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Autore: aoimotion    11/05/2016    6 recensioni
1 - Più la guardava, più Nick si stupiva di quanto Judy Hopps fosse piccola.
5 - Nick tirò indietro le orecchie, leggermente offeso. «Le tue insinuazioni mi feriscono, Judy. Quale agente di polizia darebbe la colpa agli altri per la propria malasorte?»
11 - Nel buio, una voce a lei terribilmente nota sussurrò parole divertite ad un soffio dal suo orecchio. Judy si voltò di scatto e tentò di acciuffare le tenebre, ma ottenne solo di sbilanciarsi e finire col muso per terra.
«Nick!» gridò, al colmo della misura. «Vuoi darci un taglio, sì o no?»

13 - «Tu mi farai morire» le disse, sorridendo appena. «Sei una minaccia per la mia sanità mentale, Carotina.»
16 - Ma intanto le sue zampe erano già corse al telefono con l’urgenza di chi, annegando nell’oscurità, cerca disperatamente l’interruttore della luce.
20 - «È proprio questo il punto» le disse. «Che tu non capisci. Fino all’ultimo secondo, fino all’ultimo istante, tu non capisci.»
[Post-film] [I'm nothing but furry trash]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry
Capitoli:
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~Coniglio~
21 - “Ma”
 

 

 

 
 


Judy chiuse gli occhi ed ascoltò.
Nel silenzio, la voce dell’universo risuonò in tutta la sua sconcertante chiarezza.
 
Avrebbe voluto che tacesse.
Avrebbe voluto che dicesse altro.
Avrebbe voluto entrambe le cose contemporaneamente, fondersi in quel delicato ossimoro la cui sublime incongruenza, forse, avrebbe potuto spiegare tante cose meglio di come coerenza e serietà sarebbero mai riuscite a fare.
Judy lo sapeva, eppure… eppure.
 
Eppure, eppure.
 
________
 
 
Era lì. Judy alzò la testa e scrutò con preoccupazione il grande, vasto “ma” che aleggiava nell’atmosfera del loro ufficio.
‘Potrebbe precipitare da un momento all’altro’ pensò, mentre portava alla bocca una tazza di tè caldo – un momento, tè caldo?
«Nick.»
«Mh?»
«Dove l’hai preso il tè caldo
La volpe smise di scrivere e si voltò a guardarla, lo sconcerto riflesso nelle sue splendidi iridi verdi. «Sei impazzita?»
«Domanda di riserva, grazie.»
«L’ho comprato cinque minuti fa» rispose Nick. «Al bar dietro la centrale. Te l’ho messo sulla scrivania e mi hai pure ringraziato.»
«L’ho fatto? Davvero?»
«Terra chiama Judy Hopps. Salta giù dal pianeta su cui sei atterrata e ritorna tra noi, grazie.»
«Scusa, ero distratta. Stavo pensando… pensieri
Nick annuì ed indicò la tastiera su cui stava battendo fino ad un minuto prima. «E io digitavo digitazioni, pensa un po’.»
Judy non poté fare a meno di ridere, dimenticando così per un attimo il “ma” che fluttuava sopra di loro.
Ma poi lo ricordò, e di nuovo il mondo ritornò sul punto di crollarle rovinosamente addosso.
«Nick» sospirò la coniglietta, «io… credo di doverti parlare.»
«Fammi indovinare» disse lui, «vuoi il divorzio.»
«Forse prima di divorziare dovremmo sposarci.»
«Allora vuoi chiedere la mia zampa e poi divorziare.»
«In realtà no» rispose Judy. Nick fece una smorfia e scrollò le spalle, così lei continuò: «Si tratta di ieri.»
Il partner la guardò senza capire. «È successo qualcosa, ieri?»
Lei, per tutta risposta, additò la campanula che teneva in bella vista sulla sua postazione – fiore prezioso dentro un piccolo vaso trasparente, del tutto fuori luogo rispetto all’ambiente in cui si trovava. «Questo
«È una campanula» commentò Nick.
«La campanula che tu mi hai regalato.»
«Lo è. E con ciò?»
Judy usò entrambe le zampe per evidenziare la presenza del bocciolo lì dove non avrebbe avuto ragione di esistere. «Perché c’è una campanula sulla mia scrivania, Nick?»
«Prima il tè, poi il fiore… Alzheimer?»
«Non intendo– insomma, perché? Perché tu mi hai… regalato una campanula?»
I suoi canonici duecentocinque battiti al minuto erano appena diventati duecentodieci.
Vide la volpe esitare. Duecentoquindici.
«Se non ti piace, puoi sempre buttarla. Puoi sempre mangiarla» disse infine, rompendo il minaccioso silenzio che per un attimo era calato nell’ufficio. «Le mangiate le campanule voi conigli, sì?»
«Non si tratta di questo…» Judy si passò una zampa sul volto. «La adoro, è splendida. La adoro, ed è proprio per questo che te lo sto chiedendo: perché?»
 
Judy aveva sempre saputo che esisteva un grande, grande albero chiamato “Albero dei Perché”; ogni perché era contemporaneamente la risposta ad un altro perché e un’ulteriore domanda che presupponeva l’esistenza di un altro perché che lo spiegasse.
Quando era piccina, la costante raccomandazione dei suoi genitori era stata quella di non addentrarsi troppo tra i rami dell’Albero dei Perché.
Perciò, come ovvia reazione a quel consiglio, Judy si era lanciata di testa tra quelle fronde e cercato di risalire fino alle radici dell’universo stesso; dieci minuti in quel genere di elucubrazioni e la coniglietta aveva istantaneamente rimpianto la propria decisione, così si era prudentemente allontanata dall’Albero dei Perché ed aveva scelto di ignorare ogni domanda ed ogni risposta che questo potesse offrirle.
Tuttavia, non aveva mai dimenticato la sua esistenza.
«Deve per forza esserci una ragione?» chiese Nick.
«C’è sempre una ragione.»
«Solo quando vuoi che ci sia.»
«Vero» concordò Judy. «E per questo non crederò mai che qualcuno come te mi abbia regalato una campanula senza alcun motivo. Non me la bevo, Nick, e non me la berrò neanche tra cento anni.»
«Era di te che parlavo. Sei tu che vuoi che ci sia un perché.»
«Il perché esiste già, io voglio solo conoscerlo.»
«Chi ti dice che–»
«Nick.» Judy scese dalla sedia e camminò verso di lui. «Per favore» continuò, quando fu al suo fianco e gli ebbe poggiato una zampa sulla spalla. «Non giocare con le parole, perché sappiamo entrambi che vinceresti… e che la tua vittoria avrebbe un prezzo.»
Lei lo percepiva; il “ma” era ancora lì, e continuava a salire e salire e salire… finché non fosse stato abbastanza in alto per cadere e annientare tutto quello che stava sotto di lei.
Ed era certa che anche Nick lo sapesse. Lui lo sapeva sempre, forse anche prima di lei, per questo aveva bisogno di risposte.
Qualche secondo dopo, Nick si voltò completamente verso di lei. C’era uno strano sorriso stampato sulla sua bocca. «I tuoi occhi» disse semplicemente.
«I miei… occhi?» La coniglietta sbatté le ciglia, confusa.
La volpe sospirò, ma il sorriso continuava a perdurare sulle sue labbra nere. «Il colore. La campanula è viola, esattamente come il colore dei tuoi occhi. Così ho pensato che, sai…»
Non terminò la frase. Duecentocinquanta.
«Uhm.» La zampa che aveva gentilmente lasciato su di lui divenne improvvisamente motivo di profondo ed ineluttabile imbarazzo, così lei la ritrasse con una foga tale da farle quasi perdere l’equilibro. Quasi, perché Judy era Judy e non sarebbe cascata a terra come un sacco di patate.
La sua dignità, comunque, l’aveva già preceduta sul pavimento.
«Vedi?» esclamò Nick. «Ecco perché non volevo dirtelo.»
«No, ecco… cioè. Insomma. Ok. Uhm.»
Il partner inarcò un sopracciglio. «Alzheimer» annuì infine. «Prognosi definitiva.»
«No, cioè! Insomma… ok, ecco…»
«Stai solo cambiando l’ordine delle parole.»
«Sì, ma… i miei occhi. I miei occhi. I miei…» Se li coprì entrambi, nuova fonte del proprio disagio, e poi rivolse a Nick un’occhiata di profondo smarrimento. «Nick, questo è… adorabile
La volpe scosse il capo e fece per voltarsi di nuovo verso il computer, ma lei gli afferrò le spalle e lo costrinse a sostenere il suo sguardo. «Mi hai regalato un fiore perché è dello stesso colore dei miei occhi?»
«L’ho fatto, sì. E me ne stai facendo pentire.»
Duecentosettanta. «No!» proruppe, angosciata. «No, no, non devi pentirtene. È la cosa più carina che–»
«Carotina» la interruppe, «capisco che tu stia annegando nella vergogna, ma è proprio necessario che…» Nick distolse lo sguardo. «Insomma, devi proprio trascinarmi nel baratro assieme a te?»
«Oh. Oh.» Di colpo conscia di aver ridotto la distanza che li separava a quanto bastava per avvertire il morbido respiro di lui sul proprio muso, Judy arretrò. «Scusa» mormorò, sia al collega che alla dignità stesa per terra a mo’ di zerbino.
Nick scrollò le spalle, come per liberarsi dell’imbarazzo residuo che gli aveva appiccicato addosso, e finse di sfogliare qualcosa – verosimilmente una cartella clinica, a giudicare dal cipiglio serio con cui stava recitando. «Dunque, vediamo un po’: emotivamente instabile, non controlla le sue reazioni, dimentica le cose… sarà il caso di farti trasferire nel reparto “casi persi”, tesoro?»
Judy sollevò il naso verso il “ma”, pensando che fosse almeno sceso di quota, e si stupì – le venne un dannato infarto, per meglio dire – nel constatare che invece quest’ultimo era salito talmente in alto che ormai era impossibile distinguerlo da tutto il resto.
Da tutti gli altri pensieri che orbitavano attorno al suo piccolo, semplice cervellino da coniglietta.
«Questo però non spiega una cosa.»
«Magari lo spiegava, solo che non te lo ricordi
«Sono seria, Nick. Questo non spiega perché mai ti sia venuto in mente di farmi questo dono. Anche io vedo ciuffi d’erba ogni giorno, ma non è che vengo a regalarteli.»
Nick la squadrò per un lungo momento. «Piccola come un coniglio, delicata come un missile termonucleare.»
Lei scosse vigorosamente la testa. «Scusa, hai ragione, colpa mia. Quello che volevo dire è che…»
Judy si fermò; una consapevolezza era giunta alla sua porta – o forse era lì da molto più tempo, solo che lei non se n’era ancora accorta – e stava bussando con una certa insistenza.
Era banale, tutto sommato. Banale e prevedibile, considerando il soggetto in questione. Perché complicarsi la vita non era solo un vizio, era un modus vivendi.
‘Al diavolo’ pensò, chiudendo gli occhi per ascoltare la voce dell’universo. La risposta arrivò, chiara e forte, e la coniglietta non ebbe più dubbi.
Le parole che avrebbe dovuto pronunciare – sempre che fosse riuscita a trovarle – si trasformarono in un singolo, armonioso movimento con il quale racchiuse la testa della volpe tra le proprie braccia, costringendola amorevolmente a sostare sul proprio petto. «Ogni volta che tento di risponderti per le rime, un pezzetto di universo collassa su se stesso» disse, mentre con una zampa gli grattava delicatamente l’orecchio. «Forse dovrei smetterla di provarci, che ne dici?»
«Ogni volta che non mi rispondi per le rime e passi direttamente ai fatti per dimostrare la tua emotività» replicò Nick, «un pezzetto di me muore tra grida e strepiti.»
«Esagerato.»
«Le mie sinapsi urlano, Hopps. Sei fortunata a non poterle sentire.»
«In realtà vorrei poterlo fare» ammise Judy. «Forse questo mi aiuterebbe ad essere meno inetta ed impedita.»
«A spese mie, però.»
Lei rise. «Un giusto prezzo da pagare.»
«Permettimi di dissentire» disse Nick, ma nessun dissenso venne espresso in quel lasso di tempo.
«Quello che volevo dire» riprese allora Judy, «era che… insomma, come faccio a non pormi domande di fronte ad un gesto così terribilmente carino? Non puoi regalarmi un fiore così, dal nulla, e giustificare il tutto con un “è del colore dei tuoi occhi” aspettandoti che io, beh, non ti salti addosso. Non sono una coniglietta emotiva per sentito dire, agente Wilde.»
«Ti sei dannata ventiquattro ore per una campanula» le fece notare, «questo è ben più che essere emotivi. È follia.»
«Anche quello che hai fatto tu è follia.»
«No» ribatté lui, «questo è…» Duecentonovanta. «… Affetto.» … Duecentodieci.
‘Oh, beh, meglio che niente.’ «Affetto, eh?»
«Affetto» ribadì Nick. «Mi è concesso provare sentimenti d’affezione nei confronti della mia partner senza che quest’ultima mi molesti?»
Judy emise un breve sospiro e liberò la sua testa dall’abbraccio – avrebbe giurato di aver visto un lampo di delusione nelle iridi verdi di lui, ma si concesse il beneficio del dubbio. «Suppongo di sì» rispose lei.
Anche senza guardarlo, Judy aveva una vaga idea dell’altezza a cui il grande “ma” doveva trovarsi in quel momento: abbastanza basso da non provocare disastri in caso di caduta, abbastanza in alto affinché lei non potesse acciuffarlo ed archiviarlo al sicuro in qualche cassetto a tenuta stagna.
Del resto, forse, non era ancora il momento di farlo.
«Posso considerare il tuo sorriso come un segno che la discussione sta finalmente volgendo al termine?»
«Puoi» gli concesse, «ma non garantisco per tutto il resto.»
Nick la squadrò con perplessità, di nuovo. «Quale resto
Il sistema solare di pensieri, elegantemente orbitanti attorno alla propria testa, suonò una melodia che solo le stelle avevano la facoltà di udire.
 
Alla fine dell’universo, l’astro del futuro cantò la propria risposta.
E Judy Hopps sorrise.

 
 
 











__________________
Angolino dell'autrice:
La cosa divertente è che nella cartella delle one-shot da finire ho qualcosa come otto file di Word, eppure continuo a scrivere sempre cose nuove. Oh, beh, quando l'ispirazione chiama... Chiara risponde. <3
(No, non mi sono dimenticata del capitolo speciale né del seguito di "Divano" né di "Gideon Grey" - quest'ultimo non se lo ricorderà nessuno, probabilmente - ma al momento non ho ispirazione quindi... abbiate pazienza, fagiolini.)

 
   
 
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