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Autore: LittleDreamer90    05/05/2016    8 recensioni
Una mattina di pioggia. Uno di quei pigri giorni di inizio inverno, in cui il tempo sembra sospeso, annoiato anch'esso.
Una serie di coincidenze che portano ad un galante gesto di aiuto da parte di uno sconosciuto.
Un incontro avvenuto forse per caso, forse per volontà del Fato.
Tutto si limiterà ad un'unica stramba giornata fatta di curiosi ed impensabili incontri o l'amore ci metterà il suo zampino?
*************
Long-fic di "Di ombrelli, Pioggia, Caffè e fermate del bus"
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, izayoi, Kagome, Miroku | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1   In una mattina di pioggia



L’insistente suono della sveglia mi fa uscire dal torpore.

Kami, che sonno! No, non ce la posso fare, lasciatemi dormire, sono distrutto!

Con una manata non proprio gentile zittisco quell’aggeggio infernale.
Per un istante mi compare davanti agli occhi l’immagine di mia madre, che mi sgrida bonariamente per il trattamento che riservo sempre alle sveglie. In effetti, a furia di spegnerle in questo modo, devo comprarne una ogni sei mesi circa.

Mi stiracchio, sbadigliando senza ritegno.
Uff! E pensare che oggi è mercoledì, giorno che dovrebbe essere di riposo, per me.
Lancio un’occhiata all’orologio. Le sette e dieci del mattino.

Ok. Coraggio, InuYasha, ce la puoi fare. Devi alzarti, tua madre ha bisogno del tuo aiuto, stamattina. Ci sono da fare un po’ di telefonate ai fornitori per sollecitare alcuni ordini, e poi devo mettermi a riordinare il cortile dietro il locale, visto che mia madre sostiene che possa essere un grazioso luogo per mettere dei tavolini all’aperto…
Tsk, grazioso? Quel metro quadro scarso, grazioso? No, beh, non è proprio così piccolo, però… bah! Oltretutto che senso ha farlo ora? Siamo in inverno, quasi! Ci penseremo tra un po', in primavera, no? No.

Arranco verso il bagno, rabbrividendo per la sensazione di gelo delle mattonelle sotto i miei piedi nudi. Brr. Sto rimpiangendo il piumone del letto, l’inverno inizia a farsi sentire.

Quasi trasalisco nell’intravedere, con la coda dell’occhio, la mia immagine riflessa nel piccolo specchio sopra il lavandino. Wow, che faccia! Ho delle occhiaie da far paura… forse non è stata una buona idea, quella di rimanere alzato fino a mezzanotte per finire di controllare le ricevute fiscali.

Dopo una bella doccia ristoratrice, afferro la macchinetta del caffè. E, di nuovo, immagino mia madre che mi ripete che tendo a berne troppo, che il caffè fa male, che dovrei tentare di limitare questo brutto vizio per niente giapponese che ho acquisito durante gli anni di università.

Tsk, “per niente giapponese”? Da che pulpito! La prossima volta che me lo ripete, dovrò ricordarle che è lei, ad aver aperto un ristorantino di cucina casalinga, giapponese e non.
Mi brontola lo stomaco, al pensiero delle squisite torte all’occidentale che cucina mia madre.

Dannazione, sono le sette e quarantacinque!
Beh, lavorare per tua madre ha il vantaggio che il “capo” tende ad essere elastico e ragionevole sugli orari… o almeno lo spero!

Mentre mi sto vestendo, un brivido di terrore mi scuote, al pensiero di quale furia mia madre possa diventare quando è arrabbiata. Dal di fuori sembra la donna più pacifica e dolce di questo universo -e lo è, in effetti -, ma le poche volte che si infuria sul serio… fa spavento!


Quando entro trafelato nel locale di mamma, trovo ad accogliermi un piacevole tepore. Con questo tempo uggioso e umido è una vera gioia!

- C’è nessuno? Sono arrivato! Sono le 8 e 35, sono in ritardo, lo so, ma… - dico, appendendo il cappotto sull’appendiabiti accanto alla scaletta che porta al bugigattolo che dovrebbe costituire il mio ufficio da amministratore. In pratica non è altro che un soppalco ricavato sopra la zona della cucina. Pessima scelta, tra l’altro; quando mia madre inizia a cucinare il profumo arriva subito alle mie narici, facendomi venire una costante acquolina in bocca.

- Buongiorno, InuYasha! – mi accoglie la squillante voce di Ayame, la nostra simpaticissima e frizzante cameriera tuttofare. Lei serve ai tavoli e mia madre cucina.

Il fatto di avere un'unica persona come personale potrebbe essere strano, ma l’attività di mia madre è piccolina e ancora piuttosto sconosciuta. Per mia fortuna, dovrei dire! I suoi piatti sono talmente deliziosi che ne sono quasi geloso. Sono infantile, a volte, lo so bene…
Dovrei essere contento che mia madre sia riuscita a trasformare la sua passione per la cucina in un lavoro, dando per altro anche a me la possibilità di mettere a frutto i miei studi in Economia e Commercio e non fare il bambino geloso!

- Ayame! – sento dire da mia madre – Se continui a non avere la pazienza di controllare ciò che cucini, ci credo, che ti si brucia sempre tutto! – la redarguisce bonariamente.

Le sue parole mi fanno rabbrividire. Ayame… che cucina?!? No, si salvi chi può!

- Non fare quella faccia terrorizzata, tu! Un po' di fiducia, razza di disgraziato! – borbotta Ayame, notando la mia espressione atterrita.

Alzo gli occhi al cielo mentre la seguo in cucina.

Mia madre mi accoglie con un luminoso sorriso: - Buongiorno, amore mio! – mi saluta, facendomi arrossire.

Lo sa che non mi piace quando mi chiama così, non sono più un bambino, accidenti!
All'improvviso il mio stomaco traditore gorgoglia. In effetti il profumo che aleggia nell'aria è davvero buono.

- Fammi indovinare… sei uscito un'altra volta senza fare colazione, vero? – mi sgrida lei.

- Ehm… errore! Ho bevuto una tazza di caffè, non sono proprio totalmente digiuno e... Emh, si, va bene, non guardarmi così, mamma! - sbuffo. Quanto la detesto, quando fa la sua espressione da "ci avrei giurato"! - Che state combinando? – cambio impunemente discorso.

- La signora Izayoi mi sta aiutando a fare una torta! – mi risponde contenta Ayame.

- Ah! – ribatto. A che cavolo le servirà, una torta? Le parole “Ayame” e “fornelli” non sono contemplabili insieme in una frase!
- Beh, io vado di sopra nel mio studio – annuncio, riferendomi al bugigattolo – Ho del lavoro da sbrigare e… - ed è meglio defilarmi, prima che...

- Ma come, non ti va di assaggiare una fetta della mia torta? – piagnucola Ayame – Tu adori la torta di mele! -.

Ecco. Come non detto...
Oh Santi Kami! Ed ora come mi salvo da questa situazione senza offenderla a morte?

- Prima deve cuocere! Gliene portiamo un pezzo tra una mezz'ora, eh? Magari insieme anche alla crostata alla frutta che ho fatto ieri – suggerisce mia madre, facendomi un cenno complice e dandomi una pacca su una spalla.
Santa donna, ti adoro!



Stiracchio le braccia, raddrizzando il busto. L'occhio mi cade sul piattino pieno di briciole all'alto lato della scrivania invasa di fogli.
Devo ammettere che la torta di Ayame non era male, forse grazie all'aiuto di mia madre.
Afferro la tazza, prendendo l'ultimo sorso di thè ormai freddo.

- InuYasha? – mi chiama mia mamma.

- Dimmi! – rispondo, sporgendomi oltre la balaustra della piccola e scomoda scala a chiocciola. Ma dov'è? In cucina non c'è!
Sbuffando, afferro tazza e piattino.

- Lasciali pure sul banco di lavoro, ora li lavo! – mi istruisce Ayame, mentre sta spazzando il pavimento della saletta con i tavolini per gli avventori.

Annuisco, notando che la porta della dispensa è aperta.
- Mamma? – la chiamo, e lei spunta con in mano una grossa confezione di carne.

- Eccomi, tesoro. Per pranzo ti va se ti preparo il ramen che ti piace tanto? – mi domanda.

Non sono neanche le dieci del mattino e lei sta già pensando a cucinare?!?
- O-ok, ma non è un po' presto? Devo finire le telefonate ai fornitori e poi dovevo sistemare il retro – borbotto.

- A proposito di fornitori… alle dieci e un quarto dovrebbe arrivare il signor Matsumoto con il carico di frutta e ortaggi! Lo ha chiamato ieri per chiedergli di passare prima del solito per non mi ricordo che impegno lei avesse, Signora Izayoi – ci ricorda Ayame.

Mia mamma sussulta e poco ci manca che lasci cadere la carne: - Oh, no, accidenti! Me ne sono completamente dimenticata! – strilla.

- Cosa? Del fornitore? – le domando un po' perplesso. Che reazione esagerata!

- Ma no! Alle undici e venti avevo appuntamento con l’avvocato! – ribatte.
Eh? Avvocato? Che avvocato?!?

- Per la faccenda della zia! – mi spiega mia madre, vedendomi confuso.

Ahhhh! Giusto! La cara prozia Kaede. Nonostante le avessimo più volte detto di non firmare mai nulla senza leggere, lei si è fatta raggirare da un tizio che l'ha fermata per strada. Credendo di firmare una petizione a favore dell'ampliamento di un gattile, ha sottoscritto un abbonamento ad una collana di enciclopedie di argomento scientifico!
Basta che senta la parola “animali” e non capisce più nulla!
Le voglio un mondo di bene fin da bambino, ma certe volte mi farà diventare matto!

- Beh, e che problema c'è? Hai più di un'ora di tempo – ribatto, ma lei mi interrompe.

- Lo studio è dall'altra parte della città. Non riuscirei mai ad andare e tornare in tempo per l'ora di pranzo, contando anche, alla meglio, mezz'ora di colloquio con l'avvocato. E se vado io, chi cucina poi? Tu? – mi spiega.

Sbuffo, capendo dove vuole arrivare: - Va bene, ci vado io. Dammi l'indirizzo e il numero di telefono dello studio -.

- Sei un tesoro, cucciolo mio! – mi sorride, baciandomi sulla guancia.

- Mamma! La smetterai mai, con questi nomignoli? Ho 29 anni, ormai! – sbotto.

- Che noioso! Quando finalmente ti troverai una ragazza seria, come ti farai chiamare, per nome e basta? – mi sgrida.

Sento un moto di stizza invadermi: - Ragazza seria?  Parli come se fino ad ora io sia stato uno di quei perdigiorno che passano da una ragazza all'altra. E poi lo sai che Kikyo non – inizio.

La mia ex non è mai piaciuta a mia madre, la riteneva una donna frivola, interessata solo alla carriera e all'apparire. L'ho conosciuta all'università e siamo stati insieme fino a due anni fa.
È stata una rottura abbastanza pacifica, la nostra. I problemi sono arrivati quando ho appoggiato mia madre nel progetto del suo ristorantino, o forse avvisaglie che qualcosa non andasse c'erano state anche prima e sono io che non le ho volute vedere.
Kikyo desiderava che lavorassi come commercialista insieme a lei, nello studio di suo zio, e non ha molto digerito il fatto che io abbia invece deciso di lavorare per mia madre.
Abbiamo iniziato a vederci e sentirci sempre meno e, alla fine, ci siamo lasciati, di comune accordo, vista la differenza di vedute.
Differenza di vedute… sembra di sentire quei contratti di divorzio in cui, come motivazione, si riporta “differenze inconciliabili”! Bah.
Mamma e zia Kaede non hanno nemmeno provato a dissimulare il loro sollievo per il fatto di non vederla più. Alla faccia del sostegno o conforto che la famiglia dovrebbe darti!

Mentre sto per uscire, Ayame mi corre dietro, porgendomi un ombrello: - Aspetta, Inu! Al meteo hanno detto che pioverà. Tieni! -.

Guardo un po' sospettoso il grande ombrello colorato che mi sta porgendo.
- Non è un tantinello grande, Aya? Me ne basterebbe tranquillamente uno da borsetta, quelli piccolini pieghevoli – tento.

Lei però sbuffa: - Prendilo e taci. È il mio ombrello fortunato, questo -.

- Ah, sì? Fortunato perché, con la grazia che ti ritrovi, è l'unico ad essere ancora intero? – sogghigno io, prendendola in giro.

- Ok, Kamigami! Stai diventando peggio di un vecchietto brontolone! Insopportabile! – mi risponde.

- Ehi! – replicò piccato.

- Vai, che fai tardi! Spicciati, razza di zitello inacidito! – borbotta, tentando di spingermi verso la porta.

- Che c'è, sei gelosa? Non credevo di interessarti, sai? Che ne è stato del tuo bell'impiegato dagli occhi blu, rossa? – ribatto, facendola arrossire.
Sono mesi che sospira dietro ad un cliente, e anche lei mi pare che non gli sia indifferente. Stento a credere che quel tizio continui a venire da noi ad ogni pausa pranzo solo per la cucina di mia madre! Qui gatta ci cova!

Mentre mi sbatte fuori dalla porta, poco ci manca che finisca dritto nella cassetta di mele trasportata dal signor Matsumoto.
Oh caspita! Se lui è già qui, vuol dire che sono già le dieci e venti passate!
Corro verso la metro, visto che anche solo pensare di usare l'auto sarebbe una vera e propria utopia, pensando che forse questa mattina non avrei mai dovuto alzarmi dal letto. Oggi sono destinato ad essere in ritardo.




Incredibilmente, grazie alla metropolitana giungo a destinazione in quaranta minuti. Bene, sono le undici e ed ho un margine di circa un quarto d'ora. 
Dovrò ringraziare Ayame, l'ombrello mi è proprio servito, piove a dirotto!

Mentre cammino sotto il diluvio, noto, poco avanti a me, una scena davvero buffa: una ragazza, con una grande borsa in spalla e un vassoio contenente due bicchieri di plastica, sta tentando disperatamente di ripararsi sotto una grondaia.

La vedo adocchiare l'altro lato della strada ed emettere un sospiro, credo, mentre sul suo viso si dipinge un'espressione vittoriosa e fiera.
Prende la rincorsa e fa per attraversare la strada, quando un centauro le sfreccia davanti, rischiando di investirla. Per sua fortuna era ancora sul marciapiede e quindi non l'ha urtata.

Tuttavia la moto l'ha completamente schizzata, bagnandola da capo a piedi!

- Merda…!!! Oh, no! Porca miseria!– la sento imprecare con un ringhio, quasi al punto di lanciare dietro al motociclista ormai lontano i contenitori di plastica che ha in mano.

Quando però si accorge di aver attirato l'attenzione di alcuni passanti, abbassa il capo, forse in imbarazzo.

Mi avvicino, vedendola tremare.
- Tutto bene, Signorina? – le domando, riparandola dall'acqua con l'ombrello.
Che domanda idiota!

Osservo i suoi lunghi capelli corvini gocciolare, pensando a come poterle dare una mano.

Lei alza la testa, voltandosi nella mia direzione ed io incontro un paio di profondi occhi marroni, traboccanti di lacrime. Occhi che si allargano nell'incontrare il mio volto. Le guance le si imporporano e schiude appena le labbra.
Che le prende? Sembra imbambolata.

- Sta bene? – ripeto, quasi meccanicamente.

Lei mi guarda ancora, in un modo strano, come se non riesca a credere a ciò che vede e la cosa mi fa imbarazzare un po'.

Cavolo, quella moto l'ha proprio lavata, trema dal freddo e le battono i denti mentre mi risponde: - Ehm… ah, sì. Sì, sto bene, g-grazie! -.

Seguo il percorso di una goccia di pioggia che le cade dalla frangia corvina e di nuovo noto i suoi occhi lucidi e le lacrime rimaste in bilico sulle sue lunghe ciglia.

Ho sempre odiato vedere le donne piangere.

Istintivamente tiro fuori dalla tasca della giacca un fazzoletto di stoffa. Sto per asciugare io stesso quelle lacrime, ma mi rendo conto, con una punta di imbarazzo, che sarebbe un gesto fin troppo intimo da fare con una sconosciuta.
Sorrido, imbarazzato, porgendole il fazzoletto e i suoi profondi occhi castani si allargano di nuovo, illuminati da una luce stupita e timida, che li rende ancora più belli.
Sembra in difficoltà su cosa dire mentre accetta in silenzio il mio fazzoletto, sbirciandomi di sottecchi.

Finalmente sta per aprire bocca, quando un cellulare suona.
La ragazza trasalisce e poi sbuffa, come seccata.
- Pronto – risponde, palesemente di malavoglia.

All'altro capo dell'apparecchio le risponde una voce di donna, piuttosto alterata. Urla talmente tanto che perfino io la sento.

Senza quasi lasciarle possibilità di replicare, l’interlocutore le attacca il telefono in faccia dopo un veloce scambio di battute.
Lei sbuffa di nuovo ed io devo trattenere una risatina. Il modo in cui ha fissato il cellulare è troppo buffo! I suoi occhi hanno come mandato fulmini. Sembra quasi desiderosa di sbranare qualcuno. O di mandare al diavolo la donna che l'ha chiamata al telefono.

Nel frattempo mi concentro sulle informazioni che sono riuscito ad ottenere con il mio involontario origliare.
Con mio sommo stupore, quella giovane donna sembra essere in qualche modo collegata allo studio legale in cui io stesso mi devo recare. Che coincidenza!
A quanto pare era stata mandata a prendere il caffè ed i bicchieri che ha con sé confermano la mia teoria.
Che sia la segretaria? Eppure, quando prima ho chiamato lo studio, avvisando a scanso di equivoci, che mi sarei presentato io invece della Signora Izayoi in Taisho, la voce non mi era sembrata quella di questa ragazza.
Lo sguardo mi cade sulle bevande che tiene in mano e noto che sono totalmente rovinate. Immagino che parte della frustrazione della ragazza derivi anche da questo. Probabilmente verrà rimproverata, anche se non è stata colpa sua.

- Brutta faccenda – mi scappa di bocca quasi senza pensarci.

Lei mi guarda dapprima stupita, per poi abbassare il viso verso i suoi piedi e stringersi nelle spalle, facendosi piccola piccola.
Accidenti, starà morendo di freddo, poverina!

Uno strano moto di protezione mi spinge a volerla aiutare ed istintivamente allungo una mano, scostandole una ciocca bagnata di capelli che le si è appiccicata al viso quando torna a guardarmi.

- Dovrebbe asciugarsi, sta tremando – dico nel vederla rabbrividire ancora.
Ha un viso delicato ed occhi molto espressivi.  Mi rendo conto di essermi preso un po' troppa confidenza, infatti le sue guance si arroventano all’istante a causa del mio gesto precedente.

I passanti intorno a noi ci rivolgono occhiate incuriosite da sotto i loro ombrelli. Ma bravi, quando il motociclista le ha fatto la doccia tutti l'hanno ignorata, che hanno ora, da fissare tanto?! Tsk!
Ok, è ora di alzare i tacchi da questo marciapiede.

Le sfioro gentilmente un braccio, cingendole poi le spalle per ripararla meglio dalla pioggia mentre la scorto all'altro lato della strada, lasciandola stranita.
Credevo si sarebbe scostata infastidita dal contatto, invece, con mia sorpresa, sembra avvicinarsi ancora di più a me, rabbrividendo, forse in un'inconscia ricerca di tepore. Quando le ho sfiorato la guancia l'ho sentita fredda, in effetti.

Mi fermo davanti ad un portone, che noto socchiuso. La targhetta identificativa dello studio dell'avvocato Setsuna fa bella mostra di sé lì accanto.

La ragazza si stacca da me, fissandomi con imbarazzo.
È talmente tenera che sulle mie labbra si forma automaticamente un sorriso.

Tiene ancora in mano i bicchieri, ormai da buttare e si morde appena le labbra, come indecisa su cosa fare.

Io adocchio il mio orologio da polso, notando che sono solo le undici e dieci.
Sono in anticipo, così una stramba idea si forma nella mia mente, notando il logo della caffetteria stampato sui bicchieri.
Starbucks, la famosa catena americana di caffetterie.

Che fortuna! Se non sbaglio, lei lavora proprio nella caffetteria dietro l'angolo. Mi sembra di ricordare che si fosse lamentata con Ayame il mese scorso per questo suo trasferimento da un quartiere all’altro, che non le consentiva più di venire a pranzare tutti i giorni da mia madre.

Con un gesto fulmineo rubo i due bicchieri di cartone: - Questi li prendo io. Lei intanto salga, si sbrighi! Ha già preso abbastanza freddo – le dico perentorio. 
 - Ma.. ehi! – la sento protestare.

Di sicuro starà pensando che sono matto, ma non mi importa. 
 Mi sono allontanato già di qualche passo e nel sentirla parlare mi volto appena. Nel rivedere la sua figura minuta, zuppa d'acqua, sorrido nuovamente. Sembra un tenero pulcino infreddolito  - Salga, le ho detto. Ci penso io, non si preoccupi – la rassicuro.

Attraversata la strada, mi giro, appurando che lei mi ha obbedito davvero.
Che strana ragazza.

Ridacchio, pensando a come questa giornata abbia preso una strana piega.

Nel giro di pochi minuti entro nel bar senza esitare, ignorando le occhiatacce degli avventori nel vedermi saltare la fila.
Per mia fortuna la persona che cerco è a lato del bancone: - Shiori? Ehilà, come stai? – le chiedo giulivo.

- Signor InuYasha! Salve! Che ci fa da queste parti? – mi domanda stupita.

- Beh. Nulla di che, ho un appuntamento in zona. Però mi servirebbe un grande favore – le spiego, sfoderando uno sguardo supplichevole.
Mi viene quasi da ridere al pensiero di come Ayame mi darebbe del ruffiano lecchino!

- Sarebbe? – mi domanda lei sospettosa.

- Potresti rifarmi al volo questi due… - mi fermo, rendendomi conto di non sapere affatto cosa contengano i bicchieri.

- Ma questi sono… - bisbiglia sbirciandone il contenuto - Che cavolo ha combinato la stagista di Setsuna? Glieli ho consegnati appena cinque o dieci minuti fa! Ha fatto la doccia con i bicchieri in mano? -.

Beh, in effetti… ci è andata vicina.

- Te li ripago, ovviamente, ma avrei una certa fretta – le spiego.
Di fronte al suo sguardo dubbioso, alzo la posta in gioco: - Se mi fai questo favore, ti offro un pranzo gratis, te lo prometto. Appena passi da noi, troverai un bel tonkatsu gratis con il tuo nome scritto sopra -.

- Mhhh… lei è un imbonitore fatto è finito, lo sa? Ok, andata! Torno subito – mi risponde Shiori dopo essersi guardata velocemente intorno.


Un quarto d'ora dopo sto salendo a due a due i gradini del palazzo che ospita lo studio legale, stando attento a non rovesciare nulla.

Dunque… secondo piano, interno 3, recita il bigliettino che mi ha dato mia madre.
Eccolo qui.
Resto alcuni istanti con il dito alzato verso il campanello, pensando a cosa dire.

Sono un idiota! E se non venisse lei, ad aprirmi la porta? Come giustifico il fatto di presentarmi ad un appuntamento per un consulto legale con dei caffè in mano?

Oh, beh, improvviserò.

Il grido che sento attraverso la porta quando premo il campanello mi fa però tirare un sospiro di sollievo:
 - Oh, bene! Deve essere il cliente! Vado ad avvisare il Signor Setsuna. Tu spicciati ad asciugare e aprigli, Higurashi! Avanti! Che stai aspettando?! -.
Sento dire dalla voce che riconosco appartenere alla segretaria dell'avvocato con cui ho parlato al telefono circa un'ora fa.

Dopo un piccolo tramestio, la porta viene aperta e la ragazza dei caffè fa capolino dietro di essa.
La sua espressione sorpresa e sconvolta è impagabile.

- Buongiorno! Tenga – le dico, porgendole i bicchieri che lei afferra in un gesto automatico mentre mi fa entrare.
Li guarda come se non potesse credere ai propri occhi, per poi passare a fissare me.

Mi acciglio appena nel notare i suoi capelli ancora bagnati, legati in una coda. Vuole forse prendersi un malanno?

Prima che io possa aprire bocca, quella che credo sia la segretaria, ci raggiunge: - Signor Taisho? Buongiorno. Si accomodi, prego – dice con voce mielosa e affettata.

La sua espressione giuliva cambia all'istante, fulminando la ragazza al mio fianco - Higurashi? E quei caffè? Bah, torna al lavoro. I fascicoli sono lì che aspettano. Questo lo porto io al Signor Setsuna. Kagome? Mi hai sentita? Ah, cielo, quanta pazienza ci vuole, con gli stagisti – afferma, facendomi accigliare.

Fatemi capire, le sta dando dell'incompetente a causa di un paio di caffè?

Sul viso della Signorina che ora so chiamarsi Higurashi, anzi no, Kagome, si forma di nuovo quell'espressione da “quanto ti detesto”, mista ad indignazione. Annuisce alla richiesta della donna, sforzandosi con tutta se stessa di non far trasparire le sue emozioni.

La segretaria non lo nota, essendosi già girata di spalle, ma a me non scappa il delizioso broncio con smorfia che la ragazza le ha rivolto.

Lei deve rendersi conto che l'ho vista, perché arrossisce di nuovo di brutto.
Rossore che raddoppia quando io le rivolgo un cenno complice, facendole l’ occhiolino dopo aver camuffato con un colpo di tosse l'ennesima risata che rischiava di scapparmi.

Che diavolo mi prende? Ora avrà sicuramente pensato che ci sto provando con lei!

Ah, perché non è quello che stai facendo?”  mi chiede la mia coscienza, con una voce che assomiglia dannatamente a quella di Ayame. Ok, questa cosa è decisamente inquietante!
Santi Kami! Forse è il caso che mi faccia vedere da un bravo psicologo, oggi!

Seguo la segretaria che mi ancheggia davanti in maniera fin troppo esplicita ed entro nello studio dell'avvocato.


Dopo una mezz'ora di conversazione zeppa di incomprensibili termini in “avvocatese”, Setsuna mi fa capire che per lui sarà facile risolvere la truffa in cui la mia prozia è rimasta invischiata.

Gli stringo la mano, uscendo dal suo studio, dopo che mi ha assicurato che ci terremo in contatto: - Ho piena fiducia in lei, avvocato. Arrivederci! – dico congedandomi.

Dio, che caldo fa, qui dentro! Beh, almeno la Signorina Higurashi non si ammalerà, con il riscaldamento acceso al massimo.

Provando a non farmi vedere, sbircio verso di lei mentre passo a fianco della scrivania dietro cui è seduta, quasi sommersa da pile e pile di carta.
Al contrario, la postazione di Abi, la segretaria, è sgombra ed ordinatissima.

Kagome sbuffa, riponendo di lato un voluminoso fascicolo e afferrandone un altro altrettanto spesso. Lo apre e inizia a leggerlo, mordicchiandosi l’ unghia del pollice.

Forse sentendosi osservata, alza lo sguardo all'improvviso, incontrando il mio.

Sorrido intenerito. Ogni volta che i nostri occhi si incontrano, lei arrossisce, così mi affretto a toglierla dall’imbarazzo, salutando educatamente prima la segretaria e poi di nuovo lei: - Arrivederci, Signorina. Arrivederci… - mi interrompo. Ho già chiamato Signorina l'altra donna, anche se il termine si addice di più alla ragazza che ho di fronte che ad Abi.
Oddio, anche lei non sembra poi vecchia, avrà su per giù la mia età, ma tutto quel trucco le irrigidisce i lineamenti.
Al contrario, Kagome è di una bellezza pulita, semplice, senza fronzoli. Umh… Kagome. Se io la chiamassi per nome, si offenderebbe? Kagome...

Senza che io quasi me ne accorga, il suo nome mi esce in un sussurro.

Oh no. Deve averle dato fastidio, perché la vedo irrigidirsi di colpo.

Vorrei aggiungere qualcosa, scusarmi, ma noto che un nuovo cliente è già stato fatto entrare dalla Signorina Abi. Non è il caso di importunarla ancora con la mia presenza, quindi esco.


Fuori dal palazzo, alzo gli occhi. Ha smesso di piovere, per il momento.

Osservo l'ombrello di Ayame che tengo in mano. Aveva detto che era il suo ombrello fortunato, e ripensando a quanto in effetti mi sia stato utile… bah, dopotutto forse non è stata una cattiva idea, quella di alzarmi dal letto, stamattina.




È quasi l'una, quando riesco a ritornare al ristorante di mamma.

Ho avuto la malsana idea di passare prima dalla prozia Kaede per rassicurarla riguardo all'avvocato e lei mi ha praticamente bloccato in casa sua per convincermi a pranzare con lei. Alla fine però ho vinto io, convincendola che mamma mi aveva già preparato qualcosa da mangiare.
Visto che c'ero, zia mi ha avvisato che nel pomeriggio aveva intenzione di uscire per delle commissioni. Le ho fatto promettere di portarsi dietro quel dannato telefono cellulare che le abbiamo regalato l'anno scorso ma che lei, puntualmente, non usa.
Verso l'ora di cena sarà il caso di telefonarle, giusto per verificare che sia rincasata. Non si sa mai con lei!

Sgattaiolo silenziosamente nel mio ufficio, evitando di disturbare mia madre, presa con le ordinazioni. Nel giro di un quarto d'ora però appuro che il mio arrivo non è affatto passato inosservato come speravo perché Ayame mi raggiunge, portandomi una bella scodella di ramen fumante.

Il mio stomaco gorgoglia rumorosamente in risposta.

- Tutto ok? – mi domanda, mentre io mi sono già avventato sul piatto.

- Tutto bene, grazie. Ah, e grazie per l’ombrello. Avevi ragione a dire che mi sarebbe servito. L'ho lasciato nel portaombrelli a sgocciolare, ricordati di riprenderlo, poi – ribatto.

Per un momento rimango con le bacchette alzate in aria, ripensando a quella ragazza. A Kagome. In effetti il largo ombrello di Ayame è stato provvidenziale…

Accorgendomi dello sguardo sospettoso ed incuriosito di Aya, mi riprendo, portandomi alla bocca un po' di spaghetti, prima che lei inizi con le sue domande da impicciona.

Pranzo in tutta tranquillità, il brusio dei clienti del ristorante in sottofondo.

Sono ormai le quattro passate, quando riesco a finire le varie faccende burocratiche rimaste in sospeso.
Tra fornitori da contattare e da pagare, bollette, verifica delle spese e degli introiti, mi è quasi volato il pomeriggio, accidenti.
Ayame è tornata a casa da circa un'ora e in negozio siamo rimasti solo io e mia madre.

Quando scendo di sotto, la trovo comodamente seduta ad un tavolo, a bersi una tazza di thè.
- Oh, meno male! Stavo iniziando a prendere in considerazione l'ipotesi di chiamare una squadra di soccorso per persone scomparse – mi prende in giro lei.

- Esagerata! Come se tu non mi vedessi perfettamente da dove sei seduta! Ero sopra la tua testa, non alle Bahamas! – le rispondo a tono.

- Lo so tesoro, ma sei stato talmente silenzioso, oggi… tranne durante le telefonate che hai fatto, per il resto del tempo non si è sentita volare una mosca. Va tutto bene? – mi domanda.

Accidenti, mi conosce come le sue  tasche, sa perfettamente che quando faccio così è perché ho qualcosa per la testa!


- No, tutto ok! E, prima che tu me lo domandi, no, non ti preoccupare, è filato tutto liscio anche con l'avvocato – la anticipo.

Lei però mi sorride, posando la tazza sul piattino: - Allora devo presupporre che tu abbia forse fatto qualche incontro interessante? Anche Ayame, quando prima ti ha portato il pranzo, mi ha detto che ti ha beccato con un'espressione un po' persa. -.

Eccheccavolo! Possibile che non si possa mai nascondere nulla a queste due impiccione!?! Che le rispondo, ora? Sì, mamma, ho aiutato una ragazza molto carina a ripararsi dalla pioggia e poi ho scoperto che lavora presso l'avvocato da cui mi hai mandato?

Tra l'altro, ora che ci ripenso, non mi sono nemmeno presentato! So, grazie alla lingua lunga della segretaria, che lei si chiama Kagome, ma dal canto mio, sono così idiota che non le ho nemmeno detto il mio nome!
E poi, perché cavolo ci sto pensando così tanto? Difficilmente la incontrerò di nuovo, a meno di non tornare allo studio di Setsuna, ma così sembrerei davvero un matto, uno stalker e... argh! Al diavolo!

Mentre io sto praticamente litigando con me stesso, mamma ha lavato la tazza e iniziato a chiudere tutto, senza dire una parola.

Al momento siamo aperti solo a pranzo, esserci anche la sera per cena richiederebbe maggior personale e uno sforzo da parte di mia madre non indifferente. Non è detto che non si possa fare, nel prossimo futuro, eh?
Per ora, però, lasciamo le cose come stanno.
Sono quasi certo che mamma ne parlerà con papà, quando lui si deciderà a ritornare dal suo viaggio d'affari. Manca da casa da più di un mese e, anche se cerca di non farlo a vedere, mamma comincia a sentirsi sola.

La aspetto, per riaccompagnarla a casa in macchina, visto che… no, non abito ancora in casa di mamma e papà, ci mancherebbe! L'anno prossimo compio trenta anni, cavolo, non sono mica un bamboccione! Beh… abito solo… dall'altro lato della strada. Ecco l'ho detto!

Avrei voluto trasferirmi, ma, visto che i miei mi hanno lasciato la vecchia casa dei nonni materni, situata in un antiquato palazzone, ne ho approfittato, aspettando un momento migliore anche dal punto di vista economico, per prendermi una casa tutta mia.

La casa in cui sono cresciuto è invece una bella villetta, costruita da papà proprio di fronte all'abitazione dei suoceri, facendo tanti sacrifici.


Dopo essermi assicurato che mamma sia entrata in casa, chiudo la macchina, lasciandola come sempre nel vialetto della casa dei miei e mi dirigo verso il mio appartamento.


Sono circa le sei e trenta quando il suono del citofono di casa mi riscuote. Cavolo, mi sono addormentato stravaccato sul divano come un imbecille! Ho dolori dappertutto!

Sbadigliando, alzo la cornetta, stupendomi di sentire la voce concitata di mia madre: - InuYasha! Zia Kaede è sparita! – mi dice affannata.

Sparita? Come sparita!?!










Buona sera ^^
So di avere un'altra storia in corso (di cui il prossimo capitolo è quasi pronto! Spero di terminarlo a breve) , ma ho sentito l'esigenza di staccare un po', di svagarmi con altro.
Chi ha letto altri miei scritti, troverà punti in comune con una certa one-shot xD ebbene sì l'avete chiesta ed eccola qui, la long di "Di ombrelli, pioggia, caffè e fermate del bus" (che potete trovare qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3336214&i=1 ).
Devo però essere sincera: ancora non so dove andrò a parare con questa nuova storia. Ho in testa alcuni capitoli e alcune scene random, ma il tutto è in work in progress, dopo un certo punto ^^'
E lo so che ho sempre detto che avrei trattato una storia per volta, ed è quello che farò. La " priorità" va a "The Reign of Egypt", questa... Boh, si vedrà! Credo che mi lascerò giudare dai personaggi ^^ anche la scelta della narrazione in prima persona è una sfida, mi ci devo abituare ^^'
Bon, passo e chiudo! Bye!



   
 
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