Titolo:
Miraculous Heroes
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: azione, romantico,
sovrannaturale
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.732 (Fidipù)
Note:Eccomi qua! Oggi è giovedì, quindi nuovo capitolo fresco
fresco! Che cosa si può dire? A parte che ho imparato a memoria Rue Brézin
mentre scrivevo questo capitolo perché sì, mentre buttavo giù il capitolo
avevo google maps aperto con la visione Street View. Lo ammetto, sono un
tantinello pignola quando si tratta di scrivere di città realmente
esistenti, quindi mi documento, studio le mappe e ringrazio Maps per darmi
modo di vedere esattamente (o come era, dato che la maggior parte delle
foto son datate 2015) la zona. Sì, ho dei seri problemi, non temete me lo
dico da sola.
Per quanto riguarda l'Hotel Aviatic qui
troverete la camera di Alex: quando ho visto quella carta da parati, per
quanto io ami le strisce, ho avuto un momento di: "ma stiamo scherzando?
Seriamente hanno questa carta nelle stanze?" E...niente, mi pare di aver
detto tutto quello che avevo da dire su questo capitolo, quindi come al
solito voglio ringraziarvi tutti per il fatto che leggete e commentate
questa mia storia: davvero grazie, grazie, grazie di tutto cuore!
Il
gruppetto uscì dalla metrò, osservando l’ambiente circostante: «Da che
parte?» domandò Rafael, guardando le vetrine dei negozi e poi la bionda
che, cellulare alla mano, stava cercando di capire in che direzione
andare; con uno sbuffo le prese l’apparecchio di mano e studiò la mappa:
«Di là.» dichiarò, allungando il braccio davanti a sé.
«Sicuro, pennuto?» domandò Adrien, guardandosi intorno anche lui e
passando un braccio attorno alle spalle di Marinette, attirandola verso di
sé e ignorando bellamente il rossore che si era diffuso sulle guance della
ragazza.
«Sì, sicuro. So orientarmi, sai?»
«Ne dubito.»
«Cosa facciamo quando siamo all’hotel?» domandò Wei, incamminandosi con
gli altri nella direzione indicata da Rafael: «Come facciamo per andare
nella camera?»
«Le proviamo tutte?» buttò lì Lila, voltandosi verso il ragazzo e alzando
le spalle: «Dobbiamo entrare in quella camera a ogni costo.» dichiarò,
mentre Rafael si fermava all’incrocio con una strada e annuì, quando alzò
la testa e trovò la targa con il nome della via.
Gongolante, indicò al resto del gruppo la direzione, incamminandosi in Rue
Brézin: «Dovrebbe essere più avanti.» mormorò, rendendo il cellulare alla
proprietaria e studiando le attività commerciali: «Bel posticino. Cinese o
thailandese?» domandò, indicando i due ristoranti che erano quasi
contrapposti ai lati della strada.
«Io direi cinese.» dichiarò Adrien, facendo l’occhiolino a Marinette: «Poi
mi piace quel cartello con Buffet a volontà.»
«Non è neanche male il prezzo.» commentò Lila, fermandosi e studiando la
vetrina, inclinando la testa: «Prenotiamo?»
«Per me va bene. Sembra strano ma non mangio la cucina del mio paese da
troppo.»
«Da tanto, Wei.» lo corresse Sarah, scuotendo il capo: «Magari prima
raggiungiamo l’albergo e poi veniamo a mangiare?»
«Chiamiamo anche Nino e Alya?»
«Brava, Marinette.» dichiarò Rafael, sorridendo: «Così, una volta a
tavola, affrontiamo il discorso anche con loro e gli diciamo…»
«Senti, pennuto, non è che puoi andare a dire a tutta Parigi che sei
Peacock, sai?» sbuffò Adrien, guardandolo male: «La prossima volta che vai
dal tuo dottore che gli dici: “No, sa. Questi lividi li ho perché combatto
il male a Parigi. Vede, io sono Peacock.”»
«Veramente volevo dire ad Alya e Nino che anch’io sono del gruppo ora, ma
se tu vuoi coinvolgerli nella lotta contro il male, chi sono io per
negartelo?»
«Io lo uccido.»
«Adrien, calmo.»
«Io comunque ho preso il numero del ristorante.» si mise in mezzo Lila,
alzando il suo cellulare e mostrando il display: «Magari ci facciamo un
pranzo o una cena tutti assieme, che ne dite? Poi dai, il prezzo è buono e
possiamo mangiare tutto quello che vogliamo.»
«Il bello degli All you can eat.»
comment Sarah, sorridendo: «A New York ce ne sono veramente tantissimi.»
«Stanno prendendo piede anche in Italia, sai?»
«Continuiamo per l’albergo?» domandò Rafael, indicando la direzione e
riprendendo a camminare: «Hotel Aviatic.» esclamò, fermandosi davanti la
piccola entrata, molto più simile a quella di abitazione privata, e
sormontata da una tenda blu: «Bel posticino…»
«E ora?» domandò Wei, allungando il collo e osservando il tipo
all’interno: «Non possiamo entrati tanti.»
«Forse volevi dire tutti?» buttò lì Adrien, annuendo con la testa: «No,
tutti e sei saremmo sospetti. Sarah, tu…»
«Io devo entrare per forza.» decretò la ragazza e il biondo annuì,
sospirando: «Hai un piano, my lady?» domandò alla moretta al suo fianco,
calamitando l’attenzione di tutti su di lei.
«Perché state guardando tutti me?»
«Perché sei il nostro capo, semplice.»
«La vogliamo finire con questa storia? Non sono il vostro capo quando
sono…beh, me.»
«Sì. Certo.» annuì Rafael, incrociando le braccia al petto: «Il piano?»
Marinette lo fissò, sbuffando rumorosamente: «Allora, voi ragazzi state
fuori e noi tre andiamo dentro?»
«No.» fu la risposta che provenne dai tre giovani, facendo alzare gli
occhi alla mora.
«E allora facciamo così: Sarah, Adrien ed io andiamo dentro.» decretò
Marinette, indicando con un gesto svogliato della mano l’entrata
dell’hotel: «Mentre Rafael, Lila e Wei rimangono qua fuori.» il gruppetto
annuì e Rafael, con Lila e Wei al seguito, se ne andò dalla parte opposta
della strada, interessandosi alle vetrine della Chocolaterie lì davanti.
«Andiamo.» decretò Sarah, entrando nell’hotel, seguita a ruota dagli altri
due: si guardò intorno, osservando l’ambiente stretto e sorridendo poi
all’uomo nello stanzino della reception, proprio alla sua sinistra:
«Buongiorno…» mormorò, avvicinandosi al piccolo bancone e guardando i due
con lei.
«Buongiorno.» lo salutò Adrien, facendo un passo avanti e superando Sarah:
«Un nostro amico alloggia qui da voi…» iniziò, notando gli occhi del suo
interlocutore sgranarsi alla sua vista: lo conosceva. Perfetto.
«Adrien Agreste?»
«Già, sono proprio io.»
L’uomo si passò una mano fra i capelli radi, sorridendogli luminoso: «Mia
figlia è una sua fan e…» si fermò, sospirando e sorridendo: «non è che mi
farebbe un autografo?»
«Se lei mi aiuta.» dichiarò prontamente Adrien, poggiandosi con i gomiti
al bancone: «Vede, il mio amico alloggia qui da voi ed è venuto a casa
mia. Sa, era un po’ che non ci vedevamo…»
«Sì, capisco perfettamente.»
«Purtroppo però deve aver preso uno di questi virus intestinali che girano
e…beh, non ha dato un bello spettacolo di sé.»
«Oh. Oh. Capisco, capisco.»
«Ora è a casa mia, non sta ancora bene, però mi ha chiesto di venire a
prendergli alcune cose…»
«Oh. Ma certo! Ma certo! Come si chiama il suo amico?»
«Alex…» Adrien si voltò verso Sarah che, fino a quel momento, era rimasta
in silenzio e con la bocca aperta di fronte alla faccia tosta del biondo:
«Sarah. Alex…»
«Eh. Oh. Alex Simmons.»
L’uomo annuì, sfogliando il registro delle camere e sorridendo alla vista
del nome: «Eccolo qua. Stanza 201.» dichiarò, voltandosi e prendendo la
chiave della camera, assieme a un foglio di carta e una penna: «A voi.
Nell’autografo, ci può mettere anche Alla piccola Louise?»
Adrien annuì, prendendo il foglio e la penna e scribacchiando
velocemente il suo nome e cognome, assieme alla dedica che l’uomo gli
aveva detto: «Ecco a lei, è stato gentilissimo.»
«Grazie a lei.»
Adrien sorrise, girando l’anello delle chiavi nell’indice destro:
«Andiamo.» mormorò, esortando le due ragazze a proseguire verso le scale
e, velocemente, raggiunsero il piano della camera: «201…201…dovrebbe
essere la prima, no?»
«A rigor di logica.»
«Eccola!» esclamò Marinette, indicando la targhetta con il numero che
interessava loro: «A proposito: cosa dobbiamo cercare?»
Adrien infilò la chiave nella toppa: «Qualsiasi cosa sospetta?» buttò lì,
girando la chiave e aprendo la porta: «Ok. Sappiate che questa carta da
parati è un crimine verso la vista.» dichiarò, indicando le pareti a
strisce bianche e grige: «E non sto scherzando.»
«Lo diremo alla direzione.» commentò Marinette, richiudendo la porta, dopo
che gli altri due erano entrati: «Bene, al lavoro.»
«Secondo te quei cioccolatini saranno buoni?» commentò Flaffy, studiando
le varie scatole esposte e battendo le zampine fra loro: «Direi che quella
sembra la migliore.»
«Tanto non la compriamo, Flaffy!»
«Cosa? Ma perché?»
«Perché non siamo qui per rimpinzare il tuo rifornimento di cioccolata.»
«Sei cattivo, Rafael.»
«Oh. Andiamo! Hai ancora tanta cioccolata a casa…»
«Ma non questa!» esclamò lo spirito del pavone, indicando la vetrina e
fissando l’umano con il volto imbronciato: «Io voglio assaggiare questa
cioccolata.»
«E se non ti piace?»
«Mi piacerà!»
«Non puoi saperlo! E ti vorrei ricordare di quella volta che hai voluto a
tutti i costi una confezioni di cioccolatini che poi hai buttato via
perché sapeva di muffa! Tue parole, eh!»
Lila ridacchiò, scuotendo il capo e legandosi i lunghi capelli scuri in
una coda: «E’ consolante sapere che tutti i kwami sono così.» dichiarò,
voltandosi verso Wei: «Wayzz ti da problemi?»
«No. Non tanti.» dichiarò il cinese, incrociando le braccia e sorridendo
al kwami, che faceva capolino dalla felpa: «Mi incoraggia mentre studio
francese e poi è divertente vederlo mangiare lettigia.»
«Lettigia?»
«Forse voleva dire lattuga.» buttò lì Rafael, acciuffando Flaffy, che
svolazzava davanti la vetrina, e infilandolo nella tasca della giacca.
«Quella.»
«Vooxi invece mi sta tormentando per avere un paio di occhiali. Tondi.
Alla Harry Potter.»
«Ehi, mi starebbero benissimo.» dichiarò l’esserino arancio, affacciandosi
dalla borsa della ragazza: «E mi darebbero un’aria intellettuale.»
Lila sbuffò, alzando gli occhi al cielo: «Sentirò Marinette se può
farteli.»
«Grazie, Lila!»
«Quando il vecchietto ci ha mollato i Miraculous.» sbuffò Rafael,
scuotendo il capo: «Poteva metterci l’avviso: se li usate avrete a che
fare con degli esserini un po’ particolari. Un po’ tanto particolari.»
Wei ridacchiò, voltandosi in direzione dell’albergo e notando gli altri
uscire: «Arrivano.» mormorò, indicando i tre corsero verso di loro:
«Trovato niente?»
«Nella stanza no, non c’era niente d’interessante. A parte la carta da
parati da denuncia.» bofonchiò Adrien, tirando fuori il cellulare e
mostrando loro lo schermo: «Ma guardate che sta combinando il nostro
amico.»
Lila, Rafael e Wei osservarono lo schermo dove Nadja Chamack, la
giornalista di punta del canale TVi, stava riferendo gli ultimi
avvenimenti e mostrando le immagini di Mogui che, marciando attraverso il
Pont d’Iéna, stava puntando alla Tour Eiffel: «Dobbiamo sbrigarci.»
mormorò Sarah, guardando gli altri e ricevendo un cenno affermativo da
tutti: «Forse questa volta riusciamo a salvarlo.»
Il tenente Rogers si tolse il cappellino, asciugandosi il sudore sulla
fronte e osservando la figura scura che stava marciando verso il posto di
blocco: quasi tutte le auto della polizia erano state collocate su Quai
Branly, creando un posto di blocco, e i poliziotti erano già in posizione,
con le armi alla mano; si voltò, osservando le forze speciali che, con gli
scudi pronti, erano l’ultimo baluardo prima della Tour Eiffel.
E, doveva essere sincero con se stesso: non gli sarebbe dispiaciuto vedere
le figure degli eroi di Parigi.
Insomma, saltellavano a destra e a manca per Parigi, possibile che quando
c’era veramente bisogno di loro non si facessero vedere?
Sbuffando si mise di nuovo il cappello, calcandoselo ben bene sulla testa
e osservò il guerriero, sempre più vicino.
«Buongiorno, tenente.» lo salutò la voce allegra di Chat Noir, mentre
l’eroe atterrava alle sue spalle, sorridente come sempre e con la sua
partner al fianco: «Direi che è il momento degli eroi, no?»
Dietro di loro, il resto dell’allegra combriccola arrivò, dando un po’ di
speranza all’uomo: non era mai stato tanto ansioso di combattere quei
cattivi che imperversavano su Parigi, quindi che ci pensassero loro!
Ladybug gli sorrise, poggiandogli una mano sulla spalla e osservando la
situazione davanti a lei: «Tortoise, Bee: occupatevi del fianco destro;
Volpina, Chat: voi del sinistro. Peacock, tu usa il tuo potere, mentre io
mi occuperò della linea centrale.» spiegò brevemente l’eroina in rosso,
lanciando il suo yo-yo verso un lampione e, con un balzo, superò la
barricata di auto, venendo immediatamente imitata dal resto che,
sfruttando i propri mezzi, si misero in prima linea.
Ladybug ruotò la propria arma, correndo verso il nemico e ingaggiando con
lui un breve duello, lanciandogli contro lo yo-yo contro e impedendogli di
continuare l’avanzata; Mogui parò i colpi della ragazza con facilità,
mentre le spalle erano quasi scosse dalle risate.
Come se stesse ridendo di lei.
«Ti sembro comica?» domandò Ladybug, scagliando lo yo-yo e imprigionandolo
con il filo, trattenendolo mentre Chat e Tortoise balzavano contro di lui;
Mogui strattonò la ragazza, facendola cadere e si liberò, voltandosi verso
l’eroe verde e colpendolo in pieno petto, spedendolo contro la balaustra
del ponte.
Volpina suonò alcune note, mandando contro il nemico alcune sue copie e
poi corse dal compagno, aiutandolo a mettersi seduto: «Stai bene?» gli
domandò, accucciandosi accanto a lui e osservandolo mentre scuoteva la
testa: «Tortoise…»
«Sto bene.» mormorò lui, sorridendole e gettando il cappuccio indietro:
«Tranquilla. Non sono…mh. Come si dice nella tua lingua?»
«Debole?»
«Non era quello che avevo in mente ma va bene.»
Volpina annuì, aiutandolo a rialzarsi e osservandolo mettere mano allo
scudo, ancora posizionato sulla schiena di Tortoise: «Stai attento.»
«Sempre.» dichiarò Tortoise, osservando Chat che aveva coinvolto l’altro
in un duello di spade, ogni tanto interrotto dagli attacchi congiunti di
Ladybug e Bee che, da lontano, cercavano di tenere impegnato il guerriero
nero, facendo riprendere un po’ di fiato al felino.
Volpina invocò il proprio potere speciale, lanciando una sfera di fuoco
fatuo contro Mogui, mirando alla maschera, rimanendo poi a osservarlo
mentre faceva cadere la spada e si portava le mani al viso: «Bee!» urlò
verso l’eroina in giallo che, dopo un cenno affermativo con la testa, creò
due sfere di energie e le scagliò contro le gambe dell’avversario.
«Non si fa tanti poroblemi.»
«Problemi? Perché è Alex? No, direi di no: sa che deve essere fermato e lo
farà. Un po’ come Ladybug quando Chat veniva controllato dai loro nemici.»
dichiarò Volpina, vedendo la coccinella invocare il Lucky Charm e, nello
stesso momento, Chat balzare in avanti e colpire con il Cataclisma, il
cemento ai piedi di Mogui, imprigionandolo nella strada.
«Ancora specchio!» urlò l’eroina rossa, mostrando l’ennesimo specchietto
portatile che era apparso: «Ma se glielo metto davanti finché non ritorna
se stesso?»
«Possiamo provare, my lady.» dichiarò Chat, sorridendo al guerriero che,
bloccato per metà nel cemento, si agitava e cercava un modo di liberarsi:
«Tanto di qui non scappa.» dichiarò, voltandosi verso la ragazza e notando
l’eroe blu che stava correndo verso di loro: «Pare che Pennuto abbia
fret…» si fermò, portando nuovamente l’attenzione su Mogui e notando che
gli occhi – o almeno, quelli che sembravano gli occhi – diventarono
luminosi.
Un’inquietante luce rossa.
«Gli occhi!» urlò Peacock, fermandosi a pochi passi da Bee: «Tortoise, la
tua barriera! Subito!»
L’eroe annuì, evocando il suo potere e creando una barriera davanti
Ladybug e Bee, pochi secondi prima che un raggio rosso si scagliasse
contro le due ragazze; Chat balzò indietro, mettendo mano al bastone e
fissando sconvolto il nemico: «Adesso sparaflasha dagli occhi?» domandò,
notando Mogui girare faticosamente verso di lui.
Chat tenne il bastone davanti a sé, mentre Mogui sparava un nuovo raggio e
lo evitò, facendolo deviare con la sua arma.
Un altro.
E nuovamente fu deviato.
Sorrise, fissandolo sfrontato: «Beh, dai non sei tanto pericoloso, anche
se hai gli occhi luminosi e…» si fermò, deviando l’ennesimo colpo e
ruotando su se stesso, non accorgendosi del raggio già pronto negli occhi
di Mogui.
«Chat attento!» esclamò Ladybug, lanciandosi in protezione del compagno e
rovinando a terra, quando il raggio la colpì alla spalla sinistra.
«Ladybug!» urlò il felino, balzando verso la ragazza e tirandola su:
«Lady…» si fermò, carezzando il volto e stringendola a sé: «No. No. Non
puoi…»
«Sto bene.» mormorò lei, abbozzando un sorriso e allungando una mano, fino
a carezzandogli il volto: «Davvero, mi ha preso di striscio.»
Chat boccheggiò, scuotendo il capo e stringendola contro di sé, voltandosi
poi verso Mogui che, con strani versi, sembrava prendersi gioco di loro:
«Ride!» ringhiò Chat, osservandolo mentre, facendo leva con le braccia, si
issava e riusciva a liberarsi dalla sua prigione di asfalto.
Mogui si voltò verso Volpina, gli occhi ancora rossi e sparò l’ennesimo
raggio: «Attenta!» esclamò Tortoise, stringendo l’eroina arancio a sé e
parando il colpo con la sua schiena, rovinando poi a terra con la ragazza;
Mogui li osservò, spostando poi l’attenzione su Peacock che, con i
ventagli in mano, era in posizione di attacco: il guerriero nero sparò
l’ennesimo raggio che il pavone deviò facilmente, poi un secondo e, solo
al terzo, riuscì a colpire la mano dell’avversario, facendogli cadere
l’arma per terra.
Si avvicinò a Peacock, osservandolo dall’alto, mentre quest’ultimo si
teneva la mano dolorante, accucciato sull’asfalto: «Fermo!» intimò Bee,
tenendolo sotto tiro con il bracciale destro: «Non osare. Alex.»
Mogui si voltò verso di lei, rimanendo immobile mentre Bee faceva vagare
lo sguardo, cercando di valutare la situazione dei loro compagni: Peacock
era ai piedi di Mogui, la mano ferita tenuta contro il petto; poco
distante, Volpina stava cercando di far rinvenire Tortoise, preso in pieno
dal raggio rosso e, poco lontano, Chat Noir stava aiutando Ladybug a
rialzarsi.
«Perché Alex?» domandò, sempre tenendolo sotto tiro e sentendo la voce
spezzata dalle lacrime trattenute: non avrebbe pianto. Non voleva
piangere.
Non l’avrebbe fatto.
Osservò Mogui allungare una mano verso di lei, un lamento provenire da
dietro la maschera, poi il guerriero urlò e volute di fumo comparvero,
avvolgendolo interamente: «Alex!» urlò Sarah, abbassando la propria arma e
osservando il nulla, che era rimasto al posto del guerriero.
Coeur osservò soddisfatta il proprio sottoposto: «Sei stato bravo.»
mormorò, allungando le mani e posandole sulla maschera di cristallo: «Li
hai messi in ginocchio.»
I Miraculous…
«A tempo debito. Non essere impaziente.»
Sei tu che li vuoi.
Non io.
«Lo so.»