Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Deliquium    06/05/2016    1 recensioni
Asgard. Il passato e il presente. Nove storie per parlare di una regina e dei suoi guerrieri.
Giusto giusto... una preparazione di quello che dovrà accadere.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bud / Alcor, Fenrir / Luxor, Hilda di Asgard, Siegfried / Orion
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sincretismo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tywaz (God Warriors)

Premessa dell'Autrice

Tywaz fa parte di Sincretismo, il che vuol dire che le storie sono scritte tenendo conto di quell'headcanon. Se non vi trovate con certe cose, è perché c'è un corollario di what if? Sul quale si regge la serie.
Chi ha dimestichezza con l'alfabeto runico, il cosiddetto fuþark, avrà già capito che il titolo della raccolta Tywaz, fa riferimento al terzo aett, “dedicato” al dio della guerra Týr.
Questo aett simboleggia il rapporto dell'uomo con le forze divine e la loro funzione nelle trame del Destino; descrive la condizione umana, gli aspetti sociali e le trasformazioni spirituali.
Il fuþark, l'alfabeto runico, associabile alle antiche popolazioni germaniche, comprendeva 24 rune, suddivise in 3 gruppi da 8, detti Aettir.
Questa raccolta quindi prevederà otto one-shot, tante quante le rune di Tywaz e i guerrieri di Asgard più un nono racconto “The Blank Rune” dedicato a Hilda di Polaris.
Per quanto riguarda il “nome” di ciascuna runa, ho optato per i nomi in norreno.

Tyr (Siegfried di Dubhe)

Impara le rune della vittoria,
se tu desideri vincere,
e scrivi le rune sulla tua elsa;
alcune nel solco,
ed altre nel piatto,
e due volte dovrai invocare Týr.


Edda



Eterno era l'inverno dell'Asgard di mezzo.
La primavera si era ritirata in un anfratto innominabile, protagonista di racconti alla luce delle fiamme in una giornata candida di neve.
Il vento imperversava con la sua voce incomprensibile fatta di centomila voci diverse, sbatacchiava la stoffa rossa di cui era fatta la tenda da campo.
Una chiazza di sangue e tramonto in mezzo a tutto quel bianco.
In lontananza, i rumori degli scontri giungevano attutiti alle orecchie di Hjördís.
La donna sospirò, l'attenzione rivolta interamente all'uomo adagiato su una spessa pila di coltri. I capelli biondi, leggermente mossi, erano sparsi sul cuscino a incoronare un volto segnato dalle cicatrici.
Hjördís prese un panno e allungò una mano, a sforargli la fronte imperlata di sudore.
Si bloccò di colpo, non appena avvertì il tocco deciso di lui.
Lo guardò negli occhi azzurro cielo per un istante, prima che lui scuotesse la testa, quasi a dirle: A che serve?
Già, a che serve?

Hjördís trattenne il respiro, fino a quando lui, non distese il braccio a incontrare le sue bianche dita. Sorrise mesto, mentre con uno sforzo, risaliva lungo le pieghe della veste blu notte, fino a posarsi sulle curve morbide del ventre gravido.
Lei si morse il labbro, nell'udire il suo sospiro. Gli occhi lucidi rivolti al cielo.
«Perché piangi?» chiese lui.
Hjördís distolse lo sguardo.
Troppe cose da dire, altrettante da tacere.
«Rallegrati moglie mia, che il tuo ventre è culla di guerriero.»
«E' troppo presto. Non sono pronta per questo guerriero. Non sono pronta per perdere te.»

Sfiorò con la punta delle dita le estremità della treccia bionda che era solita portare. Di più non poteva fare, non aveva la forza per incontrare il suo volto.
«Lo sarai. Lo sarai.» ripeté rassicurante.
Staccò la mano da lei, e sollevando il braccio puntò il dito verso un angolo della tenda. Hjördís si voltò e vide il suo baule.
«C'è una cosa che devo darti per lui.» disse Sigmundr con fatica.
Lei si alzò.
«Aprilo.» la invitò lui quando la vide appoggiare la mano sul pomello intarsiato.

Hjördís guardò dentro, ma non vide niente, se non un sacchetto di velluto verde.
«E' quello.» esalò lui, avvertendo la sua titubanza. «Aprilo.» ripeté, non appena lei si fu inginocchiata al suo capezzale.
Hjördís slacciò il cordoncino dorato.
Spalancò gli occhi. Sul velluto scuro splendevano frammenti di acciaio, di argento, di cristallo. Non avrebbe saputo dirlo. Sembravano gemme. Un diamante fatto a pezzi.
Alzò lo sguardo interrogativo verso il marito.
«Una lama.» le spiegò lui. «La mia spada. Dalla a mio figlio, perché io possa riconoscerlo quando varcherà le porte del Valhalla.»

Hjördís strinse i denti.
Non è ancora nato e tu già predisponi tutto perché abbia una morte gloriosa?
Oh, Freiya! Come può il cuore di una madre assorbire tutto il dolore e l'incoscienza dell'uomo?


Hjördís attese. Attese per molto molto tempo. Attese per un tempo che aveva smesso di essere il tempo.
Avvertì la presenza di qualcuno alle sue spalle. Amico o nemico, non le importava.
Le mani giunte, gli occhi fissi sul corpo del marito per scorgere un accenno di movimento che non sarebbe mai più avvenuto.
Álfr rimase immobile. Tacque a lungo. Tacque perché lei prendesse atto di quello che accaduto e si congedasse dallo sposo, dall'amante, dal padre del figlio che portava in grembo.
Perché non riversasse su di lui tutto il suo odio, tutto il disprezzo, tutta la rabbia nei confronti di chi l'aveva abbandonata.
«Ti avevo detto di riportarmelo.» disse con durezza, dopo un tempo che sembrava essersi perso nel susseguirsi degli istanti. «Lo avevi promesso.»
Avrebbe sopportato tutto il suo odio, tutto il disprezzo, tutta la rabbia.
«Tuo marito è morto con onore, Hjordis. Suo è il Valhalla.»
«Onore? Quale onore c'è, nel tradimento?» rise lei nervosamente. «Cosa dirò a Siegfried?»
«La verità. Che suo padre è morto, per proteggere Asgard. E che banchetta con carni di cinghiale e fiumi di idromele.»

Lei non rispose.
Il silenzio impregnava la tenda, teneva lontano il clangore delle armi, le grida di disperazione e le urla di battaglia.
Attendevano il passaggio del tempo, l'accettazione del suo scorrere imperituro.
«Dovremmo togliergli l'armatura. E' venuto il momento che il drago a due teste torni a riposare nel ventre di Asgard.»
La voce di Hjördís era una carezza.
Sfiorò con la punta delle dita l'elmo che aveva protetto Sigmundr nel corso delle battaglie. Le lacrime le segnavano il volto. Scosse la testa, rimproverando sé stessa.
Hjördís, perché piangi? Perché piangi?

«Lascia, faccio io.»
La voce di Álfr era come la fiamma di un focolare che proteggeva e riscaldava. Era ancora presto, ma lei sapeva che un nuovo nodo sarebbe stato presto stretto.
Álfr liberò l'avambraccio di Sigmundr dalla corazza.



C'era un'atmosfera strana a palazzo e non si trattava solo del vociferare delle sguattere e degli stallieri; non era nemmeno quel cielo plumbeo che da una settimana circa teneva la città sotto una cupola nefasta.
Era una sensazione, un prurito alla base del collo, un voltarsi indietro a cercare tra le ombre un nemico immaginario.
Aggrottò le sopracciglia non appena scorse la figura tarchiata di Reginn venirgli incontro. «Guarda guarda chi ho il piacere di incontrare!» ghignò l'uomo.
Il panciotto scuro tirato sul ventre prominente. Un paio di occhialetti montati d'argento dietro i quali guizzavano due occhi porcini e avidi.
«Da quando la nobile Hilda ti ha chiamato a sé, è impossibile riuscire a incontrarti.» dichiarò teatralmente. Poi, con tono più cattivo, aggiunse: «Non ti sarai mica montato la testa?»
«Non … »
Reginn scoppiò a ridere.
«Scherzavo, ragazzo. Scherzavo.»
Siegfried non era affatto sicuro che il suo tutore scherzasse. Lo conosceva, aveva avuto anni per farlo. Da quando sua madre Hjördís e suo marito, il jarl Álfr lo avevano mandato presso Reginn. Non aveva mai più parlato con sua madre, anzi, non era nemmeno certo di averlo mai fatto. Ha incontrato Hjördís, certo che l'ha incontrata!
Le ha sellato il cavallo, e le ha spiegato come fare per farsi ubbidire. Lei ha ascoltato con gli occhi azzurri fissi sull'orizzonte.
Ha ascoltato. Non ha mai parlato.
Capitava, a volte, che una madre rinunciasse volontariamente al figlio, lo liberasse dal vincolo del sangue, perché potesse crescere come uomo e come guerriero.
Ma Reginn era tutto fuorché un creatore di onore e gloria. Un uomo infimo, basso, accecato dall'ingordigia. Misurava il valore delle persone dal quantitativo di monete d'oro che potevano ottenere in cambio dei loro averi.
Aveva un fratello, Fafnir. Un folle che Siegfried aveva incontrato una sola volta e c'era rimasto quasi secco.
«E così, i Greci minacciano di invaderci...»
Aggrottò perplesso le sottili sopracciglia. Quanto sapeva Reginn? Quanto il popolo di Asgard? «La nostra alleanza con i Greci risale a oltre tremila anni fa. Non è mai stata infranta.» ribatté deciso.
Reginn assottigliò gli occhi, un ghigno fiorì sulle sue labbra a significare che per quante parole lui avrebbe usato, non vi avrebbe creduto.
«Quindi, è solo un caso, Siegfried di Dubhe se tu mi stai parlando indossando l'armatura che un tempo fu di tuo padre?» insinuò mellifluo.
Doveva allontanarsi da quell'uomo che lo aveva cresciuto al posto di suo padre e di sua madre, che aveva cercato di impiantare in lui il seme della malvagità e che lo guardava con il disprezzo di chi sdegna un grappolo d'uva.
Ogni istante accanto a lui, era una partecipazione all'inferno.
«Come vedi, mio caro Siegfried, ciò che è nato quadrato non diventa tondo.»
«Cosa intendi dire, Reginn?»
Lui piegò le labbra in una smorfia.
«Quella che indossi è una corazza. In te alberga l'antica forza del drago a due teste.» Poi, simulando sorpresa aggiunse: «Non dirmi che speri ancora che non vi siano vittime?»
«Non è ancora scoppiata alcuna guerra, Reginn e Hilda farà di tutto perché non accada!»
Questa volta Reginn non si impedì di ridere.
«Hilda?» balbettò impossibilitato a fermarsi. «La stessa donna che ha sciolto il Gran Consiglio e ha richiamato alle armi voi guerrieri divini?! Oh, sono proprio curioso di sapere quale pace proporrà, la nostra amata Hilda di Polaris.»

 

Note dell'Autrice - Tyr è la runa del guerriero, associata al dio Týr; tutti i nomi e i riferimenti presenti nella storia sono presi dalla mitologia norrena. Questi fatti, si svolgono poco prima della serie di Asgard dell'anime, che io rivedrò quando mi deciderò – un giorno! - a pubblicare la storia finale di Sincretismo.

 

 

Questa è opera di fantasia.
Saint Seiya, i suoi personaggi e ogni richiamo alla serie citata appartengono a Masami Kuramada. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma solo come omaggio da parte di un fan. Tutti i personaggi, gli episodi e le battute di dialogo sono immaginari, e non vanno riferiti ad alcuna persona vivente né intesi come denigratori. In particolare, i personaggi, le ambientazioni e le situazioni da me create, mi appartengono; per poterli utilizzare altrove, o per riprodurre questa storia o parti di essa è necessario il mio consenso.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Deliquium