Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Layla_93    22/05/2016    4 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
[...] Si rigirò nel letto, infastidito.
Chi diavolo si metteva a bussare alla porta alle… Alle…
Allungò un braccio verso il comodino, recuperando la sveglia.
“Cristo Santo, sono solo le 6:30 del mattino!”
“John, ti sei svegliato finalmente.”
“Finalmente?” Chiese, spalancando la porta e ritrovandosi davanti al suo coinquilino.
“Ti rendi conto di quanto presto sia?!”
“Abbiamo un caso.” Fu la risposta che ricevette in cambio.
“Quando mai non ne abbiamo uno.” Mugugnò, tornando a buttarsi sul letto.
“Sembra piuttosto interessante. Vuoi venire?”
“Dammi cinque minuti...” [...]
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Non voglio più mettere piede in un ospedale." Sospirò sollevato, conquistando il centro del salotto.
"Hai un controllo tra quindici giorni." Giunse la voce di Sherlock alle sue spalle, seguita dal lieve tonfo della porta.
"Sono un dottore. Posso controllare da solo se le ferite si stanno rimarginando senza complicazioni." Sottolineò testardo, sedendosi lentamente sulla poltrona.
Il detective gli lanciò un lieve sorriso, scomparendo dietro la porta a vetri.
"Sono colpito." Disse dopo qualche minuto, lasciando vagare lo sguardo in giro.
"Di cosa?" Chiese il detective dalla cucina.
"Non hai distrutto l'appartamento." Rispose, mantenendo a stento un tono serio.
"Sei stato via una sola settimana." Ribatté l'altro, rientrando nel salotto.
"Tieni." Aggiunse con tono lieve.
Gli occhi del dottore seguirono meravigliati le mani del detective mentre poggiavano delicatamente una tazza di tea sul tavolino.
"Grazie." Rispose stupito.
Avvolse le dita attorno alla ceramica calda, sorseggiando cautamente il liquido zuccherino.
Lasciò vagare gli occhi per la stanza, soffermandoli curiosi sul pannello degli indizi stranamente vuoto.
"Dove sono finiti tutti i nostri documenti?"
"Nell'ufficio di Lestade." Rispose semplicemente l'altro, sedendosi anch'esso sulla poltrona.
"Ah. E come procede il caso?"
Il detective lo osservò a lungo con sguardo serio.
"Vuoi davvero parlarne." Disse infine, lanciando un'occhiata stupita al dottore.
"Perché non dovrei?" Chiese curioso.
"Auster ti ha sparato." Rispose con uno strano tono.
John si limitò ad osservarlo, le sopracciglia arcuate per sottolineare la sua confusione.
La resa del detective arrivò con uno sbuffo.
"Sappiamo che Auster ha scelto le sue vittime da un gruppo di ascolto religioso guidato da padre Lloyd, l'unico ad essere sopravvissuto al gioco del nostro serial killer." Iniziò Sherlock, portando le mani congiunte sotto il mento.
"Lestrade si è occupato di interrogare il prete, ma non ne è venuto fuori molto. Sembra che Auster gli si sia presentato con una scusa. Lo ha minacciato con una pistola, costringendolo ad evirarsi da solo."
"Dio..." Esalò il dottore mentre un brivido attraversava la sua schiena.
"Ed Auster? Nessuna idea di dove possa essere?"
"Nascosto da qualche parte a progettare il suo prossimo omicidio. Lestrade non ha trovato ancora nulla che possa ricondurci a lui."
Il dottore lo osservò per qualche attimo con cipiglio pensieroso.
"E tu?"
"Io, cosa?"
"Cosa hai scoperto? Fai sempre ricerche sotto il naso di Greg."
Il detective accavallò le gambe, spostando lo sguardo da quello del dottore.
"Mi ha messo all'angolo." Mugugnò risentito, lanciandogli una veloce occhiata.
"Ti ha messo all'angolo?" Ripeté, stupito.
"No, aspetta. Ti sei lasciato mettere all'angolo? Non è da te." Si corresse, lanciando una lunga occhiata al detective.
"Non ero al mio massimo. Non mi sembra nulla su cui prolungarsi oltre." Rispose rigido Sherlock, lanciandogli un'occhiata incerta.
Gli occhi del dottore studiarono attentamente l'amico, scorgendone la linea stanca delle spalle e il colorito leggermente più pallido delle guance.
Lasciò andare un tenue sospiro e, lentamente, si alzò dalla poltrona per avvicinarsi a quella dell'altro.
"Potresti alzarti?" Chiese con tono lieve.
Sherlock lo studiò per qualche istante, incerto.
"Non voglio mangiarti, sai." Ironzzò il dottore, scorgendo la sua esitazione.
"Ne sono consapevole." Rispose il detective, alzandosi.
"Ma grazie per la rassicurazione."
Le labbra di John si arcuarono in un sorriso divertito e, dopo un breve attimo di stallo, avvolse le braccia intorno all'amico, eliminando la distanza tra di loro.
"Sarebbe meno strano se tu rispondessi all'abbraccio." Mugugnò il dottore senza muoversi dal petto del detective.
"Oh, giusto."
Le braccia del detective si avvolsero delicatamente attorno alle sue spalle, spingendolo ad avvicinarsi un po' di più al suo calore invitante.
"Grazie." Disse lievemente, senza muoversi ancora.
"John, non..."
"Potresti, per una volta, evitare di polemizzare?" Chiese con finto fastidio.
Il detective rispose con un semplice movimento della testa, stringendo un po' di più le dita attorno alla stoffa del maglione sulle sue spalle.
Rimase per qualche attimo ad assaporare il calore di quel gesto, poi, schiarendosi imbarazzato la gola, lasciò andare la presa.
"Si, beh, forse... Forse è meglio se vado a riposarmi un po'." Borbottò, lanciando un sorriso impacciato al detective.
Salì lentamente le scale, stando attento a non far tirare troppo i punti sul suo fianco.
Quando raggiunse la sua stanza si diresse subito verso il letto, sfilandosi solo le scarpe prima di stendersi cautamente.
Con gli occhi fissi al soffitto lasciò che i suoi muscoli si rilassassero, lasciandogli sentire la stanchezza che li permeava.
Respirò lentamente, stupendosi nel sentire l'odore di Sherlock ancora così intenso.
"Cosa...?" Mormorò confuso, lasciandosi rotolare su di un fianco.
Premette il naso sul cuscino, ritrovandoci le tracce fruttate dello shapoo del detective.
"Quello stupido." Borbottò, lasciando che le palpebre si chiudessero lentamente.
Quando riaprì nuovamente gli occhi trattenne a stento un grido.
Sherlock era seduto sulla scrivania, i piedi poggiati sulla sedia e i gomiti posati sulle ginocchia.
Lo stava osservando attentamente, senza spostare lo sguardo dal suo viso.
"Sherlock." Lo richiamò, alzandosi a sedere sul letto.
"Ha chiamato Lestrade." Disse il detective, continuando a scrutarlo attento.
"Qualcosa di nuovo?" Chiese, passandosi una mano sul viso per scacciare via i residui di sonno.
"Solo l'ulteriore conferma dell'inettitudine di Scotland Yard. Vuole che vada a dare delucidazioni su alcuni dei documenti che Auster aveva sparpagliato per il suo salotto."
"Oh, beh... Buona fortuna." Ironizzò, lasciando scivolare i piedi oltre il bordo del letto.
Il detective si alzò velocemente dalla sua postazione, senza abbandonare la presa del suo sguardo dal volto del dottore.
"Ci metterò poco." Disse, uscendo dalla sua stanza.
Il dottore rimase seduto sul letto, osservando confuso la porta.

[...]

"L'intelletto medio della polizia si sta abbassando ulteriormente." Si lamentò appena raggiunse la cucina del 221B.
"Ho dovuto spiegare la stessa cosa tre volte. Tre volte." Continuò scocciato, riempiendosi un bicchiere d'acqua.
"Nel tempo che ho perso avrei potuto continuare il mio esperimento sulla coagulazione del sangue a diverse temperature."
Prese un sorso e, confuso dalla mancanza di una risposta, si avviò in salotto.
"John?"
Il silenzio dell'appartamento fu rotto dall'infrangersi del bicchiere sul pavimento.
Sulla parete del salotto, sul pannello che avevano utilizzato per collezionare gli indizi del caso, campeggiava la stampa di un'immagine.
Si avvicinò lentamente e, arrivato a pochi passi, allungò le dita leggermente tremanti.
Le fece correre lungo le linee dell'immagine, soffermandosi maggiormente sull'indirizzo segnato a penna su uno dei bordi inferiori.
Dopo qualche secondo di immobilità sembrò risvegliarsi di colpo e, strappata l'immagine dal pannello, scattò verso il cassetto in cui John teneva la pistola, per poi precipitarsi in strada.
"L'indirizzo sul bordo sinistro. Presto!" Tuonò al tassista, lanciandogli il foglio in grembo non appena fu salito.
Ignorò il borbottare scocciato dell'uomo e, recuperato il telefono dalla tasca del cappotto, chiamò Lestrade.
"Avanti, rispondi." Inveì al prolungarsi del tono fisso della linea libera.
"Maledizione!" Gridò quando partì la segreteria telefonica.
Fece volare velocemente le dita per la tastiera, mandando un messaggio all'ispettore.
"Signore." Lo richiamò la voce incerta del tassista.
"Siamo arrivati."
Lanciò delle banconote a caso sul sedile anteriore e, sceso dall'auto, si guardò velocemente intorno.
Era davanti ad una chiesa, la stessa in cui si tenevano gli incontri del gruppo di ascolto da cui Auster aveva scelto le sue vittime.
Scartò subito l'entrata principale, percorrendo velocemente il perimetro esterno dell'edificio per trovare un'entrata posteriore che potesse condurlo alla sua meta.
Appena localizzò una porta sul lato destro vi entrò, ritrovandosi in un breve corridoio.
Si mosse velocemente, raggiungendo l'unica porta accostata.
"John!" Esclamò quando vide la figura del dottore riversa senza conoscenza su una sedia sgangherata nel mezzo dellla stanza.
In poche falcate raggiunse l'amico e le mani saettarono subito a controllare i segni vitali e qualsiasi tipo di ferita.
Quando trovò un leggero boccio dietro la testa del dottore trasse un respiro più pesante degli altri, colto da un improvviso moto di rabbia.
"Ben arrivato signor Holmes." Lo salutò Auster, comparendo sulla soglia della stanza.
"Che cosa gli ha fatto?" Chiese Sherlock girandosi di scatto, la rabbia che vibrava attraverso il suo sguardo glaciale.
"Gli ho chiesto gentilmente di seguirmi, ma non ha voluto collaborare." Disse pacatamente l'uomo, addentrandosi nella stanza.
"Sa, quando mi ha visto ha capito che volevo utilizzarlo per arrivare a lei. Ha provato a ribellarsi, ovviamente." Continuò, camminando in cerchio attorno al detective e al dottore.
"È stato molto toccante." Aggiunse con un sorriso inquietantemente placido.
"Perché non mi ha contattato subito? John non c'entra niente con il suo progetto malato. Sono io il suo obiettivo." Sibilò Sherlock, posizionandosi in modo da coprire John con il proprio corpo e facendo scivolare la mano nella tasca del cappotto.
"Oh, ha certamente ragione." Concesse Auster, estraendo con noncuranza la pistola da dietro la schiena.
Sherlock fece lo stesso, puntandola verso Auster.
"Lei è l'uomo superbo per eccellenza. Così pieno di sé. Così convinto della sua superiorità rispetto a tutto e tutti." Continuò come se nulla fosse.
"E pensa che uccidendomi avrà risolto qualcosa?" Lo provocò il detective, seguendo attentamente ogni minima oscillazione della pistola stretta nella presa di Auster.
"Ha commesso cinque omicidi, tentando di camuffarli in prove da superare per raggiungere un qualche tipo di purificazione dal peccato. Pretenzioso, direi. E alquanto ipocrita, anche." Lo apostrofò gelido.
"Lei crede?" Chiese l'uomo, continuando il suo lento accerchiamento.
Il detective annuì pacato.
"Sa, c'è un nome per quello che lei ha imposto alle sue vittime."
"Ma davvero? E sarebbe?"
"Attrizione." Offrì Sherlock, cercando di rispecchaire i movimenti dell'uomo per poter continuare a fare scudo al dottore.
Auster gli sorrise divertito.
"Può darsi che lei abbia ragione." Concesse.
"Ma ciò non cambia che quelle persone abbiano avuto ciò che meritavano."
La mano che stringeva la pistola si spostò lentamente, andando a puntare la canna nera all'altezza del fianco del detective.
Perfettamente in linea con la testa di John.
"Mi spiace che padre Lloyd non si sia unito agli altri." Continuò, umettandosi le labbra con un veloce passaggio della lingua.
"Ma non si preoccupi, appena avrò finito con lui andrò a rimediare al mio errore."
Gli occhi di Sherlock saettarono per un istante sulla figura del dottore scompostamente appoggiata alla sedia.
"Sono io il suo obiettivo." Ripeté cauto.
"Vero." Confermò Auster, tranquillo.
"Ma non è me che vuole uccidere." Affermò flebilemente.
"Ancora esatto." Lo schernì l'uomo, aggiustando la mira.
"Perché?"
"È molto semplice." Iniziò, spostandosi lateralmente per avere una traiettoria migliore.
Sherlock specchiò i suoi movimenti.
"Voglio che lei diventi il simbolo del mio progetto. Tutti potranno vedere che anche lei, così superbo del suo intelletto, della sua logica, è in realtà un comune peccatore come tutti gli altri. Che non può salvare nemmeno la persona a cui tiene di più." Spiegò l'uomo, tirando indietro il cane della sua semiautomatica.
"Che, in realtà, non è che un ipocrita." Accusò a denti stretti.
Il colpo esplose subito dopo, rimbombando tra le pareti della stanza.
"Lei è un uomo fortunato, signor Holmes."
Il detective trasse un veloce respiro, tirandosi su a sedere.
"John." Esalò sorpreso, districandosi dalla presa del dottore.
"Da quanto sei sveglio?" Chiese, mentre tornava velocemente a tenere sotto tiro l'uomo davanti a loro.
"Abbastanza da levarti dalla sua traiettoria." Replicò il dottore, alzandosi faticosamente.
"Che ritrovo commovente." Cantilenò Auster.
"Peccato che sia così breve." Continuò, puntando la pistola sul dottore.
In una veloce mossa Sherlock si abbassò a recuperare la pistola da terra, trascinando con sé l'amico e, presa velocemente la mira, esplose due colpi.
L'uomo cadde a terra con un tonfo sordo.
"John." Esalò sollevato quando il dottore si alzò lentamente dal pavimento.
"Gli hai sparato." Mormorò sconcertato il dottore, lanciando un'occhiata al corpo riverso a terra di Auster.
"Stava per spararti." Rispose di rimando, degnando di un breve sguardo l'uomo.
"È morto?" Chiese incerto, lasciandosi cadere sulla sedia poco distante.
"No, è solo svenuto." Rispose in un soffio, cadendo in ginocchio davanti al dottore.
"Sherlock! Cosa c'è? Sei ferito?" Chiese subito preoccupato, ancorando le mani alle braccia del detective per non farlo scivolare fino a terra.
"È solo l'adrenalina che abbandona il mio sistema. È una risposta biologica normale." Esalò il detective, poggiando la fronte su una spalla del dottore.
"Ho pensato che saresti morto." Ammise dopo qualche attimo di silenziosa immobilità.
"Per la seconda volta in due settimane ho pensato che saresti morto."
"Sherlock..." Lo richiamò incerto il dottore, stringendo appena la presa delle sue mani.
Il detective staccò piano il viso dalla sua spalla e gli lanciò uno sguardo lucido, colmo della paura che lo aveva pervaso fino a pochi istanti prima.
Stava per dire qualcosa, ma l'improvvisa vicinanza dei loro volti lo bloccò.
Si scambiarono un veloce sguardo e, d'improvviso, la distanza tra le loro labbra fu annullata.
Il bacio con cui Sherlock gli rubò l'aria lo colse totalmente alla sprovvista.
La bocca del detective si muoveva rabbiosa sulla sua, rendendo il bacio quasi doloroso, ma, nonostante tutto, non si ritrasse.
Lasciò che le loro labbra si scontrassero, rincorrendole quando le avvertiva allontanarsi dalle sue.
Quando alla fine il bacio giunse alla sua conclusione rimasero comunque vicini, condividendo i loro respiri affannati.
"Sherlock! John!" Proruppe nel silenzio la voce di Lestrade, irrompendo improvvisamente nella stanza insieme ad altri due agenti.
"È in ritardo, ispettore." Lo canzonò il detective, alzandosi lentamente in piedi.
"Che è successo?" Chiese pressante, correndo a controllare Auster.
"Ha aperto il fuoco." Rispose Sherlock, puntando uno sguardo duro sull'uomo a terra.
"Ho reputato opportuno fare in modo che non potesse nuocere a nessuno fino al vostro arrivo."
"Sparandogli alla gamba e alla spalla?" Chiese esasperato Lestrade dopo aver incaricato uno degli agenti di chiamare un'ambulanza.
"È stata legittima difesa." Si intromise il dottore, alzandosi cauto dalla sedia.
Avvertì subito lo sguardo di Sherlock su di sé, penetrante e scrutatore come sempre.
"John, il tuo fianco." Disse turbato l'ispettore, adocchiandolo cautamente.
Lasciò cadere gli occhi verso il basso, trattenendo a stento un grugnito di protesta.
"Si sono strappati un paio di punti." Mugugnò contrariato, alzando il maglione per poter dare un'occhiata.
"Attento." Lo redarguì subito Sherlock, premendo un fazzoletto sulla ferita.
Per un breve istante i loro occhi si incontrarono, ma l'arrivo dei paramedici interruppe il momento, spingendoli ad allontarsi.
"Dio, quanti documenti dovrò compilare per questo casino." Brontolò Lestrade, osservando Auster mentre veniva caricato su di una barella e trasportato fuori dalla stanza.
"Fate in modo che ci sia sempre almeno un agente di guardia alla sua stanza in ospedale." Istruì i suoi agenti, dimettendoli con un veloce cenno del capo.
"Bene." Disse subito dopo, rivolgendosi al dottore e al detective.
"Immagino che dobbiate fare un salto all'ospedale per quei punti saltati. Vi accompagno io."
I tre uomini si avviarono in silenzio verso l'uscita.

 

Ed eccomi qui con un altro capitolo =)
Questa volta ho rispettato la promessa, ho aggiornato in tempo record ;-)
Il capitolo è più lungo del solito, ma non ho trovato punto migliore per tagliare senza che ci fosse una ripetizione dello stesso tipo di suspance.
La storia è praticamente finita, tra uno, massimo due, capitoli il sipario calerà momentaneamente su qesta avventura.
Vorrei ringraziare chi mi ha seguita e sostenuta, ma lo farò con calma nell'ultimo capitolo =)
Per ora vi mando un bacione ed un abbraccio <3
xoxo

   
 
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