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Autore: FlameWolf    04/05/2016    4 recensioni
STORIA INTERATTIVA
È sempre la stessa storia ormai da vent'anni. Ogni primavera ci cantano la stessa ninna nanna, ci illudono che è per il nostro bene e noi cadiamo uno dopo l'altro come mosche. È una mattanza, ma non possiamo farci niente.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Presidente Snow, Sorpresa, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Noi viviamo per dire sempre addio.
(Rainer Marie Rilke)

 

Giorno 4, crepuscolo/sera

Celyb Lyd, studentessa, Distretto 2

Avrebbe dovuto amarla, difenderla e proteggerla. Se solo lui ci fosse stato, Riley sarebbe stata una persona diversa, forse migliore, più forte. Se le cose fossero andate diversamente, oggi sarebbe ancora qui con me. Invece tutto ciò che mi rimane sono solo la rabbia, il dolore e la consapevolezza di essere la sola a provare questi sentimenti. La sua morte è passata attraverso l'indifferenza di tutti, perfino del suo stesso padre. Il fatto che la piazza sia mezza vuota e composta solo da curiosi lo dimostra in pieno. So che non era una persona facile da amare, ma non si meritava di certo questo. Ma che ne sanno loro dei suoi silenzi, della sua fragilità e del suo dolore? Rimango solo io come testimone della sua vera essenza. La mia Riley, incompresa da tutti.
Continuo ad osservare Martin mentre riceve la medaglia all'onore della figlia, eroina di Panem in quanto vittima dei giochi. Premiata per essersi sacrificata in nome della pace e del buon senso. Come se a lei fosse mai fregato qualcosa di questo mondo. Voleva solo starsene in pace per i fatti suoi, senza disturbare nessuno, senza farsi disturbare da nessuno. Desiderava chiudere con un mondo che l'aveva solo ferita e ora definitivamente distrutta. In questa realtà marcia nulla di buono può sopravvivere e Riley ne è un esempio. Non credo sia sempre stata la stronza che tutti conoscevano, sono sicura che fosse una bambina dolce prima che la madre morisse, così come sono sicura che esistono altre migliaia di Riley solo a Panem.

Martin ritorna al suo posto con la medaglia stretta in mano, senza una ruga sul volto. Nessuna lacrima, nessuna commozione. Il sindaco riprende a parlare di lei, dell'onore che ha portato al distretto e di come sia sicuro che Achille completerà la sua opera. Continua a raccontare bugie su bugie su una ragazza che non hai mai conosciuto e che mai avrà l'onore di farlo. Non ce la faccio, è troppo. Mi dirigo verso il palco a passo svelto, venendo fermata all'ultimo da un pacificatore.
“Voglio dire qualcosa anch'io” Il sindaco guarda i suoi collaboratori indeciso “Voglio solo piangere un'amica” aggiungo. Non voglio fare discorsi rivoluzionari, voglio vivere. In fondo che rischio corre? Non ci sono telecamere qui. Qualsiasi cosa ambigua dicessi rimarrebbe qua dentro. Non avrei seguito, il distretto 2 è troppo fedele a Capitol. Finalmente il primo cittadino fa cenno di lasciarmi passare e mi dirigo con calma verso il microfono. Osservo il pubblico, soffermandomi sui loro volti, soprattutto su quello ipocrita di Martin.
“Deve essere una giornata molto noiosa questa per avervi portato qui. Non ho mai visto nessuno di voi parlare con Riley per più di un minuto, lei compreso signor Martin. Usciti da qui le vostre vite saranno sempre le stesse, peccato che Riley non potrà dire la stessa cosa. Non c'è nulla che possa consolarmi, neanche l'idea che si sia ricongiunta all'amata madre, perché non credo che esista un aldilà. L'inferno è qui in terra e Riley l'ha conosciuto ben prima dell'arena. Non importa però: io la ricorderò per tutti voi. La amerò finché continuerò a respirare. Sapete una cosa? L'amore era l'unica cosa che voleva davvero e nessuno di voi è stato in grado di darglielo. È morta con questa consapevolezza, l'ho vista piangere poco prima di spirare. Voi l'avete notato? Io sì. Ma a voi interessa solo l'eroe, il vincitore, non la persona. C'è qualcosa di veramente sbagliato nel genere umano, forse Riley non aveva poi così tanto torto quando cercava a tutti i costi di distaccarsi da esso. Lo spettacolo è finito, tornatevene a casa”. Mi allontano dal microfono, non completamente soddisfatta dal mio intervento. Avrei voluto aggiungere altro, ma temo di scivolare su temi proibiti e di pagare caro il prezzo. Riley non lo vorrebbe, direbbe che sarebbe una morte sciocca e priva di senso. Un giorno questo mondo malato pagherà il prezzo per la sua follia, spero tanto di essere ancora viva per quel giorno.

 

Killian Connors, tributo del distretto 12, arena

Il crepuscolo non è ancora iniziato, eppure la temperatura ha già iniziato a calare di molto. Mi rimetto la felpa, pronto ad affrontare l'ennesima nottata di merda. Temo che la prossima sarà particolarmente pesante a causa dell'ingombrante ospite che mi sono portato nel mio rifugio. Ancora mi domando cosa mi sia passato nella testa quando l'ho visto in quello stato confusionale questa mattina. Avrei dovuto ucciderlo senza pensarci due volte, ma mi sembrava troppo scorretto farlo. È solo che mi sembrava così indifeso in quello stato, sarebbe stata una vera vigliaccata terminarlo. Mi sono sempre reputato una persona onesta, non volevo compiere un atto così bieco, così come non potevo lasciarlo alla mercè degli altri tributi o degli ibridi. So che altri avrebbero fatti i salti di gioia di fronte a una preda così facile, ma non io. Me sono pentito però, adesso non so cosa farmene di lui. Noto che sta migliorando, vomita meno spesso e i suoi vaneggiamenti sembrano essere sempre meno fantasiosi e più realistici. Cosa farò quando si sarà ripreso del tutto? Allearmi con lui? Ucciderlo? Perché sono così impulsivo? Non so praticamente nulla di lui a parte che proviene dal distretto 10, che ha avuto un voto più alto del mio alle prove individuali e che ha un passato difficile alle spalle. Ah, so anche che ha un bello zaino, con una curiosa saponetta all'interno. Mi sono mangiato una delle sue lattine di piselli. Spero che non gli dispiaccia. In fondo mi sono fatto il culo per trascinarlo fino a qui.
Gli bagno le labbra con la poca acqua che mi rimane, domani devo assolutamente tornare al fiume e anche a cacciare possibilmente. Ho visto che Abe ha un pentolino, potrei cucinare qualche coniglio e farlo lesso. Il solo pensiero mi fa venire l'acquolina in bocca: finora mi è stato impossibile cuocere la carne e mi sono dovuto accontentare di larve e vegetali. Però un bel pasto caldo sarebbe possibile solo se diventassimo alleati... non mi piace molto questa prospettiva. Non voglio passare tutto il tempo a guardami le spalle.

E se non gli piacesse il mio piano? La mia trappola è pronta finalmente (la pioggia e le esigenze di base hanno ritardato tutto purtroppo), devo solo aspettare che qualcuno ci caschi dentro e poi... “e poi ti toccherà compiere un gesto da vigliacco” mi suggerisce una voce dentro la testa. Scuoto la testa scacciando via questa orribile sensazioni. Se compirò un omicidio sarà solo per garantire la mia sopravvivenza, solo uno ne esce vivo, non ho scelta. Abe è diverso, lui era indifeso e solo e... malato e...
“Merda!” sbraito dando un calcio allo zaino vicino ai miei piedi. Che cosa sto facendo? Dove credo di andare con tutti questi tentennamenti? Devo uccidere, il prossimo lo ucciderò, lo giuro. Devo farlo se voglio tornare a casa. Non è debolezza la mia, è solo che non voglio trasformarmi in un mostro.
Un mugolio mi distrae dai miei pensieri. La confusione che ho fatto deve aver fatto svegliare Abe. Si muove lentamente e per prima cosa appoggia la mano sullo stomaco dolorante. Stringe gli occhi per un attimo, per poi aprirli di fronte a un nuovo giorno che muore.
“Dove sono?” mormora stanco
“A casa, a breve pane caldo e marmellata” mi do un pizzicotto sulla mano per punirmi: non dovrei infierire su un malato “In arena, fine del quarto giorno”.
Abe cerca di sollevarsi da per terra, ma una nuova fitta lo costringe nuovamente a sdraiarsi “Cosa è successo?” mi chiede confuso
“Urlavi qualche stronzata come una scimmia, e ti ho trovato. Tutto qui” mi limito a dirgli, omettendo ovviamente tutta la parte del trascinarlo al sicuro e su i miei sensi di colpa.
“Perché?” Già perché? Non me la sento di confessargli già da subito i miei tormenti, in fondo non so neppure cosa farmene di lui. Che casino...
“È complicato” rispondo cercando di tagliare corto.
Il mio interlocutore inizia a ridacchiare, ma se ne pente subito dopo dato che è costretto a piegarsi per il dolore “Troppo vigliacco per uccidermi?” sussurra velenosa.
La sua provocazione mi colpisce dritto in faccia. Tiro fuori dallo scarponcino il taglierino e glielo punto adesso. “Se vuoi rimedio”.
Abe accenna a un sorriso “Datti una calmata, perdi la testa troppo facilmente. Stavo scherzando. Piuttosto... che mi sono perso?”
“È morto qualcun altro. Scopriremo chi a breve”
Abe annuisce distratto “Non me l'aspettavo che avvelenassero il proprio cibo”
“Chi?” gli chiedo
“I favoriti” mi spiega lui con stizza, come se fosse una cosa abbastanza ovvia. Un po' acidello il tipo, non so quanto convenga farmelo alleato, avrei di continuo la tentazione di strozzarlo da un momento all'altro. Non posso neppure ucciderlo ora come ora, non dopo essermi preso cura di lui per un giorno interno. Perché non penso mai alle conseguenze? Perché? Perché?
“Siamo in tredici quindi” osserva “Ci siamo dimezzati”
“A quanto pare”
“Killian? Ti chiami Killian, vero?” annuisco nuovamente “Hai intenzione di continuare a tergiversale o vuoi propormi un'alleanza?” Come si permette? 'Sto stronzo!
“Fottiti, non sei il mio capo” ribatto contrariato
“È per il bene di entrambi. Dobbiamo sbarazzarci dei favoriti, non possiamo farcela da soli. Occorre unire le forze” non ha tutti i torti. Potremo separarci subito dopo, in fondo. Non ho molta scelta: l'ho salvato e devo assumerne la responsabilità. Forse non sarà così male. O almeno spero.
“Hai un piano?” gli domando sospettoso
“Non ancora. Ma qualcosa troverò”
“Bhe” replico sornione “Forse io ho già pronto qualcosina”

 

Anemone “Ane” Katz, tributo del distretto 11, arena

Nel cielo non c'è neppure una stella. Mi mancano. Da quando sono qui non le ho viste neppure una volta. So che ognuna di loro ha un nome legato a una storia o a un mito. La nonna di Mark conosceva l'origine del nome di molte di loro, e nelle sere invernali adorava raccontare le storie delle stelle. La mia preferita era quella di Susanne la sguattera, dove una bambina orfana trovava confronto solo nelle stelle sue amiche. Sosteneva che nessuno è davvero solo in presenza della luce.
Mi stringo a Carlie in cerca di calore ed affetto. Mi piace sentirlo vicino, mi fa sentire al sicuro. Forse perché è alto e pacato o forse perché odora d'erba e di grano, come l'undici. Ci staranno guardano anche adesso le nostre famiglie? So che solitamente le famiglie dei tributi si organizzano in turni di guardia durante la notte, per essere sicuri di non perdersi nulla. Clè è solo però... magari si sta organizzando con Mark. Mi piace l'idea di loro due che passano del tempo insieme. Sono le due persone che amo di più al mondo, e vorrei che diventassero amici. Spero che stiano bene, vorrei tanto riabbracciarli.
“Ane” bisbiglia il principe con la bocca ancora impastata dal sonno.
“Torna a dormire” gli consiglio con gentilezza. Carlie sorride come se nascondesse qualcosa, per poi chiudere nuovamente gli occhi “Che c'è?” gli chiedo un po' infastidita. Non mi piace granché questa sua abitudine di non dire le cose come stanno. Gli capita molto spesso e alla lunga la cosa sta iniziando a spazientirmi. Non ho una pazienza illimitata
“Nulla, Ane davvero”
“Principe! Devi dire cosa ti frulla nella testa! Non puoi sempre tenerti tutto per te!” lo rimprovero cautamente, il mio ultimo intento è di certo quello di offenderlo.
“È solo che mi hanno svegliato” di fronte alla mia espressione interrogativa, Carlie si esplicita “Stavi canticchiando”.
Cerco di nascondere l'imbarazzo dietro un gran sorriso “Scusa, a volte mi viene naturale. Sai, mia madre...” non faccio in tempo a venire il discorso che Carlie mi zittisce posandomi l'indice sulle labbra. “Che c'è?” domando, ma lui mi zittisce con maggiore voga. Noto solo adesso che è rigido come un sasso, impossessato dal nervosismo e dalla paura. Nel vederlo in questo stato inizio a spaventarmi anch'io e tendo le orecchie per capire cosa abbia catturato la sua attenzione.
Inizialmente non mi sembra di captare niente, quando inizio finalmente a sentire qualcosa. Il rumore è confuso, sembrano delle fusa. La cosa peggiore è che con il passare del tempo il suono si fa sempre più nitido. I passi dell'essere sono pesanti e schiacciano senza ritegno i bastoncini sparsi lungo tutta la foresta. Qualunque cosa sia non ha paura di farsi beccare.
“Dobbiamo andarcene” mi ordina Carlie afferrandomi la mano. Iniziamo a correre, neppure noi sappiamo dove. In pochi minuti ho già il fiatone e stringo con maggiore forza la mano sudata del mio principe. Il cuore mi batte forte, mentre la mia gola brucia per la fatica dello sforzo che sto compiendo. In poco tempo sento dolore anche alla milza, ma continuo a correre: se mi fermo sono perduta. L'essere ci sta braccando, le sue fusa di piacere si sono trasformate in un ruggito di guerra. Vuole il suo pasto e non si arrenderà finché non l'avrà avuto. Per un momento mi domando se sia il caso di affrontarlo, ma mi rendo conto solo ora che a causa della fretta abbiamo abbandonato la falce e lo zaino al nascondiglio. Il pensiero di essere ora privi di mezzi mi fa gelare il sangue delle vene, ma il mio corpo continua ad ordinarmi di correre. Riprenderemo tutto in mano dopo, ora dobbiamo solo pensare a sopravvivere.
La curiosità ha alla fine la meglio. Mi volto per vedere il nostro cacciatore ed urlo dal terrore. È un enorme felino alto quasi quanto me, robusto e del color del fango. La sua testa è grossa quanto un'incudine e i suoi denti sono bianchi ed affilati come coltelli. I suoi occhi sono due pozzi neri senza anima, un portale verso l'oltretomba. In nessun modo avrei potuto sconfiggerlo. Nessuno. Niente del suo aspetto però fa paura quanto il fatto che è sempre più vicino.
Mi volto verso Carlie ed osservo i suoi occhi nocciola spalancati dalla paura e lucidi dalle lacrime. È un momento, ma sembra che duri un'intera eternità. La mia mente memorizza ogni sfumatura del suo volto, ogni minimo cambiamento della sua espressione. Ho l'orrenda sensazione che questa sarà l'ultima volta che incrocerò il suo sguardo. Guardo le sue labbra muoversi come se volesse dirmi qualcosa anche se la sua voce è rintanata dal terrore. Improvvisamente lascia la presa dalla mia mano e cambia direzione, una completamente opposta alla mia e a quella dell'ibrido. Una parte di me vorrebbe urlargli contro, vorrebbe dirgli di non lasciarmi e di rimanere uniti come abbiamo sempre fatto fino ad ora. La paura e l'istinto hanno però la meglio e continuo a correre, correre come non ho mai corso. Aldilà del dolore e della sofferenza, aldilà del timore e del rimorso.
Mi fermo solamente quando le mie gambe non sono più in grado di reggere lo sforzo ed allora cado verso una discesa. Ruzzolo giù schiacciando con il mio peso tutto ciò che incontro: sassi, bastoni, foglie. Quando finalmente mi fermo, mi piego e vomito la mia scarsa cena. Provo a rialzarmi, ma il corpo non risponde ai miei comandi: ogni parte di me grida dolore. Anche il mio cuore, la mia mente e la mia voce si uniscono all'urlo quando sento il colpo del cannone.

 

Emma Stone, tributo del distretto 1, arena

Mi stringo addosso la coperta cercando maggiore calore. I giorni caldi, le notti freddissime. Il fuoco ci è quasi proibito. I brividi mi percorrono per tutto il corpo e prego che l'alba arrivi presto. Come rimpiango le caldi estati del distretto...
Mi mordo il labbro screpolato ed osservo il volto dei miei alleati uno ad uno. Sono tutti profondamente addormentati dopo l'ennesima giornata estenuante. La morte di Riley è stata più pesante di quello che avevo previsto. Abbiamo giocato con lei come fosse un topo, per farle capire che non eravamo degli idioti come aveva sempre sostenuto. La sua faccia quando capì di essere in trappola... non la dimenticherò mai. Mi ero abituata alla sua presenza e alla sua freddezza. Le avevo affidato la mia vita durante i suoi turni da sentinella, e lei aveva fatto lo stesso con me. Non avremmo mai stretto amicizia in nessuna realtà alternativa ma... eravamo nella stessa barca. Come tutti gli altri qua dentro. Anche Manuel lo era, ma ciò non mi ha fermata dall'ucciderlo. Ero sicura.. ero convinta... Nella mia testa risuonano le schioccate, il sangue, il suo dolore, le urla soffocate ed espresse. Mi copro le orecchie istintivamente cercando di coprire tutti quei suoni, ma non se ne vanno, così come il sangue dalle mie mani. Cosa sono diventata? Volevo diventare più forte, invece mi sono indebolita ancor di più. Volevo diventare una guerriera, un'assassina, ma è chiaro che io sono e sarò sempre una ballerina, la bambina orfana dell'undici che sperava in un miracolo. Non riuscirò mai a raggiungere l'ideale voluto da mia madre, non sarò mai la perfetta figlia che ha sempre voluto. Che stupida sperare che un giorno potessi davvero diventarlo.

Mi asciugo le lacrime che stavano per fare capolino sul mio volto con il polso. Forse Lawrence ha ragione su di me... e forse anche su mia madre. Sembra così sereno adesso, spero tanto che la sua mente gli abbia regalato un sogno felice che lo distragga da questo inferno. Chissà cosa starà sognando... suo fratello? La sua amata? Chissà com'è... faccio fatica ad immaginare quale sia la sua ragazza ideale. Di sicuro è bellissima, ne sono certa. Scuoto la testa, non è momento di pensare a cose del genere. Non sono affari miei, non ci devo pensare, anche se avessi tutto il tempo e la pace del mondo per farlo. Lawrence non mi riguarda più, l'ho perso per sempre. Io stessa ho messo fine a questo legame, rovinando tutto come al solito. Non sarò mai capace a gestire i rapporti umani, è inutile. Non sono fatta per stare in mezzo agli altri, mi muovo meglio come solista, al centro di un palco con i riflettori puntati solamente su di me. Niente di cui preoccuparsi a parte la musica e la precisione della propria tecnica. Sarebbe stato meglio se non mi fossi mai unita a loro. Se non posso evolvermi, se non posso diventare la spietata guerriera, preferisco tornare indietro nel mio guscio. Solo io e nessun altro. Sola, ma libera. Sola, ma serena.
La presenza di Lawrence è troppo dolorosa, è un enorme cartello che non fa altro che mostrarmi in continuazione tutti i miei fallimenti, ciò che non ho mai avuto e che mai avrò. Questa convivenza forzata mi sta stretta e non posso più resistere, devo andarmene. Questa è l'occasione perfetta: tutti dormono. Devo solo alzarmi, voltarmi e andarmene. Li osservo per l'ultima volta, così indifesi e tranquilli, a breve tutti morti. Io stessa potrei mettere la parola fine alle loro vite, ma non ci riesco, la mia mano si rifiuta di stringere il coltello.
Mi alzo in piedi afferrando lo zaino delle escursioni accanto a me e mi trascino fuori dall'area. Ad ogni passo mi ritorna in mente un momento condiviso con Lawrence: la volta in cui gli avevo stretto la mano alla mietitura, il suo canto infantile dentro il treno, gli allenamenti, il tetto, il suo modo di farmi sentire accettata per quello che ero anziché per quello che sarei diventata.
Il mio volto è ormai rigato dalle lacrime. Solo adesso mi rendo conto che sto gli dando l'addio definitivo. Sono una stupida, mi sarei dovuta rendere conto che questa era l'inevitabile fine. Ero stata avvisata in fondo.
“Emma”
Il mio nome viene scandito con limpidezza e dolcezza, ma il panico si impossessa di me lo stesso. Mi giro e vedo Lawrence in piedi, tremante per il freddo. Mi porto entrambe le mani alla bocca, mentre sento le lacrime scendere giù copiosamente. Non farmi questo ti prego, non posso più sopportarlo. Lasciami andare e basta, ti supplico.
Lawrence fa un passo in avanti per avvicinarsi ed istintivamente ne faccio uno indietro per allontanarmi da lui.
“Torna qui” dice allungando la mano, come se volesse afferrami
“È troppo tardi” gli spiego fra un singhiozzo e l'altro
“No! Restiamo insieme fino alla fine. Siamo una squadra, ricordi?” insiste mentre cerca di avvinarsi lentamente a me, come se temesse che potessi fuggire da un momento all'altro. Davvero non capisce? O forse ha solo paura di realizzarlo?
“Siamo già soli, Lawrence” sottolineo con frustrazione
“Andiamo, Emma! I pericoli sono là fuori, non qua dentro! Lo sai che sono un buon alleato, non ti farei mai del male! Perciò.. resta.. ti prego” continua avvicinandosi sempre di più a me. Per un momento esito, sarebbe così bello tuffarsi fra quelle braccia, è da così tanto tempo che desidero farlo. I suoi occhi sono limpidi ed onesti come un cielo primaverile, non ci sono traccie di tempeste e di rancori. Sarebbe così facile abbandonarsi a lui... ma non posso. Estraggo il pugnale dai pantaloni e lo punto verso Lawrence che si blocca di scatto, ferito come non mai. Mi osserva a lungo, incapace di prendere una decisione in merito, mentre la mia mano trema nonostante i miei comandi. Non è giusto, se solo ci fossimo incontrati in circostanze diverse! Forse noi...
“Bene, bene” esordisce Lars mentre punta una delle sue frecce verso di me “Deve essere la giornata nazionale del “uccidi la traditrice”. È la mia preferita dopo quella del gatto” aggiunge con un ghigno.

 

Lawrence Timberwole, tributo del distretto 1, arena

Fanculo.
Non ci voleva, l'apparizione improvvisa di Lars ha rovinato tutto. Se non ci avesse inseguito, probabilmente io ed Emma saremmo già tornati al campo base. Mi sono allarmato quando ho sentito che si allontanava e l'ho inseguita. Merda, so che sta vivendo un periodo di merda, ma lo stiamo vivendo tutti qua dentro! Non si affrontano così i problemi!

Non so cosa c'è che non va in lei, ma non potevo di certo guardarla affogare senza far niente. In fondo è mia amica. Anche se mi fa incazzare.
La vedevo nel dubbio nonostante il suo patetico tentativo di difesa con il pugnale. Sapevo che stavo per farcela ma poi è arrivata quella testa di merda a rovinare tutto. Grazie mille, Lars.
Devo fare un ultimo disperato tentativo. Forse posso ancora salvare capra e cavoli. Mi metto in mezzo alla traiettoria di tiro, esattamente fra Emma e Lars. So che è pericoloso, ma è troppo presto per sciogliere questa alleanza. Devo salvarla da questi imbecilli. E poi... non voglio che venga fatto del male ad Emma. È una tipa strana, ma mi piace. Non ho mai abbandonato degli amici in difficoltà e non voglio incominciare. I vincitori sono eroi, modelli da seguire per intere generazioni nell'intera Panem. Non voglio diventare quel genere di persona che pugnala alle spalle.
“Togliti, Lawrence” mi ordina lui pacato ed immobile, come se fossi un semplice sbuffo di fumo che infastidisce la sua mira.
“Abbassa l'arma” replico cercando di utilizzare il suo stesso tono di voce. Sento dietro il respiro pensante di Emma, ferma e straziata dalle sue insicurezze.
“Se preferisci posso uccidere prima te e poi lei. Non sei nella situazione di porre condizioni” mi fa notare lui senza abbassare di un misero millimetro l'arma. Devo fare qualcosa, ma cosa?
“È solo un momento di smarrimento, sta tornando, vero Emma?” le chiedo in cerca di complicità. Non ottengo però risposta: guarda verso il basso, ormai rassegnata. Neppure in questo momento torni a parlarmi? Non so cosa fare, devo agire. Se solo Emma uscisse dal suo mondo dei mammoli potremo anche tentare di attaccare Lars e di farlo fuori, ma mi sembra quasi impossibile raggiungerla.
Mi volto di nuovo verso il nostro vecchio alleato, ma il suo sguardo è cambiato, è quasi compassionevole. Impiega qualche secondo per rispondermi, come se volesse soppesare le sue parole prima.
“Lawrence, lei ha già scelto. Mi dispiace”. Mi volto verso Emma, ha finalmente smesso di piangere. Sembra una ragazza qualsiasi così scomposta e fragile. L'ho sempre vista con la schiena dritta, fiera della propria bizzarra natura, ma ora è irriconoscibile. Che cosa ci ha fatto questo posto?
“Non farlo” mi sussurra a fatica senza aggiungere altro.
Osservo prima l'uno alla mia destra, poi l'altra alla mia sinistra. Il dubbio mi divora, non mi sono mai trovato di fronte a una scelta così difficile in vita mia. Perfino l'offrirmi volontario è stata una passeggiata in confronto. Da un lato c'è una ragazza meravigliosa con cui ho condiviso il periodo peggiore della mia vita, una amica. Dall'altra un alleato affidabile e stabile che non mi abbandonerebbe al primo cenno di difficoltà. Chiudo gli occhi cercando dentro me la forza per prendere una decisione, quando avverto un pesante odore di fumo.
Mi guardo intorno per cercare di capire e noto con la coda dell'occhio che anche Emma e Lars si sono fatti distrarre dall'odore. Intravedo infine un bagliore proveniente da poco lontano nella direzione delle cornucopia. Spalanco la bocca come un idiota, non può essere un semplice falò, è un vero e proprio incendio! Tutte le nostre cose sono lì...
Avverto qualcuno muoversi verso il bosco, mi giro di stacco ed intravedo Emma correre come una furia verso il bosco. Lars se ne accorge troppo tardi: le tira addosso due frecce, ma non riesce nemmeno a sfiorarla. Lo vedo imprecare a mezza voce, per poi dirigersi verso la cornucopia. Non mi calcola neppure, lasciando a me la libertà di decidere cosa fare della mia vita. Le parole di Lars continuano a girarmi in testa “Lei ha già scelto”. Decido di scattare anch'io verso la cornucopia nel tentativo di cercare di salvare il salvabile. Non ci voleva, i mezzi che erano là dentro erano vitali per tutti noi. Non conosco le piante commestibili e sono un disastro con i lavori manuali. Senza cornucopia ed alleati sono fregato, letteralmente.
Al nostro arrivo l'incendio è già divampato ed avvolge con le sue fiamme buona parte della cornucopia. Noto per terra frammenti di vetro e la totale assenza di Harriet. Quella puttana...
Mi dirigo al suo interno dove vengo accolto dalla pesante cappa di fumo e da un calore insopportabile. Mi copro la bocca e il naso con la manica della felpa cercando di individuare qualcosa che non sia stato ancora avvolto dal fuoco. Non pensavo che la situazione fosse così tanto tragica, soprattutto considerando che le fiamme hanno quasi raggiunto la sezione con i medicinali e i disinfettanti. Raggiungo Lars che si sta mordendo il labbro a forza.
“Che facciamo?” gli urlo addosso.
Lars scuote la testa con rabbia “Dobbiamo andarcene. Ora! Prima che arrivino gli ibrido pipistrello!”. Eseguo i suoi ordini e lo seguo di fuori con le mani vuote. Penseremo domani a trovare un modo per sopravvivere, ciò che conta ora è scappare da qui.
Ci nascondiamo verso la fine delle rovine, dentro una casa senza tetto e con una parete di meno. Non è il massimo come postazione, ma tanto gli ibridi saranno attirati dal fuoco, non verranno a cercarci. Abbiamo perso tutto. Il nostro cibo, la nostra acqua, buona parte delle armi, le nostre alleate. Dentro di me avverto una grande sensazioni di amarezza.
“Pensavo che l'avresti inseguita” dichiara all'improvviso Lars. Abbasso lo sguardo pieno di rimorsi. Più mi sforzo e più non la capisco. Forse siamo davvero troppo diversi, il mio affetto non poteva colmare questa lacuna. Forse non ha neppure tutti i torti: prima o poi ci saremo detti in ogni caso “addio”. È doloroso pensare a una sua dipartita, ma non voglio farmi frenare per questo. Voglio vincere, non mi farò fermare da nessuno. Nemmeno da lei. Nemmeno da Lars.
“L'avevo già persa” mi limito a rispondere “ Ti dispiace se rimango con te un altro po' di tempo?”

 

 

 

 

Ciao! Nuovo capitolo, siamo ufficialmente dimezzati! La storia della stella Susanne è inventata, non esiste. Alla prossima!

 

 

Classifica:

 

24 Daniel Ucciso da Lawrence

23 Thomas ucciso da Lars

22 Donna uccisa da Ane

21 Norma uccisa da Marinette

20 Marinette uccisa da Achille

19 Bezzy uccisa da Lars

 

18 Manuel ucciso da Emma

17 Connor, morto avvelenato

16 Charlie, ucciso da Sidney

 

15 Silk Hone, morta per setticemia

14 Riley, uccisa da Lawrence

13 Carlie, sbranato da un ibrido

 

Feriti:

Ane (tutta pesta e psicologicamente fragile)

Abe (intossicato, in ripresa)

 

 

  
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