Serie TV > Shadowhunters
Ricorda la storia  |      
Autore: SilviAngel    19/05/2016    5 recensioni
Sequel della OS “Di nessun gatto, qualche confessione e molte scuse”
Dal testo:
“Fratellone” la voce felice di Max lo riscosse in un lampo “mi porti a fare un giro?”
“Ehi, quando sei arrivato?” Alec lo strinse a sé, scompigliandogli i capelli.
“Circa un’ora fa” rispose rapido per tornare poi alla carica “Allora mi porti fuori?”
“Non so se…”
“Dai” cantilenò il piccolo piegando le labbra all’ingiù, potere che aveva consolidato negli anni “Mamma e papà sono di sotto che parlano di lavoro, Isabelle è il palestra con Jace e io mi annoio”
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Max Lightwood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di gatti e un mucchio di piccole e grandi cose...'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sequel della OS “Di nessun gatto, qualche confessione e molte scuse”
 
Di molti gatti, nuove conoscenze e improbabili accordi.
 
Erano passati alcuni giorni – decisamente troppi per lo stregone – da quando Alec se ne era andato via arrabbiato, forse il termine non era sufficiente a dipingere ciò che aveva visto Magnus sul volto del nephilim e se il primo era arrivato addirittura a contare le ore, sospirando a ogni tramonto, il secondo aveva fatto di tutto per non pensare al tempo che, trascorrendo, affievoliva la collera che aveva provato.
 
Isabelle aveva tentato più volte e con differenti approcci – alcuni più dolci, altri decisamente più invasivi – di farlo parlare o quanto meno di tentare di capire come il fratello avesse intenzione di affrontare la realtà.
Trovando ogni volta un muro di espressioni tirate e sguardi sfuggenti, la giovane aveva infine deciso che l’unica via sarebbe stata attendere che fosse il cacciatore a cercare in lei conforto o consiglio.
Così avvenne quando oramai un’intera settimana era trascorsa dalla visita del gattino improvvisato.
“Izzy” la voce titubante di Alexander interruppe l’allenamento con la frusta, spingendo la sorella ad abbassare l’arma e a volgersi verso l’ingresso della palestra.
Lo shadowhunter era sulla soglia, appoggiato con la spalla allo stipite, indeciso se continuare o no ciò che fino a un attimo prima sembrava intenzionato a fare: parlare finalmente di ciò che gli ronzava nella testa e nel cuore.
“Che c’è fratellone?” la letale appendice di metallo luccicante si avvolse lenta attorno all’avanbraccio della nephilim mentre ella muoveva alcuni passi nella direzione dell’altro.
“Io” sospirò spostando lo sguardo, tentando ancora di nascondersi “Io non so cosa devo fare”
“Può sembrare scontato, ma fa ciò che vuoi” all’espressione dubbiosa o insoddisfatta di Alec, lei continuò “Fai ciò che desideri fare e stop. Smettila di pensare a cosa dovresti fare e, per una volta, agisci. Ti piace stare con lui, passare del tempo con lui? Bene, vai da lui”
“Tu non capisci” sbottò frustrato Alec.
“Non capisco? Sgattaiolo fuori quasi ogni notte per vedermi con una fata. Cosa non capirei?”
“Ma è diverso” tentò ancora di spiegare.
“Diverso perché è un uomo come te? Ti prego, anche tra i nephilim non è più uno scandalo da esilio, certo mamma e papà non farebbero i salti di gioia, ma alla fine siamo noi a rischiare la pelle ogni santo giorno e abbiamo il diritto di strappare qualche attimo di felicità appena possiamo”
“Non so come comportarmi, cosa dire e… lui è, è”
“Un figo supremo? Sì, grazie me ne ero accorta. E sai di cosa mi sono anche accorta? Che quando sei in una stanza lui non ha occhi che per te”
“Non mi riconosco. Mi domando cosa stia facendo, addirittura mi sono chiesto di che colore assurdo potrebbero essere oggi i suoi capelli. Solo qualche giorno fa lo avrei preso a pugni e adesso vorrei solo parlargli e vederlo. Come è possibile?”
“Forse ti stai semplicemente rendendo conto che, per quanto stupida e sbagliata, l’azione di Magnus non fosse poi così tremenda da meritarsi il tuo odio” e avvicinandosi con fare cospiratore aggiunse in un sussurro “Che ne dici se questa sera ce ne usciamo di qui a testa alta fingendo una qualche ronda e poi ognuno scappa dal suo bello?”
“Cosa? No, non posso, io non posso” e, senza dare il tempo alla sorella di ribattere e tentare di convincerlo – consapevole che se gli avesse convesso tale facoltà, sicuramente lui avrebbe ceduto – Alec fuggì via, tornando al sicuro nella propria camera.
 
Alexander aveva cercato di occupare i suoi pensieri con qualcosa di più concreto e legato ai suoi doveri. Aveva letto e riletto infatti almeno cinque volte una pagina degli accordi, cercando di sviscerare i concetti fondamentali e le possibili varie interpretazioni – come più volte gli aveva consigliato la madre – ma nulla era in grado di generare il giusto grado di concentrazione.
Dopo un rapido spuntino sgraffignato dalla cucina, Alec abbandonò il tomo sul letto accanto a sé, finendo con il fissare il soffitto e nulla più, fino a quando un peso tutt’altro che indifferente gli piombò addosso.
“Fratellone” la voce felice di Max lo riscosse in un lampo “mi porti a fare un giro?”
“Ehi, quando sei arrivato?” Alec lo strinse a sé, scompigliandogli i capelli.
“Circa un’ora fa” rispose rapido per tornare poi alla carica “Allora mi porti fuori?”
“Non so se…”
“Dai” cantilenò il piccolo piegando le labbra all’ingiù, potere che aveva consolidato negli anni “Mamma e papà sono di sotto che parlano di lavoro, Isabelle è il palestra con Jace e io mi annoio”
“Possiamo andare in biblioteca” suggerì il maggiore, facendo gonfiare di disappunto le gote di Max.
“No, voglio uscire e mangiare un gelato e un hamburger e tante caramelle e-”
“Ok. Ho capito” si tirò a sedere Alec, portando con sé il corpo del fratello “Ma prima dobbiamo avere il consenso di mamma e papà”
“Ci sto” e balzando giù dal letto, il bambino attese che l’altro si infilasse le scarpe e lo seguisse di sotto.
Alla fine, nonostante i dubbi iniziali, i genitori accondiscesero alla richiesta dei loro figli e i due – con indosso i vestiti più da mondani presenti nei loro armadi – si lasciarono alle spalle l’Istituto.
 
Alec osservava meravigliato il fratello minore ingurgitare a grandi bocconi il panino super imbottito che aveva ordinato, sperando che poi non sarebbe stato male di stomaco. Fu appena prima dell’ultimo morso che il cellulare del cacciatore iniziò a squillare.
Ingoiando preoccupato, Max domandò “È la mamma?”
Alec scosse il capo, indeciso se accettare oppure no la chiamata.
“Non rispondi?” incalzò il piccolo.
Non sapendo come giustificarsi alla fine Alec, inspirando profondamente, sfiorò l’icona con la cornetta verde.
“Oh per tutti gli angeli, grazie al cielo hai risposto!” la voce di Magnus giunse alterata e con un tono decisamente troppo alto e stridulo per non indurre il nephilim a domandarsi cosa fosse accaduto.
“Alexander sono in un pasticcio. In un enorme pasticcio e ho bisogno di aiuto, devi venire da me”
“Non, non posso. Sono fuori e non sono da solo”
“Non sei da solo” scandì lento e triste lo stregone riprendendosi un attimo dopo “So che non ho il diritto di chiederti nulla, ma davvero non so che fare. Sono tornato a casa ed era qui. Si è introdotto in casa mia dalla finestra e sta facendo versi disgustosi. È enorme”
Alec iniziò a preoccuparsi, non si sarebbe perdonato se a Magnus fosse successo qualcosa per il semplice motivo che lui stava facendo il prezioso e così, con un rapido cenno, spinse il fratellino a seguirlo fuori dal locale.
“Ascolta, sono già a Brooklyn dammi qualche minuto e arrivo” chiudendo la telefonata si rivolse a Max “Dobbiamo andare in un posto, ok?”
“Ma io…”
“Dopo ti comprerò il gelato, a patto che tu non racconti a nessuno del posto in cui andremo e di chi incontreremo”
“Ok, ma voglio il gelato al cioccolato”
 
Circa un quarto d’ora dopo, Alec stava trafficando con la serratura dell’appartamento di Magnus.
“Fratellone, perché hai le chiavi di questo posto? Non è casa tua”
“Lo so, è la casa di un mio… di un amico” abbassata la maniglia, il cacciatore aprì la porta del loft inspirando a pieni polmoni il profumo speziato e denso degli incensi. Preso per mano il piccolo, mosse alcuni passi all’interno e immediatamente la voce spaventata del padrone di casa lo indusse ad affrettarsi.
Entrò nel salone e non ebbe neppure il tempo di guardarsi attorno prima che Magnus lo travolgesse.
“Alexander, finalmente” dopo aver guardato con speranza e gioia il suo nephilim, lo stregone si accorse che questo era giunto accompagnato.
Osservando con maggior attenzione il bambino, si ricordò che i Lightwood avevano tre figli e, per esclusione, dedusse quello fosse il minore “E tu saresti?”
“Mi chiamo Max e tu?”
“Io sono Magnus Bane, Sommo Stregone di Brooklyn”
L’espressione curiosa del bambino lasciò spazio alla paura più istintiva e genuina che lo spinse ad arretrare e a nascondersi veloce dietro a fratello.
“Ah, la buona e vecchia educazione di mamma Maryse”
“Conosci la mamma?”
“Ho centinaia di anni. Ho conosciuto anche i tuoi trisavoli se è per questo”
“Alec” mormorò Max sempre più spaventato “perché conosci un nascosto? Mamma dice che non dobbiamo fidarci di loro”
La mandibola di Magnus si contrasse impercettibilmente, reazione che non passò inosservata al maggiore dei Lightwood che, piegandosi sulle ginocchia si rivolse al fratello guardandolo in viso.
“So cosa dice la mamma, ma non sempre è così. Magnus è un po’ strambo, ma non è cattivo. Ha aiutato me, Jace e Izzy e anche l’intero Istituto. Possiamo fidarci, non ci farà del male”
Ogni parola che usciva dalla sua bocca, detta inizialmente per calmare Max, diventava lentamente semplice e profonda verità. Non stava solo cercando di tranquillizzare il piccolo, era come se stesse dicendo quelle cose prima di tutto a se stesso, come se, pur sapendole, avesse bisogno di pronunciarle a voce alta e non di sentirsele dire per la millesima volta da Isabelle.
“Va bene” disse infine Max e portando di nuovo lo sguardo sul padrone di casa, si lasciò andare a un piccolo sorriso.
“Ora parlo un attimo con lui e poi ce ne torniamo a casa, ok?” disse Alec “Perché non ti siedi fino a quando non ho finito?”
Max muovendosi guardingo, arretrò raggiungendo il divano e, accomodatosi al centro, si guardò intorno incapace di nascondere la curiosità che quella casa così strana e colorata generava in lui.
 
“Allora, mi spieghi il motivo di quella telefonata assurda?” Alec si rivolse finalmente allo stregone che giungendo a una distanza non consona indusse il primo a fare un passo indietro.
“Te l’ho detto. Sono entrato in casa ed era lì e mi osservava”
“Di cosa diavolo stai parlando?”
“Seguimi” e stringendo tra le dita inanellate il polso del nephilim, Magnus lo trascinò fino a una libreria che separava una piccola porzione del salone dal resto della stanza “questo di solito è l’appartamento del Presidente Miao, ma quando sono venuto a vedere come stesse, ecco cosa ho trovato”
In una sontuosa cesta di velluto e broccato –  il gatto di Magnus non poteva di certo dormire in un giaciglio ordinario – era disteso su un fianco un grosso gatto dal pelo di un bellissimo grigio scuro.
“Ok. Ti è entrato un gatto randagio in casa, non penso che-”
“Non è un gatto normale, prova ad avvicinarti” lo esortò Magnus, dopo averlo interrotto.
Alec accondiscese a quella richiesta apparentemente assurda e non appena mosse un piede nella direzione della cesta, un verso inquietante e straziante si alzò dalla stessa, bloccando a metà i movimenti dello shadowhunter.
“Visto? Non stavo mentendo”
“Magnus, quella è solo una gatta incinta è naturale che non voglia che due estranei le si avvicinino”
“Oh”
“Ora allontaniamoci” consigliò Alec, voltando le spalle alla cesta.
 
Il primo a raggiungere la restante parte del salone fu Magnus che esordì divertito, con voce già più sollevata e leggera “Ma cosa fate voi Lightwood al mio povero Presidente?”
Alec cercò di comprendere cosa l’altro volesse dire e vi riuscì non appena i suoi occhi si posarono sul fratello seduto sul pavimento e intento a giocherellare tranquillo con il gatto di casa.
Max fermò immediatamente le proprie mani e sollevato uno sguardo colpevole verso il fratello domandò “Non potevo?”
Fu lo stregone a rispondere, accomodandosi a terra accanto al bambino “Ma certo che puoi” e scompigliandogli scherzoso i capelli riprese “Lui è il Presidente Miao”
“Che nome buffo, ma mi piace”
“Max, alzati, dobbiamo tornare a casa”
“Cosa?” strillò Magnus “Hai davvero intenzione di abbandonarmi da solo con il mostro miagolante?”
“No” mugugnò scontento Max subito dopo “Possiamo restare ancora un po’?”
Alzando gli occhi al cielo, Alec rispose prima allo stregone “È solo una gatta” per poi rivolgersi al fratello “Non volevi il gelato al cioccolato?”
 
Le labbra dello stregone si vestirono di un sottile ghigno e prima ancora che Max potesse continuare a perorare la sua causa, piccole scintille blu si sprigionarono dalle dita del padrone di casa, abilmente tenute nascoste dietro la schiena.
Sul tavolino basso, posizionato ad arte davanti al divano, apparve una golosa coppa di gelato con cioccolato di tutte le consistenze e sapori e due alti bicchieri di caffè fumante.
“Voilà” gongolò Magnus guadagnandosi un felice battito di mani da parte di Max e uno sguardo al vetriolo dal fratello maggiore.
“Max non ti muovere e tu” puntando l’indice contro Magnus “in cucina”
“Agli ordini”
 
“Mi dici che stai cercando di fare?” lo attaccò immediatamente il nephilim.
“Nulla che non sia più che palese ed evidente”
“Mi chiami per una stupidaggine, cerchi di farti amico mio fratello”
“Il mero presupposto che io abbia centinaia di anni non fa di me un veterinario provetto” prese a parlare con tranquillità lo stregone girando attorno all’isola della cucina “Mi sono trovato in difficoltà e ti chiedo perdono, oh altissimo figlio dell’angelo, se la prima persona che mi è venuta in mente sei stata tu”
Se non avesse pensato fosse del tutto impossibile, Alec avrebbe giurato che Magnus stesse per perdere le staffe.
“E per l’altra mia accusa, che dire, sono un mostro che mangia bambini e ne carpisco la fiducia a suon di dolciumi cosicché siano bene in carne al momento di cucinarmeli. Per la  miseria, Alexander, non mi pare di-”
“Scusa”
“Cosa?”
“Ti ho chiesto scusa”
“Per che cosa di preciso, se non è chiedere troppo?”
“Per quello che ho appena detto e, beh, per la reazione forse un po’ esagerata che ho avuto qualche giorno fa” ammise, arrossendo leggermente.
“Oh, fiorellino” si addolcì all’istante Magnus “Non devi di certo scusarti per quello, penso di essermela ampiamente meritata. Spero solo che tu abbia capito che, in fin dei conti, è stato solo il gesto disperato di uno stregone stupido o forse il gesto stupido di uno stregone disperato”
Alec non disse nulla, limitandosi a un mero cenno del capo.
Un attimo dopo la risata squillante di Max colse entrambi di sorpresa e incuriositi tornarono nella sala principale.
Max stava ridendo mentre Presidente gli leccava con meticolosa attenzione la mano piena di residui di cioccolato “Fa il solletico”
Alec abbasso le spalle rilassato e sereno per la prima volta dopo giorni e incrociando le braccia al petto confessò a mezza voce, cosicché solo il padrone di casa potesse udire “Sai una cosa buffa? Non ricordo quando sia stata l’ultima volta in cui l’ho visto ridere così”
“Non è una cosa buffa, fiorellino” lo contraddisse Magnus “ma, se mi permetti, è una cosa triste”
“Forse hai ragione. È un bambino e dovrebbe essere felice, invece”
“Da quanto ricordo, la felicità non è una delle priorità nell’educazione degli shadowhunters”
Alexander non rispose e avvicinandosi al piccolo, ne carpì l’attenzione “Forza Max, ora dobbiamo proprio andare, prima che mamma”
Un verso straziante proveniente dalla nuova ospite di Magnus spinse tutti i presenti a volgere il capo verso la zona in cui essa si trovava “Cosa è stato?” domandò allarmato il piccolo nephilim.
“Niente, tranquillo. L’altro gatto di Magnus non sta molto bene”
“Oh, e non possiamo fare qualcosa?” domandò Max guardando prima il fratello e poi lo stregone.
“Ma certo, perché non ci ho pensato prima! Catarina lavora all’ospedale”
“Catarina?” ripeté Alec.
“Una mia amica che è infermiera, ne saprà di certo più di noi” ora la chiamo.
 
Quando Magnus tornò da loro aveva un’espressione meno sollevata di quanto Alec si sarebbe aspettato.
“Non può raggiungerci subito, ma mi ha dato alcune dritte. Alec ho però bisogno di aiuto”
“Noi dovremmo” iniziò a balbettare il nephilim maledicendosi per il fatto che quando lo stregone lo guardava dritto negli occhi come stava facendo in quel momento, lui si trasformava in un ammasso di gelatina balbettante e quella volta stava avvenendo addirittura davanti al fratello.
Fu però proprio Max a toglierlo dall’impiccio “Restiamo fratellone, possiamo dire a mamma che mi hai portato a vedere una di quelle cose con i disegni colorati che si muovono”
“Un cartone animato” spiegò Alec allo stregone dall’espressione confusa e, gettando ancora una volta la spugna, riprese “Per questa volta va bene”
 
Alec chiamò prima la sorella, aveva necessità di qualcuno che gli reggesse il gioco, e poi i genitori che, pur non essendo entusiasti della gita dei due nel mondo dei mondani, erano sollevati dal fatto di non dover badare a Max essendo ancora indaffarati nell’aggiornarsi sugli avvenimenti dei giorni precedenti.
Tornato nel centro del loft, Alec domandò “Allora cosa dobbiamo fare?”
“Niente”
“Come scusa?”
“Catarina ha detto che non dobbiamo fare assolutamente niente a meno che non inizi a esserci troppo sangue” spiegò l’immortale.
“E allora che ci faccio io qui?”
“Sostegno morale”
Alexander sospirò impotente, lasciandosi cadere sul divano, poggiando la nuca sullo schienale.
 
D’un tratto voci e suoni acuti lo fecero tornare seduto in modo composto. Era appena apparsa di fronte al sofà una grande televisione che stava trasmettendo un cartone animato, forse per fare in modo che Max avesse qualcosa da raccontare se mai fosse stato torchiato.
Mentre il bambino gattonava di fronte allo schermo e si accomodava a gambe incrociate, Magnus raggiunse il divano, scivolando senza fare il minimo rumore accanto al figlio dell’angelo.
“Sono o non sono un ottimo padrone di casa? Intrattenimento per tutti i miei ospiti”
“Da quanto vedo l’unico a essere intrattenuto è Max”
“E tu? Hai il migliore intrattenimento esistente su piazza” gesticolò suadente Magnus.
“E sarebbe?”
“Schiocco fiorellino, me” sorrise sornione l’immortale, guadagnandosi un adorabile rossore sulle guance di Alec che rapido distolse lo sguardo lasciandolo vagare per la stanza.
Pochi attimi dopo un altro suono attirò l’attenzione di tutti.
Un roco e sofferente miagolio riempì la stanza, spingendo tutti a dirigersi nella direzione dalla quale era giunto.
Max si fermò lontano dalla cesta, non capendo cosa mai potesse avere quel gatto da costringerlo a miagolare in quel modo e, cercando risposte nel fratello maggiore, gli tirò la manica, cosicché si voltasse verso di lui.
“Non ti preoccupare” lo rassicurò Alexander “Sta per diventare mamma ed è normale che provi dolore”
“Ah” annuì e poi, rivolgendosi allo stregone, disse “Tu non puoi fare una magia e farla stare meglio?”
“Posso provare. Sempre che non mi stacchi una mano” spiegò Magnus avvicinandosi e inginocchiandosi davanti alla cesta prima di allungare una mano verso la testa della gatta.
Alec ordinò al fratello di tornare davanti alla TV e, rimasto solo con il padrone di casa, si inginocchiò al suo fianco.
“Che pensi di fare?”
“Ciò che ha suggerito Max. Proverò ad alleviare il dolore che sente” e mentre le ultime parole lasciavano le sue labbra, le dita sfiorarono lievi il pelo dell’animale per accogliere subito dopo la testolina nel palmo della mano.
I versi sofferenti della gatta diminuirono e fortunatamente Magnus non venne preso a morsi o a unghiate.
Pur continuando a portarle via un poco di dolore, pochi minuti dopo la piccola ricominciò a miagolare e, dai movimenti che si avvertivano chiari lungo tutto il suo ventre, i presenti intuirono che il parto fosse oramai prossimo.
“Spero con tutto il cuore che non sia troppo disgustoso” mormorò l’eterno.
 
Dopo un tempo che parve infinito, tre piccoli esserini magri magri e ricoperti di pezzi di placenta avevano fatto il loro ingresso nel mondo.
“Sono diventato nonno” mormorò emozionato Magnus, voltando il capo e trovando vicino a sé Alec che sorridendo lo fissò con sguardo stranito “So che Presidente non è il padre, ma non mi importa. Sono diventato nonno”
“Alec” la voce terrorizzata di Max fece scattare lo shadowhunter che in secondo fu in piedi.
Tornato nel salone, il maggiore dei Ligthwood vide il fratello rintanato dietro il bracciolo del divano e quando Max lo notò corse a nascondersi dietro le sue spalle “Ho paura”
Solo dopo quelle parole, Alexander si accorse della presenza di qualcun altro in quella camera.
Una donna alta e giovane – almeno all’apparenza – se ne stava a braccia incrociate, come in attesa di essere propriamente accolta.
Nulla di strano se non fosse stato per la sua pelle che era completamente blu.
“Oh, Catarina! Grazie di essere passata, ma penso che il peggio sia ormai alle nostre spalle. Alexander, Max lei è Catarina Loss, amica fidata e ottima infermiera”
“I tuoi ospiti, Magnus, lasciano a desiderare, sembra che abbiano qualcosa che non va con me”
Prima che l’immortale potesse rispondere, fu Alec a prendere la parola “Domando scusa per mio fratello. È molto piccolo e non è abituato a vedere molti, beh, molti stregoni”
“Sei un’amica di Magnus?” la voce ancora in parte intimorita di Max giunse da dietro la schiena del fratello maggiore.
“Sì”
“E sei anche amica di Presidente?”
“Certamente” rispose Catarina.
“Allora devi essere una a posto” tirò le somme il bambino e uscendo dal suo nascondiglio, mosse un passo avanti e, come gli era stato insegnato fin da piccolo, sporse la mano in avanti in attesa che la strega facesse altrettanto.
 
Espletate le opportune presentazioni, Caterina si mosse nella direzione indicatagli da Magnus dove era la cesta della gatta e tutti la seguirono.
In quel tempo trascorso i gattini erano stati accuratamente ripuliti dalla madre e ora se ne stavano diligentemente in fila accanto al suo ventre, alla ricerca di calore.
“Vedo che non ci sono stati problemi. I piccoli stanno bene e anche la gatta” constatò Catarina sorridendo sollevata.
“E quindi ora che cosa faccio?” chiese preoccupato Magnus.
“Non ti resta che sfamare lei in modo che i cuccioli crescano sani e forti” e sollevandosi dalla posizione accovacciata a terra, continuò “Unica accortezza, vi sconsiglio di toccare i piccoli per un po’. La gatta è randagia e ha ancora assimilato il vostro odore, quindi è meglio evitare che esso si attacchi ai nati, perché potrebbe spingere la madre a non allattarli”
“Capito, niente coccole ai gattini”
“Bene, ora me ne vado, ho appena finito un turno di dodici ore e ho bisogno di un lungo bagno caldo e di riposo. Max, Alexander è stato un piacere”
Sorridendo Catarina si allontanò di un paio di passi e, aperto un portale, ci saltò dentro sventolando una mano in un ultimo cenno di saluto.
 
I tre rimasti tornarono a volgere la loro attenzione alla cesta e il primo a parlare fu il piccolo Max “Ma adesso tu” parlando allo stregone “ti tieni tutti questi mici?”
“Mi sa di sì” e schioccando le dita fece apparire un bicchiere di whisky che prese a sorseggiare immediatamente, giustificandosi subito dopo “Ho bisogno di qualcosa di forte, le mie responsabilità di sono praticamente quadruplicate”
“Sono belli”
“Max, mio caro, definirli belli mi pare eccessivo” borbottò Magnus.
“Sono belli invece” ripeté Max.
Osservandoli bene per la prima volta, lo stregone vide che, uno dei cuccioli aveva il manto dello stesso colore grigio scuro della madre, un altro una tonalità più chiara e striata e il terzo e ultimo era invece molto più chiaro sembrava volgere quasi al caffelatte.
“Penso che quando saranno un po’ più grandicelli li regalerò a qualcuno che possa davvero prendersene cura” disse sibillino Magnus generando un sorriso genuino sulle labbra del giovane Ligthwood.
“No, no, no! Non ci pensare nemmeno” si intromise Alec in quel tacito accordo tra lo stregone e Max “Nostra madre non lo permetterebbe”
“Fratellone, non fare il guastafeste”
“Concordo fiorellino, non fare il guastafeste”
“Ma lui non si chiama fiorellino, si chiama Alec” puntualizzò Max resosi conto che quella non fosse la prima volta che il padrone di casa si rivolgeva in quel modo al fratello senza che quest’ultimo dicesse nulla a riguardo.
Magnus si limitò a sorridere, sorseggiando il suo drink.
 
“Max, ora dobbiamo andare. Si è fatto davvero tardi” Alexander aveva notato il cielo tingersi delle tipiche sfumature del tramonto.
“Va bene, ma mi ci riporti?” domandò il bambino sollevando gli occhi grandi e pieni di speranza verso il maggiore.
“Se ti comporterai bene. Ora vai a prendere la tua felpa”
Max tornò verso il divano, lasciando per un attimo soli il padrone di casa e il fratello.
“Allora fiorellino, tornerai davvero a trovarmi?”
“Io, io non lo so”
“È già qualcosa. Avrei potuto dover incassare un no lapidario. Un non lo so è di gran lunga meglio anche se avrei di certo preferito un domani” 
“Tornando al discorso gatto, ti prego promettimi che non ti presenterai all’Istituto con uno di questi cuccioli”
“Perché no? In fondo, non sei stato tanto male come padroncino anche se in quell’occasione il felino era un esemplare davvero eccezionale” scherzò l’immortale.
“Magnus”
“Touché. Meglio non riportare a galla quel sordido ricordo, recepito”
 
“Alec, andiamo o no?” la voce decisa di Max riscosse i due e, raggiunto il ragazzino, tutti insieme si incamminarono verso la porta.
“Max Lightwoow” esordì Magnus sulla soglia mentre i suoi ospiti la superavano arrivando sul pianerottolo “è stato un piacere conoscerti”
“Anche per me e ti chiedo scusa se all’inizio sono stato scortese”
Il bambino non diede tempo allo stregone per ribattere e, coprendo la distanza che lo separava dall’eterno, lo abbracciò forte avvolgendo le braccia attorno alla sua vita.
Magnus era senza parole.
Un attimo dopo Alec e Max stavano trotterellando giù per le scale mentre lo stregone, chiusosi la porta alle spalle addivenne alla consapevolezza che l’ultima generazione dei Lightwood avesse qualcosa di assolutamente unico e speciale.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: SilviAngel