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Autore: mattmary15    20/05/2016    2 recensioni
Charles Xavier sa di non essere il solo con capacità fuori dal normale.
Erik Lehnsherr crede di essere il solo con un potere tanto grande e maledetto.
A Lena Pike hanno detto di essere l'anello mancante.
Una notte, sott'acqua, alla ricerca di un nemico comune, tre ragazzi straordinari s'incontreranno e legheranno il loro destino.
Questo destino li porterà verso la salvezza o l'apocalisse?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
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Capitolo 4 : Incidenti
 

Quando Lena aprì gli occhi, il suo cuore perse un battito. Per la seconda volta quella notte, a pochi centimetri dal suo viso, il volto di Charles la guardava carico di preoccupazione. Ancora una volta le sue labbra se ne stavano socchiuse quasi all’altezza delle sue. Arrossì e Charles parlò.
“Credevo che avessi deciso di fare pratica con le tue capacità prima di adoperarle”, disse a bassa voce, dolcemente per non dare l’impressione che quello fosse un rimprovero. Lena sapeva perfettamente che Charles la stava rimproverando. Biasimò se stessa per averlo messo in quella situazione.
“Te l’avevo detto che il mio meglio fa schifo.” Charles sorrise e Lena si chiese dove trovasse tutta quella pazienza.
“Cos’hai visto?”
“Non saprei dirlo. Un futuro che mi ha fatto paura comunque.”
“Il futuro è nelle nostre mani, Lena. Sta a noi non fare avverare orribili auspici o riportare il cammino sulla retta via.”
“Erik è determinato a uccidere Shaw. E anche io lo sono. Questa è la via che abbiamo scelto. Sarà quella giusta?”
“Se te lo stai domandando è perché forse non ne sei davvero sicura. Fino a che non avrai tutte le risposte, continua a fare domande” disse passandole una ciocca di capelli dietro un orecchio “non arrenderti e se hai bisogno d’aiuto, io sono qui. Fermeremo Shaw, ne sono fermamente convinto. Ho fiducia in Erik e anche in te.”
“Vorrei avere le tue stesse certezze.”
“Prendile da me”, disse allora Charles porgendole la mano. Lena indietreggiò.
“Non posso, ho fatto del male ad Erik.” Charles sorrise di gusto.
“Oh avanti! Hai ferito solo il suo orgoglio!” Lena piegò la testa di lato senza capire poi, un’idea la fulminò.
“Hai letto i suoi pensieri. Sai cos’è successo! Charles come hai potuto?” strillò arrossendo. Il ragazzo non riusciva a smettere di ridere.
“Volevo solo sapere cosa ti fosse successo. Mi sono svegliato e tu non c’eri. Sono uscito perché pensavo fossi con Erik ma quando ti ho vista svenire, ho pensato che ti fosse accaduto qualcosa. Volevo solo capire.”
“E cos’hai capito?” chiese timidamente Lena.
“Che dobbiamo concentrarci sui giovani mutanti che stiamo cercando.” Lena sorrise.
“Hai ragione. Come al solito, Charles”, disse prendendo la sua mano. La calma e la dolcezza di Charles, la sua fiducia nel prossimo e il suo senso del dovere l’avvolsero e lei sentì le lacrime pungere agli angoli degli occhi.
“Grazie, Charles.”
“Di nulla, mia cara.”
“Avete ancora molto da sussurrarvi voi due?” chiese Erik incrociando le braccia sulla soglia della stanza.
“E tu dove sei stato finora?” chiese l’inglese.
“A saldare il conto. Dobbiamo andare!” Rispose il tedesco.
“Guido io, però!” esclamò Charles.
“Impossibile. Non ho intenzione di passare il resto della mia vita in quell’auto. Muovetevi.” Lena rise e si avviò afferrando il suo zaino al volo.
“Ci farai fare almeno colazione?” chiese Charles con ironia.
“Strada facendo, professore, strada facendo.”
Il secondo giorno di viaggio trascorse più velocemente del primo. L’affiatamento tra i tre si faceva sempre più intenso nonostante non fosse più un mistero per nessuno che sia Charles che Erik provavano interesse per Lena.
Quando raggiunsero Los Angeles, era di nuovo buio. Presero una camera in un albergo e Charles ed Erik indossarono un paio d’abiti eleganti. Sembravano due tipi pieni di soldi in cerca di una bella serata. Lena pensò che sembrassero esattamente ciò che erano. Da quello che aveva appreso sui due, sapeva infatti che Charles era l’ereditiere di una famiglia nobile e ricca del Westchester. Erik invece aveva raccolto tanto di quell’oro da quei fottuti nazisti che il denaro non era lo strumento di cui aveva più bisogno per attuare i suoi scopi. Incrociò le labbra e sbuffò.
“Ripetetemi perché io non posso venire!”
“Perché la mutante che stiamo cercando lavora in uno streap bar e la maniera migliore che abbiamo per avvicinarla è farci passare per dei clienti.” Erik lo disse con tutta la sicurezza che la sua figura emanava.
“Avvicinarla quanto?” chiese Lena un po’ indispettita.
“Quello che serve, mia cara!” esclamò il tedesco facendo il verso a Charles e innervosendo ancora di più Lena.
“Allora che mi avete portata a fare?”
“Pazienta, Lena”, intervenne Charles “arriverà anche il momento in cui serviranno le tue capacità.”
“E quelle di Erik a cosa serviranno stanotte? A far saltare i ganci del corsetto delle signorine che incontrerete?” Erik rise sonoramente.
“Già sperimentato, tesoro!”
“Ma va? Pensavo portassi le tue ragazze a vedere le stelle!”
“Non sono il tipo. Reverendo, andiamo?” chiese a Charles indicando la porta. Il professore guardò Lena quasi con compassione e lasciò la stanza. La ragazza sbuffò mentre Erik se la chiudeva alle spalle continuando a ridere.
Decise di mettersi a letto e dormire ma non riuscì a prendere sonno. Si alzò e raggiunse la finestra.  La strada di sotto era piena di luci colorate e neon dalle forme più disparate. Sentì improvvisamente la mancanza di Shila così infilò il giubbino di pelle e lasciò la stanza.
Anche se non poteva andare con Erik e Charles non significava che doveva starsene rinchiusa in un hotel di sera a Los Angeles. Passò davanti ad un locale e vide un sacco di ragazzi che ridevano e scherzavano. Le donne erano vestite con abiti corti e favolosi. Si sentì fuori luogo e girò l’angolo ritrovandosi in una strada principale piena di vetrine di marchi prestigiosi.
Anche se si era ripromessa di non farlo la volta successiva, in passato Lena aveva rubato ciò che le serviva. Ora le serviva un bel vestito. Fermò la prima ragazza che portava una taglia simile alla sua e le prese il braccio. Doveva convincerla a togliersi l’abito così pensò ad Erik come l’aveva visto qualche sera prima nel corridoio della sede della CIA con solo addosso i pantaloni della tuta e gli addominali che Hank tanto odiava. L’effetto fu pressoché immediato. La donna si tolse vestito e scarpe e si girò per tornarsene a casa con urgenza.
Lena si sfilò i suoi abiti e indossò l’abito corto e i tacchi a spillo. Tenne solo il giubbino di pelle nera e si diresse di nuovo verso il locale in cui aveva visto tutta quella gente.
Un ragazzo che era seduto con due amici e una mora, la notò subito e le propose di bere qualcosa assieme.
Lena gli diede una possibilità e la compagnia di James si rivelò piacevole. Lena sapeva che non era lui a piacergli ma la normalità che quella situazione aveva. Dopo tre martini e due Jack, decise di rientrare. James l’accompagnò sperando che la serata avesse altri sviluppi ma Lena non voleva mostrargli l’albergo in cui era così lo convinse a tornare dai suoi amici. Inebriata dall’effetto che esercitare in quel modo il suo potere le dava e dall’alcol, salì le scale fino al suo piano sorridendo. Quando però aprì la porta, il suo buonumore sparì.
La faccia di Erik era più tesa di una corda di violino e non appena il suo sguardo cadde sull’orlo del suo vestito, chiaramente troppo corto, allargò le braccia e guardò Charles. Il professore aveva una faccia anche peggiore se possibile. Lena era certa che sarebbe partita la ramanzina in meno di tre, due, uno…
“E quest’altra dove l’avete rimediata?” chiese la ragazza dalla pelle color cappuccino vestita in modo ancor più succinto del suo.
“Angel, lei è Lena. Lena, ti presento Angel Salvadore. Erik ha preso un’altra stanza. Vieni Angel, ti accompagno. Partiremo presto domani.” Annunciò Charles facendo strada alla nuova arrivata.
Non appena la porta si chiuse, Lena tornò a fissare Erik che si era voltato a guardare fuori dalla finestra. Gli oggetti metallici nella stanza presero a tremare.
“Si può sapere che c’è?” chiese Lena.
“Dove hai preso quel vestito?”
“Me l’hanno regalato.” Il posacenere cominciò a tremare sul tavolo. “Oh Erik! Che c’è? Tu puoi uccidere la gente e io non posso rubare un vestito?” Il posacenere si piegò in un modo orribile e innaturale.
“Charles ne resterà molto deluso.”
“Non essere vile e non tirare in mezzo Charles!”
“Hai ragione! Io sono deluso! Credevo che fossi determinata e concentrata sui tuoi obiettivi.”
“La tua determinazione non ti ha impedito di passare una serata in uno streap bar!”
“Cercavamo di convincere Angel a venire con noi!”
“E tu come hai cercato di convincerla?” La porta della camera si riaprì e Charles entrò togliendosi la giacca.
“Erik, smettila. E tu, Lena, sappi che eravamo solo tremendamente preoccupati per te. Siamo rientrati e non c’eri. Non hai lasciato un biglietto, la tua roba era qui. Questa è una città pericolosa, soprattutto di notte. Eravamo solo in pena. Potevi avvisarci, sai che non riesco a leggere la tua mente. Tutto qui, ecco.”
Charles sprofondò in una poltrona. Sembrava distrutto.
“E’ successo qualcosa?” chiese Lena inginocchiandosi davanti a lui e mettendogli le mani sulle ginocchia. I suoi occhi erano cerchiati e stanchi.
“Dato che non legge te, ha dovuto concentrarsi per cercare nella mente di tutti quelli che poteva raggiungere, tracce della tua presenza!” sbottò Erik “Meno male che alla fine ha trovato quel tipo e lo ha convinto a tornarsene a casa.”
“Tu cosa?” chiese Lena guardandolo negli occhi.
“Lascia perdere. Andiamo a dormire”, concluse Charles coricandosi sul divano.
“Credevo di essere stata io,” disse la ragazza “Credevo di averlo convinto io a tornarsene a casa. Non so se ringraziarti o arrabbiarmi con te.” Concluse Lena raggiungendo la poltrona e rannicchiandovici sopra.
“Non ringraziarmi. L’ho fatto perché me l’ha chiesto Erik.” A quelle parole Lena non si mosse. Erik prese una coperta e la stese sul corpo del professore carezzandogli appena i capelli. Dopodiché si buttò sul letto e spense la luce.

Lena si risvegliò dolorante. Stavolta nessuno l’aveva messa a letto di peso. Charles le sorrise quando s’accorse che era sveglia e le disse di sbrigarsi a cambiarsi perché dovevano rimettersi in viaggio.  Lena non se lo fece dire due volte. Raggiunse il bagno, tolse il vestito che aveva fatto infuriare Erik e rimise jeans e maglietta. Quando uscì, Angel era lì. La ragazza vide che gettava via quel bel vestito e lo raccolse.
“Lo prendo io, se non ti spiace.”
“Fa pure.” Le rispose Lena seguendo Charles nel corridoio. All’ingresso dell’albergo c’era Moira.
“Buongiorno, Charles. Ragazze!”
“Buongiorno Moira!” la salutò il professore con il suo splendido sorriso. Lena infilò gli occhiali da sole e guardò da un’altra parte.
“Allora lei è Angel! Piacere di conoscerti.” La mutante con il potere di volare come una libellula, alzò una mano e salutò per poi infilarsi in auto. Solo quando una persona chiuse lo sportello, Lena si accorse che quella persona era Erik. Il suo sguardo era duro, quasi cattivo. Lena pensò che forse avrebbe fatto meglio ad infilarsi in macchina con Angel ma tenne duro.
“Grazie per il tuo aiuto. Noi andiamo, Moira. Ti chiamiamo al prossimo aggancio”, disse Charles.
Stavolta il viaggio per raggiungere New York fu meno piacevole e più silenzioso. Charles disse Ad Erik che avrebbero dovuto fare una sosta in Nebraska. C’era un mutante che Hank definiva nomade e che sarebbe stato difficile ritrovare se perso. Quando aveva toccato la sua mente, aveva percepito una forza immensa e particolare. Voleva fare un tentativo con lui prima di proseguire per la prossima destinazione.
Lena ascoltò i loro discorsi. I dubbi di Erik sul fatto che fosse troppo adulto per integrarsi con dei ragazzi e la fiducia di Charles sul fatto che un po’ d’esperienza non avrebbe guastato.
Lena non diede la sua opinione. In qualche modo sentiva che stavano parlando di qualcosa di cui lei non sapeva nulla per estrometterla dalla discussione. Non chiese niente. Non voleva dare soddisfazione a nessuno. Anche se Charles era stato gentile con lei quella mattina, Lena aveva imparato a conoscere il professore e quella gentilezza di circostanza era ancora più pesante del broncio di Erik.
Tuttavia non poté non rimanere stupita dal fatto che si fermarono davanti ad una falegnameria.
“Lascia parlare me”, disse Charles.
“E’ tutto tuo!” rispose Erik e Lena rivide quell’intesa che fino al giorno prima aveva coinvolto anche lei.
“Prendo una bottiglia d’acqua”, disse per avvisare ed evitare altre discussioni.  Si allontanò ed entrò nel bar dall’altro lato della strada. Al bancone stava un uomo robusto che asciugava dei bicchieri.
“Che vuoi?” chiese l’uomo.
“Una bottiglia d’acqua.”
“Sei nel posto sbagliato. Qui vendiamo alcolici.”
“Dove posso trovare dell’acqua?”
“Al supermercato.”
“E dove trovo il supermercato?” chiese Lena un po’ spazientita.
“Ce n’è uno a due miglia da qui.”
“Oh, avanti!” esclamò Lena “Sono certa che avete dell’acqua.”
Quello che sembrava un autotrasportatore si alzò dal tavolo alle sue spalle e si avvicinò.
“Posso darti un passaggio fino al supermercato se sei carina con me!” disse allungando una mano per sfiorarle una ciocca di capelli. Lena indietreggiò più per paura di assorbire le emozioni dell’uomo e restituirgli la rabbia presa da Erik che di quello che l’uomo pensava di farle. L’uomo però sorrise soddisfatto pensando che lei ne avesse timore.
“Avanti, non fare la preziosa! Quelle come te sembrano tutte innocentine ma scommetto di sapere cosa ti piace.” Proseguì l’uomo.
“Mi creda, signore, non sono né preziosa, né innocente. E mi creda, non mi piace niente. In assoluto.” Lena lo disse con sconforto nella voce, posando a terra il suo zaino. Mise solo una mano con un palmo aperto rivolto verso l’uomo che la stava importunando. Lui fece un passo in avanti fino a che la mano della donna non gli toccò il petto dove la camicia lasciava la pelle nuda. Immediatamente fu investito dalle emozioni di Lena e si portò le mani alla testa.
“Puttana, cosa mi hai fatto?” Gridò voltandosi di scatto e colpendo il volto della ragazza con un sonoro mal rovescio. Lena cadde in terra. Sentì il sapore ferroso del sangue nella bocca e gemette per il dolore. Si concentrò sullo scudo mentale simile a quello che aveva creato per salvare Charles ed Erik e allargò le braccia come aveva fatto sott’acqua ma l’uomo attraversò la barriera immaginaria che aveva eretto senza venirne respinto. Fu quando la sollevò da terra per il colletto della maglietta che una voce gli intimò di fermarsi. Sia Lena che l’uomo si voltarono nella direzione da cui proveniva la voce e videro quello che doveva essere un operaio della falegnameria in pausa pranzo che fumava un sigaro.
“Lasciala andare.” Poche lapidarie parole tra una nuvola di fumo e l’altra.
“Fatti gli affari tuoi!” Sputò l’autotrasportatore strattonando ancora Lena. L’uomo col sigaro tra i denti si alzò dal tavolo in fondo alla sala e camminò fino a un metro dai due.
“Cerchi guai, amico?” insistette l’uomo che stringeva il colletto della maglia di Lena.
“Non sono amico tuo”, rispose l’altro sollevando una mano di scatto. Lena avvertì solo un movimento d’aria e poi la gravità che la richiamava verso terra. L’uomo rimase a fissare il suo pugno chiuso intorno ad un lembo della maglia della ragazza mentre tre artigli di osso lo minacciavano da vicino.
“Che diavolo sei tu? Mostro!”
“Non ero tuo amico pochi istanti fa?” disse l’uomo masticando il sigaro.
“Logan, lascialo stare. Mi rovinerai tutta la clientela!” esclamò l’uomo dietro al bancone.
“Se ti rifiuti di vendere persino l’acqua non te ne rimarranno molti comunque!” L’autotrasportatore scappò senza aggiungere altro scivolando anche un paio di volte sulle assi malferme del bar. Quando ebbe guadagnato l’uscita, l’uomo di nome Logan, lunghe bassette ai lati di un volto che definire spigoloso era riduttivo, si girò a guardare la ragazza che era rimasta sul pavimento.
“Stai bene?”
“Grazie per il tuo aiuto”, rispose Lena sistemandosi alla meglio la maglia che ora presentava una generosa scollatura.
“Dovresti andartene. Questo non è posto per una come te”, disse voltandosi e tornando verso il suo tavolo  dove un boccale di birra stava sudando perdendo tutta la schiuma. Lena allargò le braccia sorpresa per l’atteggiamento di quel mutante. Fece per lasciare il bar poi tornò indietro con passi decisi. Si piantò davanti al tavolo e parlò.
“Non è posto per una come me ma è posto per uno a cui spuntano sessanta centimetri di artigli dalle mani?”
“Che vuoi ragazzina?”
“Il mio nome è Lena. Io sono” provò a dire Lena.
“Empatica?”
“Stavo per dire ‘una mutante’ ma anche empatica va bene. Come lo hai capito?”
“Conosco un’altra come te.”
“Non ho mai incontrato qualcuno con le mie stesse capacità. Conosco un telepate però.”
“Non m’importa.”
“E anche un uomo che controlla i metalli.”
“Vediamo un po’, no, neanche di questo m’importa.”
“Perché mi hai aiutata se non t’importa di quelli come te?”
“Nessuno è come me.” Lena batté forte entrambe le mani sul tavolo.
“Io sono come te. Charles ed Erik sono come te.”
“Falla finita!” disse l’uomo alzando la voce. In quel momento però Lena sentì la terra mancarle sotto i piedi. Vide l’uomo davanti a sé cadere in acqua. La visione non era chiara, sembrava un fiume e allo stesso tempo una vasca. Quando ne riemergeva, i suoi artigli non erano più come li aveva visti. Sembravano di metallo.
“Ragazzina!”
La voce la scosse e Lena tornò a vedere il presente.
“Ragazzina, stai bene?” Stavolta la voce dell’uomo sembrava davvero preoccupata.
“Il tuo nome è Logan, giusto?” chiese lei respirando con fatica.
“Sì.”
“Ti succederà qualcosa per cui soffrirai, Logan. Non chiedermi cosa. Non lo so.” Logan rise.
“Mi sono successe talmente tante cose, ragazzina, che una di più o una di meno non farà grossa differenza!” esclamò assicurandosi che si reggesse in piedi da sola.
“Sei una persona gentile, Logan.”
“Non lo sono ma non ho potuto fare a meno di essere solidale con quelli come te.”
“Come me?” chiese la ragazza incuriosita.
“Quelli che non hanno più fiducia in un futuro.” Lena abbassò lo sguardo e si guardò le mani.
“I due ragazzi che sono venuti qui con me. Loro credono in un futuro. Io no.”
“La vita non è sempre come ce l’aspettiamo ma, credimi, non è neppure come la temiamo”, disse Logan prendendo il boccale sul tavolo e facendo un lungo sorso.
“Non fraintendermi. Io ho visto il futuro di tanta gente. Pochi istanti fa ne ho visto un pezzo del tuo. Ma è orribile conoscere in anticipo quello che accadrà,” sospirò Lena sorridendo amaramente “ per esempio capisci che non arriverai ad invecchiare con una persona accanto. E perdi fiducia in un futuro che ci sarà per tutti tranne che per te.”
“Ragazzina, io non vedo il futuro ma ho visto scorrere tanto, tanto tempo davanti a me. Quando ero convinto che certe cose non sarebbero mai successe o altre non sarebbero mai cambiate, ho avuto sorprese incredibili. Dai retta a  uno che ha appena qualche centinaio d’anni più di te!” esclamò Logan e Lena sorrise “dimentica ciò che vedi e goditi la vita.”
“Uno come te farebbe comodo nella nostra squadra!” disse la ragazza con maggiore entusiasmo.
“Squadra? Impossibile, io lavoro da solo.”
“Immagino che tu non sia un tipo che cambia facilmente idea.” Logan scosse il capo e sorrise.
“No, ragazzina. Ho la testa dura.”
“Allora io torno dai miei amici.” Logan la seguì fino alla porta e diede un’occhiata ai due uomini che parlavano col capomastro sul marciapiede di fronte.
“Sono quei due?” Lena annuì e Logan annusò l’aria “Quello a destra è uno stronzo”, disse indicando Erik “scegli quello a sinistra. Anche se non mi piace moltissimo, mi sembra più affidabile.” Lena lo guardò scioccata per un momento poi scoppiò a ridere.
“Mi dispiace tanto che tu sia un lupo solitario, saresti stato bene con noi.”
“Chissà, magari in futuro. Per ora di a quei due di sparire. Addio, ragazzina.”
Lena lasciò il bar e raggiunse la macchina proprio mentre Erik e Charles attraversavano la strada. Abbottonò il giubbino perché non vedessero lo strappo sulla maglietta e aprì lo sportello per infilarsi nella vettura. Prima di chiudere lo sportello sentì la voce di Charles.
“Non hai comprato nulla?”
“Non vendono acqua lì dentro!” esclamò Lena “E neppure pazienza. Se fossi i voi, lascerei perdere!”
Charles ed Erik entrarono nel bar per uscirvi un istante dopo. Salirono in auto ed Erik mise in moto senza dire una parola.
Solo quando erano di nuovo sulla superstrada direzione New York, Charles fece una sola domanda.
“Hai parlato con quel tizio?”
“Non aveva niente di cui parlare.” Rispose Lena che non aveva proprio voglia di dargli informazioni dopo che l’avevano praticamente emarginata da ogni discorso sin dal mattino.
Erik accese la radio nell’auto e nessuno aggiunse altro.

L’arrivo a New York avvenne di primo mattino. Lena si gustò l’alba che si allargava sulla baia dell’Hudson e il rosa dei primi raggi del sole che si specchiava sui vetri dei grattacieli di Manhattan.
Charles riferì ad Erik che cercavano un ragazzo di colore che faceva il tassista così quest’ultimo pensò di parcheggiare l’auto e cercare il taxi del ragazzo mutante.
Dopo un paio d’ore di attesa fuori dalla stazione dei taxi, fu Lena ad individuare la persona che stavano cercando. Erik propose un approcciò diretto e chiuse un paio di volte gli sportelli a degli ignari clienti che non riuscirono a salire sul taxi senza capire come mai. Richiamato da Charles, il tedesco mostrò quanto fosse seccato.
“Non aspetterò che scarrozzi gente qua e la. E’ un’ora che aspettiamo.”
“Non puoi spaventare la gente a quel modo!” esclamò Charles che però portò una mano alla tempia e convinse l’uomo d’affari che stava per montare sul taxi in questione ad andarsene. Lena raggiunse la vettura di corsa e si accomodò sui sedili posteriori. Charles ed Erik la imitarono lasciando a lei il posto di mezzo.
Lena percepiva la tensione di Erik e l’imbarazzo di Charles nello stare stretti sul sedile posteriore del veicolo. Ci pensò il tassista a levarli dall’impasse.
“Dove vi porto?”
“Fairfax, West Virginia”, disse Charles sorridendo bonariamente.
“Aereoporto o stazione?” chiese il ragazzo di colore che ricambiò con un sorriso altrettanto dolce.
“Il mio amico intendeva dire che vorremmo ci portassi tu a Fairfax.” Disse Erik con un sorriso più teso di quello dell’altro.
“Sono 244 miglia, signore!” esclamò il ragazzo.
“Meglio. Così avremo tempo di parlare!” disse Erik facendo scattare il contachilometri e chiudendo la sicura degli sportelli. Lena, a questo punto, sbuffò.
“Io mi chiamo Lena. Sono una mutante con il potere di rubare le emozioni e trasmetterle agli altri. Charles Xavier alla mia sinistra è un telepate. Erik Lehnsherr, alla mia destra, controlla i metalli. Ne hai avuto un piccolo assaggio.”
“Io sono Darwin”, si presentò ancora un p’ spaesato il ragazzo.
“E cosa sai fare, Darwin?” chiese Erik mentre Darwin metteva in moto l’auto.
“Mi adatto per sopravvivere. E’ un po’ difficile da spiegare. Devo portarvi davvero a Fairfax?”
“No!” sorrise Charles “Abbiamo l’auto nel parcheggio a due isolati da qui.”
“Siamo venuti a chiederti se ti va di fare un lavoro per cui non devi nasconderti per sopravvivere.” Chiese Erik. Darwin gli lanciò un’occhiata nello specchietto retrovisore e rise amaramente.
“Non posso pagare le bollette con le mie capacità!” disse ma in quel momento l’auto che veniva dalla direzione opposta scartò bruscamente nella loro corsia. Darwin frenò per evitare la macchina davanti al taxi che si era accartocciata contro quella che gli era arrivata di fronte.
“Darwin sta calmo!” fece Charles direttamente nella testa del ragazzo e lui sentì i suoi nervi rilassarsi immediatamente. Erik invece si voltò di scatto e tese una mano verso la macchina che li seguiva e che si avvicinava pericolosamente mentre allungava l’altro braccio per schiacciare Lena e Charles contro il sedile. La macchina rallentò bruscamente. Quando però il braccio di Erik toccò il collo nudo di Lena, lei percepì la tensione di Erik e capì che l’uomo avrebbe fatto schiantare tutte le auto tra loro pur di tenerli al riparo, si voltò verso Charles e gli toccò il viso con una mano. Charles comprese ciò che Lena voleva trasmettergli ed entrò nella mente di Erik.
“Erik, per favore, no! Si ferirà tantissima gente!”
“O moriremo noi!” gridò Erik. Fu in quel momento che Lena si girò verso Erik e lo guardò fissò negli occhi.
“Fidati di me!” Lo sguardo di Erik era tormentato. “Li bloccherò io!”
Erik quasi ringhiò ma allentò la presa sulle auto che ripresero a correre verso di loro. Lena montò in ginocchio sul sedile e si concentrò. Dal suo corpo si allargò una sorta di aura che avvolse il taxi e che impedì alle auto di scontrarsi. Mano a mano che Darwin rallentava, le auto dietro al taxi rallentavano dolcemente anch'esse sospinte dalla bolla di energia di Lena.
Quando la ragazza comprese che le auto si erano fermate, si lasciò andare. Erik la sostenne e l’adagiò tra le braccia di Charles.
“Che le prende?” chiese Erik evidentemente preoccupato.  Charles le asciugò del sangue che le era uscito dal naso e scosse il capo.
“Deve avere chiesto troppo a se stessa.”
“Vi porto al pronto soccorso?”
“No, Darwin, fammi un favore. Portaci alla nostra auto.” Darwin, preoccupato anche lui per la ragazza, rimise in moto e riuscì ad allontanarsi dal luogo dell’incidente. Lena era diventata pallida come un lenzuolo.
“Non avrei dovuto ascoltarla!” ringhiò Erik.
“Invece ha fatto la cosa giusta. Ha salvato tante persone.” Rispose Charles tenendo la mano di Lena. Darwin fermò l’auto e Charles ripose Lena tra le braccia di Erik, scese dal taxi e tirò fuori il suo borsone dalla loro auto. Prese una busta e dell’ovatta e tornò verso Erik. Asciugò di nuovo delicatamente il sangue dal naso della ragazza e dalla busta tirò fuori uno steto-fonendoscopio .
“Il battito è regolare. Erik stendila sui sedili posteriori. Darwin ci dispiace che tu abbia dovuto assistere ad una cosa del genere. Perdonaci.” Il mutante scosse il capo.
“Quella ragazza ci ha salvati tutti. Verrò con voi se mi volete ancora. Magari potessi dare una mano come ha fatto lei!” esclamò Darwin e Charles gli tese la mano.
“Benvenuto fra noi, allora!” disse il professore.
“Quando avete finito con i convenevoli, possiamo metterci in contatto con Moira? Non sono per niente convinto che Lena stia bene.” Mugugnò Erik e Charles si rabbuiò.

  
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