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Autore: black dalia    14/05/2016    3 recensioni
Sora Strife è una normale sedicenne: a due genitori a cui vuole un gran bene, un fratello minore ribelle e leggermente iperprotettivo e dei cari amici.
Ma non si è mai innamorata.
Almeno fino a quando non si trasferisce con la sua famiglia in una vecchia casa dove fa la conoscenza di Riku.
Ma è possibile amare un ragazzo morto?
(Riso, lieve Akuroku e altre coppie)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Riku, Roxas, Sora, Xemnas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Nessun gioco
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PARANORMAL LOVE


Cap.2) Primo contatto

 

22 Aprile 2013

 

Sora chiuse gli occhi come la mano fredda di Cloud si posò sulla sua fronte -hai sicuramente la febbre... non è molto alta ma è meglio se per oggi rimani a casa- disse il biondo mentre prendeva lo stetoscopio -ora, chinati un po' in avanti- Sora fece come gli fu chiesto e rabbrividì quando lo sentì poggiarsi sulla schiena, sotto la maglia del pigiama, ed aprì gli occhi per vedere Cloud al suo fianco e Leon in piedi sulla soglia della camera, già vestito nella sua uniforme.
-Ok Sora, ora fai un bel respiro profondo- la ragazza fece come richiesto e Coud ascoltò attentamente, socchiudendo gli occhi come ripeté il comando.
-C'è un leggero rantolo ma niente di grave- disse l'uomo togliendo lo stetoscopio e sorridendo alla figlia -hai solo un brutto raffreddore... sei fortunata, niente antibiotici per stavolta- a quella notizia Sora sospirò di sollievo; avere un infermiere come padre era sia una benedizione che una maledizione: non potevi fingerti malato per non andare a scuola ma significava anche che avevi visite gratuite ed immediate ogni volta che ti sentivi male.
Leon sospirò frustrato, passandosi una mano tra i capelli -non posso stare a casa oggi stiamo per chiudere un caso importante ed io devo interrogare il sospettato!- Cloud strinse le spalle impotente -non posso stare neanche io, l'ospedale è a corto di personale-
-posso stare io!- esclamò Roxas entrando nella stanza dopo aver sentito il discorso -dopo tutti i giorni che hai perso per andare allo skate park? No, signorino, tu vai a scuola!- gli disse Leon con un tono che non ammetteva repliche.
Roxas sbuffò seccato ma non disse nulla; sapeva che entrambi i suoi genitori erano ancora un po' arrabbiati perché aveva bigiato ma lui non poteva farci nulla: lo skate park era molto più divertente della scuola, sopratutto quando c'erano le verifiche.
Così, il biondino, uscì dalla stanza per andare verso la sua precedente meta ovvero il bagno.
-Posso stare a casa da sola- disse Sora guardando i suoi genitori ed i due si scambiarono un'occhiata scettica -sei sicura? Non vorremmo che ti sentissi a disagio nella nuova casa- disse Cloud, la ragazza scosse la testa e sorrise -starò bene... ho 16 anni, dopotutto, posso prendermi cura di me- si coprì la bocca per soffocare un colpo di tosse, poi continuò -inoltre, hai detto che non è nulla di grave, no? Starò qui a letto oppure a guardare la TV in salotto... e poi Roxas tornerà verso le 16.00, quindi non dovete preoccuparvi-.
Leon sospirò ma annuì -se ne sei così sicura... ma voglio che chiami uno di noi se succede qualcosa e ci sono degli avanzi in frigo nel caso hai fame, basta che li fai scaldare nel microonde, e i DVD sono nello scatolone vicino alla TV se vuoi guardarti qualcosa- quando il castano finì con le sue raccomandazioni toccò a Cloud -non ti sforzare e chiamami se la febbre dovesse peggiorare, ok?- Sora annuì, prendendo un fazzoletto dalla scatola sul comodino, si soffiò il naso e sospirò quando vide che i suoi genitori erano ancora lì -avanti! Avete persone da sbattere in galera e altre da curare, vi ho detto che starò bene! Rimarrò distesa qui a letto oppure sul divano, non preoccupatevi!- disse esasperata; era davvero incredibile come i suoi padri diventassero due “mamme chioccia” quando lei o suo fratello stavano male.
In quel momento, il cellulare di Leon squillò -sergente Leon Strife- rispose, assottigliando lo
sguardo mentre ascoltava la persona dall'altro capo della linea -va bene... no, sto arrivando... intanto tienilo occupato... non so come... dannazione, Yuffie! Dovresti essere brava a mantenere una conversazione a senso unico, no?!- il castano alzò gli occhi, sospirando esasperato -va bene, va bene, sto uscendo di casa... ci vediamo tra pochi minuti- e chiuse la comunicazione senza aspettare una risposta -era Yuffie- disse con un piccolo sorriso, Sora ridacchiò -l'avevo immaginato-
-devo proprio andare... Cloud puoi accompagnare tu Roxas a scuola?-
-con la moto?- chiese il biondo alzando un sopracciglio -sì, non ho tempo di lasciarlo a scuola- disse Leon e, in quel momento, Roxas entrò nella stanza con lo zaino in spalla -stai scherzando?! Davvero Cloud mi porta a scuola con la sua moto?! E' fantastico!- esclamò il ragazzo entusiasta; lui e la sorella non avevano mai potuto fare neanche un giro sulla moto con il padre visto che quest'ultimo aveva una guida un po' spericolata: andava piuttosto veloce in curva e non rispettava quasi mai i limiti di velocità con grande dispiacere di Leon.
-Sono pronto per andare a scuola, allora! Mi dispiace che tu stia male Sora ma noi dobbiamo andare, ciao!- disse Roxas salutando la sorella mentre trascinava Cloud fuori dalla stanza.
La ragazza mise il broncio guardandoli uscire “questo sì che si chiama amore fraterno” pensò, poi il sospiro di Leon richiamò la sua attenzione -devo andare anch'io... chiuderò la porta appena esco... con un po' di fortuna tornerò per le 17.00- disse l'uomo accarezzandogli la testa -riposati- gli dette quest'ultima raccomandazione ed uscì dalla stanza.

 

Sora stava cercando di riaddormentarsi: era passata una mezz'ora da quando Leon era uscito, chiudendo a chiave la porta d'ingresso, ma la ragazza non riusciva a riprendere sonno.
Sospirò e si sedette; ormai si era svegliata ed il suo orologio interno non le avrebbe permesso di tornare a dormire almeno fino a sera.
Così, decise di scendere in salotto per guardarsi un po' di TV: prese la coperta, l'avvolse attorno a se come un mantello ed uscì in corridoio.
Scese le scale e fece per dirigersi verso il salotto quando un lieve tintinnio la fermò: alzò la testa solo per vedere l'antico lampadario di cristallo, che Cloud e Leon avevano deciso di lasciare all'entrata, oscillare leggermente.
Aggrottò la fronte ed alzò un braccio verso il lampadario finché non avvertì una leggera brezza con la punta delle dita -bene, un'altra crepa... Cloud e Leon ne saranno davvero felici- mormorò la ragazza, con una lieve punta di sarcasmo nella voce, prima di continuare a camminare verso il salotto e, una volta arrivata, si sistemò sul divano ed accese la TV, facendo zapping fino a che non trovò qualcosa d'interessante.
Erano passate circa un paio d'ore e Sora si stava guardando tranquillamente un film quando un forte -CRASH!- risuonò dalla cucina, facendola sobbalzare.
“Probabilmente abbiamo messo male alcuni piatti e questi sono caduti” pensò sospirando ed alzandosi dal divano ma, in quel momento, una fredda risata risuonò per tutta la casa facendole ampliare gli occhi e rizzare i capelli.
“Qua-qualcuno è entrato in casa!” pensò deglutendo, stringendo la coperta attorno a se, mentre si avvicinava alla porta del salotto per indagare sull'origine di quei rumori.
Fece capolino oltre la porta del salotto il più silenziosamente possibile, ascoltando i rumori che provenivano dell'altra stanza, ma appena fece un passo verso la porta della cucina questa si aprì ed un piatto vi volò fuori, infrangendosi a terra nel corridoio.
Sora si tappò la bocca con una mano per impedirsi di urlare e, terrorizzata, corse in salotto, chiudendosi la porta alle spalle, prendendo il telefono e digitando il primo numero che gli venne in mente, rannicchiandosi sul divano e stringendo le ginocchia al petto.
Il telefono squillò una volta e Sora riuscì a soffocare un colpo di tosse; non voleva fare altri rumori per non rischiare di farsi scoprire dalla persona che era in cucina.
Il telefono squillò una seconda volta e la castana chiuse gli occhi, spaventata, e pregando che suo padre rispondesse alla chiamata.

 

 

Stazione di polizia di Radian Garden

 

Leon entrò nel suo ufficio con un fascicolo in mano: era appena uscito dalla sala interrogatori dove il loro sospettato aveva, finalmente, confessato; era molto soddisfatto di essere riuscito a farlo parlare.
In quel momento, il cellulare, che era sulla sua scrivania, squillò: l'uomo andò a prenderlo, rispondendo senza neanche guardare il numero.
-Sergente Leon Strife- disse, per un attimo non percepì alcun suono e stava per chiedere chi fosse quando una voce sussurrò frenetica -Leon!-
-Sora?- chiese l'uomo aggrottando la fronte; perché la ragazza parlava così? Le si era abbassata la voce?
-Leon... credo... credo che ci sia qualcuno in casa!- a quelle parole il castano sospirò -ascolta, Sora... la casa è vecchia ed è normale che faccia dei rumori... sono sicuro che la tua immaginazione li fa sembrare peggio di quello che in realtà sono- disse; Leon conosceva bene Sora ma, sopratutto, la sua fervida immaginazione.
Non che pensasse che sua figlia fosse una bugiarda ma delle volte capitava che confondesse le sue fantasie con la realtà.
-Ma Leon...- in quel momento la ragazza s'interruppe e l'uomo poté udire, in lontananza, il rumore di piatti che s'infrangevano a terra.
-Sora, cosa stai facendo?!- gli chiese irritato -non sono stata io!- rispose frenetica e sentendo la paura filtrare dalla voce di sua figlia, Leon aggrottò la fronte -che cosa?- gli chiese iniziando a preoccuparsi -sono in soggiorno, sul divano... i rumori provengono dalla cucina... prima ho sentito una risata e quando ho provato ad andare a vedere ho visto la porta aprirsi ed un piatto volare fuori e rompersi a terra!-.
Quelle parole ebbero un effetto sconvolgente sull'uomo che rimase pietrificato riuscendo a pensare solo ad una cosa: sua figlia era a casa da sola con uno sconosciuto in cucina.
-Leon?- quel richiamo lo risvegliò dal torpore -Sora, sei in salotto?- gli chiese con voce tesa -sì-
-esci di casa, subito!-
-cosa?!-
-esci di casa e va dal vicino, hai capito? Io arrivo subito!-
-d'accordo esco... ti richiamo se succede qualcosa-
-no, aspetta So...- ma la frase venne interrotta dalla caduta della linea.
Leon rimase un attimo a guardare il cellulare prima di scattare, lasciando cadere il fascicolo che aveva in mano e prendendo la pistola che teneva nel primo cassetto della sua scrivania.
In quel momento, Yuffie entrò nell'ufficio, solare come sempre -ho riportato il nostro uomo in cella e...- ma venne interrotta da Leon -prendi la pistola e corri alla macchina, dobbiamo andare!-
-che cos'è successo?!- chiese la giovane donna, notando la sua agitazione, afferrando la pistola d'ordinanza; Yuffie sapeva che c'erano solo due cose che potevano far agitare Leon: la prima era che fosse successo qualcosa a Cloud e la seconda era che fosse successo qualcosa ha uno dei suoi figli.
-Qualcuno è entrato a casa mia e Sora è lì da sola!- rispose l'uomo prendendo le chiavi della macchina e correndo fuori dall'ufficio con Yuffie alle calcagna.
Una volta usciti dalla stazione di polizia, Leon corse verso l'auto salendo dalla parte del guidatore, mentre la mora da quello del passeggero, mettendo subito in moto mentre decine di pensieri gli affollavano la mente: era in polizia da una quindicina d'anni ed aveva avuto diversi casi di donne e ragazze violentate o addirittura uccise e il pensiero di arrivare a casa e trovare sua figlia a terra, senza vita, in una pozza di sangue lo terrorizzava più di qualunque altra cosa.
“Sora... spero che tu sia uscita da quella casa” pensò mentre partiva a tutto gas.

 

Nel frattempo, Sora si asciugò del sudore dalla fronte prima di aprire, lentamente, la porta del salotto per affacciarsi, guardando in direzione della cucina.
Tese le orecchie ma non sentendo più alcun rumore provenire dall'altra stanza decise di arrischiarsi ed uscire dal salotto correndo, il più silenziosamente possibile, verso la porta.
Improvvisamente, la stessa risata che aveva udito prima riecheggiò tra le mura bloccando la sua corsa in mezzo all'entrata e facendola girare di scatto verso la porta della cucina con gli occhi sgranati ed il cuore che batteva a mille dalla paura aspettandosi che, da un momento all'altro, qualcuno uscisse da quella stanza e la scoprisse.
Aspettò per circa un minuto, in cui l'unico suono che udì fu quello del suo cuore che batteva freneticamente nel suo petto, che qualcuno si presentasse prima di decidere di girarsi lentamente verso la porta per uscire di casa ma, proprio in quel momento, qualcosa la spinse facendola cadere in avanti, rotolando, finché non finì con la schiena contro la porta e, un secondo dopo, il lampadario di cristallo, che si trovava sopra allo stesso punto in cui un attimo prima c'era lei, cadde sfracellandosi sul pavimento.
Sora si portò una mano alla bocca, gli occhi sgranati in un espressione scioccata, mentre guardava l'ammasso di metallo e cristallo sul pavimento; se non fosse stata spinta il lampadario le sarebbe caduto proprio addosso e avrebbe potuto ferirla gravemente.
“Ma chi... chi mi ha spinto?” si chiese sconvolta: era sicura di aver sentito un paio di mani premere sulla schiena
All'improvviso, una lieve brezza le soffiò sulle braccia come se cercasse di farla alzare ed obbedendo al comando invisibile la ragazza si alzò, sbloccò la porta e la aprì, uscendo.
Corse verso la casa del vicino ma si fermò quando vi giunse di fronte; era titubante se bussare o no alla porta.
“Non saprei cosa dirgli ed, inoltre, non sono esattamente vestita per incontrare qualcuno” pensò Sora mordendosi il labbro inferiore mentre stringeva più stretta la coperta attorno a se “forse... forse è meglio che aspetto Leon qui fuori nel vialetto... così potrò vederlo quando arriva” pensò, coprendosi la bocca per soffocare un colpo di tosse.
Sora non dovette aspettare a lungo l'arrivo del padre infatti, un paio di minuti dopo, il suono di una sirena invase il quartiere ed un'auto della polizia sfrecciò lungo la strada entrando nel loro vialetto.
La ragazza corse verso l'auto come Leon aprì la portiera, saltando fuori dal veicolo, correndo verso la casa, con la pistola già estratta, ed entrandovi mentre Yuffie uscì dalla parte del passeggero, sorridendole leggermente -Sora, rimani vicino all'auto, ok?- disse la mora, estraendo la pistola, e la castana annuì guardandola entrare.
Una decina di minuti dopo, Leon uscì dalla porta sospirando pesantemente: appena Sora lo vide corse verso di lui buttandosi tra le sue braccia, stringendo forte la divisa e poggiando la testa sul suo petto.
-Sta tranquilla, va tutto bene- disse Leon stringendola a se ed accarezzandogli la testa per calmarla -avete... avete trovato qualcuno?- chiese la ragazza con la voce leggermente tremante -no, ma la cucina è un disastro... chiunque è entrato ha rotto un bel po' di piatti e bicchieri- rispose l'uomo allontanandola un po' per guardarla negli occhi e strofinandole le braccia -ascolta, devo tornare in centrale per prendere il fascicolo per sporgere denuncia... Yuffie rimarrà qui con te, ok?-
-ma torni subito, vero?- chiese lei con le lacrime agli occhi -certo, starò via solo per pochi minuti... chiamerò anche Cloud per dirgli cos'è successo ma mentre non ci sono voglio che tu rimanga sempre con Yuffie, ok?- Sora annuì, tirando un po' su col naso, e Leon la strinse di nuovo dandole un bacio sulla fronte -dio... penso di aver perso dieci anni della mia vita, oggi, con la paura che ho avuto per te-
-mi dispiace- mormorò sconsolata -non è colpa tua- disse l'uomo lasciandola ed accarezzandole la testa -ora va in casa e stai con Yuffie- la castana annuì ed entrò nell'abitazione mentre il motore della macchina della polizia ruggiva alla vita.
Sora camminò nell'entrata, evitando i pezzi di cristallo del lampadario a terra ed andò in cucina dove Yuffie stava valutando i danni del vandalo.
Quando la donna la vide le sorrise allegramente, contenta che non le fosse successo nulla -chiunque sia entrato in casa di sicuro gli piaceva rompere le cose- disse guardando i resti dei bicchieri infranti.
Appena Sora si mosse per entrare in cucina la mora la fermò -è meglio se non fai un altro passo qui dentro! Leon mi ucciderebbe se ti ferissi i piedi con un coccio o un vetro rotto- le disse portandola verso il salotto -non ho ancora neanche capito come ha fatto ha far cadere il lampadario- disse Yuffie lanciando un'occhiata in direzione dell'entrata “neanche io” pensò Sora rimembrando quei momenti: non c'era nessuno all'entrata a parte lei eppure, mentre era lì, aveva avuto la netta impressione che qualcuno la stesse osservando.
“E poi... chissà chi mi ha spinto?” si chiese; ricordava distintamente la sensazione di un paio di mani sulla sua schiena che la spingevano, nonostante non ci fosse nessuno dietro di lei.
Si grattò la testa, confusa da quello che le era capitato, ma sorrise timidamente, sussurrando -grazie, chiunque tu sia- e un attimo dopo, vide qualcosa con la coda dell'occhio che la fece girare verso sinistra solo per fissare un muro bianco.
-Ehi, Sora!- la voce di Yuffie richiamò la sua attenzione, facendola voltare verso la donna -tutto bene?- le chiese questa con la fronte aggrottata -sì... tutto bene... credo di essere ancora un po' scossa, tutto qui- le rispose la castana facendo spallucce -è normale... ehi! Perché non giochiamo un po' con la playstation? Almeno fino a quando il tuo vecchio non torna... così ti distrai!- le propose Yuffie con un sorriso -d'accordo!- rispose Sora, scuotendo un po' la testa per schiarirsi le idee, e mentre la mora accendeva la console, lei guardò di nuovo verso il muro “prima... mi è sembrato di vedere l'ombra di un ragazzo ma non è possibile, giusto?” pensò Sora, sospirando per poi unirsi a Yuffie sul divano.

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti!
Eccomi con il terzo capitolo e, come avete letto, la storia sta iniziando ad entrare nel vivo!
Chi sarà mai il vandalo? E chi a salvato Sora dal finire schiacciata sotto il lampadario?
Lo scoprirete solo leggendo! ^^
Ringrazio Whiteray che ha recensito (e mi piacerebbe che lo faceste anche voialtri ma non posso obbligarvi) e tutti quelli che seguono la mia storia!
Ci sentiamo a sabato prossimo!
Saluti e baci da black dalia

  
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