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Autore: crazy lion    07/05/2016    6 recensioni
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti raccontati nel libro di Dianna De La Garza "Falling With Wings: A Mother's Story", non ancora tradotto in italiano.
Mancano diversi mesi alla pubblicazione dell’album “Confident” e Demi dovrebbe concentrarsi per dare il meglio di sé, ma sono altri i pensieri che le riempiono la mente: vuole avere un bambino. Scopre, però, di non poter avere figli. Disperata, sgomenta, prende tempo per accettare la sua infertilità e decidere cosa fare. Mesi dopo, l'amica Selena Gomez le ricorda che ci sono altri modi per avere un figlio. Demi intraprenderà così la difficile e lunga strada dell'adozione, supportata dalla famiglia e in particolare da Andrew, amico d'infanzia. Dopo molto tempo, le cose per lei sembrano andare per il verso giusto. Riuscirà a fare la mamma? Che succederà quando le cose si complicheranno e la vita sarà crudele con lei e con coloro che ama? Demi lotterà o si arrenderà?
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo. Saranno presenti familiari e amici di Demi. Anche per loro vale questo avviso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Joe Jonas, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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CAPITOLO 11.

DISPERAZIONE

Nei giorni che seguirono all'incontro con Jonathan Demi cantò benissimo, meglio di quanto faceva di solito e lavorò molto intensamente. Phil e i suoi collaboratori vedevano che era raggiante. Ogni volta che smetteva di cantare non faceva altro che parlare del bambino.
Benché l'avesse avvertita giorni prima, una mattina Andrew le telefonò scusandosi di nuovo per non essere potuto venire all'appuntamento a causa di una fortissima emicranea e i due si accordarono per pranzare insieme quel giorno.
Quando l'uomo la venne a prendere, la ragazza aveva un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
"Sei felice, vero?" le chiese l'amico.
"Sì, sono molto felice! Si vede?"
"Credo che lo noti chiunque ti guardi."
Holly non le aveva ancora telefonato. Erano passati cinque giorni da quando aveva conosciuto il bambino e sperava che la donna le avrebbe fatto sapere quando avrebbe potuto riabbracciarlo. Aspettava quel momento con impazienza e trepidazione.
Demi non ebbe molto tempo da passare con Andrew. Parlarono più che altro di lavoro in quei trenta minuti nei quali rimasero insieme.
La ragazza passò i tre giorni successivi a lavorare senza sosta; poi finalmente arrivò il weekend e poté rilassarsi. Aveva promesso ad Andrew che sarebbero andati di nuovo a pranzo il lunedì e che non avrebbero parlato di lavoro.
Quando quel giorno arrivò, Demetria era riposata e ancora più radiosa. Da tanto non si sentiva così leggera. Non ricordava nemmeno l'ultima volta nella quale aveva provato quelle sensazioni, per cui pensò che doveva essere stato molto, troppo tempo prima. Stava bene e finalmente una speranza più viva e più grande le riempiva il cuore. Non c'era stata ancora nessuna telefonata da parte dell'assistente sociale e, anche se a volte riflettendoci Demi si preoccupava, riusciva a vedere la situazione in positivo. Forse l'avrebbe chiamata proprio quel giorno, altrimenti il successivo l'avrebbe fatto lei. Sapeva, però, che Holly era una donna affidabile e che di certo non avrebbe dimenticato una cosa tanto
importante.
Proprio quando lei ed Andrew si sedettero a tavola, cellulare di Demi squillò. Prese la borsa e la aprì velocemente.
"Pronto?"
"Pronto Demi, sono Holly."
"Ciao Holly!" esclamò la ragazza, raggiante.
"Ascolta, ti devo dire una cosa."
Il tono grave della donna mise Demi in allarme.
"Holly, è successo qualcosa a Jonathan?"
"No, lui sta bene, ma l'altro giorno i genitori affidatari hanno chiamato Christa per dirle che stanno seriamente pensando di adottarlo."
Demetria iniziò a sentire che il suo cuore si stava lentamente spezzando.
"Cosa?" chiese, incredula. "Holly, dimmi che ho capito male, che è tutto un incubo, ti prego!"
Non era vero, non poteva esserlo.
"Purtroppo no, Demi, hai capito benissimo. Hannah e Patrick sono rimasti colpiti da te, sei piaciuta molto ad entrambi, ma hanno detto che, se prima pensavano che, come avevano fatto altre volte con i bambini che erano stati loro affidati, sarebbero riusciti a separarsi da Jonathan, seppur con molto dolore e difficoltà, stavolta sentono di non poterci riuscire. Dicevano di non essere pronti ad occuparsi di un neonato, ma ora ne sono convinti, o almeno lo sembrano. Ovviamente Christa vuole fare loro altri controlli. Ha detto che li farà parlare anche con uno psicologo per capire se la loro scelta è dettata solo dalla disperazione che potrebbero provare se tu lo adottassi, o dall'amore che hanno per lui. Se lei, però, li riterrà idonei a continuare l'affidamento e poi ad adottarlo…"
"Io non lo potrò adottare" disse Demi, con un filo di voce. "Tra quanto lo saprò?" chiese con un singulto.
"Christa ha detto che me lo farà sapere tra due mesi al massimo."
"Sembrava che stesse andando tutto così bene!" esclamò la ragazza e poi sospirò. "Capisco quei genitori, o almeno posso provare ad immaginare cosa provano,  ma non pensavo che sarebbe successo."
"Lo so, Demi e, credimi, mi dispiace tanto, ma per quanto sia brutto da dire, queste cose accadono. In questi casi non sempre le emozioni si riescono a controllare e i sentimenti possono cambiare molto velocemente. Emozioni che prima non si credeva di provare, poi escono allo scoperto e allora cambia tutto, perché si comprende che in fondo quello che si pensava fino a quel momento non era poi così vero. Ti richiamerò appena saprò qualcosa, ma ricorda che se hai bisogno di parlare io sono qui."
"Grazie."
Demi chiuse la telefonata con il cuore distrutto, straziato dal dolore. Non era arrabbiata con nessuno: né con Holly, né con Christa - perché non era colpa loro -, né con i genitori affidatari di Jonathan. Provava, però, una grandissima sofferenza e le sembrava che non ci fosse aria e che il mondo le stesse crollando addosso.
Quando aveva iniziato a parlare al telefono, Andrew era andato in bagno. Non si accorse nemmeno che era appena tornato.
"Che è successo?" le domandò, vedendo che il sorriso sul suo volto era sparito.
Ora Demi aveva due rughe che le scavavano il viso e lo sguardo perso nel vuoto. Quando sentì la sua voce si riscosse, lo guardò e scoppiò a piangere. L'amico avrebbe voluto abbracciarla, consolarla, fare qualcosa per aiutarla, ma non sapeva bene come comportarsi dato che non capiva cosa fosse successo. Aveva paura di sbagliare, o che lei avrebbe potuto arrabbiarsi, così decise di lasciare che si sfogasse, che piangesse tutte le lacrime che voleva. Le avrebbe parlato quando si sarebbe calmata. Dopo qualche minuto la ragazza si tranquillizzò. Si asciugò le lacrime con le mani, rimise il telefonino nella borsa e raccontò ad Andrew quello che era appena accaduto.
"Per questo hai quello sguardo abbattuto" osservò l'uomo prendendole una mano.
Andrew aveva la mano grande, liscia e calda. Demi invece l'aveva fredda e lui le prese anche l'altra per scaldarle entrambe.
"Esatto" confermò con voce rotta.
"Vedrai che andrà tutto bene, ne sono sicuro" la confortò.
"No, non sarà così! Andrew, io avevo preso in braccio quel bambino, l'avevo amato, coccolato, baciato e adesso, proprio quando pensavo che l'avrei tenuto con me per sempre, mi viene detto che probabilmente non potrò più averlo" disse, singhiozzando.
"Hai detto bene: probabilmente. Il che significa che non è ancora detta l'ultima parola. Demi, mi dispiace tantissimo per quello che è successo, non credere che mi lasci indifferente perché non è affatto così. Ci sono rimasto malissimo quando mi hai raccontato tutto questo e posso solo immaginare quanto per te sia terribile, ma devi continuare ad avere speranza. Holly ti richiamerà tra qualche mese e, forse, ti darà una bella notizia. Se non sarà così, allora vorrà dire che ci sarà un altro bambino, là fuori, che ti sta aspettando e anche quello sarà un grandissimo regalo. Forse per te Dio ha in serbo un destino diverso. Magari dovrai aspettare ancora, ma se il Signore ti sta dando tutte queste prove, credimi, è perché sta conservando per te qualcosa di meraviglioso."
"Io non voglio un altro bambino. Voglio lui!"
Andrew sospirò. Demi era troppo sconvolta. Dirle altro, adesso, avrebbe solo peggiorato la situazione.
"Scusami, parliamo solo di lavoro o di adozione."
Il suo migliore amico le disse che non c'era nessun problema. Le confessò che lui non si era mai sposato né fidanzato non perché non aveva mai trovato la persona giusta, bensì perché non l'aveva voluto. Era sempre stato bene così e, qualche anno prima, aveva pensato di adottare un bambino, ma poi ci aveva rinunciato perché il procedimento di adozione, per un uomo single, sarebbe stato ancora più difficile che per una donna e lui non si era sentito pronto ad affrontarlo.
"Per me è stato un grande sacrificio rinunciarci" confessò. "Volevo davvero farlo, ci ho pensato per mesi, ho cercato informazioni su internet a riguardo, ho ascoltato trasmissioni che trattavano il tema dell'adozione da parte dei single, ma quando mi è risultato chiaro che le difficoltà sarebbero state innumerevoli, ho avuto paura e la speranza, purtroppo, non è riuscita a sopraffarla" concluse.
"Sapevo che eri una persona sensibile," gli disse Demi, "ma non fino a questo punto!"
Era piacevolmente stupita.
"Lo so. Non l'ho mai detto a nessuno tranne alla mia famiglia. In realtà con il passare del tempo me ne sono amaramente pentito: avrei dovuto provarci lo stesso; ma ora sono troppo preso dal lavoro e ormai è andata così."
Quella non era l'unica cosa che Andrew non aveva mai raccontato quasi a nessuno e lo sapeva bene, ma non ne accennò.
"In ogni caso sei una bellissima persona e sei molto sensibile."
"Grazie. Comunque," continuò, "quando avrai il tuo bambino fra le braccia, lo farai conoscere allo zio Andrew, vero?"
"Sì, è ovvio, anche se temo che lo vizierai fin da subito!"
Sorrise pensandoci. Quel sorriso, però, scomparve immediatamente.
"Posso fare qualcosa per aiutarti?" le chiese Andrew, preoccupato.
"Accompagnami a casa, per favore."
L'amico avrebbe voluto farle notare che non avevano ancora ordinato il pranzo, ma lasciò stare e uscì dal ristorante con lei.
Fino a quando arrivarono a casa Demi rimase in silenzio, immobile, con le mani sulle ginocchia e lo sguardo perso, come poco prima.
"Domani andrò al lavoro a piedi" disse quando scese, ricordandosi che aveva lasciato la sua macchina nel parcheggio dello studio. "Grazie per avermi portata a casa."
"Figurati! Se vuoi ti faccio un po' di compagnia."
"Andrew, sei molto dolce, ma ho voglia di stare sola adesso."
"Come vuoi. Chiamami quando stai meglio."
"Va bene."
Demi, però, non lo richiamò. Nei due mesi successivi lavorò incessantemente. Raccontò alla sua famiglia e a Selena ciò che era successo, ma disse a tutti di non venirla a trovare perché aveva bisogno di rimanere da sola. Fu inutile ricordarle che così sarebbe stata solo peggio: Demi non voleva sentire ragioni. Non le sarebbe servito essere consolata, né uscire, né distrarsi, perché si conosceva bene ormai e sapeva che in ogni caso non avrebbe fatto altro che pensare a quello che era successo e al dolce visetto di Jonathan. Quello che le era capitato era orribile, ma non voleva lamentarsi, né parlarne, perché così avrebbe dato l'impressione di voler fare la vittima, cosa che era ben lungi da lei. Si buttò sul lavoro proprio per evitare tutto ciò. Il giorno dava il meglio di se e sfoggiava un bellissimo sorriso, ma poi la sera, a casa, si rifugiava di nuovo nella sua profonda tristezza e nel gran dolore che provava. Una volta pensò di tagliarsi, ma non prese il coltello in mano. Per fortuna quello fu solo un pensiero che poco dopo sparì. Tagliandosi non avrebbe risolto i suoi problemi, anzi, li avrebbe peggiorati. Non piangeva quasi mai, non perché non lo volesse, ma perché non sentiva le lacrime riempirle gli occhi. Nonostante la disperazione che provava, stavolta sapeva che era diverso. Mentre quando era stata male in precedenza aveva pianto e si era lasciata andare, era stata assente, distratta al lavoro, a volte anche estraniata dal mondo, ora sentiva dentro di lei una piccola speranza, una forza che la spingeva ad essere più coraggiosa, a continuare a lottare.
Una mattina di marzo Holly la chiamò per dirle che i genitori affidatari di Jonathan erano stati ritenuti idonei ad adottarlo. Per quanto Demi avesse cercato di prepararsi psicologicamente a quella possibilità, quando lo venne a sapere ci restò malissimo. Avrebbe dovuto aspettarselo, essere preparata, ma non lo era affatto. Scoppiò a piangere, non vergognandosi di farlo al telefono con la sua assistente sociale. Holly provò a calmarla, a dirle di parlare, di esprimere i suoi sentimenti, ma i singhiozzi di Demi erano così forti che non riusciva quasi a respirare. Pian piano si calmò e, dopo pochi minuti, riuscì a dire che le sembrava di aver perso quella chance e che non sarebbe mai più riuscita ad adottare un bambino.
"Non è il caso di parlare così, Demi. Non devi né dire, né pensare queste cose. Non sarà così, credimi! La tua richiesta di adozione è stata approvata, vedrai che prima o poi riuscirai a diventare mamma."
"Io mi ero affezionata a Jonathan, lo volevo adottare!".
"Lo so, Demetria, ma come ti ho già spiegato, spesso i bambini così piccoli vengono adottati dai genitori affidatari. Non sempre capita, ma a volte è così e purtroppo succede, anche se raramente, nel programma al quale noi aderiamo. Non sempre va tutto bene. Non è detto che il primo bambino che si incontra sia poi quello che si adotta. Non posso nemmeno immaginare quanto tu sia stata male in questi mesi, ma vedrai che là fuori c'è un bambino che ti aspetta e lo troverai, prima o poi. Abbi fede e non mollare."
Demi pensò che Andrew le aveva detto più o meno quelle frasi, qualche tempo prima. Che cos'avrebbe dovuto fare adesso? Onestamente non lo sapeva, era combattuta. Continuare a pensare a Jonathan le rendeva difficile prendere una decisione. In qualche modo a Demi incomprensibile, Holly capì ciò che stava pensando.
"Non farti sopraffare da questo, Demi" le disse. "Non lasciare che il pensiero di Jonathan anneghi tutti gli altri tuoi sentimenti e che il dolore sia più forte di qualsiasi cosa. So che è difficile, ma io ti ho vista combattere in questo periodo, so tutto quello che hai passato e sono convinta che potrai farcela. Tu forse non ci credi o non te ne rendi conto, ma hai una forza che fa invidia. Conosco persone che non hanno passato nemmeno la metà delle cose orribili che tu hai vissuto e che hanno gettato la spugna, si sono arrese ed ora vivono immerse nel dolore, nel senso di colpa e nei ricordi e questo, cara, non è vivere, bensì sopravvivere."
"Per tanto tempo l'ho fatto anch'io, in passato" disse Demi.
Lo stava facendo anche ora e sapeva che, forse, si sarebbe comportata così anche in futuro, se non fosse riuscita a superare quel momento.
"Lo so, ma alla fine ce l'hai fatta. Sei caduta e sei rimasta tanto tempo sulla terra fredda, ma poi hai trovato la forza di rialzarti in piedi. Ora tieni conferenze sul bullismo, sulla salute mentale, aiuti tantissime persone grazie alle tue canzoni e sei un esempio per tanti giovani. Questo significa che il coraggio ce l'hai!"
Holly le stava dicendo delle cose bellissime e Demi si commosse.
"Non so che cosa risponderti, Holly" ammise. "Non credevo che tu avessi così tanta stima di me."
"Ce l'ho, invece. Sono sicura che potrai essere una brava mamma, se lo vorrai. La scelta sta a te."
"Non so che cosa fare" disse sospirando.
"Prenditi del tempo per riflettere. Pensa a quali sono i tuoi sentimenti e fallo con calma. Questo ti aiuterà a prendere una decisione."
"Va bene. Ti richiamerò quando avrò le idee un po' più chiare, okay?"
"Perfetto! Demi?"
"Sì?"
"Ricorda che incontrerai sempre difficoltà nella tua vita. L'importante è che non ti lasci mai, mai sopraffare. Tu sei più forte."
"Grazie" disse la ragazza.
Non se la sentì di prometterle che ci sarebbe riuscita, perché non ne era sicura. Ora aveva solo bisogno di tempo per pensare a ciò che avrebbe voluto fare.
Si vestì, uscì di casa e cominciò a bighellonare per le strade. Non aveva una meta precisa, voleva solo che le gambe la portassero da qualche parte lontano da casa sua. In quel momento si sentiva la mente svuotata, le pareva di aver perduto la capacità di pensare, come se quella notizia avesse cancellato in lei pensieri ed emozioni. Non riusciva nemmeno a capire che cosa provava. Sapeva che stava male, ma non si sentiva triste. Provava qualcosa che prima non aveva mai sentito in maniera così forte: la sensazione di essere svuotata non solo nella testa, ma anche nell'anima. In quello stato, non sarebbe sicuramente riuscita a capire se voleva proseguire o no con il procedimento adottivo. Sospirò, stanca perché non riusciva a capirsi e poco dopo incontrò Selena.
"Demi!" la chiamò l'amica e la ragazza le si avvicinò e le sorrise.
"Sei pallidissima" constatò la ragazza e poi le chiese cosa fosse successo.
Demetria le raccontò tutto.
"Mi dispiace, tesoro, ma devi cercare di reagire. Non vedi che le persone accanto a te stanno male nel sapere che ti senti così? Da tanto non esci più di casa, non vuoi che né io, né Andrew, né gli altri tuoi amici, né la tua famiglia veniamo a trovarti. Posso immaginare che tu stia male, ma anche noi soffriamo per te. Perché non usciamo insieme, domani sera?"
Un'improvvisa, forte fitta al petto la colpì. Si era concentrata così tanto su se stessa che aveva lasciato da parte coloro ai quali voleva bene e lo stava facendo da troppo tempo, questo doveva ammetterlo, ma non sapeva che cos'avrebbe potuto fare per risollevarsi e uscire da quella specie di buco nero nel quale era caduta.
"Sì," disse a Selena guardandola negli occhi, "capisco che voi stiate male, ma non posso fingere sentimenti che non provo. Non posso dire di stare bene quando invece non è così."
"Nessuno ti chiede di farlo, Demi!" "Scusa la franchezza, Selena, ma tu non capisci il dolore che si prova quando si comprende che non si potrà adottare un bambino che si stava già amando."
Due lacrime le rigarono il viso e Selena lesse il dolore nei suoi occhi.
"Hai ragione, non posso capirlo, ma Demi, io vorrei solo aiutarti!" esclamò la ragazza dolcemente, prendendole una mano.
"Selena, tu sei molto dolce e ti ringrazio per essere sempre così premurosa, ma in questo momento ho bisogno di stare sola. Non saprei nemmeno di cosa parlare, domani, capisci? Sarebbe una serata sprecata per entrambe. Ora scusami, devo fare una cosa."
"Va bene" rispose l'amica con rassegnazione.
La salutò e la lasciò andare.
Ciò che Demi fece fu andare in un bar e ordinare una cioccolata calda. C'era molta gente all'interno, quindi nonostante l'aria fastidiosa e fresca, decise di sedersi fuori, accanto ad uno dei pochi tavolini. Non c'era nessuno lì, in quel momento. Demi sospirò di sollievo: la solitudine era ciò che le ci voleva e lei non la vedeva affatto come una cosa negativa, un modo per stare ancora più male. Al contrario, in quel momento più che mai, la solitudine era per lei una grande amica, che la aiutava a rimettere in ordine i pensieri.
Chiamò sua madre per raccontarle ciò che era successo e la donna ne fu addolorata. Le ripeté più o meno le stesse cose che Holly le aveva già detto e la consolò, invitandola anche a venire a cena da loro quella sera. Demi ci pensò su per un po', poi, più che altro per non far preoccupare ulteriormente sua madre, decise di
accettare.
   
 
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