Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Layla_93    17/05/2016    4 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
[...] Si rigirò nel letto, infastidito.
Chi diavolo si metteva a bussare alla porta alle… Alle…
Allungò un braccio verso il comodino, recuperando la sveglia.
“Cristo Santo, sono solo le 6:30 del mattino!”
“John, ti sei svegliato finalmente.”
“Finalmente?” Chiese, spalancando la porta e ritrovandosi davanti al suo coinquilino.
“Ti rendi conto di quanto presto sia?!”
“Abbiamo un caso.” Fu la risposta che ricevette in cambio.
“Quando mai non ne abbiamo uno.” Mugugnò, tornando a buttarsi sul letto.
“Sembra piuttosto interessante. Vuoi venire?”
“Dammi cinque minuti...” [...]
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"Padre Lloyd è attualmente in sala operatoria." Esordì Lestrade, comparendo da dietro l'angolo del corridoio.
"Ne avranno per delle ore."
Il detective accolse la notizia con un breve cenno del capo, continuando a camminare nervosamente lungo la fila di finestre che si apriva su un lato del corridoio.
"Penso che potremo parlare con lui non prima di domani." Aggiunse, sedendosi stancamente su una sedia poco distante e seguendo con lo sguardo il tragitto ripetitivo dell'altro.
"Ho anche parlato con il medico di John." Offrì Greg con tono cauto dopo vari minuti di silenzio.
Sherlock bloccò i suoi passi, senza però voltarsi verso di lui.
"L'operazione è andata bene." Disse subito, conscio della tensione che si era impadronita delle spalle del detective.
"L'hanno portato da poco nella stanza 116. Diminuiranno gradulamente il dosaggio dei farmaci per farlo risvegliare senza rischi." Concluse, osservando la schiena rigida di Sherlock rilassarsi appena.
"Bene, è meglio che vada. Ho una pila di verbali da compilare che mi aspetta." Soggiunse quando capì che Sherlock non avrebbe detto niente.
"È orario di visite ancora per mezz'ora." Disse come saluto, scomparendo dietro l'angolo da cui era venuto.
Non appena i passi dell'ispettore si furono allontanati si mise in moto.
Quando finalmente raggiunse la camera 116 si fermò, osservando per qualche istante i numeri impressi sul legno.
Prese un breve respiro e, allungata la mano, aprì la porta.
La luce era parzialmente ostruita dalle leggere tende e l'aria era densa dell'odore di disinfettante.
Gli occhi del detective saettarono subito sul letto poggiato sul lato destro della stanza.
John era lì, con il viso pallido attraversato da una cannula nasale e una flebo di fisiologica attaccata al suo braccio.
Si avvicinò lento, sedendosi sullo sgabello vicino alla sponda del letto.
Rimase in silenziosa osservazione, spostando periodicamente l'attenzione dal monitor del pulsossimetro, al lento gocciolare della flebo, al viso disteso di John.
"Auster ha commesso un altro passo falso." Esordì, impacciato.
"La sua ultima vittima è qui in ospedale. Ma non potremo parlarci fino a domani." Continuò, con tono lieve.
Lasciò passare alcuni minuti in silenzio, incerto su ciò che avrebbe potuto dire.
Allungò lentamente una mano, sfiorando lievemente il dorso di quella del dottore.
"John..."
"Oh, non sapevo che il signor Watson avesse visite."
La voce che improvvisamente ruppe la quiete della stanza lo fece sobbalzare e, velocemente, ritirò la mano.
"Mi spiace, ma devo chiederle di andarsene. L'orario delle visite è terminato." Aggiunse l'infermiera quando ebbe raggiunto i piedi del letto.
La osservò per qualche attimo mentre controllava la flebo e il tracciato del pulsossimetro, per poi alzarsi lentamente dallo sgabello.
"Aspetti!" Lo fermò la donna quando aveva ormai raggiunto la soglia della porta.
"Può tornare domattina, se vuole."
"Grazie." Rispose asciutto, lanciando un ultimo sguardo al dottore.
Abbandonò velocemente l'ospedale, cercando subito un taxi per raggiungere Baker Street.
Quando fu arrivato notò il battente del portone stranamente dritto.
Salì rapidamente i diciassette scalini per raggiungere il 221B e, aperta la porta con veemenza, si diresse deciso in cucina.
"Salve Mycroft, quale sgradita sorpresa."
"Buon pomeriggio, Sherlock." Rispose tranquillo il fratello, seduto sulla sua poltrona.
"Cosa ti porta qui?" Chiese guardingo, poggiando distrattamente la sciarpa scura di sangue all'interno dell'acquaio.
Gli occhi di Mycroft seguirono il suo movimento, attenti.
"Come sta il dottore?"
Le spalle del detective si tesero impercettibilmente.
"Sempre a mettere il naso negli affari altrui, vedo." Commentò aspro, raggiungendo rigidamente la poltrona di John.
"Sei stato tu a mettermi in mezzo a tutto questo." Puntualizzò tranquillamente.
"Ricordo di aver fatto una telefonata al direttore Finaldi non più di quattro giorni fà."
"Stanne fuori, Mycroft. " Disse freddo, stringendo le dita sul bracciolo della poltrona.
"Sherlock." Sospirò l'uomo, passando l'ombrello da una mano all'altra.
"Sai che potrei aiutarti. Non serve che tu sia così testardo."
"Stanne. Fuori." Ripeté secco, lanciandogli un'occhiata glaciale.
L'uomo resse il suo sguardo per lunghi secondi, impassibile.
Quando Mycroft liberò un sospiro costernato e, lentamente, si alzò dalla poltrona, Sherlock rimase immobile, seguendolo solo con gli occhi.
"Prima o poi capirai che non sono tuo nemico, fratellino." Commentò desolato, incamminandosi lentamente verso l'uscita.
Non appena il tenue tonfo della porta decretò l'uscita di scena di Mycroft dal 221B, una serie di passi veloci risuonarono per la breve rampa di scale, annunciando l'arrivo di Mrs. Hudson.
"Come sta, Sherlock?" Chiese la donna quando raggiunse finalmente la porta dell'appartamento.
Il detective la ignorò, portandosi davanti al pannello che lui e John stavano utilizzando per raccogliere tutti gli indizi sul 'caso Auster'.
"Suo fratello mi ha detto di John." Continuò con tono preoccupato.
"Mio fratello ama intromettersi in cose che non lo riguardano." Commentò aspro, senza rivolgerle una sola occhiata.
"Questo vostro antagonismo è così puerile." Sospirò sconsolata, iniziando ad aprire i pensili della cucina.
"Non voglio il tea." Disse con tono annoiato, girandosi finalmente verso di lei.
"Oh, ma un buon tea aiuta sempre. Ma solo questa volta. Non sono la governante, dopotutto." Puntualizzò, continuando il suo operato.
Quando una tazza fumante fu posata sul tavolino, insieme a dei sandwich, storse la bocca.
"Non ho fame." Ribadì, quando Mrs. Hudson gli avvicinò incoraggiante il piatto col cibo.
"Ma sono giorni che non la vedo mangiare! Le serviranno forze per catturare il criminale che ha fatto del male al nostro John." Protestò la donna, preoccupata.
Il detective non rispose, semplicemente allungò una mano e prese un sandwich, iniziando a dargli piccoli morsi.
"Bene, la lascio mangiare tranquillamente." Si congedò la donna.
"Dovrebbe anche dormire." Aggiunse, chiudendo delicatamente la porta dietro di sé.
Continuò a masticare lentamente, osservando con sguardo perso la poltrona vuota davanti a lui.
Quando ebbe finito lasciò tutto sul tavolino e, abbandonata la giacca sui cuscini del divano, si avviò su per gli scalini.
La camera di John era piccola, ma accogliente, con un unico maglione sulla sedia della scrivania ad intaccarne il perfetto ordine.
Si avvicinò lentamente al letto e, senza togliersi nemmeno le scarpe, vi si lasciò scivolare sopra.
Si svegliò poche ore dopo, le prime luci dell'alba che filtravano pigramente dalle tende semi-aperte.
Quando rientrò lentamente in salotto lasciò vagare lo sguardo in giro, senza soffermare l'attenzione su nulla in partiolare, ma quando gli occhi caddero sul pannello degli indizi si bloccò.
Lasciò vagare lo sguardo sulle varie stampe e appunti, collegandoli mentalmente con le carte che aveva trovato nell'appartamento di Auster il giorno prima.
Un'idea attraversò velocemente la sua mente e, come una molla, balzò in avanti.
Recuperò il plico che la mattina precedente aveva abbandonato sul tavolino ed iniziò ad inserirvi disordinatamente tutti i documenti relativi al caso.
Quando ebbe finito recuperò giacca e cappotto, raggiungendo velocemente la strada.
"New Scotland Yard." Disse secco al tassista, ancor prima di aver chiuso la portiera dietro di sé.
Passò il tempo della corsa a sfogliare i documenti che aveva recuperato, continuando a collegare gli indizi all'interno del suo Mind Palace.
Quando il taxi si fermò gettò alcune banconote verso l'autista, entrando velocemente dentro alla centrale di polizia.
Si mosse sicuro tra le scrivanie del bureau, chiudendosi la porta dell'ufficio di Lestrade alle spalle non appena lo raggiunse.
Nei minuti in cui rimase in attesa dell'ispettore si mise a spargere fogli per tutta la scrivania, ricostruendo così il pannello che poco prima aveva smontato dalla parete del suo salotto.
Si allontanò dal suo operato di una paio di passi, osservando pensoso quel mosaico di documenti.
Quando la porta alle sue spalle cigolò lievemente non si girò.
"Sherlock." Esordì Lestrade, stupito.
"Come mai qui?" Chiese, raggiungendo la sua sedia.
"Abbiamo un caso su cui lavorare." Replicò asciutto,continuando ad osservare il mosaico.
"Ed è il motivo per cui hai fatto esplodere una copisteria nel mio ufficio?" Si lamentò, adocchiando sconfortato la confusione che il detective era riuscito a creare nei pochi minuti in cui si era assentato.
"Mi serve poter avere sottocchio il quadro completo delle mosse di Auster." Replicò, girandosi su se stesso.
"E devi farlo qui perché...?" Si informò, cercando di recuperare i documenti di cui aveva bisogno da sotto una pila di fogli.
"Lavoro meglio quando posso parlare con qualcuno." Rispose meccanicamente, lanciando un'ultima occhiata intorno.
"Dove sono i documenti di Auster?" Chiese, quando si rese conto della loro assenza nell'ufficio.
"I miei ragazzi li stanno impacchetando in questo momento." Sospirò, lasciandosi andare stancamente contro lo schienale della sedia.
"Cosa?!" Tuonò il detective.
"È passato un giorno! Cosa avete fatto finora?"
"Catalogato ogni singola prova all'interno dell'appartamento?" Chiese calmo l'ispettore, segnando qualcosa sul documento che stava leggendo.
"Tutto questo tempo?" Ribadì Sherlock, muovendosi nervosamente per la stanza.
"Sherlock." Sospirò Lestrade, abbandonando il suo documento.
"Capisco che tu voglia prendere Auster, soprattutto dopo quello che ha fatto a John." Disse serio, alzandosi dalla sedia ed avvicinandosi a lui.
"Ma questo non deve intaccare il lavoro che stiamo facendo. Dobbiamo muoverci con cautela."
"Come se il tuo team lavorasse bene." Ribatté aspro il detective, allontanandosi di un passo dall'uomo.
"Fanno il loro meglio." Intercesse.
Nel silenzio che seguì, Lestrade tornò sulla sua sedia, osservando la composizione di fogli che aveva creato l'altro.
"Hai detto che lavori meglio se puoi parlare con qualcuno." Iniziò, facendo scivolare lo sguardo sulle varie immagini e sugli appunti che riempivano la scrivania.
"E volevi le carte di Auster." Continuò.
"Hai una teoria, vero?"
"Che domanda inutile." Borbottò il detective, roteando gli occhi.
"Vuoi condividerla?" Chiese, trattenendo uno sbuffo.
"A che scopo? Non abbiamo i documenti, non posso controllare." Ribatté aspro.
"Tu spieghi, io controllo." Disse tranquillo Lestrade.
"Ma davvero? E io cosa dovrei fare?" Chiese stizzito, lanciandogli un'occhiata affilata.
"Una doccia." Fu la semplice risposta.
Un fine sopracciglio si arcuò verso l'alto.
"Sherlock, lo so che consideri la mia capacità osservativa pari a quella di un bambino, ma anche io riesco a vedere che porti ancora i vestiti di ieri." Disse l'ispettore, lanciandogli un'occhiata comprensiva.
"Siete diventati tutti mamme chiocce?" Domandò esasperato, passandosi una mano tra i capelli.
La domanda non trovò risposta e, dopo qualche attimo di silenzio testardo, sbuffò.
"Ho trovato il collegamento tra le vittime." Esordì, iniziando a prendere delle carte dalla scrivania.
"C'è un collegamento?" Chiese stupito Lestrade, ricevendo un'occhiata affilata da parte del detective.
"Tra gli effetti personali delle vittime c'era sempre il solito depliant." Continuò, mostrando i documenti che aveva raccolto.
Erano i vari depliant ritrovati tra gli effetti personali delle vittime.
"Sono tutti su un gruppo di ascolto cattolico." Osservò l'ispettore, facendo scorrere lo sguardo attento sui fogli.
"Gestito da padre Lloyd." Sottolineò Sherlock.
"Ha saputo come muoversi. Era all'interno della parrocchia, forse dentro il gruppo stesso, ed ha studiato i suoi soggetti con attenzione prima di dare il via al suo progetto." Concluse Sherlock, abbandonando i documenti sulla scrivania.
"Che bastardo." Mormorò Lestrade, passandosi una mano sul viso.
"Bene, abbiamo qualcosa su cui muoverci." Sospirò subito dopo, alzandosi dalla sedia.
"Dove stai andando?" Chiese Sherlock, osservando l'ispettore avvicinarsi alla porta dell'ufficio.
"Devo controllare a che punto sono i miei uomini con i documenti di Auster." Rispose l'uomo mentre recuperava la giacca dall'attaccapanni.
"E a controllare tutte le informazioni che abbiamo sulla vita di questo psicopatico." Aggiunse, aprendo la porta.
"Vengo con te." Disse subito, raggiungendo l'uomo.
"Non se ne parla. Torna a casa."
"E fidarmi del lavoro degli agenti di Scotland Yard?" Chiese gelido.
"Dovresti imparare ad adattarti." Ribatté Lestrade.
"E torna a casa a farti una doccia!" Aggiunse, sparendo tra la confusione che animava il bureau.

 
No, no è un miraggio.
Ho veramente pubblicato in tempi umani.
Lo so, non succede nulla, ma siamo alle battute finali della storia e condensare tutto in due capitoli non mi piaceva come idea :-\
Penso di potervi dire che ci rileggiamo a breve anche per il prossimo capitolo, visto che ne ho già scritto più di metà ;-)
Grazie a tutti =) <3
xoxo

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Layla_93