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Autore: Itsamess    28/04/2016    2 recensioni
[Steve Rogers + Bucky Barnes]
Idealmente ambientata dopo CATWS: Bucky lascia il lato oscuro e si unisce allo SHIELD, ma la sua prima, nuova, missione è recuperare un rapporto ammaccato dal tempo più di uno scudo di vibranio.
Bucky fece un passo verso di lui ma si fermò nel vedere l’amico indietreggiare. Davvero aveva paura di lui? Non gli avrebbe mai fatto del male.
Mai più, almeno.
«Steve-»
«Il fatto è che mi manchi. E vorrei poterti abbracciare in questo momento ma non riesco a smettere di pensare che abbracciandoti potresti pugnalarmi alla schiena. Quindi non lo farò. Perché non ce la faccio. Non ora»
Steve parlava a scatti, come se ogni parola gli costasse un quantitativo di energia superiore alle sue forze e dovesse fermarsi per riprendere fiato.
«Ma sappi che mi manchi. Sono- anni che mi manchi»
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Sai, non mi ricordavo davvero di avere scritto questa parola nel taccuino, eppure non so come ho potuto scordarmela! Queste serate revival sembrano davvero grandiose!»

C’era una ragione per la quale Steve non ricordava di aver scritto quel punto della lista, ed era perché in effetti non lo aveva mai fatto.
Era stato Bucky ad annotare quelle due parole in uno dei pochi angoli bianchi rimasti sul taccuino, approfittando di un momento in cui il suo possessore si trovava sotto la doccia. L’idea di aggiungere delle nuove voci alla lista delle cose da scoprire in realtà gli girava in testa da un po’, complice da una parte il desiderio di continuare a passare del tempo spensierato con Steve e dall’altra la poca voglia di tornare al lavoro allo S.H.I.E.L.D… eppure si era deciso ad aggiungerne una, solo una- e poi tutto sarebbe tornato come prima - quindi l’aveva scelta con cura.
 
La serate revival non erano solo una festa, ma un vero e proprio ritorno.
La musica, i vestiti, l’atmosfera… tutto gli sembrava familiare, per una volta. Per anni aveva vissuto come un estraneo in città sempre sconosciute. ad ogni risveglio era uno straniero a sorridergli di rimando allo specchio e uomini mai visti prima gli avevano dato ordini in lingue ignote, che solo con il tempo aveva imparato a capire. Ci aveva fatto l’abitudine, alla fine, eppure il costante senso di estraneità non lo aveva mai abbandonato davvero, fino a quel momento, lì con il suo migliore amico, di nuovo negli anni ‘40.
 
«Bella festa, vero?» domandò con voce un po’ indecisa, senza osare guardare negli occhi Steve, che da quando erano arrivati non si era ancora mosso dalla parete - come del resto faceva sempre quando si trovava ad una festa danzante. Il moro notò con un po’ di sollievo che anche se in tutti quegli anni il mondo era completamente cambiato rispetto a quello a cui era abituato, l’amico era rimasto lo stesso e riusciva ancora a fare un’impressionante imitazione della carta da parati.

«Sembra di essere di nuovo a casa!»  disse il biondo quasi gridando, per farsi sentire sopra alla musica, alle risate e al rumore di sottofondo del locale.

Per un attimo Bucky ebbe paura che l’amico si stesse lamentando che  quel punto della lista lo conoscessero già – dal momento che entrambi avevano realmente vissuto negli anni ‘40 – ma poi lo sentì aggiungere con la voce appena velata di malinconia «Come se avessimo trovato una macchina del tempo e fossimo riusciti a tornare indietro… e anche questa canzone-»
«- sembra quella della sera in cui mi sono arruolato, già» finì la frase l'altro.
 
La canzone naturalmente era un’altra, perché alle serate revival la musica spesso è solo in stile vintage e non è quella originale, ma non importava davvero, perché aveva comunque l’effetto di catapultarli indietro nel tempo e di farli sentire ancora giovani e innocenti e felici - due ragazzini di Brooklyn che giocano con soldatini di latta, si appuntano medaglie fatte di cartoncino e vanno alle Esposizioni Universali con la scusa dell'appuntamento a quattro solo perché fare un’uscita a due fa troppa paura.
Intanto la musica continuava a rimbombare nelle orecchie e nel cuore di Bucky tanto forte da fargli vibrare tutta la cassa toracica, come quando aveva assistito ad uno spettacolo di fuochi artificiali o quando si era reso conto di essere innamorato di Steve, un pomeriggio d'autunno.
E lo amava ancora, dopo tutto quel tempo. Potevano anche suonare i Bee Gees, per quanto gli importava, tanto tutto quello che voleva era avere un pretesto per poter stringere a sé l’altro. Un pretesto per recuperare in 3 minuti e 36 secondi i 70 anni di lontananza che li dividevano irrimediabilmente,  quindi porgendogli la mano gli chiese se voleva ballare. 
 
Era una domanda retorica, naturalmente: prima di tutto perché non avrebbe accettato un no come risposta ed in secondo luogo perché era certo che Steve non aspettasse altro.
O almeno così pensava.
 
«Meglio di no, Bucks»
 
Bucky lo guardò scuotere la testa con un sorriso triste, restando immobile contro la parete.
Diceva sul serio?
«Qual è il problema, scusa?»
 
«Sempre il solito» rispose Steve distogliendo lo sguardo
 
«Ovvero?»
 
«Davvero non te lo ricordi?» gli domandò il biondo con una punta di esasperazione nella voce, prima di ripensare che in effetti l’HYDRA doveva aver azzerato la memoria di Bucky decine di volte, quindi qualche vuoto qua e là era comprensibile.
Prese un profondo respiro per calmarsi e cercò di decidere se raccontare o meno a Bucky dell’ultima volta che avevano ballato insieme, anche se era stato solo per pochi secondi: era successo proprio alla festa organizzata per salutarlo prima della sua partenza per il fronte. Steve si era sentito morire alla sola idea di doverlo salutare senza sapere se sarebbe tornato,  eppure alla fine aveva accettato a partecipare alla serata di commiato. Non poteva mancare, Bucky non glielo avrebbe perdonato.
Erano bastati pochi bicchieri per ubriacarsi – un tempo l’alcool non lo reggeva proprio – lui che di solito era l’autista designato, l’amico astemio che riportava indietro tutti. No, quella notte aveva bevuto, solo per il gusto di farlo e per dimostrare a Bucky che era cresciuto e che non doveva preoccuparsi per lui, perché se la sarebbe cavata anche da solo. Naturalmente le cose non erano andate proprio come pensava: aveva dato di stomaco dopo la quarta birra e Bucky era andato in una di quelle farmacie notturne a comprargli un'aspirina perchè gli passasse la sbornia. Davanti ad un bicchiere pieno di liquido effervescente, Steve sottovoce aveva chiesto all’amico di ballare - perché era un idiota, aveva tutta una sua teoria sul primo ballo della vita, sul fatto che lo si dovesse fare con la persona giusta, aspettandola anche per sempre se necessario, solo che la sua persona giusta stava per partire per l'Europa per non tornare forse mai più – e lui gli aveva detto di sì, probabilmente perché Steve gli faceva pena, o perché non voleva lasciarlo solo e sbronzo in balia dei suoi amici o perchè forse aveva bevuto anche lui e non sapeva quel che diceva. 
Qualunque fosse il motivo,  gli aveva detto sì per davvero e lo aveva trascinato fuori dalla tavola calda perché non li vedesse nessuno, anche se volevano solo ballare, non commettere un crimine. In ogni caso quel nascondiglio non li aveva protetti abbastanza: un gruppo di ragazzotti in cerca di guai li aveva pestati a sangue nel parcheggio, tanto forte che Bucky aveva rischiato di vedersi revocare l’autorizzazione a partire per il fronte a causa di tutti quei lividi. 
Steve aveva sempre evitato con cura di parlare di quell'episodio e persino quando si era confidato con Peggy aveva preferito non scendere nei dettagli. Durante un viaggio in auto aveva solo buttato lì, distrattamente "mi hanno pestato dietro a quella tavola calda". La ragione era rimasta un segreto.
 
«Cosa non mi ricordo?» gli domandò il moro con insistenza, avvicinandosi a Steve.
Il triste episodio era ancora vivido e pulsante come una ferita nella sua memoria, mentre sembrava essere stato rimosso da quella dell’amico. Ed era meglio così, perché era un ricordo pieno solo di urla e lacrime e calci e pessime idee - le immagini scorrevano a velocità accelerata nella testa di Steve, come i fotogrammi di un film che avrebbe preferito non dover vedere mai più.
Non voleva costringere Bucky a rivivere tutto di nuovo, perchè aveva già sofferto abbastanza da espiare tutte le colpe che gli si potevano attribuire e non si meritava una nuova dose di dolore, quindi scrollando le spalle rispose, semplicemente  «Niente di importante… è solo che credo di aver cambiato idea. Ti va di ballare?»
 
In realtà vorrei baciarti pensò Bucky, ma non glielo disse – disse invece «Con molto piacere» e si avviò con lui sulla pista da ballo. 

Quella notte, in un modo o nell’altro, stavano entrambi infrangendo la Seconda Regola dell’Amicizia tenendosi dei segreti a vicenda.
Un segreto solo in realtà, dal momento che era lo stesso per entrambi e più specificamente era l’amore che provavano l’uno nei confronti dell’altro: ognuno ballava illudendosi di aver saputo celare bene i propri sentimenti, eppure se così fosse stato Tony Stark non li avrebbe presi in giro fin dal primo giorno, vedendoli litigare per l’ultima fetta di pizza. 




Angolo dell'autrice
ciao a tutti voi people!
Eccomi di ritorno con il tanto annunciato capitolo angst, che actually prende origine da una battuta di Steve nel primo film, quando lo si vede in auto con peggy per le vie di brooklin. Mi sono chiesta per quale motivo fosse stato preso di mira così spesso da essere pestato nella maggior parte dei vicoli e questa è una possibile e terribile risposta. 
Le serate revival - e i locali revival - esistono veramente e sono piuttosto awesome, per intenderci sembrano il flashback di Cap in avengers age of ultron, solo in versione 3D e interattiva (manca solo Chris evans in pratica). Se volete farvi un'idea della canzone, io avevo in mente questa cover di All of me in versione vintage: https://www.youtube.com/watch?v=UXS52TSweKc
(tutte le cover del gruppo sono stupende, by the way)
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate :)
Un abbraccione 
Itsamess


  
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