Legolas entrò con piedi rapidi, il respiro ansimante «Ne abbiamo a volontà! Il faggio vicino alle cascate mi ha detto dove cercarla.»

«Questa è la sua storia, perlomeno» disse Gimli dietro all'Elfo, le braccia piene di foglie verdi «Notare chi la deve trasportare.»

Aragorn sorrise. «Grazie, amici miei» E prese l'athelas da Gimli. Schiacciò le foglie fra le sue mani, prima di metterle in una ciotola d'acqua e mescolare. Sembrava a Fíli che si stesse obbligando a muoversi pieno e a non correre per il panico.

«Sam, ecco, bevi questo» disse, e gli porse la ciotola «Lentamente, non vorrei che stessi male.»

«Padron Frodo prima» disse Sam, sonnolento, fra le braccia di Gandalf.

«Mi sono già preso cura di Frodo» mentì Aragorn «Vieni a bere.»

Sam tirò fuori la testa dal voluminoso manto bianco di Gandalf quando gli poggiarono la ciotola alla bocca. Bevve con avidità, ma Gandalf gli permise di fare solo sorsi brevi. Tutti rimasero in silenzio mentre beveva.

Infine la testa di Sam iniziò a ciondolare, e i suoi occhi si chiusero.

«Sonnecchia, ma ha bisogno di un riposo ristoratore» disse Aragorn, la voce stranamente rumorosa dopo il silenzio «Ora Frodo. Pipino, hai delle idee?»

Fíli aveva un orribile sospetto su cosa avrebbe potuto svegliare Frodo – o almeno riscuoterlo abbastanza da prendere dell'acqua.

Pipino aggrottò le sopracciglia. «Non saprei. Ma forse...»

Gimli socchiuse gli occhi, e scosse la testa bruscamente. «Troppo crudele» disse «Non possiamo usare il ricordo dell'Anello, nemmeno per il suo bene. Sarebbe troppo crudele.»

«Oh, grazie a Mahal qualcun altro l'ha detto, e non me» disse Kíli ferventemente.

«Temo noi dobbiamo» disse Gandalf, anche se la sua voce era pesante e riluttante.

«Non osare» ringhiò Fíli, e le sue mani erano strette ai suoi fianchi «Tu non sai ancora, Gandalf, cosa quella cosa malvagia gli abbia fatto. Io sì. Io ero lì. Io l'ho seguito ogni passo.»

Gandalf guardò i due fratelli spettrali, e la sua fronte si corrugò pensierosamente. «Vorrei ci fosse un altro modo» disse.

«Sam può svegliarlo» disse Fíli «Sam può sempre svegliarlo.»

«Allora facciamo fare a Sam» disse Gimli, guardando truce Gandalf. Legolas mise una mano sulla spalla di Gimli, dolcemente, come per ancorare il Nano.

«Buona idea» disse Pipino, e guardò Aragorn «Devo chiamarlo di nuovo?»

«No, lo farò io» disse Aragorn, e si chinò sullo Hobbit dormiente fra le braccia di Gandalf «Sam» disse, piano e fermo. Fíli si sentì raddrizzare: c'era uno strano tono nella voce di Aragorn.

«Mmm, Granpasso? Siamo arrivati alle cascate, allora?» mormorò Sam.

Una leggera espressione confusa attraversò il volto di Legolas. «Lui... non sa dove si trova?»

«Devo mettere su le salsicce prima che quei due piccoli idioti le mangino tutte» disse Sam, le parole confuse «Ingozzarsi non è per gente per bene. Cosa direbbe il mio Gaffiere, non riesco a pensare...»

«Crede che siamo sull'Anduin» sussurrò Aragorn, e il cuore di Fíli divenne un poco più pesante «Così vicino alla porta.»

Poi alzò la voce, e disse: «partiamo fra un'ora, Sam. Meglio che chiami Frodo e gli dici di prepararsi.»

«Va bene» disse Sam, e sorrise, anche se i suoi occhi erano ancora chiusi «Padron Frodo, signore? Dobbiamo andare di nuovo. Portiamo ancora le barche oggi, senza dubbio. Ma potremo mangiare un boccone prima, spero.»

Frodo si mosse, e gemette.

«Bene» disse Gandalf, e abbassò Sam dolcemente per lasciarlo sdraiato accanto a Frodo «Sì, molto bene. Ora, Aragorn. Fallo bere.»

Aragorn prese la ciotola di athelas a mollo, e mise un braccio sotto le spalle magre di Frodo. «Ecco, prima di partire. Come ha detto Sam» mormorò, e la portò alle labbra di Frodo.

«Bevi, ti prego, ti prego, bevila» disse Kíli, tirandosi i capelli per la preoccupazione. Fíli fece aprire delicatamente le dita a sua fratello e le strinse. Non aveva abbastanza capelli per potersi mettere a strapparli, dopotutto.

La testa di Frodo dondolò, ma aprì la bocca all'incitazione di Aragorn, e bevve un paio di sorsi con aria dolorante. Poi fece un piccolo sospiro e rimase immobile, come se fosse morto.

Anche nel sonno, Sam si mosse verso di lui.

Infine, Aragorn si alzò e guardò i due per un lungo momento. Poi disse: «questo è tutto ciò che posso fare al momento. Elladan ed Elrohir potrebbero sapere altro. L'erba è buona e fresca e gli darà un sonno guaritore, se può. Ma che abbiano vissuto così è un orrore e un dolore per me. E solo la loro resistenza riuscirà a farli sopravvivere.»

«Gli Hobbit sono fatti di una sostanza più resistente di quanto si pensi» disse Gandalf, e si chinò e mise una mano sulla fronte di Frodo. I suoi occhi si chiusero, e respirò profondamente per un momento. Una detonazione silenziosa riempì l'aria, un tremore senza suono. Poi i suoi occhi si aprirono di nuovo, e lui annuì. «Vivranno.»

«Certo che vivranno!» disse Pipino ferocemente «Prendete Merry come esempio!»

«Pensi che si ricorderanno di questo?» disse Legolas. Gimli mise la propria grande mano su quella di Legolas che poggiava sulla sua spalla.

«Si fanno notare come un'ascia in faccia» sbuffò Kíli.

«Non penso ricorderanno» disse Aragorn «Sono svegli per metà, morti di fame più che per metà, e le loro menti e i loro corpi sono stati spinti ai loro limiti assoluti. Ma come dice Pipino, gli Hobbit sono una razza resistente, e si riprendono in fretta.»

«Non possiamo pulirli un poco?» disse Pipino, che era tornato a torturarsi le mani e aveva un'espressione nervosa «Se fossi in loro, il prurito mi avrebbe fatto impazzire. E sembra che ci sia metà della terra di Mordor fra le loro dita dei piedi. Frodo aveva sempre dei piedi così ben pettinati...»

«Shhh, sì, sì lo faremo» disse Gimli, e attraversò la piccola tenda per dare all'altro un rapido, caldo abbraccio «Ecco, ora. Alza la testa, ragazzo, e asciugati gli occhi, eh? Li faremo sembrare di nuovo una miniera di diamanti in un attimo. Vedrai.»

Ogni tanto, Fíli si scordava quanto fosse più vecchio Gimli. Era troppo facile vederlo come il loro amico e compagno di giochi, come il loro rumoroso vivace cuginetto sempre alle loro calcagna. «E poi dice cose del genere» borbottò, e sentì il piccolo grugnito di Kíli.

«Rimarremo qui finché non si saranno ripresi abbastanza per viaggiare» disse Aragorn, e cadde in terra. C'era una grande stanchezza nei suoi occhi, e si passò le mani sul volto, strofinando la corta barba.

«Anche tu hai bisogno di riposo» gli disse Legolas. Aragorn sorrise.

«Voi due mi farete da balia per sempre»

«Ovvio» ringhiò Gimli, e scosse piano Pipino «Dovreste entrambi dormire. Legolas ed io troveremo del cibo. Non siamo stanchi.»

«Tutti conoscono quanto siano instancabili gli Elfi» disse Gandalf tranquillamente «Senza dubbio Legolas può ormai dare testimonianza della durata delle energie dei Nani.»

Kíli esplose in una risata ansimante mentre le orecchie di Legolas divennero scarlatte. Gimli tossì e schiarì la gola varie volte, prima di voltarsi di colpo e uscire dalla tenda.

«Non dovresti provocarli così» disse Aragorn, ma c'era ora un sorriso sul suo volto stanco. Gandalf gli fece l'occhiolino.

Le orecchio di Legolas erano ancora di un rosso violento mentre rimaneva in piedi a disagio. Si leccò le labbra una volta, due volte. Poi disse: «a dire il vero, sì, posso. Ed è formidabile.»

Poi scappò dalla tenda il più rapidamente possibile.

«Vorrei poter dimenticare di aver sentito certe cose» gemette Fíli, mentre Kíli scoppiava in una risata isterica al suo fianco.


il respiro si ferma

«Mi hanno presa alle spalle» gemette Beri, tenendosi uno straccio bagnato contro la testa «Non me lo aspettavo. Genild era di guardia a un'altra porta.»

«E se pensi che ti perderò d'occhio di nuovo, stai sognando» disse Genild, breve e secca. Stava stringendo forte la mano di sua moglie, e il suo volto era implacabile.

«Non darti colpe» disse l'Elminpietra, e si alzò «Questo è tradimento ed egoismo. Voi avete fatto ciò che dovevate.»

Beri gli accarezzò la mano. «Che ragazzo gentile che sei» disse.

«Sicura di star bene, Mamma?» disse Jeri premurosamente.

«Vai, carum, sto bene» disse Beri, e indicò lo straccio bagnato sulla sua testa con un movimento degli occhi «Non farti colpire in testa con una trave, però.»

«Siete stata fortunata a non essere accoltellata, da quanto mi dice il mio secondo» disse Laerophen. Il volto di Jeri si prosciugò di tutto il sangue.

«Oh, perché mai l'hai detto?» borbottò Beri «Genild, tesoro, starò bene...»

«TI AVREBBERO POTUTO ACCOLTELLARE?!»

Il Re le fece un sorriso a disagio, prima di lasciarle e correre attraverso i corridoi pieni di fumo verso i magazzini. Entrando nella lunga sala, fu salutato da un'assoluta cacofonia.

C'erano persone ovunque, e molte corde erano tirate da un muro all'altro, girate per formare delle carrucole. Il fumo usciva dalla porta dei magazzini, e molti avevano stracci legati su naso e bocca. Borse di pelle, barili, borracce: qualsiasi cosa potesse contenere acqua veniva passato da una mano all'altra, e agganciato sulle corde. Poi erano tirati nei magazzini.

I soffitti delle sale ottagonali, simili a cupole, erano bruciati da tempo. Erano stati fatti con argilla e non acciaio o roccia – era meglio per far evaporare i liquidi e impedire ai cibi di andare a male. Ora i fuochi leccavano il tetto di pietra che era sopra, trasformando il grigio in nero.

«Ora!» giunse un urlo, e l'Elminpietra si voltò per vedere l'artigiana Bani, gli occhiali storti, che alzava una mano «Lanciate!»

Le frecce partirono da un lato della stanza, ognuna di esse colpì una sacca o una borraccia. I barili caddero come artiglieria, l'acqua soffiò e il vapore si alzò in una grande nube.

«Continuate a tirare!» urlò Bani «Bomfrís, un'altra corda-freccia!»

Barís socchiuse gli occhi, la mano davanti alla bocca. «Penso ne abbiamo fermato l'avanzata!»

«Secchi!» urlò Thira, e tutto attorno, Nani ed Elfi ed Uomini lavoravano come uno. Gli Uomini riempirono le pelli e i secchi con l'acqua delle pozze profonde dove il Fiume Flutti usciva da sotto la Montagna. Gli Elfi poi correvano sui loro piedi leggeri verso i magazzini. Molti Elfi erano da una parte coi loro archi pronti, e Laerophen, Selga e Merilin erano fra loro. Non appena l'acqua arrivava, erano i Nani a metterla sulle corde, naturalmente più resistenti alle alte temperature delle altre razze.

«Sabbia!» urlò Barís, e la sua voce meravigliosa risuonò per le sale e i corridoi. Nessuno poteva sfidarla in volume e forza. I secchi e le pelli continuarono a muoversi, riempiti ora di sabbia bagnata invece che acqua.

«Abbiamo spento i fuochi in altre due stanze!» giunse un urlo, e uno stanco urlo di gioia si alzò dai Nani. Alcuni corsero avanti, i volti riparati da pesanti elmi fatti per il fuoco di drago, per calpestare le ultime lingue di fuoco.

«Rovineranno quello che resta» borbottò Gimrís.

«Non è già stato rovinato dal fumo?» urlò Bofur «Ecco, posso lanciare una corda! Dimmi dove! Tutto quello che vedo è una macchia rossa.»

«Una macchia?» Gimrís fece cadere il secchio «Bene signore. Tu vieni con me quando abbiamo finito. Potresti riguadagnare parte della vista! Ma se questo... oh, deve essere...»

«Smettila di essere una guaritrice, mio rubino, e dimmi dove sono le corde!» abbaiò Bofur, e prese la spalla di Gimrís «Non mi importa nulla dei miei occhi se il resto viene grigliato!»

«Caricate!» urlò Barís. I secchi dondolarono sulle corde, e si rovesciarono dove dovevano sopra alla porta. «La terza stanza! Possiamo arrivarci vicino?»

«Non vedo, non riesco ad avvicinarmi abbastanza» urlò Bomfrís di rimando.

«Cosa nel nome di Durin fai tu qui?» disse l'Elminpietra, allarmato. La bocca di lei fece una smorfia irritata.

«Aiuto. E prima che tu inizi a preoccuparti, ne ho già parlato con Gimrís»

«L'ha fatto!» gridò Gimrís «È nel luogo più ventilato...»

«Basta chiacchierare, tutti!» ringhiò Thira «Pensate al lavoro!»

«Ma sta funzionando?» Barís si torturò le mani «Abbiamo spento i margini, e non può diffondersi...»

«Allora si spegnerà quando avrà finito tutto il carburante» finì Bani, e si asciugò la fronte col braccio «Un lavoro caldo. E un buon lavoro. È stato un buon piano, Usignolo.»

«CHIEDIGLIELO!» sibilò Bomfrís.

Barís diede deliberatamente le spalle a sua sorella.

«Appena avrà finito il carburante» disse l'Elminpietra lentamente. E guardò l'ultima stanza in fiamme, dove ciò che restava del loro cibo, così accuratamente raccolto e immagazzinato, stava bruciando.


Quando Thorin si svegliò, era disorientato. C'era stato del fuoco... e del fumo. Il drago! No. No, quello era stato tanto tempo prima, e in un'altra vita.

Spinse le gambe fuori dal letto, e si passò le mani sul volto, premendosi le dita contro gli occhi. Erano secchi e bruciavano. Gli sarebbe potuto servire dormire ancora, ma qualcosa in lui gli disse che non ci sarebbe riuscito. Le sue gambe erano inquiete.

Alzandosi, iniziò a vestirsi e a preparare i suoi capelli. Si fece delle trecce nel suo vecchio stile, e poi iniziò a pettinarsi la corta barba. Guardando nel suo specchio decorato da fiori, sospirò. Stava diventando di nuovo troppo lunga. Una mano cercò le forbici. Trovandole, se le porto alla barba, usandole per pettinarne i peli.

Ed esitò.

Thorin si studiò per un momento. Solo un Nano ordinario, oltre la mezza età e che si avvicinava ai suoi anni d'argento, pieno di cicatrici e segni, ma ancora sano. Chiari, stanchi occhi blu, una bocca sottile e testarda, capelli scuri toccati di neve. Niente di più, niente di meno, e non migliore né peggiore di altri.

Con un pensiero mezzo formato, lentamente poggiò le forbici e la spazzola con un click-click.

Poi tirò la corta barba fra il pollice e l'indice. «Tagliare la barba non diminuisce il dolore, mia stella» mormorò «Non è male, come consiglio» Annuendo, si voltò dallo specchio e uscì dalla stanza con rinnovato vigore.

Forse sarebbe riuscito a farvi trecce per il Giorno di Durin.


«Ebbene, io vado» disse Merry, muovendo i piedi. Fece un sorriso di scuse a Faramir ed Éowyn seduti accanto al suo piccolo letto. «Hanno mandato a chiamarmi. I cavalieri da Cari Andros hanno portato il messaggio, e io sto abbastanza bene per cavalcare... o così dicono i Guaritori.»

«Lo sei davvero, Mastro Merry!» disse Ioreth, camminando per la stanza e sistemando le cose di Merry nel suo zaino «Non avevo visto una guarigione tanto rapida in... beh, in tutti i miei anni! Mia sorella, ora, lei potrebbe avere qualcosa da dire. Lei è di campagna, e sta venendo in Città, te l'ho detto? Ha imparato insieme a me con il vecchio Guaritore qua...»

«L'hai detto, sì» disse Merry, e il suo divertimento era nascosto a fatica.

«Molte volte» disse Faramir, e non c'era altro che un educato desiderio di aiutare nel suo tono. Merry trasformò una risata in un colpo di tosse. Gli occhi di Éowyn andarono a Faramir, come sorpresa per questo beve lampo di umorismo.

«Sarà qua domattina» disse Ioreth allegramente «Oh, non è meraviglioso che le strade siano nuovamente sicure?»

«Non le chiamerei proprio sicure ancora» disse Merry, e saltò giù dal suo letto e prese il suo zaino «Ma sono certo che arriverà senza problemi, nonostante tutto! Ora, non dovresti fare anche questo per, sei già stata una meraviglia. Il mio braccio sta abbastanza bene per poter infilare i miei vecchi vestiti nello zaino. Anzi, senza di te, probabilmente starei ancora tossendo e tenendo il broncio, lamentandomi del freddo!»

«Oh, non dire così» disse Ioreth, chiaramente compiaciuta «Non sono stata io, è stato Sire Gemma Elfica. Lui è il Re, sai, ed io sono stata la prima a capirlo. Le mani di un Re sono le mani...»

«Di un guaritore» dissero in coro gli altri tre, e Ioreth si fermò.

«Oh, ve l'ho già raccontato?»

«Pace, brava signora!» disse Faramir, e c'era del riso nella sua voce «Forse potrai concederti del meritato riposo. Forse una tazza di tè? Avrai molto da raccontare a tua sorella, domani.»

«Oh, siate benedetto, Sire Faramir, caro» disse lei, e si premette una mano contro la guancia «Non mi meraviglia che la gente vi ami tanto. Beh, allora io andrò. Copriti bene, piccolo Signore!»

«Hai la mia parola» disse Merry solennemente «Sarò lo Hobbit più coperto di tutta la Terra di Mezzo.»

Ioreth gli sorrise. Poi la guaritrice chiacchierona prese la sua cesta e corse fuori dalla stanza.

«È una buona persona, ma giuro, la sua lingua è più rapida di quella della vecchia Iris Grubb» disse Merry «Ebbene, vado! Mi dicono che Pipino sia riuscito a uscire dalla battaglia tutto intero – anche se leggermente ammaccato. Una nuova era di miracoli è questa!»

«Portagli i miei ringraziamenti, e i miei saluti affezionati» disse Faramir «Se non fosse stato per quel giovane, sarei stato ridotto in cenere.»

«Potresti venire anche tu» Merry esitò, lo zaino sulla schiena «Potreste entrambi. Mi dicono che andremo per nave, e c'è molto più spazio su quelle che su una semplice barca.»

Il volto di Éowyn si indurì. «Io rimarrò.»

«Ho udito che tuo fratello ti ha fatta convocare» disse Faramir «Io devo rimanere e assumere il mio ruolo di Sovrintendente, per quanto breve possa essere. Ma nulla ti tiene qui.»

Negli occhi di Éowyn, due diversi impulsi stavano lottando. «Non chiedermelo di nuovo» disse bruscamente «Rimarrò. Non sono del tutto guarita, ne sono certa.»

Merry li guardò, prima di sistemarsi lo zaino e raccogliere la piccola spada che gli avevano donato, e il suo elmo da Rohirrim. «Allora vi rivedrò quando tornerò indietro, suppongo» disse, con tutta l'allegria possibile «Non fare nulla di follemente eroico nel frattempo, mia Signora. Non sarebbe giusto se io non fossi al tuo fianco!»

«Buon viaggio, Merry» disse Éowyn, e mise da parte la sua confusione per dargli un bacio sulla fronte «Stammi bene.»

«Anche te» disse lui, piano «Spero che tu possa trovare un momento felice, ogni tanto, ora che l'ombra è andata per sempre.»

«Io sento ancora l'ombra nel mio cuore» rispose lei, e non disse altro.

Faramir stette in piedi sulle mura della città e guardò la piccola figura che attraversava il cancello distrutto sotto di loro. Éowyn non venne a salutarlo, e rimase lontana.


«Ebbene, se ne sei sicuro, allora verrò anche io» Dáin si alzò dalla sua sedia accanto al fuoco e si stiracchiò «Ahia. È stata una nottata interessante, ragazzi.»

Thorin rise, piano e stanco. Solo Dáin avrebbe potuto parlare del più grande cataclisma della loro Era come “una nottata interessante”.

Quella terribile notte era stata quasi tre giorni prima, ormai. Thorin aveva dormito per quasi trentanove ore, e sia Fíli che Kíli avevano dormito per due giorni senza interruzioni.

Frerin guardò Thorin, un mezzo sorriso sul volto. «Hai un aspetto migliore dopo esserti riposato. Avrei giurato tu avessi quasi trecento anni quando Dáin ti ha portato indietro.»

«Perché non quattrocento, rendiamolo il più ridicolo possibile» rispose Thorin, e si tirò vicino suo fratello «E come stai tu?»

«Meglio» gli occhi di Frerin lo guardarono attraverso la cascata di disordinati capelli dorati, ed essi brillavano di salute e speranza «Molto meglio.»

«Qualcuno ha guardato?»

«A tratti. Il mondo sta. Respirando. È difficile da descrivere» Frerin alzò una spalla «Le persone stanno ritrovando l'equilibrio dopo quello che è successo, cercando di razionalizzarlo, cercano di capire cosa succederà ora. È sia felice che... non so. È come quel silenzio che hai dopo una valanga.»

«Frodo?» Thorin non avrebbe potuto affrontare Bilbo di nuovo se Frodo avesse finito per soccombere alla sua fame e dolore.

«Vivo, o così mi dice Fíli. È stato un giorno fa, però. Gimli si prendeva cura di lui e Sam stamattina, apparentemente»

«Allora andiamo a vedere cos'ha fatto il tuo ragazzo da quando ce ne siamo andati» disse Dáin, tirandosi delle pacche sulle cosce e andando verso la Camera «Avrà raccontato i segreti dei Sette Genitori in persona, senza dubbio – o forse sta insegnando all'Elfo altro Khuzdul. È stata una gran scena; le notizie si stanno già spargendo per le Sale, ed è venuto fuori qualche litigio. Mai visto Balin così rosso prima.»

«Beh, almeno Óin è un po' meno rigido» offrì Frerin.

«Óin si è rassegnato all'inevitabile, c'è una differenza» Dáin ghignò «L'ultimo che arriva è una mutanda di Orco.»

Per qualche motivo le stelle erano meno luminose stavolta. Thorin non si trovò accecato, e non provò l'abituale caduta disorientante nelle acque. Invece si sentì quasi cullato; trasportato da mani gentili che lo portarono nel mondo vivente e alla luce del sole.

«Ci sono un sacco di cavalli» disse Frerin, e Thorin batté le palpebre prima di trovarsi di fronte a un'enorme città di tende. Un'area era stata recintata da un lato, e i cavalli pascolavano o correvano o giacevano all'ombra, i loro manti si muovevano al vento.

«Suppongo sia normale se si viaggia con i Rohirrim» disse «Di certo questo non può essere l'unico campo simile. C'erano migliaia e migliaia di cavalieri.»

«L'aria è così piena dell'odore di cavallo che sta praticamente nitrendo» disse Dáin, storcendo il naso «Andiamo, spostiamoci di prima prima di calpestare qualcosa.»

«Dáin. Tu cavalcavi maiali»

«Correzione. I cavalcavo maiali da appartamento»

«Quelle tende sembrano importanti» disse Frerin, indicando col dito. Era stato eretto un cerchio di grandi padiglioni. Il Cavallo Bianco volava su una delle travi più alte delle tende, e una nave dalla prua a cigno su un'altra. E nel mezzo, luminoso al sole di metà mattina, era la stella di Elendil di mithril in campo nero.

Trovarono Gimli dentro di essa, insieme a Legolas. Il Nano si stava rigirando qualcosa di piccolo fra le mani, e sorrideva. Il respiro di Thorin si mozzò quando vide un lampo d'oro in quelle grandi dita – ma no, non era... non era. L'aveva visto distruggersi con i suoi occhi. Quella non era altro che un fermaglio per capelli in oro, schiacciato.

«Non riesco a credere tu l'abbia tenuto tutto questo tempo» disse Gimli, e non sembrava riuscire a togliersi un ghigno dal volto. Lo faceva sembrare di nuovo giovane. «Non eravamo nemmeno amici.»

«Non lo dimenticherò mai» disse Legolas, e appoggiò il mento sulla spalla di Gimli «L'ho tenuto per ricordarmi di non avere troppo orgoglio per me o per il mio popolo. Ero stato tanto certo, vedi. E in un momento e senza null'altro che le tua mani, mi hai fatto capire di aver torto. La prima volta di molte!»

«Ah, hai una pessima memoria, allora. Perché io mi sono abbastanza affezionato agli Elfi di questi tempi, e hanno molti motivi per essere orgogliosi» Gimli rigirò il fermaglio, il suo pollice entrava nella piccola depressione curva come due ciotole impilate.

«Quanta strada hanno fatto» disse Frerin, meravigliato.

«Molta invero» disse Thorin.

«E ne faremo ancora molta» disse Gimli, alzando gli occhi «Idmi.»

La risposta di Thorin era piena di tutto l'amore e l'orgoglio che aveva. «Idmi» Poi guardò il fermaglio «Dovresti riforgiarlo.»

«Non ho gli strumenti» disse Gimli, e lanciò in aria il piccolo disco e lo lasciò cadere sul palmo della sua mano. Legolas lo osservava, gli occhi attenti e luminosi. «E a quale scopo?»

«Sai per quale scopo»

Gimli lanciò di nuovo il fermaglio, e Legolas lo afferrò a mezz'aria con riflessi da uccello. Gimli rise. «Aye, il pensiero mi è passato per la mente. Forse.»

«Forse? Forse cosa?» disse Legolas, e poi dopo un momento: «Oh, ancora Nani morti invisibili.»

Dáin rise, mentre Gimli sbuffò e annuì. «Ancora Nani morti invisibili, mio Uno. La mia guida mi dice che dovrei riforgiare il fermaglio per un nuovo scopo.»

«E quale scopo sarebbe?» la mano di Legolas si chiuse attorno al fermaglio schiacciato, come se fosse riluttante a separarsene.

«Sì, Gimli, quale scopo sarebbe?» canticchiò Frerin.

«Tuo fratello è impertinente, Signore» borbottò Gimli.

«Tua sorella è peggio. Diglielo» disse Thorin, e incrociò le braccia.

Gimli borbottò un attimo sottovoce (qualcosa a proposito dei parenti ficcanaso, senza dubbio), e poi si girò un po' sulla sedia per guardare l'Elfo. «Diventerebbe un fermaglio di matrimonio, nei miei desideri» disse apertamente «Ha significato e ricordi per entrambi noi, e l'oro viene usato spesso per mostrare i matrimoni. Ma non ho gli strumenti per lavorarlo. Forse a Minas Tirith ne avranno, anche se sono sempre stato un pessimo fabbro.»

«Picchiavi il martello con troppa forza» ricordò Legolas.

«Aye, come fosse un'ascia» Gimli guardò il volto di Legolas «Ti piace questa idea?»

«Sì» Legolas aprì la mano e guardò il piccolo fermaglio «Sarei orgoglioso di indossarlo.»

«Ci sarebbero delle domande interessanti, se lo indossasse un po' più a Nord» disse Dáin.

«Quello è il punto» Gimli sospirò «Come nel nome di Mahal dovremmo dirlo alle nostre famiglie? Perché se quanto Aragorn dice è vero, la maggior parte degli Eserciti dell'Ovest sanno che siamo...»

«Legati?» terminò Legolas delicatamente. Gimli gli diede un pizzicotto sulla coscia. «Smettila. Ci avrà preso un giro, meleth. Di certo è solo metà degli Eserciti.»

Gimli scosse la testa, sorridendo.

Lo sguardo divertito scomparve dal volto di Legolas. «Tuttavia fai notare un dubbio che continua a pizzicarmi la mente. Il mio popolo non ha bisogno del permesso di altri per sposarsi, ma non disonorerei te né offenderei la mia famiglia tenendo noi due un segreto. Penso» e i suoi occhi si allargarono.

«Cosa?»

«Prima della battaglia» sussurrò Legolas «Tu dicesti, chiaro come il tuono! Scriverò io stesso a Thranduil e gli dirò di tutti i modi in cui ti amo.»

«Ah!» Gimli si passò una mano sul volto «Le cose che si dicono di fronte alla morte! Ebbene, se lo desideri, ghivashelê. Sarà invero una lettera pericolosa: spero di sopravvivere dopo averla scritta!»

«No, no» Legolas scosse la testa, i suoi capelli dondolarono «Scriverò io a mio padre e ai miei fratelli. Tu dovrai scrivere alla tua famiglia, elen nín. Glielo diremo con inchiostro e pergamena, così che sapranno cosa è accaduto fra di noi. Non dovranno udirlo da altri, e saranno più... abituati all'idea.»

«Hai incontrato mio padre. Ti sembra forse un Nano che si abitua alle cose nuove?» disse Gimli con secco umorismo «O ti sembra il tipo da sistemare le situazione finché non è soddisfatto?»

Legolas alzò le sopracciglia. «Cos'è successo a “cosa potrebbe mai essere più spaventoso delle orde di Mordor”?»

«Ho trovato la risposta: la lingua di mia sorella» disse Gimli immediatamente.

«Non vedo altro modo. E la tua lingua argentina li convincerà»

Gimli fece una smorfia. «Non sono altrettanto espressivo con una penna quanto con la lingua. E come dovrei iniziare una lettera simile?»

«Sei abbastanza bravo» disse Thorin, approvando immediatamente il piano «Dì le cose come stanno. Glóin non capirà all'inizio, non più di quanto non feci io. Ma non è uno sciocco.»

«Mia madre sarà preoccupata» sospirò Gimli.

«Mio padre sarà tremendo» disse Legolas «Ma cos'altro possiamo fare? L'alternativa è nasconderlo per lungi mesi, solo per comparirgli davanti, senza avvertimenti, al nostro ritorno.»

«Smettila di litigare, mia stella» gli disse Thorin.

«Ma è il suo metodo primario di comunicazione» disse Dáin. Frerin rise.

«Non parlerebbe mai più»

«Molto bene, lo farò, smettetela di deridermi» Sembrava che Gimli avrebbe preferito attraversare nuovamente i Sentieri dei Morti, ma mise una mano sopra quella di Legolas, sopra il piccolo fermaglio dorato «Lettera sia.»


«Non ne ho visto nemmeno l'ombra» sospirò Jeri «Tutte le mie guardie la cercano.»

«Ebbene, se avremo fortuna, non comparirà più» disse Bard, il labbro arricciato «Non desidero occuparmi di lei. Mi dà già abbastanza fastidio avere l'altro.»

«Perché mai hanno fatto questo?» gemette Mizim «Non rimane quasi nulla nella Montagna. Si lamentavano di non avere la loro parte, ed ora non c'è più niente.»

Bard aprì le mani. «Non posso risponderti» disse «Non ho mai capito le loro menti.»

«Se loro non possono avere tutto, allora nessuno avrà nemmeno una briciola» borbottò l'Elminpietra «No, non sono certo di capirli nemmeno io.»

Bard guardò l'Elminpietra, e il suo volto si addolcì. «Penso che andremo d'accordo, io e te.»

«Se non finiremo tutti col mangiarci a vicenda» disse Glóin cupamente «Dori, hai i risultati?»

Dori, il petto bendato strettamente e gli occhi cerchiati dal dolore, si schiarì la gola e fece una smorfia. «Sì, Signor Glóin. C'è solo un barile di vino rimasto.»

Un gemito collettivo si alzò attorno al tavolo.

«E niente birra» disse Dori in tono di scuse «Evaporata tutta, rapida come il baleno. C'è del pesce conservato, anche se forse ora sarebbe pesce affumicato?» Aspettò un istante, guardo i volti seri. Poi disse: «fate finta di niente, solo il mio modo di rallegrare un poco l'umore... ahem. Niente farina. È tremendamente infiammabile, purtroppo. Un baio di barili di mele ce l'hanno fatta. Della frutta secca.»

«Non era abbastanza prima» disse Barís, piuttosto tristemente.

«Hai provato» disse Bani, e si allungò per toccare cautamente la cantante sulla spalla «Almeno hai provato, eh?»

Barís annuì, senza parlare.

«Ora che gli Orchi e gli Esterling stanno partendo, forse potremmo cercare più a sud? Si potrebbe cacciare nelle zone settentrionali di Bosco Atro. Un piccolo gruppo potrebbe riuscire ad attraversare l'esercito a pezzi» suggerì Jeri, e si raddrizzò alla prospettiva di un viaggio.

«Questa è un'idea» Glóin prese un appunto «E c'è sempre il pesce.»

«Non molto» disse l'Elminpietra, e si massaggiò le tempie, le zanne di cinghiale schioccarono contro il suo orecchino «Un intero inverno con tre popoli intrappolati nella Montagna ha denudato il Fiume Flutti della maggior parte dei pesci. Nemmeno le anguille sono molte.»

Gimrís fece una smorfia. «Odio le anguille. Hanno un odore tremendo.»

«Tutto ha un odore tremendo» borbottò Bomfrís, e si portò le ginocchia al petto e ci avvolse attorno le braccia. Mizim le accarezzò la schiena.

«Ci sono delle bacche invernali sulla Montagna, o almeno c'erano» disse Bofur, grattandosi sotto il cappello «Dubito che agli Orchi piacciano. Sono buone nella torta.»

«Ti serve la farina per fare una torta» disse Thira, senza alzare lo sguardo dai conti di Dori.

«Oh» Bofur parve deluso «Vedete, Bombur l'avrebbe saputo.»

Ci fu un breve silenzio.

«Direi che abbiamo un giorno prima che tornino a galla vecchie tensioni e inizino a formarsi delle crepe» disse l'Elminpietra, e si strofinò forte il volto «Cos'altro possiamo raccogliere o cacciare?»

«Non abbastanza» disse Thira tristemente.

«I corvi potrebbero saperlo» disse Bomfrís, e si raddrizzò di colpo e scattò in piedi «Chiederò a Tuäc!»

«Tremo al pensiero di cosa un corvo possa trovare gustoso» disse Dori, mentre Glóin annuiva e se lo segnava.

«I maiali da battaglia» disse Dwalin, serio e infelice «Le capre.»

Gli occhi dell'Elminpietra si chiusero. Respirò profondamente col naso per un istante, prima di annuire una sola volta, brevemente.

«È un duro, duro colpo» disse Bard, con compassione.

«Non capisco» disse Laerophen, la fronte corrugata.

«I maiali non sono solo animali, sono come... un cavallo, e un amico. Sono intelligentissimi. E il Re era del posto da dove vengono i maiali» giunse una vocina sotto la sua sedia.

«Come fa ad entrare sempre dove non dovrebbe» sospirò Gimrís a Bofur, che fece spallucce.

«Che altro» disse l'Elminpietra, la voce rotta.

«Dovremmo continuare a tirare dai livelli più alti?» disse Merilin, e Selga annuì.

«Dovremo tutti stringerci le cinture, temo» annunciò Glóin, finendo la sua lista con uno svolazzo.

«Erano già il più strette possibile» disse Bani.

Glóin la guardò male. Era sul punto di risponderle quando il triste suono di un corno si propagò nell'aria. Fu seguito da un coro di altri suoni simili, tutti risuonarono nell'aria e si soffocarono contro la pietra.

«Oh, cosa c'è ora?» urlò Mizim.

«Qualcuno alla porta, suppongo?» disse Bard, e lo sguardo che lanciò all'Elminpietra era rassegnato e cupo.

«No» sussurrò Laerophen «Questo non è il corno degli Orchi.»


e così il mondo impara di nuovo a respirare

I giorni passarono, e Frodo e Sam non si svegliarono. Due intere settimane passarono, e loro dormirono. Incubi terribili li visitavano la notte, facendoli urlare nel sonno – ma ancora non si svegliavano. Aragorn non tentò più di chiamarli, ma si prendeva cura di loro lui stesso. Bagnava stracci nel brodo e nell'acqua e nel latte per loro, e premeva l'acqua con l'athelas sulle loro fronti.

«Sarebbe la cosa più crudele se non riuscissero a sopravvivere» sussurrò Fíli. Thorin lo guardò, e vide il profondo affetto che suo nipote aveva per quei due Hobbit, oltre a ciò che erano i suoi doveri. Sospirò in comprensione, e si tirò vicino Fíli.

«Abbiamo confidato nella speranza sinora» gli disse, e gli accarezzò il mento «So che è difficile, namadul. Ma sono forti.»

«Non devi dirlo a me» mormorò Fíli, e poggiò la fronte contro la spalla di Thorin. Thorin gli mise le braccia attorno, e insieme aspettarono un'altra notte, e altri incubi.

«Respira, Fíli» disse, con tutta la calma che poteva raccogliere «Respira.»


Cari Papà e Mamma, Gimrís e Bofur,

Sono vivo. Non sto male. Non sono ferito. Sto mangiando. Mi metto l'elmo, prometto.

Sono costantemente preoccupato della Montagna. Stanno tutti bene nella nostra famiglia? Siete sani e salvi? Ho udito della morte di Dáin, e piango con voi. Che Mahal lo protegga e si prende cura di lui. I nostri amici prosperano? Come sta Dale?

L'avrete saputo da altri messaggeri, senza dubbio, ma la Guerra è vinta infine e la Missione è riuscita. Il mio amico Aragorn è ora Re di Gondor ed Arnor, e c'è molto lavoro da fare. Ho messo il lavoro delle mie mani e della mia mente al servizio di ricostruire i Cancelli di Minas Tirith, e desidererei vedere molti del nostro popolo unirsi a me nel rendere forte sia la città che la nostra amicizia con gli Uomini. Inoltre, ho trovato il luogo più glorioso nelle Montagna Bianche sopra Rohan. Ne dovrò parlare col nostro nuovo Re. Ma non è di questo che parla questa lettera.

Ho trovato il mio Uno.

Ve lo direi con la mia voce e nella stessa stanza, se potessi. Ma le cose stanno come stanno e noi non siamo più sconosciuti, nemmeno qui a Minas Tirith. Invero, siamo piuttosto famosi, sembra? Comunque, tutto questo per dirvi: potreste udire le notizie per voci e pettegolezzi, ed io preferirei che lo udiste prima da me.

È difficile da mettere su carta, ma proverò in una volta sola, e forse farà meno male. Ecco: Potreste aver già dedotto che il mio Uno non è un Nano. Aye, non lo è. È un Elfo.

Per favore, mettete giù la lettera e non buttatela nel fuoco. Mamma, per favore non far buttare a Papà la lettera nel fuoco.

Gimrís, siediti su di lui se devi. Almeno finché non è abbastanza calmo per il resto.

Bofur, piantala di ridere.

Ecco il resto: Egli è Legolas Thranduilion, il figlio di Thranduil. È in effetti quell'Elfo che un tempo insultò Mamma e chiamò me un “goblin mutante”. Fa delle prima impressioni piuttosto pessime. È quasi mozzafiato, quanto siano tremende.

Bofur, ho detto di piantarla di ridere.

Non ho perso la testa. Non sto scrivendo da ubriaco. Non sono sotto qualche ridicolo incantesimo Elfico o stregoneria. Questa non è un interesse passeggero o un'infatuazione. Sono perfettamente consapevole di cosa sto facendo e di dove il mio cuore abbia trovato casa.

Lui non è come pensavo fosse. Io non sono come lui pensava fossi. Il passato è molto più complesso di quanto non ci sia mai stato detto. Eravamo entrambi completamente, totalmente, terribilmente nel torto. Su molte, molte cose. E ringrazio Mahal e tutti i Valar di sapere più cose ora.

La storia intera è lunga (e piena di camminate noiose, cavalli, barche e corse). Ma basti dire che i miei occhi sono stati aperti, e vedo molto più chiaramente ora che mai.

Legolas tornerà con me al Nord, dopo che avremo visto il nostro amico incoronato e gli Hobbit guariti, e dopo che avremo fatto un piccolo viaggio che ci siamo giurati di fare. Desideriamo sposarci. Legolas desidera incontrarvi, ed io desidero incontrare la sua famiglia ed il suo popolo.

Voglio solo pace fra il mio amato e la mia famiglia. Capirò se la vostra prima impressione sarà fredda, ma per amor mio, vi prego che voi ci riceviate, che lo ascoltiate con cuore aperto e senza veli, e lasciate il passato dove era – per ora.

Vi voglio bene. Mi mancate tutti tremendamente.

Gimli.

P.S. Va bene, Bofur, puoi ridere ora.


Mio amato Re e padre, miei cari e valorosi fratelli,

Sarò a casa prima che la neve cada nuovamente. Mi siete mancati. Molto. Le terre del sud sono più calde dei nostri boschi, ma i venti soffiano stranamente e gli uccelli marini urlano con voci difficili da ignorare. Mi mancano i nostri alberi e i nostri fiumi. Non ho udito accento Silvano in quanto mi sembra come decenni, e questi severi Galadhrim ed i Peredhil dagli occhi d'acciaio mi fanno sentire monco ed incompleto.

Aragorn è re, ma il suo regno è in rovine, esausto dopo secoli di cauti sospetti e guerra aperta. Gli olvar qua hanno fame di sole: il fumo di Mordor si dissipa, ma ha strozzato a lungo la vita di ciò che è verde e buono. Ho iniziato a sussurrare loro, convincendoli a mettere foglie e a crescere alti, ma le piante sono stanche e spaventate quanto le persone.

Desidero essere a casa, dove le radici selvatiche affondavano profondamente nella terra e nemmeno l'oscurità può strapparle. Presto, inizierò il viaggio. Ho una promessa da mantenere, di andare a sud per visitare le Montagne Bianche e da lì vedere l'Onodrim e camminare per le antiche foreste di Fangorn. Penso che approverebbero di ciò che faccio qua, con questi giovani alberi terrorizzati.

Dopo aver mantenuto la mia promessa e aver visitato montagne e boschi, i miei piedi mi porteranno a nord, e a casa.

Mio mar

Vorrei che incontraste mio

Porterò con me un ospite: Gimli, figlio di Glóin, un Signore dei Nani di Erebor. È uno dei Nove Viandanti, il campione di Galadriel di Lothlórien. Lei gli donò tre capelli della sua chioma.

Avete letto correttamente.

È anche colui a cui io dono

Lo amo.

Avete letto anche questo correttamente.

Mi addolora sapere che il mio amore vi turberà. Non lo amo per farvi un torto. Lo amo perché è coraggioso e gentile e nobile e ha un cuore grande. Perché ha occhi castani e un sorriso caldo, e le sue mani potrebbero rompere ossa ma mi abbracci con tanta delicatezza. Perché è Gimli, e nessun altro.

Scrivo queste parole non per avvertirvi, né ferirvi. Vi voglio bene, e sono orgoglioso di essere il vostro figlio e fratello, orgoglioso di camminare per la Terra di Mezzo con gli emblemi di Boscoverde. Scrivo queste parole per darvi tempo, e per prepararvi. Non vi sorprenderei con Gimli e con la natura della nostra connessione, né vi obbligherei ad accettarla, senza prima dirvi ciò che è accaduto.

Molto di ciò che sapete sui Nani è sbagliato. Vi prego, mettete da parte vecchie storie, caricature e sospetti, e incontrate Gimli con cuore aperto e occhi limpidi. Vi sorprenderà. È un'infinita sorpresa.

Non avevo affetto per lui inizialmente. Pensavo di odiarlo. Pensavo che ogni cosa crudele che sia stata mai detto fosse vera. Eppure egli è stato fedele, coraggioso e generoso e onesto, anche di fronte a terrore e dolore e disprezzo. Il nostro viaggio ha strappato queste false credenze, e lentamente ho imparato a vedere Gimli, come lui ha imparato a vedere me. Non appena lo vidi, lo vidi davvero, allora non potei fare a meno di amarlo.

Laindawar, ti prego di non disprezzarlo. È un Nano, sì, è più basso di te, ha una barba e un corpo grosso e robusto. È anche un grande guerriero, e anche se è rapido alla rabbia è rapido anche al perdono – e come perdona. Il suo cuore potrebbe contenere il mondo intero. Sa poco di alberi, ma molto di casa.

Laerophen, prego che tu non pensi di essere più saggio di lui. I Nani hanno perduto molto del loro sapere, per via della loro triste storia, ma c'è molto che noi non sappiamo né sapremo mai. Vede il mondo in modo diverso da me e te, ma non meno chiaramente. Ha segreti su segreti, i suoi occhi sono acuti, e la sua mente è rapida.

Padre, non posso non amarlo, nemmeno per t

Adar, perdonami per la direzione del mio cuore. E per favore non prosciugare le riserve di vino.

E inoltre prego che mi perdoniate questo: la nonna di Gimli era una Barbafiamma. Si chiamava Haban. Morì a Moria, durante la terribile guerra fra Orchi e Nani anni fa. Era una mercante onesta e che lavorava sodo, e viaggiava molto lontano, portando le sue merci da Ered Luin ai Colli Ferrosi. Era una persona leale e intelligente: le antiche storie fanno sembrare mostri il suo popolo, ma lei le smentisce. Era una brava Nana. Gimli ha i suoi capelli rossi.

Ultimo ma non meno doloroso: Egli è figlio di uno che imprigionammo, ottant'anni fa. Quello coi capelli toccati di fuoco e la cicatrice sulla fronte è Glóin, padre di Gimli. Thorin Scudodiquercia è cugino di Gimli. Derisi la sua famiglia e rubai la sua immagine, prima di aver mai veduto il suo volto.

Mi ha perdonato da molto, e perdonerà voi per amor mio.

Galadriel lo chiama “Portatore dei Capelli”, ma lui ha il mio intero cuore nelle sue grandi e dolci mani.

Spero solo che i vostri cuori siano gentili in cambio.

Vostro figlio e fratello,

Legolas Thranduilion, Principe di Boscoverde il Grane

TBC...

Note

Prima di essere conosciuto come Sauron (“Il Maledetto”) era conosciuto come Mairon (“L'Ammirabile”), ed era un Maia di Aulë.

Traduzione del Canto delle Aquile:
Cantate ora, gente della Torre di Anor,
perchè il Regno di Sauron è finito per sempre,
e la Torre Oscura è crollata.
Cantate e gioite, gente della Torre di Guardia,
perchè non fu vana l'attesa,
e il Cancello Nero è spezzato,
e il vostro Re l'ha varcato,
ed egli è vittorioso.
Cantate e godete, tutti voi figli dell'Ovest,
perchè il vostro Re tornerà,
e in futuro in mezzo a voi vivrà
tutti i giorni della vita.
E l'Albero appassito rifiorirà,
ed egli nei luoghi alti lo pianterà,
e benedetta sarà la Città.
Cantate quindi, o gente!

[Torna alla storia]

Dialogo preso dai capitoli “Il Campo di Cormallen” e “Il Sovrintendente e il Re”. Thranduil si riferiva al Capitolo 14, “abbastanza forti da frantumarsi”.

Tutte le fanart e i lavori ispirati a Sansûkh possono essere trovati sul blog dedicato.

   
 
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