Take my hand
now, be alive
Il
fragore minacciava seriamente di assordarla mentre correva dietro Finrod. L’elfo si era gettato all’inseguimento di Silevril, muovendosi con una rapidità che Laer non aveva mai visto prima, trascinandola con sé, le
dita ferme sul suo polso.
Anche il
Re di Gondor si era catapultato fuori dal Palazzo,
nella piazza dell’Albero, facendo cenno alle guardie di seguirlo.
Quando
raggiunsero Silevril, lui se ne stava in piedi sullo
strapiombo, la gemma scintillante alzata, con una luce azzurra che lo
circondava.
Laer corse verso di lui, liberandosi
dalla presa di Finrod e ignorando i suoi
avvertimenti. La Piana del Pelennor era invasa di
acqua, l’Anduin vorticava e strabordava
con la violenza di un Olifante imbizzarrito, travolgendo la gente che tentava
di fuggire disperatamente verso i livelli più alti della Città.
Le ci
vollero pochi istanti per capire che non ci sarebbe stato scampo, che l’acqua
avrebbe continuato ad alzarsi, riversandosi dal Mare all’Anduin
e poi alla Piana, sommergendo Minas Tirith e tutti i suoi abitanti.
Riusciva
a sentire le urla e gli scrosci fin dall’ultima cerchia.
Silevril se ne stava immobile, ignorando
tutto ciò che lo circondava, con le spalle rigide. Non poteva vederlo in
faccia, ma la sua postura indicava una grandissima tensione.
Finrod l’afferrò e la trascinò
indietro, lontano da Silevril.
<
Lasciami! > Tentò di divincolarsi, invano.
< Non
sappiamo come potrebbe reagire! > Gridò l’elfo, e Laer
riuscì distintamente a sentire la sofferenza nella sua voce.
Una
risata allegra li fece voltare di scatto e videro Rùth,
libera e bellissima, nonostante l’incantesimo che le aveva modificato l’aspetto
fosse sparito.
Aveva i
capelli neri ed era pallidissima, ma gli occhi, neri anch’essi, erano
penetranti e crudeli… affascinanti.
<
Dov’è Galmoth? > le chiese, tentando di non
balbettare, mentre il panico si impossessava di lei.
Rùth la ignorò e si rivolse a Finrod, sorridendogli ammaliante.
< Non
è meraviglioso? Silevril ha il Mare nell’anima come
nessun altro abbia mai incontrato prima e tu lo sai, lo senti. >
Finrod si irrigidì, stringendo il polso
di Laer ancora di più.
< E
c’è dell’oscurità in lui, il tocco della maledizione di Mandos,
un odio che nemmeno lui sapeva di possedere e che lo corrode internamente. >
Rùth sorrise. < È questo che ti attrae in lui,
giusto? >
<
Silenzio! >
Finrod aveva parlato senza alzare la
voce, ma Rùth vacillò come se lui l’avesse spinta .
Il sorriso sulle labbra di Rùth svanì per un attimo,
ma tornò subito appena si voltò verso il Re di Gondor,
che se ne stava in piedi tra le sue guardie.
< Estel > lo chiamò < speranza…ma che speranza credi di
avere, Sire? >
Il Re
fece un cenno alle sue guardie, che avanzarono verso Rùth,
che mosse la mano di scatto.
Gli
uomini gridarono, come consumati dal fuoco, e si accasciarono. Le loro urla
ferirono le orecchie di Laer anche più di quelle
degli uomini travolti dall’acqua.
Finrod trattenne il respiro.
< Morgoth > disse,
e quella parola sembrava un insulto.
< Il
mio Signore mi dona forza, un piccolo assaggio del suo infinito potere. >
< Beruthiel, > disse Finrod, con
tono imperioso, < fermati. >
La donna
si immobilizzò e il suo sorriso si trasformò in un ringhio.
Laer sapeva che la voce di Finrod aveva potere, ma aveva paura che non potesse
bastare.
<
Libera Silevril! >
Rùth rise forte, schernendolo, pur
senza riuscire a muovere un muscolo. Quella risata le mise i brividi e dovette
ricacciare indietro le lacrime.
Non c’era
speranza, pensò.
< Non
sto facendo assolutamente nulla a Silevril. >
Era
vero.
L’elfo
era ancora immobile, come se nulla di quanto fosse successo lo avesse
minimamente toccato.
Lo
chiamò piano e lui, incredibilmente, si voltò appena, guardandola. I suoi occhi
chiari erano lucidi, come se anche lui stesse faticano per trattenere le
lacrime, ma per il resto il suo viso non faceva trasparire nulla.
Finrod lasciò la presa sul suo polso
per avvicinarsi a Rùth, mentre anche il Re di Gondor si avvicinava cautamente alla donna. La magia nera
era ancora nell’aria come pioggia, se ne poteva sentire quasi l’odore.
E Laer si mosse verso Silevril.
Sentiva che toccandolo, avrebbe potuto risvegliarlo, farlo ragionare.
Ma in
quel momento un grido lo fece sussultare e Silevril
si girò di scatto.
Due
figure correvano verso di lui, bagnate e sporche di fango. Erano un uomo e una
donna e quest’ultima aveva gridato il nome di Silevril
con la forza della disperazione.
Finrod aveva a sua volta sussultato,
perdendo per un attimo il controllo di se stesso, il tempo necessario perché Rùth si liberasse dalla sua influenza tanto da potersi muovere.
Fece un
movimento flessuoso della mano verso il Re e l’uomo si curvò in avanti,
sputando sangue.
Sentì Finrod gridare disperatamente il nome del suo Re e
sguainare la spada. Con una violenza di cui non lo credeva capace, trafisse Rùth.
La donna
cadde e il suo sangue si sparse intorno a lei, rosso e viscido…
normalissimo sangue umano, anche se lei sembrava non esserlo.
Sulle
sue labbra continuava ad aleggiare un sorriso di miele.
Silevril guardava la scena impietrito,
tenendo stretto a sé il Tesoro di Ulmo, che brillava
azzurro attraverso le sue dita.
I due
elfi non avevano badato a Finrod, alla morte di Rùth o del Re. Avevano corso fino a ritrovarsi accanto a Laer.
Silevril li guardava e nei suoi occhi si
accese una scintilla d’odio.
< Silevril, > disse la donna, < devi fermarti, la Città
sta morendo! >
Tentò di
toccarlo, ma la luce che lo circondava la respinse, bruciandola. Il volto della
donna era duro, nonostante le lacrime. Sembrava una statua di marmo su cui
qualcuno avesse versato dell’acqua e la somiglianza con l’impassibilità che
tanto l’aveva attratta in Silevril era evidente.
L’uomo
al suo fianco guardava Silevril con tristezza e
meraviglia.
<
Torna in te, Silevril. >
Sembrava
pregarlo.
< Non
toccatelo! >
Era Finrod, ancora accovacciato vicino al suo Re, con il volto
sofferente.
< Non
immischiarti, Finrod, > disse l’elfo, con una durezza che sorprese
tutti.
< Ti
prego, Aeglos, ascoltami. Quello che hai davanti non
è tuo figlio. >
Laer si sentì vacillare. I tre elfi
si guardavano e tra loro passò una comprensione antica, che lei non riusciva a
raggiungere. Sembravano tre statue e ciò che li circondava, il Re, Rùth riversa nel suo stesso sangue, persino Silevril, non li toccavano davvero.
<
Nessuno di voi capisce, > disse infine, sorprendendo anche se stessa.
La
guardarono tutti.
Si girò
e Silevril, in piedi sul parapetto delle mura, con
l’acqua vorticante sotto di lui e la luce sfavillante della pietra nelle sue
mani, sembrava ancora più alto, ancora più meraviglioso di quanto non fosse di
solito.
Sapeva
di essere solo una ragazzina, sapeva di non avere niente in comune con lui, ma
lo amava e questo era un fatto. Non c’era alcun motivo, in realtà lo trovava
anche antipatico e pieno di sé, ma non riusciva a farci nulla.
Cercò
automaticamente Galmoth con lo sguardo, chiedendo la
sua approvazione, un consiglio su ciò che stava per fare, ma l’uomo non c’era e
il pensiero di cosa era potuto accadergli minacciava di gettarla nel panico più
assoluto.
< Silevril? > lo chiamò piano e lui la guardò.
Prese
coraggio.
<
Stai facendo un vero casino qui, elfo, non te ne accorgi? >
Tentava
di apparire noncurante, ma la sua voce tremava leggermente.
< Non
riesco a fermarla, Laer, > disse lui, < Uinen è troppo potente. >
<
Credi che lei voglia la distruzione di Minas Tirith? > domandò, come se quella domanda fosse del
tutto casuale, < La morte di persone innocenti? >
< No,
> tentennò, ansimando appena, < vuole essere liberata dal potere di Morgoth. >
< Rùth è morta, Silevril. >
L’elfo
sembrò accorgersene solo in quel momento. Spostò lo sguardo al corpo della
donna, sporco di sangue e abbandonato, poi a Finrod,
distogliendolo immediatamente, come se fosse doloroso. Infine vide i suoi
genitori e una lacrime gli bagnò la guancia.
< Alatariel… Aeglos… >
I due
non si mossero.
E poi Silevril guardò Laer.
< Sto
morendo, Laer, > disse e il suo corpo iniziò a
tremare violentemente, < la magia
nera di Rùth mi ha corroso dall’interno e continua a
diffondersi come un cancro. Aiutami. >
L’elfo
le tese la mano, con la catena a cui era appeso il Tesoro di Ulmo intrecciata alle lunghe dita sottili.
Senza
nemmeno pensare a cosa stava facendo, Laer si sporse
verso di lui e intrecciò le dita con le sue.
< Sii
vivo, > sussurrò, e quando le loro dita si incrociarono la luce azzurra
della gemma avvampò, avvolgendoli entrambi, per poi sparire.
Il rombo
dell’acqua che sbatteva contro le mura cessò.
Silevril la guardò per un attimo, come se
la vedesse per la prima volta, poi gli si rovesciarono gli occhi all’indietro e
cadde su di lei.
Alatariel gridò.
Finrod si era dimenticato di quanto
fosse difficile guardarla, di quanto fosse doloroso, eppure non riuscì a fare a
meno di correre verso di lei, lasciando il corpo di Estel
a terra.
Lei e Aeglos avevano preso Silevril
dalle braccia di Laer e Alatariel
era china su di lui.
Chiamava
il nome di suo figlio con voce rotta.
Finrod si accovacciò a sua volta su Silevril e gli prese il polso, gelandosi improvvisamente
quando non sentì pulsazioni.
Alatariel sbiancò, lasciandosi cadere tra
le braccia di Aeglos, anche lui bianco come non lo
aveva mai visto. Laer piangeva con una mano sulla
bocca, incapace di distogliere lo sguardo.
Finrod si sentiva come svuotato, la
testa leggera, il pollice ancora sul polso di Silevril.
Cosa
provava?
Si
sentiva stordito da quanto aveva perduto. Immagini di Estel
bambino, che cavalcava per i campi del Pelennor, si
sovrapponevano al sorriso sghembo che Silevril aveva la prima volta che si erano visti.
Aveva
perso il suo passato e il suo futuro in pochi minuti e non riusciva a provare
niente.
E poi,
improvvisamente, lo sentì. Un battito.
< Silevril! > esclamò, sorpreso.
L’elfo
spalancò gli occhi e gli afferrò la mano che aveva sul polso. Stringeva ancora
il Tesoro di Ulmo, e la pietra era tornata ad
assomigliare ad acqua liquida.
< Uinen mi ha parlato, > disse piano, rivolgendosi
direttamente a Finrod, ignorando gli altri.
<
Cosa ti ha detto? > gli chiese, cercando di non farsi distrarre dal tocco
delle sue dita. Sembravano schegge di ghiaccio e lo bruciavano.
Silevril non rispose, ma si mise a
sedere, guardando per la prima volta sua madre e suo padre.
<
Perché siete qui? > domandò, come un ragazzino ribelle.
A Finrod veniva da piangere per il sollievo di sentirlo
parlare di nuovo con quel misto di saccenza e tono
scanzonato.
Alatariel lo abbracciò e Aeglos strinse entrambi, mentre Laer
li guardava improvvisamente timida.
La
ragazza si alzò e lui la raggiunse, mettendole un braccio intorno alle spalle.
La vide asciugarsi gli occhi di nascosto, sperando che lui non la vedesse
debole.
<
Sapevo che c’era ancora qualcosa di lui, > disse piano, senza guardarlo,
< ma non ero sicura che io sarei bastata a riportarlo indietro. >
< Sei
sempre stata tu, il suo faro nelle tenebre. >
Laer alzò le spalle, non convinta.
<
Vado a cercare Galmoth. >
Finrod la guardò allontanarsi a passo
svelto, mascherando il misto di delusione per non essere stato il primo
pensiero di Silevril e ansia per la sorte di suo
padre.
Il corpo
di Estel era ancora lì, poco distante da quello di Beruthiel, entrambi così umani da far male. Si avvicinò
alla donna e la guardò per un attimo, cercando dentro di sé un senso di colpa
che non trovò, e poi il volto nobile di Estel, con
gli occhi chiusi e un leggero rivolo di sangue sul mento.
Si
inginocchiò e gli posò un bacio sulla fronte, mentre altri soldati accorrevano
nella piazza e il brusio della folla scampata all’inondazione si faceva più
insistente.
< Namarie, mellonin > disse.
Aveva
detto addio a talmente tanti amici che il dolore poteva arrivare a sopraffarlo,
eppure non era mai riuscito a rinunciare a quel dolore.
Silevril si stava alzando in piedi,
aiutato dai suoi genitori.
Mentre
lo guardava, pensò che la sua maledizione era proprio quella, amare sempre chi
non poteva avere. Suo padre avrebbe detto che questo poteva far capire molte
cose su di lui… probabilmente aveva ragione.
Questa storia avrei potuto
benissimo chiamarla “Le sfighe di Finrod” e nessuno
avrebbe obiettato nulla. Il buon Estel, figlio di Eldarion figlio di Elessar, ci
abbandona e il povero Finrod non impara mai dai suoi
errori, mentre Laer svolge il ruolo di donna
salvifica che morivo dalla voglia di inserire da qualche parte da anni e che
finalmente sono riuscita a mettere in una mia storia (certo Alatariel
di salvifico non ha mai avuto nulla). Se volete sapere cosa accaduto a Galmoth e al resto della ciurma, ma soprattutto chi
sceglierà Silevril tra i suoi molti spasimanti,
appuntamento al prossimo capitolo.
Lunga vita e prosperità,
Thiliol
P.S. il titolo di oggi è un verso
di “Forsaken” dei Korn