Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: aturiel    06/05/2016    0 recensioni
Daenerys Targaryen, nata dalla Tempesta e Madre dei Draghi è una grande donna, forte e determinata.
Ma la sua vita è stata segnata da uomini che l'hanno cambiata, amata, odiata, rispettata, invidiata... e ora, un ultimo uomo segnerà invece il suo futuro.
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Scritta a due mani con idkrugens per il contest "Round Robin: perché due mani in più servono sempre".
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Jorah Mormont, Khal Drogo, Viserys Targaryen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Viserys

 
Mia madre è morta nel darmi alla luce, e prima di lei anche mio padre Aerys e mio fratello Rhaegar.
Io non avrei mai neppure saputo i loro nomi se Viserys non fosse stato con me a dirmeli, a parlarmi di loro.
Lui è il solo che mi resta. Il solo... È tutto quello che ho.


Daenerys fece qualche passo e vide una sagoma conosciuta di fronte a lei, una sagoma il cui ricordo era sfumato, sì, ma mai dimenticato. I capelli erano sparsi dal vento attorno al suo capo in una nube bianca con riflessi argentati, così familiari e lontani nella sua memoria che aveva pensato, a un certo punto, di averli scordati.
E tornò bambina, poco più che ragazzina, quando era stata vestita di impalpabile seta e data in dono al Khal Drogo, quando il suo unico punto di riferimento era quella schiena leggermente arcuata, quella sagoma troppo longilinea per appartenere a un guerriero, eppure dai tatti così simili ai suoi da sembrarle l'unica cosa certa in quelle terre a cui non apparteneva.
Viserys si voltò e sorrise. Daenerys non si ricordava di averlo mai visto sorridere in modo così dolce nei suoi confronti: l'aveva sempre vista come una semplice merce di scambio, non come sua sorella, non come una regina.
Non risvegliare il drago, le diceva, incutendole paura di qualcosa che anch'ella possedeva dentro di sé. Se solo, a quel tempo, avesse saputo che non avrebbe dovuto temere il drago, se solo avesse immaginato quanto il sangue dei Targaryen fosse annacquato nelle vene di quel fratello eccessivamente ambizioso... ma era solo una ragazzina, come avrebbe potuto capirlo.

Quando Viserys era ancora vivo, Daenerys si era chiesta molte volte se lo odiasse, se avesse desiderato la sua morte, e spesso la risposta era stata molto vicina a un sì, ma ora quella figura lontana e circondata da un'onda d'argento, così familiare perché simile a lei stessa com'era riflessa negli occhi delle persone che la guardavano, gli sembrava così malinconica e serena che, n'era certa, non l'avrebbe più minacciata o fatto del male, non avrebbe mai più invocato quel poco di fuoco e quell'enorme rabbia che c'era nelle sue vene con il solo scopo di intimorirla. Viserys sembrava come ripulito della vena folle che aveva segnato lui e altri componenti della sua stirpe, come se la morte e il sogno glielo stessero restituendo purificato.
Ora aveva una risposta sicura a quella domanda che, anni prima, si era posta in continuazione, ogni volta che vedeva i suoi guizzanti occhi viola puntarsi su di lei: no, non odiava Viserys, non l'aveva odiato e, probabilmente, non lo avrebbe mai fatto. Gli aveva voluto bene, un tempo, era stata felice di avere qualcuno di conosciuto accanto a lei, qualcuno che la nutrisse e crescesse, che le raccontasse di quel regno lontano che la sua mente non ricordava ma che il suo sangue, palpitante e fiammeggiante nelle sue vene, reclamava come propria dimora.

Viserys era stato solo un giovane ambizioso, e già anni prima aveva visto il suo nome schiacciarli e tarpargli le ali che, invece, avrebbe dovuto spalancare.
Daenerys era stata convinta che dicesse di volere un trono solo perché il suo aspetto ogni giorno gli ricordava i suoi doveri verso la sua famiglia, verso quel 'Targaryen' che gli pesava addosso più di un masso. Sarebbe stato più felice – Daenerys n'era certa – se avesse vissuto ciò che restava della sua esistenza nella residenza di Illiryo, circondato dai lussi e da tutto ciò che un re poteva desiderare ad eccezione di una corona.
Daenerys sorrise amara dopo quel pensiero, perché ora invece sapeva come si era sentito suo fratello, sapeva che lui non avrebbe mai accettato di continuare ad essere il re mendicante, come anche lei si era rifiutata di essere: come non era stata solo la sposa di Khal Drogo, ma era diventata la regina del loro khalasar – una khaleesi –, ora era la Mhysa dei liberti, regina di Meereen.

Il fratello continuava a guardarla con occhi malinconici, senza sbattere le palpebre nemmeno una volta, come se si trattasse di una statua. I suoi lineamenti le parevano più delicati e rilassati, la sua bocca più dolce in quel sorriso che le rivolgeva. In quel momento vide ancora di più la somiglianza con lei stessa, come specchiandosi in quel viso giovane che mai sarebbe invecchiato.
Ora le veniva difficile pensare che ciò che suo fratello continuava a dire riguardo alla purezza di sangue fosse giusto, ma capiva il motivo per cui la Dany di suo fratello fosse convinta che il suo destino fosse diventare la sua sposa: in quelle terre lontane, così distanti dalla 'porta rossa' della sua infanzia perduta, lui era la cosa più simile a sé che avrebbe mai potuto trovare. E non importava se sapeva, anche allora, che il suo desiderio di riconquistare il trono di spade era avventato e poco più che un sogno irrealizzabile, l'importante era che sarebbe stata al suo fianco, perché non sarebbe stata sola.

Ma Viserys si era, in un certo senso, rovinato con le sue mani, e Daenerys poteva leggere questa consapevolezza nei suoi occhi violetti: aveva pensato che, vendendola a Drogo, avrebbe ottenuto la corona tanto attesa, aveva pensato che sarebbe riuscito ugualmente a renderla un giorno la sua sposa, e aveva atteso... ma in realtà l'aveva soltanto liberata dalle catene invisibili che il sangue comune creava fra loro. E se lei si era abituata a cavalcare al fianco del suo sole-e-stelle, se lei si era guadagnata il rispetto del khalasar ed era riuscita a risorgere dalle fiamme, lui era rimasto ancorato al suo desiderio smanioso di quella corona d'oro che aveva dovuto vendere per poter sfamare lei e se stesso anni prima, ed era stato proprio l'oro di quella corona a pesargli sul capo al momento della morte.

All'improvviso il volto del fratello si ricoprì di uno spesso strato d'oro, le sue guance si incavarono, i capelli caddero a terra come quelli di un giovane invecchiato troppo in fretta, e di lui non rimase nient'altro che il Viserys ucciso da Drogo, il Viserys folle e sciocco anche se pensava di non esserlo, e Daenerys non poté non indietreggiare, impaurita: anche se la sua mente le ripeteva che il fratello ora era morto, che non poteva più ferirla né doveva temere la sua rabbia, il suo cuore tutto d'un tratto era tornato quello di una bambina che, in un angolo buio, piangeva in silenzio mentre lui, con il suo fiato caldo, le sussurrava: Non risvegliare il drago. Ma la paura durò poco: si era liberata da tempo del fratello, era trascorsa tutta una vita in mezzo, era riuscita a opporsi a lui, a ribellarsi. Perché, quindi, aveva paura?
Alzò gli occhi e vide che il viso familiare di Viserys era tornato quello giovane e bello di un tempo, i suoi capelli erano ritornati fluenti e argentati, i suoi occhi viola rassicuranti e malinconici.

Questa volta fu Daenerys ad avvicinarsi al fratello, anche se non sapeva con certezza cosa domandargli: forse com'era il mondo, dopo la morte? Forse se provava rancore nei suoi confronti? Il motivo della sua malinconia? Non lo sapeva.
Posò una mano sulla spalla del suo corpo impalpabile, saggiando per qualche secondo la consistenza delle sue vesti d'aria sotto le dita, ma nel momento stesso in cui stava per aprire bocca, Viserys la guardò intensamente negli occhi e si dissolse in una nuvola di cenere grigia. Daenerys, quindi, arretrò di qualche passo.
Non aveva mai pianto per Viserys, le lacrime non avevano rigato il suo volto né durante la sua morte né successivamente, durante le notti solitarie. Ma ora, improvvisamente sola in quel luogo senza di macerie, sentì il suo cuore catturato dalla morsa del dolore e della mancanza di quel fratello che, nonostante tutto ciò che le aveva fatto subire nei suoi scatti d'ira irrazionali e violenti, l'aveva tenuta in vita come sangue del suo sangue e l'aveva condotta là dove aveva trovato i suoi figli, dove ora l'attendeva un presente da regina.
Pianse anche per quei rari momenti di dolcezza, quando le braccia di Viserys erano state tutto ciò che i suoi occhi da bambina avevano conosciuto, quando le teneva ancora la mano e la conduceva, come mendico, in questa o quella dimora.

Daenerys si asciugò le lacrime, sentendosi finalmente libera del peso che fino a pochi istanti prima l'aveva gravata, improvviso. E con le lacrime si era liberata anche dell'ultima catena che Viserys le aveva stretto attorno ai polsi: ora lei aveva saldato il suo debito, ora avrebbe potuto continuare per la sua strada, fare le sue scelte seguendo solamente ciò che la sua mente e il suo cuore le dicevano.
D'altronde ora non aveva più paura di risvegliare il drago: l'ultima volta in cui avrebbe potuto farlo, quando il sangue di Viserys avrebbe dovuto salvarlo, quando la sua pelle sarebbe dovuta essere impenetrabile come le squame, Viserys era morto, bruciato fino alla morte dal fuoco che non avrebbe dovuto temere.
Viserys non era mai stato un drago, non c'era mai stato nessun drago da risvegliare, ma solo la folle ira di un giovane privato di tutto ciò che aveva e di un re costretto a mendicare per sopravvivere e a vendere la sua corona in cambio di un pasto caldo.

Daenerys fece alcuni passi in avanti, lasciando dietro di sé il mucchietto di cenere che rimaneva di suo fratello e, con esso, anche il peso che il loro mancato addio le aveva gravato il cuore fino ad allora. Era stata perdonata – lo sentiva, in cuor suo – e lei aveva perdonato lui. Ora poteva proseguire.







 
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