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Autore: black dalia    21/05/2016    1 recensioni
Sora Strife è una normale sedicenne: a due genitori a cui vuole un gran bene, un fratello minore ribelle e leggermente iperprotettivo e dei cari amici.
Ma non si è mai innamorata.
Almeno fino a quando non si trasferisce con la sua famiglia in una vecchia casa dove fa la conoscenza di Riku.
Ma è possibile amare un ragazzo morto?
(Riso, lieve Akuroku e altre coppie)
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Riku, Roxas, Sora, Xemnas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Nessun gioco
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PARANORMAL LOVE

Cap.3) Bagliori d'argento

 

28 Aprile 2013

 

Era arrivato il fine settimana e la situazione, per Sora, era finalmente tornata alla normalità.
Dopo l'episodio del vandalo, i suoi genitori e suo fratello erano diventati incredibilmente protettivi nei suoi confronti e, per tutta la settimana, avevano fatto in modo di non lasciarla da sola ovunque lei andasse ma ora che era arrivato il fine settimana, che non c'erano stati altri “incidenti” e il suo raffreddore era sparito, i loro istinti di protezione si erano finalmente calmati.
La mattina precedente, Leon era andato dal ferramenta per comprare dei secchi di vernice, dello stucco e dei teli di plastica per iniziare a dipingere le pareti interne della casa e per chiudere le crepe nei muri.
Avevano già staccato tutta la carta da parati presente in casa e ridipinto i muri dell'entrata, del salotto e della cucina ed ora mancavano solo le stanze al primo piano.
Sora si sedette sul letto di suo fratello, emettendo un sospiro stanco mentre guardava Roxas sistemare i suoi vestiti nell'armadio: il biondino era sempre stato un tipo molto ordinato al contrario della sorella che era una disordinata cronica.
-Roxas...- lo chiamò lei ma il ragazzo la ignorò -Roxas, mi fanno male le braccia!- piagnucolò tentando di attirare la sua attenzione ma continuò ad essere ignorata -ti ho già detto che mi dispiace! Non volevo sporcare di vernice la tua felpa preferita, giuro che la lavo!- a quelle parole il biondino sospirò -è meglio per te! E poi perché vieni a lamentarti da me? Ho dovuto dipingere tanto quanto te!-
-ma tu non sei stato in piedi su di una sedia per dipingere la parete fino al soffitto!- si lamentò Sora sbuffando, tirandosi le gambe al petto ed avvolgendoci le braccia attorno, poggiando il mento sulle ginocchia -che cosa vuoi fare per il resto della giornata?-
-vuoi dire quelle poche ore che abbiamo prima del tramonto?- chiese Roxas e la ragazza annuì -non lo so... fare i compiti? Non sono riuscito a farne nessuno a causa di quei due aguzzini-
-e così saremo aguzzini? Bene, me lo ricorderò per quando mi verrai a chiedere qualcosa- al suono di quella voce, entrambi i ragazzi si girarono verso la porta dove videro Leon appoggiato allo stipite con le braccia conserte.
-Hey, Leon... ti serve qualcosa?- chiese Roxas nervosamente, agganciando una delle sue giacche nell'armadio -ho bisogno di Sora... stiamo per dipingere camera sua- rispose l'uomo, la castana lo guardò gemendo -ma non potete farla voi? Sono stanca morta!- piagnucolò sdraiandosi sul letto del fratello.
Leon inclinò la testa e batté un dito sul mento -mmh... non mi ricordo quale colore avevi scelto per la tua stanza... ma abbiamo ancora un po' di bianco avanzato dalla cucina, dovrebbe andare bene-.
Sora arricciò il naso al pensiero della sua camera dipinta di bianco; quel colore non le piaceva... le ricordava le pareti dell'orfanotrofio in cui aveva vissuto con il fratello dopo la morte dei loro genitori e quelli era giorni che non voleva rimembrare.
Scuotendo la testa, la ragazza sospirò sconfitta -va bene, hai vinto... ma ci aiuta anche Roxas, vero? Sai, così finiamo prima-
-sembra che tuo fratello abbia da fare dei compiti di cui si è dimenticato di parlarci, vero Roxas?- chiese Leon -a quanto pare- rispose il biondino, l'uomo accettò la sua risposta, uscendo dalla stanza e dirigendosi verso l'altra camera con Sora che lo seguiva mogia.
Quando entrarono, Cloud aveva già spostato i mobili al centro della stanza e li stava coprendo con un telo per evitare che si sporcassero di vernice.
Sora sospirò alla vista, fin troppo familiare, di un secchio e dei pennelli, il biondo notò la sua espressione depressa e gli sorrise -non ti preoccupare... questa è l'ultima stanza, per oggi, le altre le faremo la prossima settimana-
-va bene... anche se penso che Roxas potrebbe impazzire se gli impedite di andare allo skate park per un altro fine settimana di fila- Cloud ridacchiò a quelle parole -probabilmente hai ragione- disse per poi passargli un telo -ora sistema questo sul pavimento mentre io e Leon prepariamo la vernice-
-d'accordo- disse la ragazza prendendo il telo ed iniziando a srotolarlo.
Aveva quasi finito quando notò che un lato del telo era rimasto impigliato in un chiodo sporgente; brontolò, andando a liberarlo ma quando lo alzò notò qualcosa che luccicava in una fessura tra due assi del pavimento.
“Sembra qualcosa di metallico” pensò Sora accovacciandosi e guardando con più attenzione -ehi! Qui c'è qualcosa nel pavimento!- esclamò, richiamando l'attenzione di uno dei due.
-Hai fatto cadere qualcosa?- gli chiese Cloud avvicinandosi a lei -no, dev'essere stato dimenticato dal precedente proprietario... puoi tirarlo fuori?-
-Sora, io non vedo niente- disse il biondo inclinando la testa -perché non stai guardando dalla giusta angolazione- disse la ragazza tirandolo per un braccio finché non gli fu accanto -lo vedi ora? E' tra queste due assi del pavimento!-
-mmh... sì, lo vedo e sembra incuneato piuttosto bene... a meno che non strappiamo le assi non credo di riuscire a tirarlo fuori- disse Cloud, alzando un sopracciglio come vide l'espressione d'attesa della figlia -no Sora, non ho alcuna intenzione di staccare le assi del pavimento, sopratutto non in camera da letto, non abbiamo niente con cui sostituirle se si rompono-
-oh, andiamo! Per favore, Cloud! Può essere qualcosa di davvero forte! Come... come un medaglione pirata o una pistola usata in una vecchia rapina in banca!-
-o una graffetta- ribatté il biondo provando a sedare l'entusiasmo della ragazza -forse... ma non sarebbe bello solo scoprire cos'è? Come una piccola caccia al tesoro! Andiamo, so che sei curioso!- disse Sora sorridendo e Cloud alzò gli occhi al cielo, esasperato -che succede?- chiese Leon avvicinandosi ai due -Sora vuole staccare le assi del pavimento per poter scoprire cos'è quel pezzo di metallo incastrato tra di loro- disse il biondo, spostandosi di lato in modo da fargli vedere di cosa stava parlando.
Notando l'espressione disinteressata sul volto del padre, la ragazza decise di prendere misure drastiche -per favore! Ho bisogno di sapere cos'è o non sarò più in grado di pensare ad altro!- esclamò aggrappandosi alla vita del castano e sfoderando i migliori occhi da cucciola del suo repertorio.
Leon sospirò, cercando di non guardarla, mentre Cloud ridacchiava al futile, quanto inutile, tentativo del marito di resistere alla figlia: sapevano entrambi che non sarebbe mai riuscito a dirle di no.
Infatti, qualche attimo dopo, il castano si arrese -va bene, va bene... va a prendere il piede di porco in garage... ma ti avverto che se una delle assi si rompe mentre faccio leva prenderò i soldi per sostituirla dalla tua paghetta- Sora annuì contenta e corse fuori dalla stanza; Leon scosse la testa sospirando -ricordami perché l'abbiamo adottata?- a quella domanda Cloud ridacchiò, cingendogli la vita con un braccio, avvicinandolo a se -perché quando l'abbiamo conosciuta era una bambina di 8 anni, dolce, carina e gentile, che adorava l'idea di avere due papà- rispose il biondo dandogli un bacio a fior di labbra -ma davvero vuoi staccare le assi del pavimento con un piede di porco?- gli chiese con un sopracciglio alzato -se lei è disposta a vivere con una parte di pavimento rotto non vedo dov'è il problema... in più non credo che avrebbe rinunciato tanto facilmente-
-penso che tu abbia ragione- concordò Cloud lasciandolo, in quel momento Sora tornò nella stanza con l'arnese tra le mani e lo porse a Leon -ecco!- esclamò, l'uomo prese il piede di porco, lo infilò tra i bordi delle assi in cui era incastrato l'oggetto metallico ed iniziò a fare leva, muovendolo con cautela.
Quando, finalmente, riuscì a tirare fuori i chiodi, sollevò le due assi, che per fortuna non si erano rotte, e le spostò per permettere a Sora d'infilare il braccio nello spazio che si era creato: la ragazza si chinò, infilando la mano nel buco e, poco dopo, sorrise trionfante -l'ho preso! Sembra... sembra una catena... è bloccata su di una scheggia di legno... aspetta... ecco, ci sono!- esclamò tirando fuori la mano ed osservando quello che aveva trovato: una catena d'argento con un pendaglio a forma di corona pendeva dalle sue dita.
-Wow, è una collana! Posso tenerla?- chiese Sora sorpresa, rigirandola tra le mani mentre la esaminava, Leon fece spallucce -non vedo perché no... sembra piuttosto vecchia, molto probabilmente era li sotto da un po'-. La ragazza sorrise, prendendo uno straccio per togliergli la polvere e quando ebbe finito, la infilò intorno al collo ammirandosi nello specchio della sua cassettiera: quando vide la sua immagine riflessa, inclinò la testa di lato e sfiorò con le dita la corona d'argento che brillava alla luce della lampadina -mi chiedo a chi appartenesse...-
-molto probabilmente a chi viveva in questa stanza... so che la casa ha avuto molti proprietari e sarebbe difficile scoprire a chi apparteneva- disse Cloud guadando la figlia -allora, d'ora in avanti, è mia!- esclamò Sora pompando un pugno in aria -buon per te... ora che abbiamo finito, sistema quel telo e preparati a dipingere- disse Leon, il buon umore della ragazza vacillò un po' al pensiero di dover riprendere in mano un pennello ma fece come le fu detto; dopotutto, mica tutti i giorni Leon staccava assi del pavimento per lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano le 23.00 e Sora aveva appena finito d'infilarsi il pigiama per andare a dormire; era stanchissima dopo aver passato buona parte del pomeriggio a dipingere camera sua.
Si guardò allo specchio e sorrise, sfiorando il pendaglio della collana; era veramente bella e aveva deciso di tenerla su ovunque andasse, tranne quando faceva la doccia così che l'argento non si sarebbe arrugginito.
Sbadigliò ed entrò nel letto, tirando le coperte fino al naso prima di chiudere gli occhi e lasciarsi andare tra le braccia di Morfeo.

 

 

-Pov. Sora

 

-Mah... il giallo non è un colore che avrei scelto per le pareti...- una voce mi arriva alle orecchie; è strana, sembra quasi come un'eco.
-... anche se non ho proprio voce in capitolo su quello che succede qui in questi giorni, no?-.
“Stupida voce, va via!” penso, strizzando gli occhi e raggomitolandomi per cercare di rimanere addormentata.
Un sospiro pesante mi fa decidere di aprire gli occhi per vedere chi mi sta disturbando; mi guardo attorno e noto un ragazzo seduto sul balconcino della finestra intento a guardare fuori: è alto, con dei capelli lunghi fino alle spalle, indossa dei vestiti che sembrano della fine dell'ottocento ma la cosa più strana è che tutto il suo corpo sembra brillare di una luce argentea.
Aggrotto la fronte, mezza addormentata e irritata ed alzo la testa -ehi! Potresti parlare a te stesso da qualche altra parte? Sto cercando di dormire!-.
Il ragazzo si gira di scatto verso di me, sorpreso; sbatto un paio di volte le palpebre, assonnata: lui si alza e si dirige verso il centro della stanza senza staccarmi gli occhi di dosso mentre io lo seguo con lo sguardo, lo vedo irrigidirsi ed aprire la bocca, aspettando qualche attimo prima di parlare -tu... tu puoi sentirmi?- mi chiede con un'espressione sconvolta; sbuffo, alzando gli occhi al soffitto, infastidita -hai una voce abbastanza forte è difficile non sentirti... e adesso, per favore, puoi stare zitto? Sono stanca morta e voglio dormire!- detto questo mi sistemo la testa sul cuscino e chiudo gli occhi, pronta a tornare nel mondo dei sogni, ma il mio cervello, che finalmente si è svegliato, nota un particolare molto importante “c'è un ragazzo sconosciuto in camera!” mi grida una vocina nella testa ed, a quel pensiero, i miei occhi si spalancano, facendomi scattare seduta, e fisso il ragazzo che non si è spostato di un solo millimetro dal punto in cui era prima.
-Chi diamine sei?! Cosa stai facen...- le mie urla vengono interrotte dalla sua mano che mi tappa la bocca per impedirmi di svegliare tutti.
Rabbrividisco a quel contatto: la sua mano è gelida, come se fosse fatta di ghiaccio ma una strana sensazione familiare mi fa sgranare gli occhi.
Mi scosto da lui e lo guardo a bocca aperta -tu... tu sei quello che mi ha spinto quando il lampadario è caduto!- a quelle parole, lui mi guarda con un sopracciglio alzato -come puoi dirlo?- mi chiede -le tue mani... mi ricordo la sensazione delle tue mani sulla schiena!- gli rispondo -ti ricordi la sensazione delle mie mani?- arrossisco leggermente a quella domanda detta con un tono incredulo -avevo paura! E' stato traumatizzante! Le persone ricordano un sacco di dettagli quando sono traumatizzate!- gli rispondo, poi gli punto l'indice contro, socchiudendo gli occhi -adesso, fuori dalla mia camera!- lui mi guarda aggrottando la fronte e mettendo le mani sui fianchi -scusami? Questa è la mia stanza! Ho più diritto di stare qui di chiunque altro, compresa te!- dice, poi i suoi occhi si strinsero sul mio petto -e quella è la mia collana! Restituiscimela immediatamente!- a quelle parole lo guardo, aggrottando la fronte; che sta dicendo? Questa è la mia camera!
Cloud e Leon hanno comprato la casa e quindi questa è diventata la mia stanza... ma lo stesso non posso dire della collana; non so a chi appartenesse prima di finire incastrata tra quelle assi, e quindi può davvero essere di questo strano ragazzo e come mi ha sempre detto Leon: se trovi qualcosa che è di qualcun altro gliela devi restituire.
Sospiro e mi tolgo la collana, porgendogliela mentre lui ha già teso il palmo per riceverla, lascio la catena in modo che gli cada in mano ma, in quell'attimo, succedono due cose: appena lascio andare la collana, il ragazzo scompare, lasciando al suo posto una leggera nebbiolina e, seconda cosa, la collana cade a terra nell'esatto punto in cui un attimo prima si trovava la sua mano.
Sgrano gli occhi a quello che è appena successo e scendo dal letto per recuperare il ciondolo ma, appena lo tocco, il ragazzo ricompare di fronte a me con un espressione d'irritazione dipinta sul volto.
La realtà del momento mi colpisce come un muro di mattoni: sgrano gli occhi e trattengo il respiro; c'è qualcosa in camera mia... qualcosa che non è solido, infatti posso tranquillamente vedere le pareti gialle della mia camera attraverso il suo corpo trasparente.
Come diamine ho fatto a non accorgermene prima?! Questo ragazzo è... è un fantasma!
Indietreggio verso il muro; sento il panico e la paura che crescono dentro di me.
Notando il mio cambiamento, lui mi guarda aggrottando la fronte -cosa c'è?- alla sua domanda emetto uno squittio di terrore mentre la mia schiena cozza contro la parete ed apro la bocca per cacciare un urlo ma, come prima, il ragazzo si precipita verso di me e mi copre la bocca -per favore... per favore, non urlare... odio quando la gente urla... fai un respiro profondo e calmati!-.
Chiudo gli occhi; sento le sue mani gelide sul mio viso mentre la paura che sto provando in questo momento minaccia di far scoppiare il mio cuore come un palloncino.
-Non... non... sta lontano da me!- riesco a dire, cercando di non urlare di terrore e, con mia grande sorpresa, il ragazzo toglie le mani dal mio viso e si allontana da me di un paio di metri.
-Ecco... va meglio?- mi chiede esitante, tenendo alte le mani, annuisco tenendo stretta al petto la collana mentre prendo dei respiri profondi per cercare di calmare i battiti irregolari del mio cuore.
Dopo un paio di minuti, in cui nessuno di noi si muove, riesco a calmarmi abbastanza per poter parlare -cosa... cosa ci fai qui?- lui fa spallucce e si avvicina al mio letto -sono sempre qui, come ti ho detto: questa è la mia stanza- dice ed io gemo di disapprovazione quando noto che sta per sedersi sul mio letto: si ferma, mi guarda, sospira e si passa una mano tra i capelli -guarda... questa è una situazione nuova anche per me... che tu ci creda o no, sei la prima persona che riesce a vedermi ed a sentirmi-.
Lo guardo con la fronte aggrottata mentre mi siedo sul mio letto, strisciando con le gambe sotto le coperte e stringo un cuscino al petto; insomma... quanto mi posso fidare di un fantasma?
Lui sospira un'altra volta vedendo la mia reazione -va bene... ovviamente abbiamo iniziato col piede sbagliato... così vorrei suggerire di ricominciare presentandoci, ok?- mi guarda per avere la mia approvazione ed io annuisco, esitante.
Fa una piccola smorfia alla mia esitazione ma, comunque, mi porge la mano -bene... il mio nome è Riku, piacere di conoscerti-
-Sora... Sora Strife... e, mi dispiace, ma io non voglio stringerti la mano- dico mentre mi mordicchio il labbro e stringo forte il cuscino al petto per paura della sua reazione.
Lui lascia cadere il braccio al suo fianco e mi guarda con un sopracciglio alzato -è perché sono un fantasma?- mi chiede ed io annuisco velocemente da dietro il cuscino; devo ammettere che sono ancora un po' impaurita ma, invece della reazione violenta che m'immaginavo avesse, lui aggrotta la fronte e guarda lontano -lo immaginavo... beh, suppongo che dovrei essere abituato a questo tipo di reazione!- dice con un tono di voce un po' tagliente.
A quelle parole, abbasso un po' il cuscino e lo guardo borbottare tra se, leggermente stizzito, mentre si libra a mezz'aria sopra la fine del mio letto; devo ammettere che l'atmosfera di questo incontro è molto diversa rispetto a quella di quando ero malata: non c'è alcun pericolo e non sento il disperato bisogno di fuggire.
L'unica cosa che percepisco è il calo di temperatura nella stanza che mi trasmette un senso di tristezza e solitudine.
Piego la testa di lato continuando a guardare Riku, che ancora borbotta tra se, e lo osservo attentamente: mi sembra un po' più grande di me, forse di un anno o due, e mi viene spontaneo chiedermi da quanto tempo è qui; forse... lui si sente solo.
Stringo il cuscino tra le mani e raccolgo un po' di coraggio per provare a parlargli -hey, Riku... quanti... quanti anni avevi quando sei morto?- gli chiedo con voce leggermente tremante: a quella domanda, lui smette di parlottare tra se e mi guarda con un sopracciglio alzato -perché lo vuoi sapere?-
-hai detto che ci stavamo presentando, no? Io ho 16 anni!- gli rispondo con un sorriso; chissà, magari, se sono gentile con lui risponderà alle mie domande.
Lo vedo alzare gli occhi al mio sorriso -certo che cambi umore molto in fretta... non eri terrorizzata da me fino ad un minuto fa?- mi chiede con un tono leggermente divertito -stai cercando di evitare la mia domanda?- a quelle parole mi lancia un'occhiataccia ma io, semplicemente, continuo a guardarlo con un'espressione compiaciuta; ho notato che, nonostante è un fantasma, si comporta come un qualunque adolescente ed un altro adolescente è qualcosa che posso affrontare... molto meglio dei fantasmi, comunque.
-Vuoi davvero saperlo?- mi chiede ed io annuisco senza un pensiero: lui sospira, passandosi una mano sul viso -sinceramente? Non ne ho idea- a quelle parole lo guardo completamente sorpresa -non ricordo nulla di me e della mia vita tranne per il fatto che il mio nome è Riku, questa è la mia stanza e quella è la mia collana... e di quest'ultima cosa mi sono ricordato solo dopo che te l'ho vista al collo... mi sento come se avessi vagato in questa casa per così tanto tempo senza sapere nulla- finisce di parlare con un sospiro pesante.
Continuo a guardarlo e mi sento triste per lui; io non saprei cosa fare se mi dimenticassi della mia famiglia, dei miei amici e della mia vita... probabilmente... mi sentirei tremendamente sola e sperduta.
All'improvviso, una forte sonnolenza mi fa sbadigliare -è notte fonda, vero?- mi chiede Riku guardandomi ed io annuisco, sbadigliando di nuovo -devi essere esausta- annuisco ancora e m'infilo sotto le coperte, sistemando la testa sul cuscino -anche se il mio non era un invito ad andare a dormire... penso che puoi, se vuoi- dice incrociando le braccia la petto: soffoco l'ennesimo sbadiglio con la mano per poi guardarlo -torni qui domani, giusto? Così, se ti va, possiamo parlare ancora- gli chiedo e lui mi guarda sorpreso per poi sorridermi leggermente -certo che tornerò qui... questa è la mia stanza, dopotutto- a quelle parole, ricambio il sorriso -buona notte, Riku- gli dico, chiudendo gli occhi mentre mi lascio andare tra le braccia di Morfeo ma non prima di sentirlo sussurrare -buona notte... Sora-.

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi qui con il terzo capitolo!
Come avete letto Riku fa la sua entrata in scena, come un fantasma questa volta (beh, è uno dei possibili risultati se ti prendi un proiettile in pieno petto, no? XD), e Sora fa la sua conoscenza.
Vedremo nei prossimi capitoli come si svilupperà la vicenda e cosa accadrà al resto della famiglia: preparatevi per dei bei e, si spera spaventosi, colpi di scena!
Ringrazio tutti coloro che mi hanno recensito ^^
Ci sentiamo a sabato prossimo!
Saluti e baci da black dalia

  
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