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OOC: mi sento di fare un
piccolo appunto sulla questione. È la prima volta che tratto di una relazione
fra questi due personaggi, non so come possano essere venuti. Tuttavia, nel mio
immaginario orgoglioso, sono entrambi piuttosto IC, considerandoli in un età
più matura – non manco di indicarlo nel testo con rimandi velati –, che nella
mia mente corrisponde circa alla trentina.
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È una storia che osa,
e tocca un campo che sento lontano anni luce, non avendo mai sperimentato
qualcosa che anche vagamente si avvicina alla questione. Ho cercato comunque di
fare del mio meglio, tentando l’immedesimazione nel dolore di una donna che
deve accettare se stessa.
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Un ultimo appunto,
utile al fine della comprensione: dattebayo, come ben
saprete, di per sé non vuol dire niente, è solo un rafforzativo che Naruto piazza ogni dove. Ho sfruttato tuttavia, in questa
fan fiction, la traduzione del termine che fanno in inglese con ‘Believe it!” cioè “Credici!”.
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La poesia usata -
evidenziata in corsivo nel testo - è di Leonard Cohen: “Il vero amore non
lascia tracce”.
Buona lettura.
Ombre di fiori sul
corpo
Come la bruma non lascia sfregi
Sul verde cupo della collina
Così il mio corpo non lascia sfregi
Su di te e non lo farà mai
Naruto
la culla, quella donna distrutta, ne tiene il corpo contro il suo, l’accarezza
piano, come può, goffo di mani che non sanno dove toccare. Hinata
piange, ha il volto giovane gonfio di una sofferenza silenziosa, schiavo di
occhi arrossati dalla perdita. Cerca di essere forte, la ninja che è sempre
stata: ha combattuto, lei, dato se stessa alla battaglia, al villaggio e a Naruto. Eppure sente così ingiusto quel dolore nel ventre,
che le contrae lo stomaco e lo strizza, avvolgendo le viscere in nodi stretti.
“L’ho
perso.” dice, e ha le gote rosse, di una vergogna matura, una vergogna che
parla di donna. Naruto
le accarezza la testa, spera di fare la cosa giusta, mentre le dita districano
una ciocca e scendono fin sulla schiena. Si sente colpevole quanto lei, ma
dissimula, come ha sempre fatto con il proprio dolore, perché sono entrambi
forti, lo sa, si sono sorretti sulle loro gambe per un tempo che sembra
infinito. Supereranno anche questa, come tutto quello che è venuto prima, e ricorderanno
questo giorno come quello in cui il loro primo figlio non ha aperto gli occhi.
“Va
bene così, ‘ttebayo” non si è mai sentito così
stupido, con quel ‘ttebayo
mozzato fra i denti. Un giorno crederà di nuovo, ma ora non può. È tempo di
chiudersi nella sua bella teca di sorrisi forzati, di speranze che hanno il
sapore di un frutto rancido. Hinata, però, vuole
credere davvero. Ha bisogno di andare avanti, con la mente e con il cuore.
Le
sfugge un singhiozzo e stringe i pugni sulla felpa di Naruto
– arancione, così caldo e vivo. Ha l’odore familiare di casa.
Forse
può permettersi solo un’altra notte, solo un’altra per piangere il suo bambino
morto.
Oltre le finestre nel buio
I bambini vengono, i bambini vanno
Come frecce senza bersaglio
Come manette fatte di neve
Si
è svegliata che il sole non è ancora sorto e l’aria è fredda e nera fuori dalla
finestra. Deve preparare la colazione, ma ha il cuore pesante e gli occhi
stanchi, le dita intorpidite, senza il sangue che scorre. Sente una strana
confusione nella testa, come carta che si accartoccia e legna che scoppietta. E
fuori, che corrono lungo una strada ancora deserta, ci sono dei bambini. Hinata
ne sente le risa attutite dal vetro, hanno il sapore dolce dell’infanzia, della
voglia di superare se stessi. Uno si ferma in mezzo alla strada, solleva il
braccio e punta un dito al petto. Le parole le giungono ovattate, non le
riconosce, solo un brusio cacofonico. Lui ride, una ragazzina gli salta addosso
e lo getta a terra. Un pugno sulla testa - non troppo forte, solo per il gusto
di contraddire - e corrono via: fantasmi nelle strade silenziose. Era anche lei
così, un tempo, sveglia prima dell’alba per le più futili missioni di
ragazzina. Adesso è tutto andato, come i capelli corti e la felpa grande.
Si
stringe nella vestaglia, un alito di vento gelido passa sotto la seta, e
l’accartocciarsi si fa assordante. La testa si scalda, il cuore le preme contro
il torace.
Vede
suo figlio, nei bambini che corrono. L’ha immaginato così tante volte,
orgogliosa di essergli madre, che ora, quando l’oscurità distorce la percezione,
ne riconosce i capelli biondi e aggrovigliati, il sorriso negli occhi, il corpo
che fugge. Sono solo ombre, spiriti passeggeri confusi fra le sagome dei
cespugli. E lei è pazza di una pazzia d’amore per ciò che non ha mai preso
forma viva.
Il vero amore non lascia tracce
Se tu e io siamo una cosa sola
Si perde nei nostri abbracci
Come stelle contro il sole
Naruto
si è ripromesso di regalarle il mondo. Se potesse, ora, lo infiocchetterebbe di
rosso e d’oro per metterlo nelle sue mani. Non è romanticismo, ben lungi dalle
sue possibilità definire il significato della parola, ma quel senso di
necessità che l’ha sempre spinto a proteggere ciò che c’è d’importante. Hinata,
in un momento indefinito negli anni, è diventata per lui il bisogno da
inseguire. I suoi ultimi ricordi, quelli felici, li ha con lei e si sente anche
un po’ scemo per questo: lui, che ha sempre pensato solo al titolo di Hokage,
ora è perso nel volto di una donna e quando le sorride, a volte, arrossisce pure,
sfregandosi con una mano i capelli già arruffati.
La
guarda seduta sul divano, tiene sulle gambe un libro e lo legge con lentezza:
gli occhi che accarezzano le righe e una mano stretta in grembo. Lo ricorda
gonfio, com’era pochi giorni fa, e sente una sottile puntura sottopelle che lo
percorre tutto. Sta soffrendo, Hinata-chan, la ragazzina dal volto rosso d’imbarazzo.
Non arrossisce più ora, ha dentro troppi pensieri per preoccuparsi della
vergogna. Naruto, per la prima volta, prova il folgorante senso d’impotenza
delle situazioni disperate. Le siede solo vicino, con quel suo fare un po’
molle, un po’ incurante, e le passa un braccio attorno alle spalle, così,
giusto per renderla partecipe della sua presenza.
Hinata,
con gli occhi rivolti al libro, sorride.
Come una foglia cadente può restare
Un momento nell'aria
Così come la tua testa sul mio
petto
Così la mia mano sui tuoi capelli
Ha
provato, con Naruto, ad avere un altro figlio. Lo hanno fatto con cautela e con
il terrore vivo in ogni gesto. Si sono stretti le mani nell’amplesso, hanno
ansimato rochi e letto negli occhi la paura di un nuovo dolore. Hinata credeva
fosse solo una questione di tempo e ritmi, forse qualcuno stava dicendo loro di
aspettare, presto sarebbe arrivato il momento.
È
stata una visita da Tsunade a rivelarle il contrario e le labbra di rossetto,
che le tolgono ogni speranza di famiglia, le vede ancora muoversi lente e piene
di rammarico. Sa che in quel momento pensava a Naruto, suo fratello e figlio,
che non avrà eredi perché sua moglie non può dargliene. Si sente una donna
fallita, ora, con l’oppressione dell’incapacità che le flette le spalle. Non ha
il coraggio di parlarne con Naruto per distruggerlo ancora.
C’è
un cammino disseminato di sofferenze nelle loro vite, un altalenante flusso di
negatività che sembra volerli strappare alla speranza. Hinata lo guarda con la
vergogna di una donna che non sente più la sua femminilità. Ha un grembo
sterile che di figli non potrà mai portarne, per quanto lo desideri, e Naruto non vedrà mai la nascita del suo sangue in un altro
corpo. Se ne vergogna, ma questa volta non arrossisce: il volto è una cinerea
maschera di auto-compatimento e delusione.
“Non
importa.” le parole di Naruto la spaventano. Non ci
sono tremore, incertezza e neanche il più vago sentore di falsità nella sua
voce. È un tono tranquillo, che si accompagna a un’alzata di spalle, come se si
trattasse di una questione minore. “E adesso che c’è per cena?” le chiede
guardando con cipiglio contrariato la tavola ancora sparecchiata.
Hinata
resta immobile, lo osserva mentre entra in cucina, segue i suoi movimenti con
gli occhi assottigliati e bassi. Non ha quasi la forza per reggersi e il
respiro calmo di Naruto le entra dentro come vento gelido.
“E
se prendessimo del ramen? È un sacco di tempo che non
lo mangiamo.” è la brillante costatazione, fatta con tono pensoso e sguardo al
soffitto. Che stia fuggendo dalla realtà? O forse non si rende conto del
problema, pensa Hinata.
La
verità è che a Naruto va bene così: vivere con lei gli basta. Ha avuto tempo
per pensare - lo ha fatto a lungo, in notti passate a stringerla e a stringere
se stesso. Sarebbe sciocco dire che un figlio non lo avrebbe voluto: se lo
immaginava anche lui lo scalpiccio veloce lungo i corridoi, il pianto
fastidioso di bambino. Avrebbe voluto amarla quella parete di sé in un altro
corpo, ma va bene anche così, non importa. Potranno comunque pensare poi a una
soluzione.
Hinata,
per ora, è tutta la famiglia di cui ha bisogno.
E molte notti resistono
Senza una luna, senza una stella
Così resisteremo noi
Quando uno dei due sarà via,
lontano
È
la prima volta che Naruto esce in missione dopo la notizia e Hinata, in quella
casa troppo grande per una sola persona, si sente avvolta dalle ombre dei
mobili nella notte. Non ha superato niente. Cerca di farlo, si convince che può
tornare alla vita, ma resta immobile e fragile nella sua forza di donna a metà.
La luce che filtra dalla finestra illumina di bagliori stanchi la camera e il
corpo di lei, nascosto sotto coperte sottili. Spera che Naruto torni, con la
sua confusione ancora infantile e le mani grandi e callose a carezzarle la
testa. Immagina di posarsi sul suo petto, di lasciarsi scaldare dal calore
buono dell’uomo che ama, ma sono solo illusioni fatue che le chiedono di
resistere ancora un po’.
“Un'altra
ora” si ripete nei battiti del cuore che accelerano e rallentano, seguono il
ritmo delle foglie del melo fuori dalla finestra. “Solo un’altra ora e poi
tornerà” ma le ore, di cui si convince, sono in realtà giorni e il loro
sussurro le si infiltra nella mente. Hinata aspetterà comunque, com’è sempre
stato, e quando Naruto entrerà dalla porta con un urlo stanco, saprà che anche
una parte di lei è tornata a casa.
Questa fan fiction ha
partecipato al NaruHina Contest [IV^ Edizione]
Avevo postato questa fan fiction anni orsono, al tempo in cui
aveva partecipato al contest di cui sopra. Ne vado orgogliosa in un modo
inconcepibile. A me Naruto e Hinata
insieme neanche piacciono, ma questa, anche anni dopo la sua prima stesura,
continua a essere la mia fan fiction preferita.
Ormai è costretta a essere una What if?, un futuro inconcepibile, dati i nuovi e molto più allegri
risvolti del manga – e tra l’altro non ho mai minimamente pensato che una
situazione del genere potesse realizzarsi nel canon.
Ho deciso di riproporre questa storia per amore – perché ne sono
davvero innamorata, ogni volta che la rileggo un po’ di più. Quindi grazie a
tutti coloro che l’hanno letta/riletta e apprezzata almeno un pochettino. Mi
sento una mamma orgogliosa.
Audy