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Autore: giulji    08/05/2016    1 recensioni
*Storia corretta e rivisitata nei primi capitoli, in modo tale che adesso, anche a coloro che non hanno letto la saga di Hunger Games, risulti una lettura comprensibile*
Questa fanfiction, ambientata in un survivial game, avrà come protagonisti la maggior parte dei personaggi presi dalla saga dello zio Rick, ricollocati sotto forma di tributi/sacrifici.
Il tutto averrà attraverso più punti di vista (POV).
Chi sarà il vincitore finale ? Chi morirà durante i giochi ?
In che circostanze ? Quali saranno le alleanze ?
Dal testo :
"... Nonostante la sua enorme voglia di lasciarsi cadere tra le braccia di Morfeo, affogando in un sonno privo di memorie, che lo avrebbe momentaneamente esonerato dalle tenebre che gli offuscavano perennemente il cuore, Nico non era invece riuscito ad addormentarsi nemmeno per un ora di seguito e le occhiaia violacee che gli contornavano lo sguardo già corrucciato ne costituivano una prova.
Sapeva che quella mattinata, non rappresentava infatti, l'inizio di un giorno comune, bensì quella maledetta giornata portava con se la consapevolezza che di li a poche ore ci sarebbe stata la fatidica mietitura per il distretto 13 dello stato di Panem..."
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hazel Levesque, Leo Valdez, Nico di Angelo, Percy/Annabeth, Talia Grace
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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THALIA

 

Il suono dei minuti che passavano rimbombava amplificato nelle orecchie di Thalia.

Ormai tutta l'alleanza si era accorta della sua intrusione, eppure avevano mandato solo Andrea ad inseguirla.

Non sapevano quello che gli aveva appena fatto.

Non avevano capito che quelli sarebbero stati gli ultimi minuti della loro vita.

Ridacchiavano tra di loro, convinti che presto il moro sarebbe tornato con la sua testa.

E se anche la loro ipotesi si fosse rivelata corretta, dove sarebbe ritornato?

Il piano era saltato in aria, tutto stava per saltare in aria.

Continuava a correre affannosamente, era troppo spaventata, il cuore le batteva troppo forte, non era in grado di affrontare uno scontro, non ci sarebbe riuscita.

Era diventata un assassina, presto quelle persone sarebbero morte.

Mancavano due minuti, e lei ormai era abbastanza lontana, eppure avrebbe voluto tornare indietro.

Gridare a tutti di scappare, salvarli.

Era troppo tardi.

Fermarsi avrebbe voluto dire solamente morire. Lei non voleva morire, si era rivelata una codarda.

Si stava odiando per questo.

Le sue gambe si fermarono, da sole, non riusciva più a muoversi, non voleva sfuggire al suo destino.

Era pronta a morire, sarebbe stata una giusta punizione.

Andrea la stava raggiungendo, impugnava il coltellaccio che poco prima stava utilizzando il compagno di Piper.

La sua andatura era regolare, i suoi occhi fermi verso di lei, il suo turbamento pari a zero.

Il solito automa del tre, niente da dire.

Thalia gli sorrise, e solo allora poté notare un leggero turbamento nei suoi occhi, doveva forse far male veder sorridere la propria vittima pochi istanti prima di ucciderla?

Mancavano pochi passi, le sue gambe continuavano ad esser incollate al terreno.

Non chiuse neppure gli occhi, aspettò la sua morte in silenzio.

Andrea correva, il coltello sollevato in aria, stava per colpirla.

Fu allora che una freccia si conficcò proprio nel centro della mano del ragazzo, legandolo indissolubilmente all'arma.

Lanciò un urlo straziato dal dolore.

Le sue vene rischiavano di fuoriuscire ed il suo sangue gocciolava sul pavimento.

Thalia non era più il suo nemico.

Andrea spostò gli occhi, arrossati dal dolore e dall'ira verso la direzione di quella freccia.

Zoe si stagliava in lontananza.

Il vento le spettinava i capelli finissimi, dando movimento alla sua figura statica.

I suoi occhi brillavano seri, la sua postura era perfetta, il suo arco brillava come la sua sagoma.

Sembrava una dea, Thalia la trovava bellissima.

Andrea cominciò a correre nella sua direzione, e lei sparì fra la boscaglia, non prima di lanciarle uno sguardo profondo.

Uno sguardo che le mise i brividi.

Bastò quell'occhiata per ridarle la forza, per convincerla a non arrendersi.

Si asciugò la fronte dal sudore.

Si rimise in piedi, le sue gambe avevano smesso di tremare.

Tic Toc.

Fu allora che un enorme spinta d'aria la fece ricadere al suolo.

Un enorme boato si diffuse in tutta l'arena, facendo tremare le radici e spezzando i rami.

L'esplosione fu tale da rispedirla al suolo, con le ginocchia sporche di terra e sangue.

Il fumo si sovrapponeva all'ossigeno e le impediva di respirare normalmente.

Bruciava negli occhi, ma non era sicura che fosse per quello che sentiva le guance corrose da lacrime.

Si risollevò da terra, un ennesima volta, un ennesimo sforzo.

Era come ipnotizzata dall'enorme massa di fuoco che aveva inghiottito il panorama davanti a lei.

Gli alberi erano spariti, i cespugli, probabilmente le basi, le risorse, ed anche le persone.

Aveva le orecchie tappate, ancora scosse dall'enorme suono che avevano udito poco prima.

Ma le sembrava comunque di sentire delle urla in lontananza, urla di persone, o forse di fantasmi, che si dimenavano nell'orrore e nella paura, che venivano torturate da quel fuoco così ipnotico.

I suoi occhi riflettevano l'incendio, nei suoi occhi stessi se ne stava sviluppando uno autonomo.

E presto entrambi avrebbero preso il sopravvento, bruciando tutto ciò che incrociavano sulla propria strada.

Si avvicinò alle fiamme, come attratta da una forza invisibile.

Era tutto corroso e morto, toccò le foglie di un albero che era stato così verde da accecare.

Ora erano carbonizzate, si sciolsero sotto il suo tocco.

Era stata lei od il fuoco a procurarle quell'effetto?

Fermò i suoi passi e le sue riflessioni solamente quando incontrò un cadavere.

La ragazza del distretto quattro. Era sdraiata in una strana posizione.

Probabilmente si era disperatamente dimenata prima di morire.

Metà del suo viso, del suo corpo era bruciato.

Carbonizzato, sfregiato, sembrava un inquietante bambola, non un essere umano.

Forse lei aveva capito cosa sarebbe successo da lì a poco.

Per questo aveva iniziato a correre ed era arrivata così lontano, ma non era bastato.

Ora era solo un corpo finto, per metà gelato e per metà infuocato.

Al suo tocco si sarebbe vaporizzata come le foglie intorno a lei.

Si inchinò per sfiorare la sua parte ancora intatta.

Dalle tasche sbucò un pacchetto di sigarette, era sopravvissuto a tutto quello.

Il ricordo di quella chioma scura mentre era china a fumare con spensieratezza, mentre conversava con la ragazza mora al suo fianco, le procurò una fitta allo stomaco.

Un'altra lacrima rigò il suo viso, sicuramente la colpa era del fumo.

Scappò, non riusciva a sopportare ulteriormente quella vista.

Prese con se le sigarette, come ricordo, ed era come se in quel momento qualcuno le stesse spegnendo sul suo cuore.

In lontananza udì un grido che le fece accapponare la pelle.

Il suo orecchio sinistro cominciò a fischiare.

Avrebbe riconosciuto quella voce fra mille.

 

Zoe aveva seguito il disfarsi del loro programma con sguardo imperturbabile.

Aveva visto negli occhi elettrici dell'altra la paura, i sensi di colpa, aveva visto la rassegnazione, la colpa, la sconfitta, l'odio verso se stessa.

Erano tutti sentimenti che conosceva bene, e non avrebbe permesso per niente al mondo che l'altra ne fosse annientata.

Doveva salvarla.

Le tornò in mente il viso del ragazzo che l'aveva tradita, i suoi genitori mentre le voltavano le spalle, le sue sorelle troppo codarde per protestare.

I suoi ricordi erano uno schifo, le sue ferite erano troppo gravi per essere ricucite, non avrebbe mai permesso che una cosa del genere succedesse anche all'altra.

Non avrebbe mai voluto vedere il suo sorriso elettrico spegnersi per sempre.

Iniziò a correre non appena Andrea prese a seguirla.

Sapeva che se in quel momento il ragazzo l'avesse raggiunta, lei si sarebbe lasciata morire, l'avrebbe considerata una punizione divina.

Infatti quello che vide fu una Thalia arresa, inginocchiata al suolo, in attesa della morte, ma fortunatamente, sulle labbra aveva ancora quel suo perfetto sorriso sornione.

Non si era ancora spento, la speranza era ancora viva.

Prese la mira, le sue mani non erano mai state più ferme, e schioccò la freccia.

Colpì la sua preda sulla mano, impedendogli di sfiorare Thalia.

Vide l'ira diffondersi dentro di lui.

Era una dispensa d'odio, ormai era un animo marcio.

Zoe avrebbe voluto solo ricordargli che non era bene perdere le staffe in un incontro, eppure una parte di lei non riusciva a reprimere la stessa rabbia.

In quel ragazzo identificava colui che l'aveva spezzata.

Rappresentava tutti i suoi mali, solo convincendosi di questo sarebbe riuscita a dare fine alla sua vita.

Se lo ripeté così tante volte che alla fine ci credette.

Scagliò un'altra freccia nella sua direzione, colpì una spalla.

Andrea lanciò un altro grido strozzato tra i denti.

La stava raggiungendo, si allontanò tra i boschi.

L'avrebbe aspettato per annientarlo, o annientarsi, ma non davanti agli occhi blu dell'amica.

Andrea la stava raggiungendo, sollevò il coltello nella sua direzione.

Zoe si parò dal colpo con l'arco, la sua fedele arma resistette, non si spezzò.

Sicuramente sarebbe stata spacciata dato che era un corpo a corpo.

Lei non disponeva d'altro che un arco e lui possedeva un enorme coltello da macello.

Eppure questo non l'avrebbe dissolta dal suo incarico, l'arresa non era contemplata.

Prese una freccia e la infilzò con il solo ausilio delle mani nel suo torace.

Lui aveva ancora le braccia sollevate e la guardia scoperta, in quanto il suo coltello continuava a cozzare contro il suo arco.

Strinse gli occhi e grugnì, tossendo sangue.

A quel punto Zoe realizzò di esser fregata.

Il suo arco si spezzò.

Una lama di coltello le entrò direttamente nel petto.

Lei contemporaneamente prese un altra freccia e la infilzò nella gola del nemico.

Questo cominciò a tossire convulsamente, la sua ira non era ancora consumata, sembrava insoddisfatto.

Eppure cadde a terra rantolante, dimenandosi fino a fermarsi in una posa fetale, la sua vita si esaurì così, con un espressione insoddisfatta sul volto ed il collo aperto in due.

Zoe non si sentiva minimamente in colpa.

Le sue mani erano sporche di rosso.

Non sapeva a chi appartenesse, era forse suo o del suo nemico?

Si sentiva libera, aveva vinto per una volta, era riuscita a concludere il suo compito.

Il suo cerchio era giunto al termine.

Avrebbe voluto alzarsi in piedi e ballare sulle note del vento.

Eppure il suo cuore stava letteralmente sanguinando, stava morendo, e nonostante tutto provava ancora un po' di paura.

Si accorse di aver lanciato un grido, non l'aveva fatto volontariamente, non avrebbe mai voluto rovinare la quiete della natura.

Socchiuse un attimo gli occhi, e quando li riaprì trovò davanti a lei il volto di Thalia.

I suoi occhi azzurri erano rancorosi e preoccupati, il suo volto rigato di lacrime.

Era inchinata, entrambe erano appoggiate ad un albero, e le teneva saldamente la mano.

Le sue erano così calde e tremanti, terribilmente vive.

Zoe si lasciò sfuggire un risolino, adesso che sentiva quella salda presenza non avrebbe avuto più paura.

Le sue sofferenze erano terminate. Aveva avuto la sua rivincita, e se ne sarebbe andata con il sorriso.

La gola era secca, eppure riuscì a parlare, prima di spirare l'ultimo fiato.

“Thalia, volevo ringraziarti per tutto. Sei una ragazza fantastica, non odiarti, non dimenticarlo mai.

Lotta e vinci.”

Aveva comunicato la sua volontà, ormai non aveva più motivo per restare, doveva andarsene.

Chiuse gli occhi e lasciò cadere la testa all'indietro.

Le sue orecchie udivano una melodia dolce e serena, le urla di Thalia non la raggiunsero.

Vide una luce, delle sagome amichevoli, si sentiva nuovamente a casa, finalmente aveva raggiunto una famiglia che l'amava.

Il suo battito cessò.

Thalia la strinse più a se, continuando ad urlare.

Le sue urla venivano dal profondo, le sue ferite erano interne ed erano le più dolorose.

Zoe l'aveva salvata e poi era morta.

Aveva visto l'importanza di quel gesto, la necessità nell'uccidere Andrea, eppure non capiva.

Si sentiva distrutta, voleva morire con lei.

Così come tutti gli altri stavano facendo.

Aveva terminato le lacrime.

Si alzò, lasciando da solo il cadavere dell'amica, doveva allontanarsi.

Si trovavano pressapoco nello stesso punto ove si erano incontrate la prima volta, forse un po' più in alto.

Iniziò a camminare, si fermò solo quando raggiunse il burrone, si trovava davvero a pochi passi da dove l'altra era morta.

Aveva corso così tanto.

Il suo sguardo indignato le ritornò alla mente, il modo in cui schioccava le labbra, in cui alzava gli occhi in gloria, in cui gesticolava quando era contraria per far qualcosa.

“Se qualcosa dovesse andare storto ricordati che è colpa tua”

Quelle parole tornarono vivide nella sua memoria: era tutto colpa sua ed il peggio era che non avrebbe potuto far nulla per rimediare, non possedeva nemmeno una vendetta da perseguire, nulla.

Si avvicinò ancora di più al baratro, non sapeva qual'era il fine delle sue stesse azioni.

Si sentiva attratta dalla gravità, come lo sentiva con il fuoco.

Forse uno spirito masochistico si era impossessato di lei.

Si voleva buttare? Voleva suicidarsi? Morire?

Non lo sapeva, ma continuava a camminare.

Si fermò solo quando, guardando verso il basso, rimirando gli scogli, vide una figura.

Una sagoma sollevata, lontana ma comunque distinguibile.

Per un momento gli parve di vedere Zoe.

Come impugnava magneticamente la sua arma, con quell'eleganza felina.

Eppure presto realizzò che si trattava di un ragazzo, ed era affiancato da altre due persone.

L'arco non era però un allucinazione, il ragazzo lo impugnava veramente, e lo teneva puntato verso di lei.

La voleva uccidere? Perché?

Per un momento esitò sul prendere la sua arma e farlo fuori per prima.

Eppure era troppo stanca, lasciò che l'altro schioccasse la sua freccia.

Questa la raggiunse rapidamente, ma non la sfiorò, si scagliò ai suoi piedi.

Si inchinò, ancora in bilico sul burrone, per raccoglierla.

Non era una semplice freccia.

Rigirò la sua costituzione ruvida tra le mani.

Portava un messaggio, scritto su una stoffa chiara.

Volevano comunicarle qualcosa.

Sfilò la stoffa e lesse cosa vi avevano scritto.

“Abbiamo bisogno di un hovercraft, per favore. Abbiamo un piano, possiamo farti uscire di qui.”era scritto con il sangue.

Un hovercraft?

Tornò a guardare in quella direzione.

Cosa intendevano dire? Volevano che lei buttasse giù uno di quegli affari? In che modo poteva essere utile?

Poi tornò a vedere la stoffa, rilesse due volte l'ultima frase.

Uscire di lì, sabotare il gioco.

Era stata così presa da tutte le emozioni e da tutto ciò che era accaduto da scordarsi la sua vera motivazione, dimenticando chi era stato ad organizzare tutto.

Stava per diventare un burattino.

La rabbia cominciò a farsi spaziò tra le sue emozioni, soffocando tutte le altre.

Magari era stata anche colpa sua se Zoe era morta, magari aveva fatto dei calcoli sbagliati, ma tutto ciò non sarebbe mai e poi mai successo se non fosse stato per il governo.

Era stato quest'ultimo ad organizzare i giochi.

Tirò fuori il suo arco ed il suo scudo, pronta a combattere.

Avrebbe resistito e lottato, proprio come le aveva chiesto l'altra.

Si riavvicinò al suo corpo, le passò una mano sul volto, un ultima carezza.

Ingoiò un boccone amaro per non ricedere al pianto.

Esattamente in quel momento un hovercraft stava per scendere e prendere il suo corpo senza vita.

Lei si buttò addosso a quest'ultimo, l'avrebbe impedito.

Cominciò a scagliare una pioggia di frecce, l'hovercraft barcollò, cominciando a rilasciare piccole scosse elettriche.

A Thalia tornò in mente Luke, il suo sorriso scaltro, i suoi modi rapidi ma enfatizzati.

Il modo magnetico in cui scappava tra i boschi, il magnetismo della sua eterocromia.

Il dolore nell'averlo perso, di esser stata ininfluente per un altra volta.

L'oggetto metallico si scagliò contro di lei.

Qualcuno dall'altra parte lo stava pilotando.

Qualche verme del governo, e non se ne parlava di perdere.

Si parò con il suo scudo, e lo cominciò a scagliare ripetutamente contro questo.

Degli strani suoni di circuiti che stavano fondendo lo scosse.

Lei continuò a sferrare colpi ripetutamente.

L'hovercraft aprì un ala, quella da cui usciva la maniglia di ferro che come scopo aveva quello di sollevare i cadaveri.

La graffiò con profondità all'altezza dello stomaco.

Fu presa alla sprovvista.

Ma non si fermò nemmeno per un istante.

Ricominciò a colpire l'oggetto, alternando le frecce e lo scudo, fino a quando finalmente

l'oggetto, dopo aver rilasciato una scossa elettrica, che per altro la sconvolse prendendola in pieno, cadde a terra, aveva fuso i suoi circuiti.

Subito dopo cadde a terra anche Thalia, aveva esaurito le sue forze.

La ragazza si lasciò trasportare dalla gravità schiantandosi a terra, sopra il corpo meccanico dell'hovercraft.

Non aveva più energie.

Abbassò la testa, guardando il proprio addome.

Era stato aperto in due da quel maledetto strumento.

Non avrebbe saputo dire se quella ferita era mortale. Il sangue bruciava sulla sua pelle, caldo e colorato, sparso sulla sua maglietta, sulla divisa, sul pavimento.

Forse sarebbe morta, forse no, sapeva solo che non riusciva più a tenere gli occhi aperti. Così li chiuse.

Una voce lontana la raggiunse, ma lei non la sentì, ormai era svenuta.

 

Piper dopo aver osservato la fuga di Thalia, seguita poi da quella di Zoe aveva capito cos'era accaduto.

Non si vedeva bene dalla loro posizione, Thalia si era mimetizzata egregiamente con l'ambiente, eppure aveva compreso che era stato attivato il detonatore.

Doveva scappare e portare Frank via da lì prima che fosse troppo tardi.

Ricordava il perché era stato catturato, il perché del suo terrore, il loro litigio.

Prima che lei ed Ethan si incontrassero, avevano deciso che Piper sarebbe andata a prender delle erbe e dei frutti da mangiare, così si erano lasciati con questo accordo.

Notando che non tornava Frank era andato a cercarla, e così si era ritrovato difronte ad una scena equivoca.

Piper chinata sul corpo Ethan, sanguinante.

Era stato preso dal terrore, aveva pensato subito ad un tradimento.

All'opzione che Piper gli avesse sempre mentito, non mostrandosi per quello che era realmente.

Non riuscì a fermare le sue gambe dalla corsa, Piper si accorse di quello che aveva interpretato e cominciò ad inseguirlo per spiegarsi, per chiarire sulla verità della questione.

Ma prima che questo fosse possibile l'alleanza incrociò Frank, lo circondò, lo tramortì e lo catturò.

Piper non poté far nulla che non fosse osservare la scena, sconvolta.

Intervenire sarebbe stato mortale per entrambi, non avrebbe risolto nulla.

Così aveva aspettato.

Ed ora Frank stava per saltare in aria.

Doveva fare qualcosa, allontanarsi da loro prima che fosse troppo tardi.

Cominciò a muoversi verso la sua figura, tutti sembravano (guardare) concentrati nel guardare Thalia e Zoe.

Così approfittò del momento per prendere Frank.

Questo si accorse del fatto che si stava avvicinando a lui, e probabilmente avrebbe gridato terrorizzato.

Così Piper decise di tramortirlo con una pietra, dopo si sentì in colpa.

Ma non avrebbe avuto altra maniera per non farsi scoprire.

Così iniziò una corsa disperata trascinandolo con lei, e fortunatamente riuscì ad allontanarsi dal luogo giusto prima che saltasse tutto in aria.

Lo scoppio fece riprender il ragazzo, e fu a quel punto che Piper gli spiegò tutta la situazione, anche se la condizione non era propizia per le discussioni.

Frank non poté far altro che crederle, e quindi seguirla in silenzio, senza dire nulla.

Non riusciva a spiccicare parola, non voleva.

Allora si diressero silenziosamente verso il burrone.

Un grande incendio stava divampando nelle parti centrali dell'arena, bisognavano dirigersi all'esterno.

Piper cercava di non far cadere lo sguardo alle sue spalle.

Era scioccata dalla sequenza di cose che erano accadute, si sentiva male solo nel rimirare i cadaveri degli alberi, figurarsi il resto.

Una volta che raggiunse il burrone trovò il corpo di Thalia in fin di vita, era sdraiata su un hovercraft.

Si avvicinò di corsa, seguita da Frank.

Cominciò a guardare la dimensione della ferita, non sembrava mortale in se, eppure rischiava di morir dissanguata.

Si strappò un pezzo di divisa e la posizionò sulla ferita dell'addome.

Era perfetta, dritta, chirurgica, con ogni probabilità era stato un oggetto metallico a procurargliela.

(Lo) suo sguardo cadde nuovamente sull'hovercraft.

Non capiva il perché l'avesse abbattuto, ma se aveva rischiato la morte per farlo ci doveva esser un motivo più che plausibile.

Controllando meglio la sua divisa notò che aveva un pezzo di stoffa in tasca, per buona parte era macchiato di sangue.

Ma riuscì a leggere parte del messaggio “- bisogno- hovercraft-piano-uscire”.

Capì il messaggio, ma chi poteva essere stato?

Corse verso il burrone ed allora vide delle figure stagliarsi lontane, la fissavano promettenti.

Il suo puzzle mentale stava mettendo insieme i pezzi.

Doveva dare a quei ragazzi l'hovercraft, ma non sapeva come.

Poi pensandoci meglio si ricordò di avere della corda nello zaino.

Quando aveva slegato Frank era rimasto un enorme fune massiccia e per sicurezza aveva deciso di conservarla.

Adesso si sarebbe potuta rivelare utile.

Estrasse la fune e cominciò a legarla intorno al macchinario.

Fece tre giri, era abituata a fare nodi per via del suo lavoro nel distretto quindi non gli venne difficile immobilizzarlo.

Si fece aiutare da Frank per spingerlo fino alla fine del burrone, poi lo lasciò andare giù tenendolo dalla parte esterna della corda.

Era parecchio pesante e dovette tenersi incollata al suolo per non precipitare con lui.

Lo fece scendere man mano, fino a quando non fu ad una distanza abbastanza corta da poter lasciarlo andare senza rischiare danni permanenti nell'oggetto.

Le sagome sotto di lei stavano cominciando a nuotare verso quel luogo.

L'incendio stava continuando a divampare. Si sarebbero dovuti buttare, sennò sarebbero morti per soffocamento.

Trasportò il corpo di Thalia, tenendolo ben stretta, non poteva di certo abbandonarla.

Bastò un solo sguardo con Frank per capire che si sarebbero dovuti gettare.

Lui si limitò ad annuire, non c'era spazio per la paura o le vertigini. Chiusero gli occhi e si gettarono, Piper continuava a stringere fra le braccia l'altra ragazza, Frank a poca distanza da loro le imitò.

L'impatto fu devastante e destabilizzante, ma sopravvissero, anche perché ben presto delle figure si avvicinarono per metterli in salvo in una caverna sotterranea.

 

Clarisse aspettava con impazienza il ritorno dei ragazzi. Sentiva un formicolio pervaderle il copro, una strana angoscia.

Non riusciva a stare ferma, si muoveva da una parte all'altra, calciando il pavimento e trascinando i passi.

Per tutto quel tempo si era sentita un cane in gabbia, ostentare la sua rabbia in ogni gesto, anche se non era reale, un po' la stava aiutando, ma non abbastanza.

Prima o poi sarebbe esplosa se fosse rimasta ulteriormente in quel postaccio.

Avrebbe spaccato tutto, sarebbe impazzita, magari sarebbe arrivata al punto di uccidere, e lei voleva evitarlo. Per quanto potesse apparire terrificante, per quanto potesse fare paura, lei non era realmente un mostro, o meglio, faceva il possibile per non esserlo.

Annabeth se n'era resa conto, riusciva a leggerle l'anima in qualche strano modo, a comprendere la parte buona di lei, quella premurosa, quella che non riusciva nemmeno lei a comprendere.

In quel momento era appoggiata ad un masso, le gambe incrociate e gli occhi socchiusi, puntati all'orizzonte di pietra, riusciva ad apparire sempre così calibrata in ogni gesto.

Leo invece era particolarmente irrequieto, si martoriava le mani nervosamente, faceva spostare lo sguardo da un luogo all'altro, aveva paura di qualcosa, di se stesso.

Riusciva a riconoscere quella paura, eppure non ne capiva il motivo.

Leo era l'opposto di Annabeth.

Lui riusciva a vedere il suo potenziale esplosivo, ma non ne sembrava spaventato, solo preoccupato, e lei non si spiegava il perché.

Preferiva tenersi distante da lui, non voleva risvegliare il suo ego travagliato.

Finalmente i ragazzi fecero irruzione nel luogo, era passato veramente troppo tempo, forse un ora, forse due, ma ora nessuno riusciva a pensare.

L'adrenalina era troppo forte e riusciva a confondere ed enfatizzare i cinque sensi.

I ragazzi non erano soli, con loro c'era una strana ragazza dagli occhi caleidoscopici che si manteneva in piedi a stento, un ragazzo apparentemente cinese che barcollava, aveva evidenti segni scuri sul corpo.

Infine Will teneva in braccio una ragazza dalla chioma corvina, era svenuta, i vestiti sporchi di sangue.

Ma non fu sicuramente la prima cosa che notarono.

Il gruppo aveva con se un enorme ammasso di metallo grigiastro, sembrava quasi completamente intatto.

Lo tenevano con delicatezza, come se fosse un vetro pronto a rompersi, o un cane pronto a mordere, dipendeva dai punti di vista.

Leo scattò in piedi non appena lo vide, aveva già sfilato dal collo il suo apparecchio metallico.

Gli ci vollero due minuti per chinarsi verso l'hovercraft e cominciare a dissezionarlo, sembrava un medico legale intento in una fondamentale autopsia.

Clarisse non capiva nulla di quello che stava facendo, quei movimenti per lei erano lontani, alieni.

Pensava solo al fatto che era arrivato il fatidico momento della fuga.

Era tutto nelle sottili mani di quel ragazzino ispanico, dovevano tentare subito, o sarebbero morti là.

Dovevano vincere, tutti insieme.

Il silenzio era insopportabile, pesante, carico d'aspettativa.

Leo doveva muoversi, doveva sistemare quell'aggeggio, doveva annunciare la riuscita del tutto.

Cominciò a guardare le espressioni dei presenti per calmarsi.

Erano tutti terribilmente diversi, delle persone nuove, cresciute.

Annabeth aveva lo sguardo più intenso, le braccia più resistenti, eppure piene di cicatrici, pieni di morsi di ragni. Ricordò la paura che l'aveva invasa, i demoni che le erano tornati a galla, doveva esser stato terribile.

Percy sembrava estremamente concentrato, quello sguardo adulto stonava con la sua solita espressione da ragazzino.

La sua felicità era stata spezzata, sottoposta a dura prova, eppure ora sembrava più responsabile, più forte.

Leo era un mistero.

I suoi occhi celavano un infinità di segreti, eppure sapeva che aveva un enorme bisogno d'attenzione, sapeva che la loro presenza in qualche modo lo aiutava a superare dei momenti di solitudine dolorosa.

Esattamente il suo opposto, lei avrebbe voluto uccidere chiunque avesse nuovamente provato a rivolgerle un riflettore.

Il ragazzino dagli occhi scuri, Nico, sembrava avere delle occhiaia molto più profonde, ma allo stesso tempo il suo colorito era meno pallido.

Will aveva mostrava un espressione sincera, coinvolta realmente, non costruita.

Non conosceva le altre persone, ma poteva vedere dei tratti particolari anche in loro.

Le sopracciglia corrucciate di Piper, il turbamento di Frank, l'enorme squarcio di Thalia.

Erano tutti così diversi, nel bene e nel male erano cresciuti.

E lei? Cosa le era successo? Di certo non se lo sarebbe diagnosticata da sola.

Leo finalmente riuscì a terminare nel suo intento.

Il suo strano portafortuna era ultimato, aveva dei pezzi nuovi tappezzati intorno, delle microscopiche rotelle cominciarono a muoversi, il ragazzo lo allontanò prontamente dall'acqua, poco prima che lanciasse una piccola scintilla.

Li guardò con serietà, poi parlò.

“Il piano è ultimato. Abbiamo una copertura di una settantina d'ore, dobbiamo allontanarci rapidamente da qua, le onde radioattive stanno già cominciando a diffondersi” terminò, iniziando a prendere gli zaini.

A nessuno sembrava vero, non era successo nulla di particolare, non uno scoppio, non un boato, ma loro erano salvi, a quanto pareva.

Tutti stettero zitti, prendevano i loro zaini, sistemavano le armi rimaste all'interno.

Fu la voce quasi sconosciuta di Nico a dividere il silenzio, si rivolse a Leo, quasi sottovoce.

“Grazie.” disse solo questo, lanciando un occhiata indescrivibile all'altro.

Leo rilassò le spalle, sorrise, per la prima volta davvero.

Clarisse aiutò i ragazzi a portare fuori la zattera, cercando di non farle urtare gli scogli, passando dal solito percorso subacqueo.

Leo fu l'ultimo ad uscire, stava ultimando qualcosa.

Quando tornò aveva con se una strana elica, pareva la ventola di un aereo.

Era riuscito a ricreare una ventola con quei pochi strumenti dell'hovercraft rimasti: era un portento, se qualcuno di singolo avrebbe seriamente vinto a quell'edizione sarebbe stato senza dubbio lui.

Ma era stato altruista, aveva salvato otto vite, ammirevole

Annabeth sistemò la zattera sull'acqua, aiutandolo a legare l'elica con il nastro rimasto a Piper.

L'imbarcazione era pronta. Il loro Argo II.

Cominciarono a posizionarsi sopra, aiutandosi a vicenda, ci stavano ed avanzava pure lo spazio per gli zaini.

Non c'era più nient'altro che avrebbero dovuto fare, affidarsi alla sorte, allontanarsi da là, pregare di raggiungere della terra ferma, era tutto in dubbio, ma loro erano vivi ed evasi.

Leo azionò la ventola, loro cominciarono a muoversi, cavalcando le onde medie del mare, gli schizzi dell'acqua sembravano quasi piacevoli.

Una sensazione di liberazione affollava l'aria.

Tutti stavano tornando a respirare.

La loro velocità era discreta, il cielo era ancora sfumato dal grigio, nel panorama solo mare, un infinita quantità d'acqua.

Si tenevano stretti al legno, quelle lastre di legno che Clarisse stessa si era dovuta procurare arrampicandosi per la scogliera, ispezionando ogni anno, squarciandosi le mani che ora bruciavano cosparse di sale.

Finalmente eliminò il suo solito ghigno corrucciato. Magari sarebbero morti, magari li avrebbero rintracciati presto, o l'impalcatura avrebbe ceduto.

Ma loro avevano rotto le fila che li legavano al governo. Non erano più burattini, ma persone, che avrebbero lottato, combattuto e vinto. Per il resto della propria vita.

 

Nda: Ebbene si, questa storia è giunta al termine!

In seguito scriverò un epilogo, dove spiegherò nelle ultime nda alcune cose che potranno avvenire in futuro.

Ringrazio veramente di cuore tutti coloro che hanno continuato a leggere fino a questo punto <3

Mi dispiacerà non poter più raccontare le vicende dei tributi.

Questa è stata la prima fanfiction che ho scritto, ma presumibilmente non sarà l'ultima.

Magari cambierò genere, non ne sono sicura.

Mi farebbe piacere ricevere un vostro giudizio ( positivo o negativo) per capire come orientarmi ed a cosa dovrei fare più attenzione.

Alla prossima <3 ^^

   
 
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