Remaining strong
“Ecco.”
Pipino tese la
mano aperta su cui vi erano i bocconi
che aveva conservato per Ombromanto, il quale accettò di
buon grado.
Era pomeriggio,
non aveva dormito granché, e a dirla
tutta era stanco dell’afa soffocante di Gondor. Per farsi
aria aveva tirato il
colletto della camicia almeno venti volte quella mattina, mentre
banchettava
con Beregond al tavolo della locanda. Aveva mangiato senza badare
minimamente
ai consigli dell’uomo di non strafare, specie con quel caldo.
Ma chi
l’aveva ascoltato?! Lo stomaco reclamava, e
come succedeva in questi casi il giovane Hobbit non poteva fare a meno
di
assecondarlo.
Nonostante
però si fosse rimpinzato a dovere,
proprio non riusciva a colmare il vuoto che sentiva nello stomaco.
Gandalf avrebbe
detto che era un pozzo senza fondo,
che avrebbe fatto meglio ad abituarsi a stringere la cinghia dato che
la
situazione non era rosea come prima e che erano costretti ad essere
pronti a
qualsiasi cosa, anche a spostarsi.
Ma era un altro
tipo di vuoto quello che Peregrino percepiva.
Era sicuro che Gandalf lo avesse capito, ma lo stregone aveva preferito
spostare l’attenzione su cose più leggere e
concrete come il cibo, forse per
consolarlo, forse per dargli un sostegno su cui doveva reggersi con le
proprie
forze.
Se quella di un
Hobbit si può chiamare forza. Forza
di che, poi? Di combattere, di andare avanti?
Non si era
abituati nella Contea a questi
ragionamenti. Non c’erano lotte che imperversavano attorno,
solo vita di
campagna. Di conseguenza, non si era abituati neanche ad una
suddivisione ben
definita fra artigiani e guerrieri, fra re e pastori. Molto, troppo
semplici
gli Hobbit. Si era profondi amici fra i primi e gli ultimi
spontaneamente.
Invece
lì a Gondor chissà cosa credevano. Le voci su
di lui erano cariche di aspettative, dicevano che lui ed il suo popolo
li
avrebbero aiutati.
“Qui
mi considerano un principe!” asserì Pipino
sussurrandolo come se fosse una cosa che non si dovrebbe dire.
Ombromanto nitrì
piano. “Effettivamente ci sono andati vicino, ma il figlio di
un Conte nei
Grandi Smial è diverso da un principe di Gondor. Si
aspettano da me qualcosa
che non posso dare.”
Era solo uno
Hobbit e a stento aveva delle armi che
non sapeva assolutamente maneggiare. Quel poco che sapeva gli era stato
insegnato da Boromir, ma da quando era morto un insegnante del suo
calibro era
come se Pipino avesse lasciato perdere.
La sua famiglia
era lontana, così come i suoi amici.
Gli mancava perfino quella scema di Diamante. Chissà come
aveva reagito alla
sua scomparsa da casa.
C’era
una guerra di cui nessuno era certo
dell’epilogo, nella quale aveva perduto più di un
amico.
Vedeva gente
alta e piccola divisa fra rassegnazione
e speranza. Da quale parte stava lui? Alcuni giorni gli sembrava di
essere una
minuscola particella di polvere che aspettava di essere spazzata via
nel giro
di poco tempo; altri giorni - ma più che parlare di giorni
sarebbe stato meglio
dire ore - la voglia di veder tornare tutto come prima prendeva il
sopravvento
su qualsiasi altra cosa. Più di ogni altra cosa, voleva
ritornare con Merry, e
con tutti gli altri membri della Compagnia.
“Siamo
partiti in quattro, dopo Gran Burrone in
nove... Gandalf ha da fare. Ora siamo io e te, Ombromanto.”
D’istinto
abbracciò la spalla del cavallo, sentendo sgretolarsi
in lui l’ultimo barlume di serenità. Doveva, voleva mantenerla, ma quando pensava alla
separazione era
difficile.
Gandalf lo
aveva portato là solo perché non combinasse
pasticci in sua assenza, e
naturalmente non poteva prendersi cura di lui. Anzi, a dirla tutta
aveva fatto
molto rispondendo alle sue domande durante il viaggio da Edoras a Minas
Tirith,
stando attento a lui e agli altri per mesi, quasi perdendo anche la
vita.
Idiota,
già. Ingrato, pure.
Sulle sue guance
il rossore della vergogna venne
bagnato dal suo pianto. Si strinse più forte al cavallo,
pensando che se avesse
premuto gli occhi contro il suo pelo, in qualche modo ne sarebbe uscito
più
forte. Come lui.
Ombromanto se ne
accorse, e gli posò delicatamente
il muso sulla testa, come a confortarlo. Fece gorgogliare la gola,
mormorando
qualcosa che lui solo poteva capire, ma che su Pipino ebbe un effetto
rinvigorente.
Aveva ragione.
Non doveva piangere! Caspita, ancora
un po’ di anni e sarebbe diventato maggiorenne. Non poteva
sempre lasciarsi
andare alle lacrime.
Un cavallo
orgoglioso come Ombromanto non lo
permetteva.
Un cavallo dolce
come lui lo capiva.
Si
staccò da lui, asciugandosi il volto con una
manica della camicia. Prese un respiro. Si scrollò le
spalle. Lo stesso fece il
cavallo.
Pipino sorrise.
Ombromanto era intelligente, Gandalf
non mentiva in merito.
Quale aspetto
avrebbe potuto avere se non fosse
stato un animale?
“C’è
un gioco che i bambini fanno nella Contea”
disse Pipino. “Un amico o un parente dà ad un
Hobbit una identità di animale.
Così, come lo si immagina.”
In risposta,
Ombromanto fece tanto d’occhi, e mosse
la coda come per incitarlo a proseguire.
“Merry
dice che sono un suricata, perché quando
sento odore di cibo scatto in piedi per vedere da dove
proviene.”
Ombromanto
sbuffò, facendo oscillare la testa.
“Già,
neanche a me piace. E uno scoiattolo, che te
ne pare? È stata Diamante a suggerirmelo. Le noccioline sono
una mia passione,
infatti. A parte la birra e i funghi, ovviamente.”
Rise come non
faceva da giorni, mentre lo splendido
animale davanti a lui pestava festosamente gli zoccoli, partecipando al
suo
rincuorarsi.
“Ora
vado, Beregond mi aspetta” lo congedò con una
pacca sul naso. “Ritornerò domani.”
Lo vide annuire,
scuotendo poi la folta criniera
bianca. Pipino percepì il suo desiderio di correre con la
stessa bonaria
violenza con cui gli aveva infuso la sua determinazione.
Quanto avrebbe
voluto correre anche lui, magari nei campi
di Sarnoguado.
“Forse
anche Gandalf si farà vedere domani” lo
rassicurò, cominciando ad allontanarsi. Si stava
incamminando verso l’uscita
delle scuderie quando sentì nuovamente gli zoccoli grattare
con impazienza il
terreno. Sapeva quello che voleva, ma non poteva liberarlo o Gandalf
non gli
avrebbe rifilato che rimbrotti.
“Pazienza,”
ridacchiò. Quella parola sembrava così strana
uscita dalla sua bocca. “Neanche io ne ho molta, ma
è necessaria adesso. A
domani. Grazie.”
NDA
Non è
granché come ff,
ma visto che mi era tornata l’ispirazione ne ho approfittato
per buttare giù
qualcosa - questa. Tanto più perché avevo in
mente di introdurre un personaggio
diverso come Ombromanto. Un cavallo indipendente, orgoglioso, che non
si lascia
cavalcare se non da una persona degna di lui - e chi se non Gandalf in
primis?
- e intelligente, che ha avuto poco spazio ma molto rilevante,
soprattutto per
la rapidità degli spostamenti di Gandalf, e la cieca fiducia
che si ripone in
lui.
Per chi non lo
sa,
il suricato o suricata è un simpatico animaletto della
savana dell’Africa
meridionale che vive in colonie. È vero, con la fauna
tolkieniana non c’entra
niente ma è una piccola concessione che mi sono presa.
Grazie infinite
a
Laylath per il betaggio e per il suggerimento del titolo.
L’ho cambiato un po’,
ma il tuo aiuto è stato più che gradito siccome
non sapevo che pesci pigliare!
xD
Buon weekend! :*