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Autore: Deich_    28/04/2016    3 recensioni
La solita storia, con gli stessi protagonisti, nel solito bar.
Semplicemente uno sguardo nell'intricata rete di relazioni di chi nell'Underworld ci vive da sempre, le solite storie, le solite sensazioni, il solito trambusto generale di chi, come me, gestisce una locanda in questo posto dimenticato da Dio.
Le osservo da dietro il bancone e riporto qui, solo per voi, alcune delle storie più interessanti che si sono consumate al Grillby's.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Burgerpants, Grillby, Mettaton, Napstablook, Un po' tutti
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Furry
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Ciaossu, persona che sta leggendo questa fan fiction! Volevo precisarti qualche punto su questa storia, rendendoti anche magari più semplice la comprensione: inizialmente questa doveva essere una one shot, che iniziava e finiva con questo capitolo su NiceCream Guy e Burgerpants. Tuttavia, una volta arrivata in fondo, mi è venuta l'idea di ampliare la storia, di farla diventare un tassello di una cosa più grande. Quindi da ora " Stessa storia, stesso posto, stesso bar" è diventata una piccola raccolta di storie collegate tra loro che si riuniscono tutte assieme nell'ultimo capitolo, niente di così rivoluzionario in fin dei conti.... Comunque ti ringrazio in anticipo per aver scelto di leggere la mia storiella. Grazie <3








«Cos'altro posso fare per te?» Mormora con collaudata serenità, chinando appena la testa in un sorriso che, senza saperlo, riesce a gettarti in uno stato di angosciante mancanza d'aria.

Cos'altro puoi fare? Eh, cos'altro puoi fare, innanzitutto potresti smetterla di sorridere in quella maniera maledettamente innocente, potresti riprenderti questo maledetto gelato, darmi il tuo numero di telefono e magari dirmi a che ora stacchi. Potresti smetterla di fissarmi con quelle fottute biglie nere, potresti smetterla di farmi drizzare il pelo in questa maniera indecente, potresti mettere fine al capitalismo, potresti spararmi in fronte e mettere fine alle mie sofferenze, oh dannazione potresti fare un mucchio di cose ma per l'amor del cielo FALLE!

«Niente, sono a posto così» La voce atona e distaccata non è prevista, non è assolutamente voluta; nella tua testa la risposta doveva contenere una carica erotica impressionante, avresti dovuto rispondere con la mascolinità di un cowboy che saluta la contadina prima di cavalcare lontano verso il sole che tramonta, sexy, adulto, la voce di un individuo che non deve chiedere mai, non con quella di un morto che non vuole proprio saperne di rialzarsi dalla tomba.

Nessun "grazie" precede il suo cristallino "prego!", come al solito.
Hai ancora quei pochi secondi di tempo di ricerca delle monete e del pagamento per poter chiedere al tizio dei gelati se intende dare una svolta alla tua scialba vita portandoti fuori a cena, dopodichè rimanere lì fermo con un gelato in mano a fissarlo diventerà decisamente imbarazzante. Hai ancora quei pochi secondi di circostanza per dire qualcosa, qualunque cosa per attirare il suo interesse, dopodichè dovrai andartene.
Di nuovo.

La bocca è asciutta, secca come il letto di un fiume dove non scende una lacrima d'acqua da eoni, le zampe tremano appena ed i ciuffi di pelo aranciato sulle gote incominciano a drizzarsi come colpiti da una scarica elettrica.
Devi essere uno spettacolo terrificante, ragionevolmente vergognoso da diventare comico, tuttavia il tuo interlocutore sembra non farci caso: continua a sorridere con una tranquillità ed un calore che ti sembrano davvero sinceri. Il suo sorriso è totalmente diverso dai sorrisi a cui sei abituato: il sorriso di Infame-Schiavista-Mettaton ha più il colore della malizia, ha un che di sadico, di perverso, è più simile ad una zip che si scuce. Il sorriso di Catty e Bratty è un sorriso dai tratti ebeti e frivoli, sicuramente meno tossico di quello di Mettaton, ma decisamente privo di colore, incapace di strapparti una qualsivoglia sensazione di calore. Il tuo sorriso... Beh, quello è degno dei migliori musei dell'orrore, sconsigliato agli stomaci deboli; probabilmente è proprio quel sorriso orripilante, forzato e zoppicante ad impedirti di sfondare nel mondo del cinema.

Il sorriso di questo individuo - come si chiama? Non ne hai la minima idea, per quanto ne sai potrebbe anche chiamarsi "Mostarda" o " Il-tizio-carino-dei-gelati"- è tutt'altra cosa, tutt'altra categoria, è come un maratoneta fuoriclasse che decide di correre in un gruppo di sassi. 

Sbuchi fuori dalla massa aggrovigliata dei tuoi pensieri con un sussulto, accorgendoti in ritardo di essere rimasto con lo sguardo perso nel vuoto, l'espressione da ebete fotocopiata sul muso e la mano nei pantaloni alla ricerca del denaro. Se prima questo tizio poteva avere solo qualche sospetto circa il tuo essere uno a cui manca qualche lunedì, ora non deve avere più nessun dubbio. 
Esistono individui al mondo che dopo una simile figuraccia tenterebbero il tutto per tutto buttandola sul lato comico della cosa, tipo " ahaha ho le mani nei pantaloni ahahah non chiamare la polizia" cercando di conquistare con il loro carisma, ci sono persone che farebbero finta di nulla, un bluff, continuando a cercare le monete fingendo che la situazione sia assolutamente sotto il loro controllo.

Tu non sei nè del primo nè del secondo tipo. Sei indifendibile. Ti senti indifendibile. La tua formazione catastrofista ha la meglio su ogni altro pensiero logico, si fotta il carisma ed il controllo della situazione. 
Con la scritta "maniaco" in neon lampeggianti sulla fronte schiaffi le monete sul suo carrettino giallo, poco prima di correre via con la coda dritta.

-

«Beh, direi che non è andata poi così male» Commenta Grillby con lo sguardo fisso oltre le tue spalle, diretto verso un tavolo particolarmente chiassoso nell'angolo del locale.
«Ma mi hai ascoltato, dannazione? Sono rimasto a fissarlo con la mano nei pantaloni!» Grugnisci esasperato affondando la testa nelle zampe, i gomiti puntati sul bancone e le orecchie basse per la vergogna.

Il Grillby's si è trasformato da qualche mese a questa parte nel tuo 'rifugium peccatorum', la tua valle di lacrime, il confessionale, un confessionale sconsacrato dove si trova l'unico abbraccio consolatorio di cui hai davvero bisogno: quello degli alcolici. La tua ristretta manica di "amici" - definirli così ti fa ancora arricciare il pelo sulle zampe- ascolta per l'ennesima volta i tuoi drammi, i tuoi monologhi infiniti e ridicolizza la tua innata propensione al farti fuori. Tutto regolare.

«Ahahah, fare brutte figure con i pantaloni oramai è la tua specialità, Burgerpants» Bratty scoppia in una risatina stridula, coprendosi i dentoni affilati con le dita smaltate di rosa. Quanto la detesti. Riportare alla memoria l'evento che ti ha procurato il soprannome "Burgerpants" è decisamente quello che ci vuole per affondare ancora di più nella depressione più nera.

«Almeno questa volta non mi sono caduti, i pantaloni».
«Beh, se volevi passare il tuo agoniato appuntamento in carcere, quella era la strada giusta».
«Bratty!» Esclama Catty esasperata, colpendo leggermente le squame dell'amica con la zampa aperta «Possibile che tu non capisca la serietà della situazione? Se Burgerpants continua a comprare gelati nel tentativo di uscire con quel coniglio, il congelatore del ristorante esploderà!» Conclude la frase agganciandoti con i suoi occhi affilati, ricoperti di mascara e ombretto scintillante. 
«A te nemmeno piacciono i gelati, non puoi andare avanti così»

«Già» Sussurri debolmente, mentre la tua vena drammatica pulsa per avere un pochino di spazio in più nel discorso « In più se il bastardo scopre che sto usando il suo congelatore per raccimolare i gelati di un venditore abusivo mi prenderà a frustate»  Ed almeno su questo non ci sono dubbi.

«Grillby ho deciso. Mi faccio fuori questa sera. Domani finisco i giorni di vacanza, vedrai come s'incazza il bastardo quando si accorge che le vacanze me le prenderò per l'eternità» Muguli leggermente brillo, alzando debolmente il muso decorato da un sorrisetto sghembo verso il barista.

«Benissimo ma non t'azzardare a farlo qui dentro, che poi mi tocca spiegare alle autorità la tua fissazione per il cappio al collo e che per te il suicidio è anche la risposta quando il telecomando è troppo lontano dal televisore».
«Hai un vestito buono per il mio funerale?»
«Se ti sbrighi tengo questo» Commenta il barista lasciandosi scappare una risata complice - da quale bocca ancora non lo sai- che coinvolge anche il resto della compagnia, te compreso.

E' tra un bicchiere e l'altro, tra un'imprecazione di quella tua boccaccia che proprio non vuole saperne di starsene chiusa e qualche freddura di Sans che scende la sera, o meglio, il momento in cui gli abitanti dell'Underground incominciano a spegnere le luci artificiali lungo le strade.
Il buio, quello vero, il buio senza luna e senza stelle incomincia ad espandersi come una tazzina di petrolio rovesciato lungo tutte le case, le strade ed i giardini; è decisamente ora di rincasare, il buio pesto non piace a nessuno.
Saluti le sgualdrine - meglio conosciute come le tue "migliori amiche", appellativo con la quale, se ben ricordi, non le hai mai chiamate- e, le mani nelle tasche vuote, ti dirigi con passo dinoccolato verso il traghetto per tornare nelle Hotland prima che il freddo diventi eccessivamente fastidioso; Snowdin brilla anche a luci spente. I cristalli che continuano a cadere dalle fessure della roccia la rendono perennemente brillante, perennemente soffice, ricoperta da una trapunta di brillanti che danzano mossi dall'aria leggera: fa freddo, decisamente troppo freddo per un felino in maglietta senza maniche abituato ai calori confortanti, costanti, snervanti delle Hotland.

Muovi faticosamente le zampe  nella neve, incespicando nei tuoi passi con la grazia di un bisonte "dannata neve, dannato Grillby che proprio in questo ghiacciaio doveva aprire un locale" biascichi con la bocca impastata dagli alcolici ed il nasino umido intirizzito dal vento.
Un altro passo, cinque dieci, il mondo traballa, un botto, un rumore sordo. Ti ci vogliono quasi due minuti buoni per comprendere appieno di essere stato proprio tu a produrre quel rumore, finendo lungo disteso nella neve.

" Hai diciannove anni, non dovresti bere" la voce di Grillby rimbomba tra le pareti molli della tua memoria giusto per sfotterti quel tanto necessario da farti bollire di vergogna, da solo, riverso nella neve di una Snowdin serale.
«Esatto, ho diciannove anni. Ho diciannove anni ed ho già sprecato la mia intera esistenza» Mormora una voce che non sembra nemmeno la tua, falsata dalla botta dell'alcol e da una malinconia improvvisa che galoppa dritta contro i tuoi occhi socchiusi: una lacrima sottile, quasi invisibile, che facilmente potrebbe scambiarsi gli abiti con un fiocco di neve incomincia a scenderti lungo la guancia senza un vero e proprio perchè.

Rimani fermo nella neve fredda a compiangerti per un tempo che ti sembra infinito.

Il fallimento del test d'ingresso al college - dove "fallimento" è un pallido eufemismo per "catastrofica sequela di voti sotto lo zero"- il lavoro degradante all'MTT Burgher Emporium, il sogno di diventare un attore che sfuma ogni volta che osservi la tua immagine riflessa, le linee spezzate del tuo viso e le spalle incurvate, insomma, il libro della tua vita è decisamente privo di coccarde dorate di cui andare fiero ma non ti era mai capitato di planare in terra dopo una serata di bevute e scoppiare a frignare come un gattino.
Burgerpants, il più grande fallimento dell'Underground è qui per voi, gentili spettatori! Osservatelo bene mentre sfoglia l'album dei suoi ricordi da nullità dopo aver bevuto come una spugna solo grazie alla sua amicizia con il barista, guardatelo mentre cerca di rimettersi in piedi, ridete di lui, è un attore comico nato! Ma non finite le risate, mi raccomando, tenetene da parte qualcuna per quando lo troveranno, domani mattina, sepolto dalla neve che.....

«Ehi! Tutto bene? Ti sei fatto male?» Il sangue ti si ghiaccia direttamente nelle vene.

Oh no.

«Riesci a sentirmi?» La voce preoccupata del tizio dei gelati sovrasta gli ululati del vento, s'insinua nelle tue orecchie basse facendoti vibrare i battiti del cuore.
Oh no.

Sollevi il muso ricoperto di neve per incontrare i suoi occhi neri. E' inginocchiato accanto a te, le orecchie drizzate sul capo riccioluto, i fiocchi di ghiaccio che si adagiano come una cascata di piccoli diamanti sul suo pelo azzurro, sul suo viso dai contorni slabbrati dal nero: incantevole.
Provi ad imbastire una risposta convincente e rassicurante con il vocabolario dimezzato dalla confusione e dal batticuore, cercando parole e toni che non ricordi nemmeno come suonino.

«N-non preoccupar...ti, sto... Sto una favola. Sto... Sto andando a prendere il traghetto» Biascichi rialzandoti a tentoni, cercando un contegno che non riuscirai mai a trovare in quelle condizioni ridicole. Il tuo interlocutore scuote il capo perplesso avvicinando le zampe alle tue spalle tremanti.

«L'ultimo traghetto è partito da un pezzo! Lasciati aiutare..» Non riesci a fare nemmeno caso alla nota turbata della sua voce perchè l'esatto momento in cui ti tocca- ti tocca per la prima volta- tutto quel miscuglio di tentativi e scelte sbagliate che è il tuo sistema nervoso si spegne. Si spegne poco prima di esplodere in un cocktail di sirene spiegate e recettori sensoriali impazziti.
Boccheggi in cerca di aria.

«Mi permetti di portarti al caldo?» Ti sta sollevando con una forza che non sospettavi nemmeno, nascosta chissà dove tra quelle spalle esili e quelle gambe lunghe, fragili, strette nei pantaloni rossi della sua divisa da lavoro; il suo braccio che ti avvolge i fianchi, il tuo braccio che gli avvolge le spalle. Avanzate nella neve.
Ringrazi chiunque abbia intenzione di ascoltare per il buio che riesce a mimetizzare leggermente la tua espressione esterrefatta ed il tuo sguardo da cernia perso nello spazio siderale. Queste cose non succedono nella vita vera, o meglio, succedono solo alle belle persone, a quelle che se lo meritano, non agli errori di fabbrica e la sensazione scomoda di non meritare la sua vicinanza incomincia ad inquinarti l'umore. Insomma, in fin dei conti grazie a cosa sei riuscito ad avvicinarti all'unica altra personalità sulla faccia dell'Underground che riesce a trasmetterti quel calore così fottutamente piacevole? Grazie ad una sbronza. Una sbronza avuta per colpa della tua incapacità a rivelargli i tuoi sentimenti.

Decisamente onorevole! commenta la vocina fastidiosa sul fondo della tua mente; il saliscendi di emozioni ti stringe lo stomaco in una morsa di ferro.

Lo "Snowed Inn" incomincia a prendere forma davanti ai tuoi occhi offuscati, i suoi colori aranciati spiccano nell'oscurità come una candela in una grotta, ed il coniglio sembra dirigersi proprio in quella direzione. Provi a biascicare qualcosa circa la tua assoluta mancanza di denaro, ma dalla bocca escono solo miagolii incomprensibili che lui non sembra ascoltare nemmeno. Sembra particolarmente infastidito.
Altra fitta d'angoscia in arrivo.

All'entrata della locanda, la proprietaria, una coniglia dal pelo bianco, corto e dai riflessi color del miele, vi accoglie allarmata con uno scialle di lana sulle spalle. Provi ad ascoltare i bisbigli che si scambia con il tuo soccorritore ma ti è impossibile: il mondo sembra aver ripreso a vorticare. Fai appello a tutte le tue ultime, disperate forze rimaste per costringere le tue gambe a salire le scale, lentamente, dimenticando ad ogni scalino come avevi fatto a superare quello precedente, accompagnato dalla proprietaria e dal sempre presente ragazzo-carino-dei-gelati. La situazione ha un che di assurdo ed imbarazzante, se solo non avessi dimenticato come fare, a questo punto saresti già scappato a gambe levate per la vergogna.
Le pareti dello "Snowed Inn" sono rivestite da una carta da parati accogliente, colorata, economica, totalmente estranee ai rivestimenti di luci colorate e vetro brillante che ci sono all'MTT Resort dove lavori tutti i giorni. Sono incredibilmente accoglienti, non cercano di stupirti quanto di farti sentire a casa.



-



Il silenzio è insopportabile.
Entrati in una camera sul fondo del piccolo corridoio di legno, il protagonista delle tue fantasie più zuccherate degli ultimi mesi saluta la proprietaria con un cenno del capo, chiudendosi la porta alle spalle. Seduto sul bordo di un modesto letto dalle coperte azzurre resti a fissarlo senza riuscire ad aprire bocca, incapace di formulare qualsiasi frase di senso compiuto, mentre il calore del piccolo camino acceso incomincia a sciogliere i nodi della tua confusione.
Lui resta fermo sulla porta a braccia incrociate, inspirando ed espirando sovrappensiero. Chissà cosa gli sta passando per la testa. Non sembra affatto felice.

«Mi dispiace di aver fatto la figura del coglione. Senti, la verità è che credo di amarti e magari nemmeno io ti faccio troppo schifo. Possiamo passarci sopra e passare la nottata a coccolarci davanti al camino come fanno in televisione baciandoci tanto da farci male e dimenticandoci del mondo esterno?».
«Certo, Burgerpants».
«Ah, posso chiederti un'altra cosa?».
«Tutto quello che vuoi».
«Butta via i vestiti».
«Certo, Burgerpants».

Non va così. La conversazione si delinea in qualcosa tipo:
«E'... Accogliente qui. E' casa tua?».
«Più o meno. Quando torno a Snowdin alla fine dei miei spostamenti, questa è la camera che la proprietaria mi riserva».
«Molto... Accogliente, si, accogliente. Chissà chi è quel cane che le ha lasciato comprare un divano in pelle bianca».
«Quello l'ho scelto io».
«Fantastico, mai visto nulla di più bello».
«Certo. Facciamo che ti preparo un caffè» Conclude schizzando verso la piccola cucina con passo elettrico e gli occhi sfuggenti.

Mentre ti da le spalle cerchi con lo sguardo una via di fuga, qualcosa che possa davvero mettere fine a questa sofferenza e a questa vergogna infame, come una fune o del detersivo da ingoiare al posto del caffè.
Il pelo è talmente dritto che incomincia a farti male. Non saresti riuscito a commettere così tanti passi falsi nemmeno se ti fossi preparato con settimane d'anticipo un copione scritto da uno psicopatico. Senti montare dentro il bisogno spasmodico di scusarti in tutte le lingue del mondo, ma ne conosci soltanto una e non sei sicuro di come si faccia nemmeno con quella.
Parole che mai nella vita hai pronunciato come "mi dispiace", "scusa" e "farei di tutto ma cazzo sorridimi come facevi fino ad oggi pomeriggio" graffiano con le unghie e con i denti contro le quattro pareti molli della tua mente, mettendo in subbuglio ogni sicurezza, ogni piano fatto, incertezze che rischiano di farti esplodere il cervello.

Resti ad osservarlo per qualche secondo, è chino sulla piccola caffettiera di metallo nella piccola cucina munita di qualche piccolo suppellettile datato, le spalle curve e scosse da qualche piccolo tremolio, qualche fiocco di neve è ancora intrappolato nel cuiffo riccioluto e la sua coda color del latte si agita senza sosta; cazzo quant'è bello.

Com'è possibile che questa terra senza luce e senza Dio sia riuscita a dare i natali ad un /mostro/ così perfetto? E come hai anche solo potuto pensare che una personalità così chiara, pura e gentile potesse avere anche solo il minimo interesse per una macchia di fango come te? Sei solo un insetto spiaccicato sul parabrezza della sua vita.
E' la frustrazione a parlare, accompagnata da quel cuore che oramai non ti senti più.

«Mi dispiace. Scusami, scusami davvero. Ti sto facendo perdere tempo con le mie cazzate, mi sento uno schifo. Ero a bere con un gruppo di amici e devo aver decisamente esagerato...Ora tolgo il disturbo, non c'è bisogno di scomodars..»
«Insomma!» Esclama con voce tremante sbattendo le zampe eleganti sul lavello.

«Cosa ti è passato per la testa? Chi è stato a farti bere così tanto? Sei troppo piccolo per certe cose!» Nella sua voce non c'è un vero e proprio rimprovero o un vero e proprio fastidio come avevi creduto fino a qualche istante fa: c'è solo una preoccupazione dilaniante, una preoccupazione senza doppi sensi, una preoccupazione così gentile e sincera che ti stringe la gola senza lasciarti via di scampo. Le parole ti muoiono nella gola assieme alle scuse.
Cade nuovamente quel silenzio pesante come una trapunta in pieno Agosto.

Il coniglio sbarra gli occhioni neri e liquidi, portandosi le zampe alla bocca. 

«S-scusami non avrei dovuto!» Mormora colpevole senza sapere come incontrare il tuo sguardo. Adesso è lui a chiedere scusa? Com'è possibile? « Non... Non avrei dovuto, queste non sono cose che mi riguardano». 

E' senza pensarci troppo su che le tue parole accorrono da sole a salvare la situazione « No no, non preoccuparti, la colpa è mia. Evidentemente anche la mia coscienza ha preso dei giorni di vacanza dal lavoro». 
Menti, ben conscio che una coscienza nella tua testa non ci è mai passata nemmeno per sbaglio. Nonostante le tue risposte zoppichino, la tensione sembra smorzarsi appena. Nemmeno ti sei reso conto di avergli rivolto un sorriso gentile, cosa che, detta tra noi, nemmeno sapevi di riuscire a fare.
Ti risponde con un sorriso timido, incantevole, che sembra distendere almeno in parte i suoi muscoli tesi.
Perchè si comporta così? E' davvero preoccupato per te? Fatichi a crederci.

Da piccolo ti avevano insegnato che per farti degli amichetti saresti dovuto andare dagli altri dicendo " Tu come ti chiami?" oppure " Giochiamo insieme?" ma la tua mentalità prematuramente nicciana e impregnata di sfiducia nel prossimo ti ha sempre impedito di presentarti con questa formula sempliciotta, banale, svilente, priva di chiaroscuri. Gli altri mostri volevi osservarli, ma giocarci no; è per questo anche ora, trovandoti in questa situazione che andrebbe ben oltre i tuoi sogni più azzardati, nella camera dell'essere migliore che ti sia mai capitato di incontrare, non senti il bisogno di snocciolare le tue credenziali quanto di rubare ogni suo movimento per registrarlo per sempre nella tua memoria.
Il modo in cui spegne il fuoco sotto la teiera, la grazia con cui compie cose di tutti i giorni, tipo versarti il caffè bollente nella tazza o quel lieve e appena percettibile imbarazzo con cui ti si avvicina sul bordo del letto per porgertela. 

«Da come parli mi sembra di capire che tu sia più grande di me» Il tono da Santa Inquisizione non era voluto, ma oramai hai preso il largo e niente sembra riuscire a fermarti, o per lo meno a darti un tono.
Lui sorride appena sotto i baffi, coccolando la sua bevanda scura con lo sguardo « Sicuramente. La cosa ti mette a disagio?».
« Per niente».

Sta sorridendo. Grazie al cielo, missione compiuta. Incominci a bere il caffè, trovandolo al contempo la cosa più imbevibile e fantastica che ti sia mai capitato di sorseggiare. Lui se ne resta lì, a pochi centimetri da te, seduto sul bordo del materasso accanto al fuoco, le braccia appoggiate alle gambe e il muso nascosto tra le spalle.
«Dev'essere imbarazzante per te» Il tono della sua voce è ridotto ad un sussurro, sembra vergognarsi di qualcosa, ma non riesci a capire cosa. In una frazione di secondo che sembra durare secoli cerchi di capire con tutte le tue forze di quale vergogna possa provare Lui nei tuoi confronti, o per lo meno di cosa diavolo stia parlando.

«In che... Senso?».
«Ma si insomma...» E' in difficoltà. E' davvero in difficoltà per colpa tua? Cosa diamine sta succedendo all'universo? Si porta una mano alla nuca strofinandosi il pelo distrattamente, un'espressione di delicato imbarazzo si scioglie sul suo muso, i baffi dritti e le lunghe orecchie che proprio non vogliono saperne di scendere.

«Trovarti qui, di notte, dopo tutti quei messaggi... Dev'essere imbarazzante, chissà che idea ti sei fatto di me...» Non riesce a trattenere un nuovo sorriso, questa volta colpevole.
Che cosa. Diamine. Sta. Succedendo.

«Quali messaggi?» Lo stupore nella tua voce cattura la sua attenzione, facendogli trovare il coraggio necessario per guardarti dritto negli occhi.

«I messaggi che ti ho lasciato nella carta dei gelati. Penserai ora che io sia una qualche specie di maniaco che ti ha portato qui per...»

«Frena» Lo interrompi mentre la tua faccia si trasforma e gli occhi si strabuzzano tanto da rischiare di sfuggire fuori dalle orbite per la sorpresa.
«Mi stai dicendo che mi hai ... Scritto qualcosa nei gelati?».

«Si, il mio numero di telefono o alle volte qualcosa di carino che, ti prego, non chiedermi di ripetere ora. Non prendermi in giro, è impossibile che mangiandoli tu non li abbia visti».

Ahia.

«In realtà..» Anche volendo mettere da parte quello stupore palpabile, ora ti trovi davanti ad un bivio: dirgli che di tutti i suoi gelati non ne hai mai mangiato nemmeno mezzo - e passare dunque per un infame senza cuore, oltre che per stalker- o mentire. Mentire dicendo qualcosa del tipo " quando mangio i gelati strappo la carta fino a ridurla a coriandoli" o " sono talmente buoni che non aspetto nemmeno di scartarli, li mangio con tanto di plastica" nella disperata speranza che ti creda. 
Sei più propenso per la seconda scelta, la bugia incomincia a prendere forma nella tua testa, ma è la tua bocca a parlare, senza nemmeno avvisarti con un piccolo post-it.

«Non ho mai aperto i gelati» La sua espressione confusa è dolce come un'indigestione di miele fuso«  Non... Non mi piacciono le cose fredde, mi fanno male ai denti.»
«E allora come mai...».
«Speravo di trovare il coraggio per chiederti di uscire con me. Eppure ho passato mesi a collezionare buchi nell'acqua e gelati nel congelatore» ecco fatto, l'hai detto. La confessione ti brucia sulla pelle come un abito in fiamme, se non avessi il pelo la tua pelle sarebbe sicuramente diventata di un colore tendente al violaceo. I polmoni si chiudono a riccio, rifiutandosi di respirare ancora.

Vibri, letteralmente, dalla testa ai piedi.

Lui ti resta a guardarti con le sopracciglia inarcate, le labbra sottili che si aprono e si chiudono senza sosta ma anche senza produrre alcun suono. Non sembra arrabbiato, eppure il pensiero di averlo deluso incomincia a divorarti lo stomaco.

E poi succede. Arriva e basta, insperato ma terribilmente atteso, telefonato quanto imprevisto, il tuo primo bacio.
L'improvviso bruciarsi delle distanze, il suo pelo morbido contro il tuo, il suo nasino umido che si strofina con il tuo ed una frase che nemmeno hai ascoltato sussurrata praticamente labbra contro labbra «Posso?».
Certo che si dannazione, vuoi anche il permesso scritto?

Se in un qualsiasi film o in un qualsiasi libro avessi assistito ad un primo bacio così impacciato, improvviso e preannunciato dalla domanda "posso?" saresti scoppiato a ridere, l'avresti trovata la cosa più imbecille del mondo, e subito dopo avresti reclamato per una mancanza di epicità.

Eppure qui, nella vita vera, con tutte le sensazioni dei brividi sotto il pelo, la coda dritta ed il sangue che scende a cubetti non hai assolutamente bisogno di maggiore epicità, clichè o inutili, romanzeschi scatti di passionalità. Perfino la sua domanda assurda ti fa sciogliere il cuore.
Il bacio timido, appena accennato che il tizio-carino-dei gelati ti regala in una frazione di secondo contiene tutto il calore e tutte le certezze che andavi cercando da tempo, arriva in punta di piedi ed in punta di piedi se ne va, lasciandoti in un tornado di battiti del cuore decisamente esagerati.
Incantevole.

Il silenzio è rotto unicamente dal continuo scoppiettare del fuoco, le cui lingue si riflettono e si torcono negli occhi scuri del tuo ospite, a pochi centimetri dai tuoi baffi tremanti; ve ne restate immobili, fermi come statue di sale ad un soffio d'aria di distanza, ambedue col sapore dell'altro appena accennato sulle labbra.
Adesso arriva la parte difficile. Ci vorrebbe una frase ad effetto, o una qualsiasi spacconata per rompere questo silenzio che sembra avervi cristallizzati sul bordo del letto, lui con la schiena tesa nella tua direzione e tu con il caffè ancora stretto tra le zampe.

«Posso? Mi hai chiesto davvero il permesso?» Ancora una volta quella dannata boccaccia si apre senza permesso, accompagnata da una risatina soffocata. Lui - hai appena baciato un mostro di cui non conosci nemmeno il nome - arriccia le labbra in un altro sorriso, l'ennesimo che puoi fotografare mentalmente e chiudere per sempre nell'archivio privato, poco prima di scoppiare a ridere.
«Oh insomma mi è scappato!» Ridacchia coprendosi il muso con le zampe, senza staccarti gli occhi di dosso. 

«Ed il primo bacio del nostro beniamino fu preceduto dall'accattivante domanda "Posso?" » Ti senti borbottare sghignazzando a tua volta, sentendo per la prima volta nella serata lo spasmodico bisogno di fumarti un pacchetto intero di sigarette.
«Ma se lo dici così la fai sembrare una cosa orribile!» Pigola schiacciandoti questa volta la zampa sul muso, allontanandoti appena dal luogo del delitto. «Era il tuo primo bacio?»

Avvampi.
E tanti cari saluti alla mascolinità del cowboy che eccetera eccetera eccetera.
«Già. E nonostante tutto posso assicurarti che non è andato per niente male» Ti sei sempre immaginato questo primo bacio come qualcosa di avvolgente, struggente, passionale e devastante, una nottata di passione che non lascia spazio al mondo esterno. I fuochi d'artificio, la colonna sonora che aumenta di volume e le lacrime del pubblico in sala, seguiti dai titoli di coda. Applausi, pianti, fiori sul palco, il pubblico che chiede il bis.

Invece ad avvolgerti è solo una serenità disarmante, totalizzante, la sensazione che tutto sia al suo posto sul grande scaffale della vita, nel grande magazzino delle scartoffie dell'universo stesso. Un fiume di parole incomincia a scalfire il duro cristallo del tuo abituale mutismo, accompagnato da una luce negli occhi che non avresti riconosciuto tua nemmeno guardandoti nello specchio.

«Intendi raccontarmi qualcosa di te adesso?»
«Hai tempo?»
«Ho tutta la notte».  
  
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