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Autore: rowiel    17/05/2016    2 recensioni
Cosa sareste disposte a fare per incontrare l'uomo dei vostri sogni? Ma soprattutto quale cifra sareste disposte a spendere per trovarlo?
In fondo anche l'amore ha il suo prezzo e se non potete permettervelo, potete sempre prenderlo in affitto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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14 febbraio
DOMENICA 14 FEBBRAIO

Mai più.
Mai più in vita mia, giuro!
Guardando l'immagine deforme che mi restituisce lo specchio sento tutta l'autostima di una vita che va a farsi fottere.
Dovrebbero insegnartelo a scuola che nella vita c'è un limite di tempo massimo per folleggiare tutta la notte senza portarne i segni. Magari potrebbero fare un annuncio tra una lezione di letteratura e una di storia, così uno ha il tempo di prepararsi psicologicamente all'inevitabile declino.
Nessuno invece dice niente, nessuno ti avverte che la vita è come il ritratto di Dorian Gray; per un certo lasso di tempo sei libero di fare ciò che ti pare senza vedere le conseguenze, ma scaduto il termine ultimo l'incantesimo si rompe e devi pagare anche gli arretrati.
Guardate me. Fino a qualche anno fa se stavo fuori tutta la notte, bevevo e mi davo alla pazza gioia non importava. Bastavano due ore di sonno, una doccia veloce ed un filo di trucco e voilà ero pronta per ripartire. E guardatemi adesso. Sono gonfia e deforme, con la pelle di uno strano colorito e le borse della spesa sotto gli occhi. Non che normalmente sia una top model, intendiamoci. Ho le maniglie dell'amore, a cui per altro negli anni mi sono anche affezionata, le prime rughe nel contorno occhi e un seno non proprio abbondante, ma ora come ora in confronto a me Maga Magò è Claudia Shiffer.
In un attacco di masochismo, lancio un ultimo sguardo allo specchio, neanche potesse cambiare idea e riflettere un'immagine migliore, e non senza sforzo reprimo un conato di vomito. Ho i capelli di Einstein, la pelle di Shrek e l'odore di uova marce.
Altro che doccia veloce ed un filo di trucco. Per rimettermi a nuovo ci vorrebbe il lavoro di una spa di lusso e di un genio del livello di Michelangelo. Tiro la pelle del viso cercando di ritrovare una forma umana e non so come mi ritrovo a pensare agli zombi. Ho la mente troppo annebbiate per censurarmi, così mi ritrovo ad immaginare una storia degna di un film di terza categoria.

Siamo nel medioevo, perché è risaputo che le origini di ogni mostro che si rispetti sono nel Medioevo. Un uomo ed una donna si svegliano dopo una notte passata a festeggiare lo scampato pericolo (e rimango sul vago perché all'epoca c'era solo l'imbarazzo della scelta). Il primo raggio di sole entra dalla finestra, un nuovo giorno sta per iniziare. L'uomo, un contadino sciocco e facilmente suggestionabile, si sveglia ed istintivamente si gira verso la donna e trasale. Al posto della dea lussuriosa, dalla pelle di alabastro accanto a cui si è addormentato la sera prima, c'è una creatura deforme e nauseabonda.
Dall'odore l'uomo capisce che la creatura deve essere morta ed è quasi sul punto di chiamare un prete quando quella si muove. E zac. È fatta. Ecco la storia del primo morto vivente. La donna viene bruciata viva (oltrettutto essendo ancora piena di alcol prende fuoco che è una bellezza) e la leggenda ha inizio.

Penso che in qualsiasi altro momento questo inatteso sfoggio di creatività, mi avrebbe riempita di orgoglio o convinta ad andare in terapia, mentre ora sono propensa a credere che sia andata realmente così. Ad ulteriore conferma della mia teoria mi rendo conto di trascinarmi in cucina con la stessa grazia di Frankestein producendo vocalizzi inquietanti. Ho la voce rauca e la bocca impastata. Non c'è dubbio sono decisamente morta e se non lo sono giuro che vorrei esserlo.
L'improvviso squillo del telefono mi trapassa il cervello come una folgore, strappandomi alle mie riflessioni.
«Hmmm....», rispondo dando prova delle mie alte capacità comunicative.
«Hmmm...», fa la voce inquietante all'altro capo della cornetta.
Julie.
La telefonata del mattino dopo è un must. Abbiamo iniziato questa tradizione al college, più che altro per assicurarci che nessuna delle due fosse morta o finita in coma etilico.
Per un po' piombiamo nel silenzio. La sento respirare al ricevitore come farebbe un depravato, ma va bene. Almeno respira.
«Al...»
«Shhh...», la zittisco.
Altra pausa.
Ok, mi rendo conto che la conversazione post sbronza non sia tra le più brillanti e ricche di spunti, ma provate voi a parlare con un reive nella testa e la torta della prima comunione che minaccia seriamente di uscire ed in ottima compagnia.
Mi viene in mente la scena dell'Esorcista. Oh, oh. Pessima idea.
«Vomito.», rantolo in piena agonia.
«Ok.»
Lascio andare il telefono dove capita, stremata dall'intensità della conversazione e ancora indecisa sul da farsi; vomitare o non vomitare, questo è il dilemma. Il mio cervello non è pronto per questa mole di lavoro. Devo concentrarmi su cose semplici.
Acqua. Aspirina. Sonno.
Ma evidentemente non è la mia giornata. Prima ancora di riuscire a fare un passo il suono del campanello mi rimbomba nel cervello.
E ora chi cazzo è?
Decido che non mi importa. Ho bisogno di dormire. Sento che sto per crollare appoggiata al muro della cucina. Una seconda scampanellata mi riscuote facendomi imprecare come uno scaricatore di porto. Al terzo tentativo sono in preda ad un istinto omicida.
Mi trascino alla porta e la apro con violenza senza neanche prendermi la briga di vedere prima chi sia.
«Si può sapere che cazzo vuoi?», sbraito.
E allora succede una cosa strana. Una cosa da film. Il tempo rallenta e vedo scorrermi davanti agli occhi tutte le figure di merda fatte in una vita.
Cinque secondi. Solo cinque. Questo è il tempo che mi serve per realizzare che davanti a me c'è uno strafico con due occhi azzurri freddi come il ghiaccio, tanto belli da sembrare irreali, capelli neri spettinati e una mascella scolpita coperta da un accenno di barba. La realizzazione di ogni mia fantasia sessuale.
Solo guardarlo mi agita qualcosa dentro. Ma, ad onor di cronaca, potrebbe anche essere colpa dei postumi della sbronza.
Il resto è un ricordo confuso. Quello che so è che la mia mano si è mossa sbattendo la porta in faccia a Mr. Meraviglia.
«Aprimi»
Sussulto. La sua voce, profonda e decisa, mi arriva un po' ovattata. Sembra un po' irritato. Che se la sia presa perché gli ho sbattuto la porta in faccia?
Tipico. Quelli belli sono sempre stronzi e altamente permalosi.
E poi arriva la consapevolezza. Di colpo mi rendo conto dello stato in cui ho aperto alla porta e credo che per l'imbarazzo potrei morire. Ma perché, dico io, con tutti i giorni della mia vita in cui una cosa così mi poteva capitare è dovuto succedere proprio oggi? Perché? Che ho fatto di male?
Sono una ragazza educata, quando non ho i postumi. Chiamo sempre mia madre (ok non proprio sempre, ma spesso). Da piccola aiutavo le vecchiette ad attraversare (ok, solo una volta e dietro pagamento). Quindi perché a me?
Il panico sale, mi manca il respiro.
Mr Meraviglia bussa deciso alla porta con tre colpi che mi martellano il cervello.
Cazzo!
Che faccio? Che faccio? Che faccio?
Devo calmarmi. Devo calmarmi e respirare. Pensa Alice, pensa.
Di riaprire la porta non se ne parla. Piuttosto la morte. Il mio mal di testa è peggiorato, non riesco a pensare, così faccio l'unica cosa che chiunque al mio posto avrebbe fatto. Fingo di non essere in casa.
Lo so, magari non è il piano migliore che potessi escogitare, ma non sono mai stata brava a cavarmela sotto pressione.
«Alice Mills?»
Ed eccola la soluzione. Nella mente mi rimbombano le parole che Julie mi ripete da una vita: negare, negare tutto fino alla morte. «No?», mi esce in un tono troppo incerto da sembrare anche solo lontanamente credibile.
Accidentaccio!
«Non ne è sicura? Ha per caso bisogno di un medico?»
La domanda mi coglie impreparata.
«Anzi forse è meglio un esorcista.»
Ed eccola l'immancabile doccia fredda. Altro che Mr. Meraviglia, uno stronzo ecco cos'è. E di cosa mi stupisco. È un fatto appurato che bellezza e stronzaggine sono direttamente proporzionati (anche questo sarebbe utile se lo insegnassero a scuola).
Normalmente ho un carattere mite e ad un frase così avrei risposto accennando un sorriso per mostrarmi superiore, ma i postumi mi rendono più incline ad incazzarmi violentemente.
In un secondo prendo l'impermeabile in stile tenente Colombo che ha lasciato qui un mio ex, un cappello con il para orecchi che era già nell'appartamento quando mi sono trasferita in cui infilo a forza i capelli e apro di nuovo la porta.
Prima che Mr. Meraviglia possa aprir bocca gli punto il dito contro ed inizio ad inveire. «Senti un po', io non so chi sei, ne chi cazzo ti credi di essere... E non mi importa se hai due occhi stupendi o sei bello da far paura... Non ti permetto di parlarmi così. Se non ti sta bene quello che vedi sei liberissimo di andare a fare in culo.» e gli sbatto di nuovo la porta in faccia.
Ancora con la mano sulla maniglia ripenso a ciò che ho appena detto. Perché ho l'impressione di aver sbagliato qualcosa?
«Forza, smettiamola di perdere tempo. Dobbiamo parlare di ieri sera.»
Le antenne immaginarie che ho sulla testa si drizzano d'improvviso. Ieri sera. Mi sforzo un attimo di ricordare ma praticamente buona parte della nottata è avvolta nel buio più completo. Quanto cazzo ho bevuto ieri?
Inizio a sudar freddo, pensando a tutte le cose orribili (oddio, magari non proprio orribili) che posso aver fatto con Mr. Meraviglia. Inutile dire che la maggior parte delle opzioni che ho in mente non sono adatte ad un pubblico di minori e non so se essere felice o frustrata dal non ricordare niente.
Ma a chi la voglio dare a bere! Per una volta che al posto del solito sfigato rimorchio un figo da paura, possibile che debba rimuovere tutto. Certo che se la sfiga avesse un volto, ci scommetto la vita che sarebbe il mio!
Boccheggio come un pesce di riuscire ad articolare qualcosa di senso compiuto «Di cosa esattamente?»
Sento il sudore scivolarmi lungo la schiena. Ho una pessima, pessima sensazione.
Riapro leggermente la porta, giusto lo spazio per sbirciarlo.
«Tu non hai la più pallida idea di cosa sia successo,vero?». La sua non è una domanda, ma un'affermazione e il ghigno che ha stampato in faccia rende chiaro cosa pensi di chi beve fino a dimenticare tutto.
Avrei una voglia matta di fargli sparire quel sorrisetto compiaciuto stampandogli cinque dita sulla guancia. Ho le mani che formicolano dalla voglia di schiaffeggiarlo.
Decido di sfoggiare tutta la non chalance di cui sono capace date le circostanze. «No e allora?»
«Fammi entrare.»
Non è una richiesta, è un ordine. Odio riceve ordini, però Dio quanto è eccitante.
No, Alice. Riprendi il controllo. Probabilmente ho già fatto qualcosa di cui pentirmi ed ignoro la vicina che dice che se non lo ricordi non vale.
«Sarò pure sbronza, ma non sono così sprovveduta da lasciare entrare uno sconosciuto. E se fossi uno stupratore?»
Lo stronzo inarca un sopracciglio. «Fidati anche se lo fossi saresti in una botte di ferro.»
Il sangue inizia a ribollirmi. «E che questo che vorresti dire?»
«Non so se ti sei guardata stamattina, ma non sprizzi esattamente sex appeal.»
Vorrei rispondergli di andare a farsi fottere, ma il ricordo del mio riflesso mi tappa la bocca. Farei ammosciare anche il più arrapato degli uomini. Sono un contraccettivo vivente. Voglio morire.
« E poi te l'ho detto sono qui per parlarti ed è meglio se mi fai entrare. Credimi non è il genere di conversazione che vorresti che i tuoi vicini origliassero. È... personale.»
Personale.
Un brivido mi risale la schiena. Che diavolo ho combinato ieri sera?
E se avessi fatto qualcosa di molto, molto brutto? E se mi fossi fatta scattare foto compromettenti? O peggio, un video?
Spremo fino all'ultima delle cellule cerebrali ancora vive, ma niente. Tutto ciò che ottengo sono fantasie a luci rossi di me e Mr Meraviglia avvinghiati in strane posizioni.
Mi basta lanciargli uno sguardo per far partire un film porno di quelli molto molto espliciti. Che abbia ragione Julie a dirmi che dovrei fare più sesso?
Deglutisco a fatica e mi inumidisco le labbra con la punta della lingua e tutto ciò che penso è “Ti prego non sbavare. Non sbavare.”.
«Senti io non so cosa ti ho detto ieri, ed immagino ciò che abbiamo fatto, ma non ne voglio parlare. Non voglio sapere niente.» ho la voce resa acuta dal panico, sembro un trans isterico.
«Spiacente piccola ma ormai è troppo tardi. Hai firmato un contratto.»
Ed eccola lì. L'incudine della ACME che mi piomba in testa.
La stanza inizia a vorticare. Un fischio mi tappa le orecchie e comincio a vedere tanti puntini bianchi.
Oh cazzo!

   
 
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