Londra
del 1900.
Londra,
una delle città più grandi, conta circa 7 milioni di abitanti….una massa
abnorme di persone che si distribuisce e si accalca su tutto il territorio
inglese. Basti pensare solo alla moltitudine della vegetazione, dei campi, dei prati
per capire la grandezza di questo luogo. E proprio quella notte, sul London
Bridge qualcuno, o qualcosa, stava appollaiato sull’unico lampione che decorava
quello sfondo cosi tetro e oscuro…Portava un lungo mantello, completo di
cappuccio, nero, che non la faceva distinguere dalla notte. Ad un tratto, una
voce, un lamento, un urlo, un gemito la
fece distogliere dal vuoto, la attirò come una calamita e via! Corse
velocissima, contro il vento, contro il buio, come un fulmine, che scappa per
il cielo inseguito dal tuono.
Il
grido era arrivato da una casa, molto lontana dalla Londra centrale, ma
nonostante questo aveva udito benissimo quello strido, come se fosse stato a
pochi metri dal suo orecchio: una donna, dentro una casa stava partorendo con
doglia e gridava, gridava come mai prima in tutta la sua vita umana! La “cosa”
stava li, accoccolata sul ramo dell’albero più vicino, da dove si poteva ben
assistere a quello spettacolo della natura..Il dolore durò circa un quarto
d’ora, ma poi finalmente nacque un bel bambino, un bambino sano, forte. La
“cosa” sorrise, e il suo sorriso andava a contrastare la notte con i suoi denti
bianchissimi, lunghi, decisamente anormali. Scappò via, corse come aveva fatto
prima e si fuse con le tenebre sparendo nel vacuo.
-Mio
signore…l’erede è nato! –Si inchinò e finalmente si tolse il cappuccio: i suoi
lunghi capelli argentei ricoprivano interamente le sue spalle, come una cascata
grigiastra impetuosa. I suoi capelli erano lisci e gli cadevano anche sul viso,
coprendo uno dei due grandi ed enormi occhi rosso sangue. Ancora con quel suo
sorriso, con i suoi canini aguzzi appoggiati leggermente sulle labbra, ancora
quel senso di soddisfazione dipinto nel suo lugubre aspetto. Eppure era così
bello, così romantico nella sua feroce natura, così avvenente e così delicato,
come la sua candida pelle: puro!
-Ah
bene, aspettavamo con ansia questo evento Rasak. Avvertiamo subito gli altri cavalieri che la
missione ha avuto successo..complimenti..ben fatto! – Il vampiro in piedi si
spostò leggermente e indicò all’altro il corpo senza forze di un umano ai loro
piedi. Rasak sembrò non fare caso al sangue sparso per terra, ma lo calpestò
senza pudore, inginocchiandosi e iniziando a mangiare: il sangue in terra
iniziò a sgorgare, aumentava pian piano e l’umano gridava e si dimenava, ma non
riusciva a muoversi, quasi piacevole era quella sensazione…poi il vampiro pose
fine alle sue sofferenze e lo uccise.
La
notizia che l’erede era venuto al mondo si propagò per tutto l’universo, per
tutte le sedi dei vampiri, per tutti i castelli dove gli apparenti immortali
abitavano, fino ad arrivare anche a Lucius.
-Cosa?
L’impuro che dovrebbe distruggere il mio impero e il mio esercito sarebbe già
nato?- I suoi occhi si riempirono di malizia e di cattiveria. Lucius era un
vampiro anche lui, ma favorevole all’uccisione di tutti gli umani del mondo:
Voleva creare una popolazione fatta interamente di vampiri, imprigionati al suo
servizio e pieni di voglia sudicia di uccidere chiunque. Disprezzava i
cavalieri nobili vampireschi, poiché uccidevano solo per il nutrimento e non
per la voglia irrefrenabile del divertimento e della malvagità.
-Si,
mio signore, è cosi purtroppo.. – Uno dei suoi luridi servi gli si era
prostrato ai piedi.
-Oh
povero me! Non mi aspettavo una simile velocità! Beh credo che dovremmo
prolungare il suo arrivo – Ancora una volta i suoi feroci occhi si macchiarono
di quel colore tetro e spaventoso e la sua bocca si tinse di rabbia, fervore e
schiuma.
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-Mamma
esco, vado a scuola! – Un ragazzo ormai in età adolescenziale era appena uscito
da una casa su una collina. La sua espressione facciale non era delle migliori,
forse per il poco dormire o forse per la poca voglia di andare a scuola. Ma si
avviò comunque non curante di quello che sarebbe successo quella mattina.
Elijah, questo il nome del ragazzo, stava tranquillamente passeggiando per il corridoio
della scuola, in cerca della sua classe, quando ad un tratto:
-Ehy
tu! – Una voce lo richiamò, una voce
maschile: un bullo gli si era appena affiancato e lo stava minacciando con un
coltellino di seconda mano tutto rovinato.
-Dici
a me? – Elijah era spaventato, ma continuava comunque a sperare che quel bullo
cambiasse idea o che succedesse qualcosa per cui dovesse andarsene.
Sfortunatamente in quel corridoio non c’era nessuno e nessuno sembrava voler
arrivare.
-Si,
dico a te mammoletta! Dammi tutti i soldi che hai per il pranzo sennò ti aprirò
come una scatoletta di carne.
Il
ragazzo deglutì, ma non si scosse. Continuava a ripetersi che ce l’avrebbe
fatta, in un modo o nell’altro e che se avesse avuto la forza sarebbe stato
capace anche di sconfiggerlo da solo, con la sola forza delle braccia.
Il bullo si fece avanti, con il coltello
puntato, minacciandolo ancora una volta. Elijah indietreggiò, ma poi la voce
nella sua testa, che gli diceva “fallo a pezzi, uccidilo, tanto nessuno ti
vedrà” prevalse e si fece avanti. Saltò addosso al bullo, con la mano puntata
al suo collo, lo fece balzare fino al muro, dove lo alzò di circa 1 metro con
le sole sue mani. Gli occhi del ragazzo erano diventati rosseggianti, purpurei,
pieni di rabbia e cinici, senza pudore alcuno. Sentiva le vene del collo del
bullo pulzargli sul palmo della mano e il suo cuore: oh, come batteva il suo
cuore…
La
situazione si era decisamente rivolta a suo favore e decise di chiudere l’opera
in bellezza. Iniziò a ridere e nel suo sorriso smussarono due candidi canini
appuntiti, che trafissero il collo del giovane bullo. La rabbia era così tanta
che anche se il bullo gridava basta, non riusciva a smettere, ma affondava
sempre di più: il sangue scorreva, era così caldo e così buono…è vero che il
sangue dei cattivi è più saporito di quello dei buoni. E continuava senza
ritegno a assorbire la polpa di quel ragazzo, a succhiare.
Quando
si rese conto finalmente di quello che aveva fatto lasciò il bullo, che cadde
in terra ormai tramortito, e scappò fuori dalla scuola lontano, corse fino
al bosco più lontano. Si fermò, quando
si trovò una fonte davanti. Si specchiò in quell’acqua pura e fresca e
guardandosi si teneva il volto tra le mani: cosa aveva appena fatto??? Non era
possibile.
Lui,
proprio lui, che non aveva mai fatto male a una mosca, aveva appena ucciso una
persona??? Un rumore dietro di lui lo scosse e lo fece voltare. Una figura
oscura gli si stava per avvicinare: andava a passo lento, tranquillo e con
leggerezza camminava, senza preoccupazioni ma non sembrava affatto amica.