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Autore: xingchan    30/04/2016    4 recensioni
"Era pomeriggio, non aveva dormito granché, e a dirla tutta era stanco dell’afa soffocante di Gondor. Per farsi aria aveva tirato il colletto della camicia almeno venti volte quella mattina, mentre banchettava con Beregond al tavolo della locanda. Aveva mangiato senza badare minimamente ai consigli dell’uomo di non strafare, specie con quel caldo.
Ma chi l’aveva ascoltato?! Lo stomaco reclamava, e come succedeva in questi casi il giovane Hobbit non poteva fare a meno di assecondarlo."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Pipino
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Remaining strong

 

 

 

 

“Ecco.”

Pipino tese la mano aperta su cui vi erano i bocconi che aveva conservato per Ombromanto, il quale accettò di buon grado.

Era pomeriggio, non aveva dormito granché, e a dirla tutta era stanco dell’afa soffocante di Gondor. Per farsi aria aveva tirato il colletto della camicia almeno venti volte quella mattina, mentre banchettava con Beregond al tavolo della locanda. Aveva mangiato senza badare minimamente ai consigli dell’uomo di non strafare, specie con quel caldo.

Ma chi l’aveva ascoltato?! Lo stomaco reclamava, e come succedeva in questi casi il giovane Hobbit non poteva fare a meno di assecondarlo.

Nonostante però si fosse rimpinzato a dovere, proprio non riusciva a colmare il vuoto che sentiva nello stomaco.

Gandalf avrebbe detto che era un pozzo senza fondo, che avrebbe fatto meglio ad abituarsi a stringere la cinghia dato che la situazione non era rosea come prima e che erano costretti ad essere pronti a qualsiasi cosa, anche a spostarsi.

Ma era un altro tipo di vuoto quello che Peregrino percepiva. Era sicuro che Gandalf lo avesse capito, ma lo stregone aveva preferito spostare l’attenzione su cose più leggere e concrete come il cibo, forse per consolarlo, forse per dargli un sostegno su cui doveva reggersi con le proprie forze.

Se quella di un Hobbit si può chiamare forza. Forza di che, poi? Di combattere, di andare avanti?

Non si era abituati nella Contea a questi ragionamenti. Non c’erano lotte che imperversavano attorno, solo vita di campagna. Di conseguenza, non si era abituati neanche ad una suddivisione ben definita fra artigiani e guerrieri, fra re e pastori. Molto, troppo semplici gli Hobbit. Si era profondi amici fra i primi e gli ultimi spontaneamente.

Invece lì a Gondor chissà cosa credevano. Le voci su di lui erano cariche di aspettative, dicevano che lui ed il suo popolo li avrebbero aiutati.

“Qui mi considerano un principe!” asserì Pipino sussurrandolo come se fosse una cosa che non si dovrebbe dire. Ombromanto nitrì piano. “Effettivamente ci sono andati vicino, ma il figlio di un Conte nei Grandi Smial è diverso da un principe di Gondor. Si aspettano da me qualcosa che non posso dare.”

Era solo uno Hobbit e a stento aveva delle armi che non sapeva assolutamente maneggiare. Quel poco che sapeva gli era stato insegnato da Boromir, ma da quando era morto un insegnante del suo calibro era come se Pipino avesse lasciato perdere.

La sua famiglia era lontana, così come i suoi amici. Gli mancava perfino quella scema di Diamante. Chissà come aveva reagito alla sua scomparsa da casa.

C’era una guerra di cui nessuno era certo dell’epilogo, nella quale aveva perduto più di un amico.

Vedeva gente alta e piccola divisa fra rassegnazione e speranza. Da quale parte stava lui? Alcuni giorni gli sembrava di essere una minuscola particella di polvere che aspettava di essere spazzata via nel giro di poco tempo; altri giorni - ma più che parlare di giorni sarebbe stato meglio dire ore - la voglia di veder tornare tutto come prima prendeva il sopravvento su qualsiasi altra cosa. Più di ogni altra cosa, voleva ritornare con Merry, e con tutti gli altri membri della Compagnia.

“Siamo partiti in quattro, dopo Gran Burrone in nove... Gandalf ha da fare. Ora siamo io e te, Ombromanto.”

D’istinto abbracciò la spalla del cavallo, sentendo sgretolarsi in lui l’ultimo barlume di serenità. Doveva, voleva mantenerla, ma quando pensava alla separazione era difficile.

Gandalf  lo aveva portato là solo perché non combinasse pasticci in sua assenza, e naturalmente non poteva prendersi cura di lui. Anzi, a dirla tutta aveva fatto molto rispondendo alle sue domande durante il viaggio da Edoras a Minas Tirith, stando attento a lui e agli altri per mesi, quasi perdendo anche la vita.

Idiota, già. Ingrato, pure.

Sulle sue guance il rossore della vergogna venne bagnato dal suo pianto. Si strinse più forte al cavallo, pensando che se avesse premuto gli occhi contro il suo pelo, in qualche modo ne sarebbe uscito più forte. Come lui.

Ombromanto se ne accorse, e gli posò delicatamente il muso sulla testa, come a confortarlo. Fece gorgogliare la gola, mormorando qualcosa che lui solo poteva capire, ma che su Pipino ebbe un effetto rinvigorente.

Aveva ragione. Non doveva piangere! Caspita, ancora un po’ di anni e sarebbe diventato maggiorenne. Non poteva sempre lasciarsi andare alle lacrime.

Un cavallo orgoglioso come Ombromanto non lo permetteva.

Un cavallo dolce come lui lo capiva.

Si staccò da lui, asciugandosi il volto con una manica della camicia. Prese un respiro. Si scrollò le spalle. Lo stesso fece il cavallo.

Pipino sorrise. Ombromanto era intelligente, Gandalf non mentiva in merito.

Quale aspetto avrebbe potuto avere se non fosse stato un animale?

“C’è un gioco che i bambini fanno nella Contea” disse Pipino. “Un amico o un parente dà ad un Hobbit una identità di animale. Così, come lo si immagina.”

In risposta, Ombromanto fece tanto d’occhi, e mosse la coda come per incitarlo a proseguire.

“Merry dice che sono un suricata, perché quando sento odore di cibo scatto in piedi per vedere da dove proviene.”

Ombromanto sbuffò, facendo oscillare la testa.

“Già, neanche a me piace. E uno scoiattolo, che te ne pare? È stata Diamante a suggerirmelo. Le noccioline sono una mia passione, infatti. A parte la birra e i funghi, ovviamente.”

Rise come non faceva da giorni, mentre lo splendido animale davanti a lui pestava festosamente gli zoccoli, partecipando al suo rincuorarsi.

“Ora vado, Beregond mi aspetta” lo congedò con una pacca sul naso. “Ritornerò domani.”

Lo vide annuire, scuotendo poi la folta criniera bianca. Pipino percepì il suo desiderio di correre con la stessa bonaria violenza con cui gli aveva infuso la sua determinazione.

Quanto avrebbe voluto correre anche lui, magari nei campi di Sarnoguado.

“Forse anche Gandalf si farà vedere domani” lo rassicurò, cominciando ad allontanarsi. Si stava incamminando verso l’uscita delle scuderie quando sentì nuovamente gli zoccoli grattare con impazienza il terreno. Sapeva quello che voleva, ma non poteva liberarlo o Gandalf non gli avrebbe rifilato che rimbrotti.

“Pazienza,” ridacchiò. Quella parola sembrava così strana uscita dalla sua bocca. “Neanche io ne ho molta, ma è necessaria adesso. A domani. Grazie.”

 

 

 

 

 

 

NDA

Non è granché come ff, ma visto che mi era tornata l’ispirazione ne ho approfittato per buttare giù qualcosa - questa. Tanto più perché avevo in mente di introdurre un personaggio diverso come Ombromanto. Un cavallo indipendente, orgoglioso, che non si lascia cavalcare se non da una persona degna di lui - e chi se non Gandalf in primis? - e intelligente, che ha avuto poco spazio ma molto rilevante, soprattutto per la rapidità degli spostamenti di Gandalf, e la cieca fiducia che si ripone in lui.

Per chi non lo sa, il suricato o suricata è un simpatico animaletto della savana dell’Africa meridionale che vive in colonie. È vero, con la fauna tolkieniana non c’entra niente ma è una piccola concessione che mi sono presa.

Grazie infinite a Laylath per il betaggio e per il suggerimento del titolo. L’ho cambiato un po’, ma il tuo aiuto è stato più che gradito siccome non sapevo che pesci pigliare! xD

Buon weekend! :*

 

 

   
 
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