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Autore: Mary P_Stark    29/04/2016    3 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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6.
 
 
 
 
La primavera giunse con i suoi profumi, le piogge frequenti e gli arcobaleni misti a nubi dai colori plumbei e funesti.
 
Le strade erano in grado di diventare autentiche paludi, così come stagni rinsecchiti e rugosi.
 
Colline e prati si tinsero di verde e oro, mentre la vita a Green Manor procedeva senza scossoni.
 
Rientrato a Eton per terminare gli studi, Wendell scriveva regolarmente a casa, lagnandosi della lontananza da casa e dei troppi compiti.
 
Su richiesta stessa di Kathleen, Christofer aveva comunque deciso di ritirarlo con il finire dell’anno scolastico.
 
Avrebbe proseguito gli studi a casa, con precettori privati.
 
Quel poco che rimaneva degli Spencer, avrebbe dormito sotto lo stesso tetto, da quel momento in poi.
 
Per quanto non vi fossero più notizie di Peter Chappell da mesi – forse, era espatriato, o morto in un canale, Christofer non lo sapeva – preferiva non correre rischi.
 
Un coltello nella notte, così come del veleno nella ciotola di porridge, non erano sistemi così inusitati per far perire una persona indesiderata.
 
Già essere un cadetto, non era semplice. Avere anche un nemico alle spalle, che si nascondeva abilmente tra le ombre, era peggio.
 
Forse, Christofer esagerava in prudenza ma, visto ciò che l’ex dragone di Sua Maestà era stato in grado di fare, ogni sua azione non gli pareva esagerata.
 
Nel sistemare l’ennesimo incartamento nell’apposita carpetta, Christofer si stirò le lunghe braccia prima di alzarsi dalla poltrona.
 
Sorridendo sghembo nello scrutare il suo bastone nell’angolo dello studio, tornò col pensiero ai suoi primi mesi di ritorno dal mare.
 
Gli era parso che nulla potesse andare per il verso giusto, e che il suo destino fosse di vivere nel dolore.
 
Invece, il Fato aveva posto sul suo cammino l’unica persona in grado di renderlo veramente felice.
 
Kathleen si era dimostrata una compagna divertente, maliziosa e piena d’iniziativa.
 
Non solo non si era mai mostrata pudica in camera da letto – cosa che lo aveva deliziato – ma era stata ben lieta di soddisfare i suoi appetiti…  e i propri.
 
Sulle prime, Christofer non si era trovato molto a suo agio, nel chiederle tanto ma, dopo le iniziali reticenze, si era man mano lasciato andare con lei.
 
Sapeva sempre come stupirlo, questo era fuor di dubbio.
 
Passandosi una mano sul torace, Christofer stirò le labbra per il dolore quando sfiorò uno dei graffi freschi lasciatigli dalla moglie.
 
La notte precedente erano stati particolarmente focosi, quasi Kathleen volesse dimostrare qualcosa.
 
Di sicuro, lui non aveva disdegnato quel suo prendere l’iniziativa.
 
Anche se ora il petto gli doleva alquanto.
 
E parlando del diavolo…
 
Sorridendo spontaneamente quando scorse sulla collina vicina le figure di tre cavalieri, si mosse per uscire dallo studio.
 
Quando, però, notò il passo tranquillo con cui Thunder stava rientrando alla villa, si accigliò.
 
E da quando Kathleen non lo lanciava al galoppo sfrenato?
 
Erano più le volte in cui lui la redarguiva per gli eccessivi rischi presi, di quelle in cui lei riusciva a non farlo morire di paura.
 
Quindi, cos’era quella novità?
 
Muovendosi lesto, uscì dallo studiolo per raggiungere le scale e, divorati i gradini sotto di sé, raggiunse in fretta una porta secondaria che dava sul cortile.
 
Lì, attese impaziente il loro rientro e, quando le tre cavalcature oltrepassarono i cancelli, Christofer non seppe più aspettare.
 
Si mosse verso di loro, attirando l’attenzione del cavallo di Kathleen che, nitrendo, allungò il passo fino a fermarsi nei pressi del conte.
 
A quel punto, Christofer impallidì e, sfiorando una gamba della moglie, esalò: “Dio, tesoro, ma cos’avete?”
 
Lei tentò di sorridere, ma il suo colorito verdognolo non tranquillizzò affatto il marito, che si affrettò a farla scendere.
 
Kathleen accettò di buon grado l’aiuto ma, invece di rimanere accanto al marito per fornirgli informazioni, corse via fino alla prima aiola… e diede di stomaco.
 
Ora terrorizzato, Christofer lanciò un’occhiata inferocita a William, che se ne stava al fianco di Zeus senza battere ciglio.
 
Uguale sorte subì lo stalliere che li aveva accompagnati – Paul – che, come William, stava osservando il proprio datore di lavoro con aria quasi divertita.
 
“Ma che vi prende?!” sbottò l’uomo, raggiungendo in fretta la moglie.
 
Kathleen, però, levò un braccio per fermarlo e, con voce gracchiante, borbottò: “Sto bene, tranquillo. Non morirò di certo per un po’ di nausee.”
 
“Nausee? Ma se non avete mangiato che un frutto e poco altro, a colazione! Non capisco cosa…” cominciò col dire Christofer, prima di lanciare una seconda occhiata ai suoi due dipendenti.
 
William e Paul si erano fatti più vicini, attenti a intervenire se necessario, ma non particolarmente ansiosi o preoccupati.
 
Quindi, era…
 
Impallidendo maggiormente, Christofer esalò: “Siete… incinta?”
 
“Ne avevo il sospetto” assentì la moglie, pulendosi la bocca con un fazzoletto prima di rimettersi diritta.
 
Sorrise tranquilla al marito, che ora non aveva un aspetto del tutto salubre, e chiosò: “Ci sono già passata, ricordate? Oh, no, in effetti, no… eravate già partito, quando scoprimmo che ero rimasta incinta, perciò…”
 
Christofer non la lasciò finire.
 
La prese in braccio, facendola strillare per la sorpresa e, furioso come una serpe, esclamò: “E voi ve ne andate in giro per la campagna, con mio figlio nella pancia, come se niente fosse?! Devo forse rammentarvi cos’è successo la prima volta?!”
 
Incurante delle occhiate sconvolte della servitù, il conte condusse su per le scale la moglie, seguito a pochi passi da un silenzioso William.
 
Abbaiando ordini al primo valletto che trovò sulla sua strada, si fece aprire la porta delle sue stanze e, una volta lì, depositò Kathleen sul letto.
 
Christofer la scrutò ansioso, forse cercando segni di un qualche genere di sofferenza, ma nulla trovò se non un sorrisino indulgente.
 
Sulla porta, si udì un quieto bussare e, volgendosi a mezzo, il conte scorse William.
 
“Entrate, e chiudete la porta” brontolò Harford, mentre un paziente William faceva come ordinatogli.
 
“Sicura di stare bene?” mormorò ancora Christofer, sfiorando il viso della moglie con il dorso della mano.
 
“Marito caro, respirate a fondo, sedetevi e poi respirate di nuovo. Sembrate sul punto di svenire” replicò la moglie, sistemandosi meglio contro i cuscini del letto.
 
Lui fece come consigliatogli e William, raggiuntili, asserì: “Mi sembri più salubre, ora.”
 
“Dare di stomaco aiuta. E dire che avrei dovuto saperlo, di non dover mangiare i panini dolci. Anche l’altra volta, non riuscivo a tenerli nello stomaco” si lagnò Kathleen, come se nulla fosse.
 
Christofer li fissò arcigno per diversi attimi prima di sbottare.
 
“Come potete parlare con così tanta calma di ciò che è successo?! Stavate male!”
 
“Vuoi spiegare a mio marito come mi sentivo le settimane precedenti l’aborto, William? Temo che, se glielo dicessi io, non mi crederebbe.”
 
“Come desideri, Kathleen” assentì il fratellastro, sorridendole. “Devi sapere, Christofer, che Kathleen è stata male tutto il tempo. Riusciva a stento a uscire dalla sua stanza. Nessuno si è sorpreso del suo aborto, pur se tutti speravamo che non succedesse.”
 
Pacificato solo in parte dal racconto dell’uomo, il conte tornò a scrutare la moglie che, in effetti, aveva recuperato un bell’incarnato roseo e fresco.
 
“Quindi… ora state bene?”
 
“Così bene che vorrei un po’ di tè e qualche fetta di torta al limone. Anzi… William, puoi chiedere a Bess se, per cena, può prepararmi del pan di zenzero e qualcosa di acidulo? A lei la scelta.”
 
“Nessun problema” assentì William, salutando entrambi prima di allontanarsi dalla stanza.
 
Rimasti soli, i due coniugi si scrutarono vicendevolmente per alcuni secondi.
 
Fu Kathleen a muoversi per prima.
 
Aprì le sue braccia per Christofer e, nell’accoglierlo nel suo abbraccio, mormorò: “Non dovete spaventarvi così… è normale che io sia un po’ sottosopra.”
 
“Non ho affatto badato al tempo che passava. Scusate” replicò lui, baciandole la punta del naso.
 
“Neppure io, se è per questo, ma avrei dovuto capirlo dal dolore ai seni. Anche se, a onor del vero, quello poteva dipendere dalle nostre attività notturne” lo prese in giro lei, facendolo sorridere divertito.
 
“Quindi, avete idea di quanto siate?”
 
“Non di sicuro, ma direi di un mese, un mese e mezzo. Al massimo due. Potrei anche essere rimasta incinta subito dopo il nostro primo rapporto, ma non è detto” gli spiegò analitica, tamburellandosi un dito sul mento con fare pensoso.
 
“Chiameremo il dottor Wilson, e lui saprà dirci qualcosa di più preciso” le propose, sollevandosi a sedere, già pronto a muoversi per darle tutto il necessario.
 
Kathleen, però, lo trattenne e, sorridendo timida, gli domandò: “E… e se non fosse un maschio? Che direste?”
 
Lui scoppiò a ridere, le diede un bacio sulla bocca timorosa e chiosò: “Se sarà come voi, avrà vita dura. La terrò rinchiusa in una torre, lontana dagli sguardi lascivi degli uomini fino ai… trent’anni o giù di lì. Il pensiero che qualcuno la tocchi come io faccio con voi… no, non voglio neppure pensarci.”
 
“Ma succederà” lo mise in guardia lei, sorridendo divertita.
 
“Giammai! Non con me come padre! Le troverò io un uomo degno di lei e, prima di farli sposare, detterò a costui patti così rigidi che non si sognerà neppure di notte di torcerle un capello, o di non farla felice come merita” replicò lapidario il marito, andandosene per raggiungere la porta.
 
“Una figlia non potrebbe avere padre migliore” motteggiò Kathleen, mentre Christofer le sorrideva nell’uscire.
 
Nelle tre ore successive, Green Manor fu in totale subbuglio e, quando finalmente il medico uscì dalla camera padronale, si ebbe il responso.
 
La contessa era in effetti incinta e, con tutta probabilità, di almeno un mese e mezzo.
 
Se tutto fosse andato secondo natura, nel mese di ottobre sarebbe risuonato il vagito di un neonato, entro quelle mura.
 
Christofer fu così lieto della notizia che diede a tutta la servitù la serata libera, perché festeggiassero come desideravano la lieta novella.
 
In molti, comunque, preferirono rimanere a palazzo per essere a disposizione della coppia e, quando Bess portò in prima persona il pan di zenzero alla contessa, la donna le disse: “Ci ho messo anche un po’ di cannella. Se non ricordo male, la reggevate bene.”
 
“Sì, avete una memoria ferrea, Bess” assentì Kathleen, ringraziandola con un sorriso.
 
“Ancora felicitazioni a entrambi” mormorò la cuoca, sorridendo alla coppia, prima di defilare.
 
Whilelmina, accomodata su una poltroncina negli appartamenti del figlio, dichiarò: “Sei così solare, figliola, che supererai i primi tre mesi senza neppure accorgertene.”
 
“Sono già a metà strada, dopotutto” chiosò Kathleen, addentando famelica il pan di zenzero.
 
Un attimo dopo, mugolò e, subito, Christofer domandò: “Non vi piace?”
 
Kathleen, allora, sospirò e, nell’allungargli un pezzo di pan di zenzero, borbottò: “Mugugnavo per il piacere. Christofer, davvero, non vorrete farvi venire un infarto tutte le volte che sospiro, spero?”
 
Accigliandosi, il marito replicò fosco: “Chiedo venia, mia signora, ma io non posso sapere come vi sentite. Non sono io a essere incinta.”
 
La moglie sorrise divertita e, scambiata un’occhiata sorniona con la suocera, celiò: “Non credo che gli uomini potrebbero sopravvivere a tanto.”
 
“No, cara. C’è un motivo se la Natura ha concesso a noi un simile dono” assentì la contessa madre, sorridendo indulgente al figlio.
 
“Siate serie, per favore!” sbottò il conte, fissandole entrambe con riprovazione.
 
Kathleen e Whilelmina, allora, esplosero in una risata gaia e Christofer, vistosi sconfitto, si scusò con entrambe e uscì dalla stanza.
 
Contro due donne coalizzate, era impossibile spuntarla!
 
Raggiunto che ebbe le stanze di William, nell’ala della servitù, bussò un paio di volte e, quando l’uomo aprì, domandò: “Ti va di bere qualcosa con me?”
 
“Scacciato dalla tua stessa stanza?” domandò William, sorpreso.
 
“Fuggito a gambe levate da due donne irresponsabili” replicò Christofer, spazientito.
 
William allora rise sommessamente, uscì dalla stanza e, assieme al conte, si diresse in cucina, dove i locali apparivano stranamente tranquilli.
 
Lì, l’attendente prese un paio di bicchieri, una bottiglia di brandy e, dopo averne servito per entrambi, mormorò: “A voi e al vostro bambino.”
 
Christofer accettò il brindisi e, con un tintinnare di bicchieri, entrambi gli uomini si scolarono il brandy.
 
Servitosene un secondo, il conte borbottò: “Io cerco solo di rendermi utile. Dopotutto, la prima volta che successe, ero in mare. Questa volta, sono qui, e voglio essere una spalla, per lei. Eppure, loro mi prendono per i fondelli.”
 
“Si rallegrano perché tutto sta andando bene, Christofer, non perché desiderino prendersi gioco di te. Credimi, Kathleen non era neppure lontanamente così forte e sana, la volta scorsa. Non l’avresti riconosciuta. Per questo, siamo tutti così rilassati” lo rincuorò William, bissando a sua volta con il brandy.
 
“Fu così brutta?” gli domandò il conte, tremando al solo pensiero.
 
William si fece serio, a quella domanda, e assentì.
 
“Fu angosciante vederla così debole e fragile, e non poterle stare accanto quanto avrei voluto. Avrei voluto vegliare su di lei notte e giorno, confortarla… ma non mi era permesso dal mio status di attendente.”
 
Nel dirlo, sorrise mesto, e Christofer imprecò.
 
Era un tale scorno che, un giovane così valente e intelligente, non potesse reclamare il suo posto all’interno della società.
 
Molti figli illegittimi erano stati riconosciuti dai propri genitori altolocati, e a loro erano stati concessi possedimenti o cariche militari.
 
Nel caso specifico, però, non sarebbe venuto nulla, da Barnes.
 
Se, anzi, fosse venuto a conoscenza della reale identità dell’attendente della figlia, sarebbe successo un disastro.
 
No, da quel frangente sarebbero giunti solo guai.
 
Però, quanto a lui…
 
Levando il viso a scrutare il cognato, Christofer mormorò: “Sei sicuro di poter sopportare di rimanere nella servitù a vita? Dopotutto, sei figlio di un barone. Potrei destinarti un terreno poco fuori York, con una piccola tenuta da mandare avanti. Sarebbe più che dignitoso e…”
 
Interrompendolo con un cenno della mano, William replicò: “Sei generoso, ma no. Non desidero né possedimenti, né denaro. Andrew mi ha destinato una rendita più che generosa, che non spenderei in una vita intera, e Kathleen destina parte della sua rendita a mia madre. Entrambi i miei fratelli sono stati più che generosi con me. Io desidero solo stare al fianco di Katie, e vederla felice.”
 
“Potrei, però, farti conoscere alcune signorine del contado che potrebbero piacerti. Passi davvero troppo tempo, chiuso qui dentro, e non è giusto che sacrifichi la tua vita per Kathleen. Sono figlie di vicari, molto acculturate e di buona famiglia, e…” tentò ancora Christofer e, ancora una volta, William lo interruppe.
 
Con un sorriso carico d’affetto, l’attendente replicò: “Non ho bisogno di un sensale, Christofer, davvero.”
 
In quel mentre, Bridget, una delle cameriere, entrò in cucina con un vassoio e, nel vederli seduti in fondo a un tavolo si bloccò.
 
“Vostra Signoria… William… scusate il disturbo, ma le loro Signorie hanno chiesto altro tè e pasticcini” mormorò la giovane, sorridendo contrita.
 
“A mia moglie è venuta fame?” domandò allora il conte.
 
“Biscotti al limone. Solo cose asprigne, d’ora innanzi” assentì la domestica, sorridendo allegra nel riempire un piattino a fantasie fiorate.
 
Messo il bollitore sul fuoco, Bridget si mosse veloce per recuperare altre due tazze pulite e, nel passare a fianco del tavolo dei due uomini, storse il naso.
 
“Brandy, William? Quando esiste il buon whisky scozzese che fa mio padre?” brontolò bonaria la giovane, requisendo la bottiglia per farla sparire.
 
Armeggiando con uno stipetto a muro, la giovane consegnò loro una bottiglia senza etichetta e mormorò: “L’ideale per festeggiare. Fu messo nelle botti il giorno della vostra nascita, Vostra Signoria.”
 
“Invecchiato alla perfezione, allora” motteggiò Christofer, ringraziandola per la cortesia.
 
Con una riverenza graziosa e un sorriso, la cameriera defilò per tornare alle sue mansioni e William la seguì con lo sguardo per alcuni attimi, prima di servire il whisky.
 
Quando furono nuovamente soli, diversi minuti dopo, il conte mormorò: “Forse ho capito perché non desideri il mio aiuto, in fatto di donne.”
 
L’attendente scoppiò in una gaia risata e, scrollando le spalle, replicò: “Non vederci più del dovuto. Bridget è molto giovane.”
 
“Ha ventidue anni, mentre tu ventisette, se la memoria non m’inganna. Non saresti affatto un molestatore, se le chiedessi di uscire, una di queste volte. Kathleen è al sicuro, con me. Non devi congelare la tua vita per pensare solo a lei.”
 
“Pensi stia facendo questo?” mormorò William, fissando lo sguardo in quel liquido ambrato e dall’aroma eccezionale.
 
“Penso che tu l’ami molto, ma ciò ti impedisce di darti il tempo necessario per vivere anche la tua vita. Sei a sua totale disposizione, a volte fin troppo” ammise Christofer. “Concedi a te stesso la possibilità di una vita felice.”
 
William gli sorrise sghembo e, nel rigirare il whisky nel bicchiere, asserì: “Sai che Bridget volle imparare a sparare a sua volta, quando insegnai a Kathleen?”
 
“E come mai?”
 
“Per poter difendere la sua signora” sorrise l’attendente. “E’ così facile amarla, Christofer! Non è un peso, per me, sacrificarmi per mia sorella.”
 
“Ma non ve n’è più bisogno… ora sei libero. Proteggeremo insieme Kathleen, ma questo non deve precludere che tu vivi la tua vita. Anche Kathleen ne sarebbe lieta, se sapesse del tuo interesse per Bridget. E’ una brava ragazza.”
 
“La conosci da molto?” si informò allora William.
 
Assentendo, il conte disse: “Nacque qui, e mio padre le permise di crescere a palazzo, invece di scacciare la madre. Da quel che so, era apprezzata da tutti, anche dai miei nonni, per cui, beh… fu una delle poche azioni sensate di mio padre. Che vuoi che ti dica? Forse lo fece per interesse, visto che a Bridget fu insegnato subito il mestiere della domestica e, a sette anni, già correva per i piani con lenzuola e tovaglie. Non so cosa gli passò per la testa, ma fui felice che lo fece.”
 
William sorrise, e Christofer proseguì nel racconto.
 
“Essendo più o meno d’età, la coinvolsi più volte in diversi giochi pericolosi per i corridoi, almeno finché mio padre non si trovava a palazzo. Sapevo bene che Bridget sarebbe finita nei guai, se ci avessero pescato a giocare assieme. Quando, però, iniziai a studiare a Eton e rimasi per lungo tempo lontano da casa, non potei proseguire il mio rapporto con lei come, da bambini, avevamo potuto fare.”
 
“Niente più giochi, quindi.”
 
“No. Ma è sempre stata una persona fidata, anche quando io non ero al massimo…” mormorò Christofer, con un sorriso contrito.
 
“Gioventù dissoluta?” ironizzò William, facendo ridere il conte.
 
Annuendo, l’uomo dichiarò: “Mi ritrovò più di una volta, mezzo sbronzo, sotto il melo nel giardino, o appoggiato al muro di cinta. A volte, avevo anche un occhio nero, regalo di qualche marito oltraggiato. E lei, ogni volta, mi raccoglieva e mi conduceva al riparo da sguardi curiosi. Dovrebbero farla santa!”
 
“A quanto pare, anche tu ti facevi amare…” chiosò l’attendente, atono.
 
“Oh, no… non in quel senso, William. Non ho mai visto Bridget in quel modo, e non perché è una domestica” asserì Christofer, sorridendo. “Era… una sorellina. Ecco. La definirei così. E lei mi vedeva, credo, come il fratello maggiore un po’ scemo, da dover proteggere come si può.”
 
“Era la pianta di salice piangente” mormorò una voce in fondo alla cucina.
 
Christofer e William si volsero a mezzo, sorpresi nell’udire una voce femminile e, nello scorgere il viso emozionato di Bridget, il conte esalò: “Ops. Parlato troppo?”
 
Lei scosse il capo e, nel tergersi una lacrima ribelle, sussurrò: “Non vi ho mai considerato come un… un…”
 
“Un fratello scemo?” la aiutò Harford, sorridendole.
 
“Non la seconda parte, insomma” esalò in fretta la giovane, avviandosi verso la porta. “Scusate se vi ho interrotto.”
 
In uno svolazzare di gonne, Bridget fuggì via e Christofer, sollevando il bicchiere all’indirizzo di William, asserì: “Ho idea che la mia lingua lunga ti abbia messo nelle condizioni di darle qualche spiegazione. Scusa.”
 
Scrollando le spalle, William replicò: “Probabilmente, mi chiederà il perché di tanta familiarità con te, ma non penso che Bridget si spingerà oltre.”
 
“Non sei il primo dipendente con cui uso un tono colloquiale. Questo non la può certo stupire” dichiarò con calma Christofer. “Mio padre non lo ha mai apprezzato, ma ora direi che non devo più temere il suo biasimo.”
 
“No di certo” assentì William con un mezzo sorriso.
 
Studiandolo curiosamente, il conte allora gli domandò: “E tu? Com’è stato crescere senza padre? Dove hai imparato a tirare di scherma, o a cavalcare? Me lo sono sempre chiesto, ma non ho mai avuto l’occasione di chiederti nulla.”
 
Con un mezzo sorriso di divertimento, misto a un pizzico di nostalgia, l’attendente centellinò il suo bicchiere, gli occhi fissi nel liquido ambrato, prima di mormorare: “Lord Conroy.”
 
“Il cugino di Barnes?”
 
Annuendo, William asserì: “Fu lì che il barone inviò mia madre, quando scoprì che era rimasta incinta. A quanto pare, Conroy era una persona di cui lui potesse fidarsi per… mascherare il suo peccato.”
 
“Sempre meglio che scacciarla” cercò di scusarlo Christofer, pur sapendo di non dovere nulla a Barnes.
 
“Sì, è vero. Pur essendo stato un bastardo nello sfruttare mia madre, ha per lo meno pensato a trovarle una casa” borbottò William, terminando il suo whisky. “Lasciò che mi tenesse, e io crebbi nell’ala della servitù del suo palazzo a Londra. Quando divenni abbastanza grande per fare il garzone, mi diedi da fare nelle cucine.”
 
Christofer annuì, preferendo non intervenire nel discorso. Desiderava che William si sentisse libero di scegliere se parlare, o fermarsi.
 
Ma l’uomo proseguì nel suo racconto.
 
“Lord Conroy mi prese in simpatia. Non ebbe mai figli, e sua moglie fu sempre gentile, con me. Divenni il suo lacchè, e mi insegnò a leggere e scrivere, mentre suo marito pensò a istruirmi come avrebbe fatto con suo figlio.”
 
“Ne fosti felice?”
 
“Fu strano, all’inizio, ma poi mi abituai alle loro attenzioni… al loro affetto” gli spiegò William, servendosi dell’altro whisky. “Lord Conroy era contento di me, ma sapevo che mi nascondeva qualcosa. Quando giunse Andrew, chiedendo di me, mi disse ogni cosa. Sulle prime, ne fui sconvolto, lo odiai, persino. Ma conoscendo meglio Andrew, e comprendendo quando lord Conroy detestasse ciò che il cugino aveva fatto… compresi.”
 
“Non ho mai avuto il piacere di conoscerlo, ma mi pare una persona davvero a modo” mormorò Christofer, terminando il suo liquore.
 
William assentì. “Fu difficile abbandonare la sua casa per venire qui ma, quando gli spiegai le mie motivazioni, accettò senza dirmi nulla se non buona fortuna. Mi promise che si sarebbe preso cura lui, di mia madre, e lady Conroy mi pregò di scrivere, per far avere loro mie notizie. Non potrebbero esistere due persone più buone e generose.”
 
“Concordo con te.”
 
Levandosi in piedi, William gli sorrise e disse: “Non mi importa se il mio vero padre non mi ha voluto, o se non conoscerà mai la verità su di me. Ho avuto loro, e mia madre. E ora, ho te e Kathleen. Mi basta.”
 
Annuendo, Christofer levò il bicchiere verso di lui a mimare un brindisi e, formalmente, dichiarò: “Sarò dalla tua parte in ogni caso, sia che tu decida di crearti una tua vita, che non. Mi avrai al tuo fianco sempre.”
 
William non disse nulla, ma assentì e si inchinò con eleganza, prima di allontanarsi dalle cucine deserte, forse per parlare con Bridget.
 
Rimasto solo, il conte fissò le ultime due dita di liquore nella bottiglia e, sorridendo divertito, chiosò: “E’ un peccato lasciarlo lì. Come ha detto Bridget, è di un’ottima annata.”
 
 
 
 
 
 
 
Note: Scopriamo qualcosa di più sul passato di William, venendo così a sapere come ha imparato a fare cose 'da gentiluomo'. (vedi cavalcare, saper tirare di spada, sparare con ottimi risultati, saper far di conto e leggere)
Inoltre, godiamo di un altro squarcio di gioia tra i due giovani, che scoprono di attendere un figlio. Pur se le reazioni sono contrastanti (Christofer è prima di tutto terrorizzato per le sorti della moglie, poi lieto per la novella), in casa regna la gioia.
E, assieme alla gioia, scopriamo anche la simpatia speciale che William prova per Bridget, una delle cameriere di Green Manor.
Riuscirà il nostro attendente a pensare un po' meno alla sorella per dedicarsi più a se stesso?
  
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