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Autore: Juliet88    23/05/2016    3 recensioni
Mi sembrava fossero passati secoli invece che sei anni.
A pensarci bene, erano -già- passati sei anni. Sei anni da quando per impegni lavorativi dovetti trasferirmi a Beverly Hills. Sei anni da quando salutai e vidi per l'ultima volta il viso di mia madre, del mio agente Rei, i visi dei miei amici. Sei anni in cui la mia carriera aveva decisamente preso la piega giusta, contratti su contratti che mi portarono, appunto, a trascorrere tutti questi anni lontano dal Giappone. Lontano da casa mia.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Altro Personaggio, Sana Kurata/Rossana Smith, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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bhgbjk "Sana? Sei ancora a letto? Non è possibile! Sono quasi le dieci del mattino!"
Udii in lontananza una voce, accompagnata da un rintocchio ben scandito, il suono di passi scala dopo scala. Bene, questo era un evidente segno che il mio sonno sarebbe stato completamente disturbato da lì a pochi secondi.
"Sana!" urlò quella voce udita poco prima, giunta alla mia porta, dopo averla aperta senza un minimo di delicatezza. Mi chiedevo chi potesse essere ad avere così poco rispetto per il mio riposo.
Poi mi ricordai che al mondo esisteva Fuka Matsui, e smisi di farmi delle domande.
"Fuka, che accidenti vuoi alle nove e trenta del mattino?" dissi debolmente, il sonno ancora lì, pronto ad abbracciarmi di nuovo.
"Che accidenti voglio? Hai dimenticato della festa di questa sera? Dobbiamo fare in modo che sia tutto perfetto!" quasi gridò, con le mani strette in due pugni.
Mi portai le coperte sin sopra l'attaccatura dei capelli, in modo da farle intuire quanta voglia avessi realmente di abbandonare il mio giaciglio, anche se la Fuka che conoscevo non avrebbe nè rinunciato, nè si sarebbe persa d'animo.
E infatti fu proprio così.
"Sana, di sotto ci sono i dorayaki..." mi informò, con tono malizioso.
"Colpo basso" sentenziai, rimuovendo almeno per quella mattina le coperte calde, e dirigendomi in bagno a fare una doccia veloce, mentre la mia strana, strana amica mi avrebbe aspettato al piano di sotto.
La festa di stasera, aveva detto. Una festa per il mio ritorno qui in Giappone. Ero contenta di notare che l'affetto dei miei amici sembrava aver sviluppato immunità al trascorrere del tempo, a pensarci bene, era tra le cose che più mi preoccupava al mio ritorno. Avevo timore che mi avessero dimenticata, timore che fossero in collera con me per tutti gli anni passati all'estero, timore che non mi riconoscesero più come la Sana di un tempo. In realtà, il giorno prima, tutti mi avevano dimostrato affetto. Sorrisi al pensiero di quella nuova immagine di Tsuyoshi, più uomo, più maturo, con gli occhi sensibili e commossi come erano da bambino. Lui e Aya formavano davvero una coppia perfetta, e il loro matrimonio era certamente la conseguenza più giusta per l'amre che provavano l'uno per l'altra.
Ripassando con a mente gli avvenimenti del giorno prima, sotto la doccia, non potei impedire che la mia mente mi portasse al saluto con Hayama.
Un Hayama anch'egli cresciuto, anch'egli diventato uomo. L'abbraccio che ci eravamo scambiati era stato talmente intenso da farmi quasi male, seppure durò pochi secondi. Desiderai sapere come era cambiata la sua vita dalla mia partenza, parlare un po' con lui sotto quel nostro gazebo come facevamo quando eravamo solo dei bambini, riavere il mio migliore amico. Mi era mancato, e sarebbe stato impossibile e falso negarlo.
"Eccomi" dissi, con la solita vitalità a cui tutti coloro che mi conoscevano erano abituati.
"Vieni a fare colazione, Sana!" urlò Fuka.
La salutai con un abbraccio, scusandomi per la mancanza di gentilezza che le avevo regalato pochi minuti prima, appena sveglia.
"Tranquilla, so quanto tu sia difficile da far svegliare, e quanto amore provi verso il letto" rise.
Risi anche io, mentre salutai anche Aya, e mia madre.
"Cara, fa' colazione, la signora Shimura ha preparato tutto con tanta gioia, canticchiando qualche strana canzone, da svegliarmi all'alba"
"Proprio con te volevo parlare! Mamma!"
"Tu eri a conoscenza delle diavolerie che queste due stavano mettendo in atto, e non mi hai detto nulla!" continuai, dopo, fingendo offesa.
Lei si avvicinò a me, portando il suo ventaglio alle labbra.
"Mia cara, un segreto è un segreto" rispose, per poi tornre a scrivere nel suo studio, ridendo per la mia espressione.
"Beh, quale sarebbe allora il programma di oggi?" domandai, mentre tagliavo un pezzo di dorayaki.
Osservai prontamente Aya recuperare un piccolo block notes, dove aveva sicuramente appuntato tutta la lista di cose da fare.
Mi chiesi perchè non riuscissi ad essere organizzata come lei.
"Allora, dovremmo verificare la presenza del catering, farti sapere il menu e se andrà bene darai la tua conferma, poi dovremmo passare a prendere le decorazioni, e le casse per la musica, e..."
"Va bene! Va bene, va bene tutto Aya. L'importante è che tu abbia ritagliato qualche minuto per prendere un caffè, altrimenti perderò coscienza e non potremo fare la festa e, oh! Povera me" dissi, interrompendo la mia amica, e recitando un po' di pathos per convincerle a fare una piccola pausa, portando anche la mia mano alla fronte.
Quando sollevai lo sguardo notai entrambe le espressioni delle mie migliori amiche con un sopracciglio inarcato, e le labbra portate da un lato. Non mi avevano presa sul serio nemmeno per un istante, e di certo avevano fatto bene. Risi, provocando anche una risata generale.
"Non sei cambiata per niente, Sana!" tentò di dire Aya, tra una risata e l'altra.
"D'accordo, Sana, prenderemo un caffè. Non vorremmo mai che tu avessi uno svenimento per colpa nostra. Anche se, a pensarci bene...così potresti rimanere in silenzio per qualche minuto..." furono le parole di Fuka.
E riprendemmo le risate lì dove erano rimaste. Mi erano mancate davvero.
"Su, sbrigati, abbiamo la lista di Aya che ci guarda in cagnesco" continuò, dopo aver ripreso la naturale espressione del viso, Fuka.
Come fu prevedibile, il resto della mattiinata trascorse tra negozi, impegni, e tutto ciò che richiedeva l'organizzazione di una festa. E sebbene fossimo esauste, nessuna di noi emise un solo piccolo lamento, neanche solo per un istante.

Arrivata a casa, dopo una mattina così frenetica come quella appena vissuta, non potei fare a meno di gettare il mio viso sui cuscini del divano pastello di casa mia, esausta.
"Oh, cara. So che non appena riesci a identificare un divano nel raggio di tre metri senti l'esigenza di testarlo, ma non è questo il momento. Devo consegnare un'altro capitolo del mio nuovo libro, e quell'Oliver non fa che starmi con il fiato sul collo..."
"Ma signora Kurata, il termine era già stato fissato per due giorni fa" la interruppe, con tono esasperato, il rappresentante della casa editrice che, a pensarci bene, era diventato quasi una persona di famiglia.
Mia madre mi lasciò velocemente il manoscritto, chiedendomi di leggerlo e darle una mia opinione, mentre con quella macchinina rossa driftava per il corridoio nel tentativo di scappare da quell'uomo, già ansimante per la fuga.
Risi al pensiero di quella stramba, ma unica, donna che era mia madre.
Lessi quel manoscritto, in cui mia madre aveva scelto di raccontare una meravigliosa tragicommedia, e mi sembrò essere quanto mai adatto a lei. Il ritmo era incalzante, la storia con una trama ben disposta. Sarebbe stato certamente un successo.
Mia madre fu felice di sentire la mia opinione, e si rallegrò quandò noto che ne rimasi sinceramente coinvolta. Era proprio quello lo scopo che lei si poneva. Al di là della scrittura corretta, della sintassi, lei voleva far innamorare i lettori di ciò che narrava, ed ero convinta lei avrebbe trionfato.
"Che farai nel pomeriggio?" domandò, mentre eravamo stavamo per pranzare.
"Credo andrò a casa di Rei, mi piacerebbe vedere Asako, e portare qualche regalo alla piccola Gigi"
"Sono d'accordo, Asako è affezionata a te"
Sorrisi, continuando a mangiare il delizioso pasto preparato dalla signora Shimura, parlando di futili argomenti io, mia madre, e...Onda, della casa editrice.
Appena terminato, salii immediatamente nella mia stanza pronta per vestirmi e andare nella nuova casa del mio manager Rei. Mi fermai a riflettere su che tipo di regalo avrei potuto dare alla loro figlioletta, che sapevo essere una bambina di sei anni, allegra e sveglia.
Avrei potuto darle una di quelle solite bambole, ma volevo fosse qualcosa di più originale e prezioso. L'idea mi venne ripensando a quella conversazione in macchina, appena fuori dall'aeroporto, tra me e Rei.
"A volte ho desiderato che potessi tornare ad avere undici anni, con quelle codine ramate e quell'aggeggio rosa odioso con cui facevi della musica ogni tanto"
Sorrisi. Ecco cosa le avrei portato, mi dissi, pregustando l'espressione di terrore per la futura confusione che Gigi avrebbe sicuramente fatto.

"Asako! Non sai che bello rivederti!" esclamai, in modo sincero, appena venne ad aprire la porta.
"Oh, Sana! E' magnifico poterti rincontrare! Entra pure, stavo giusto per servire un buon thè"
E con queste parole quella magnifica donna alta, ma sempre snella e ben vestita, si scostò di qualche passo per consentirmi di prendere posto nel suo salotto.
L'arredamento era moderno, in stile occidentale, decisamente gradevole per la luce che riusciva a illuminare tutta la stanza dalle vetrate, e che a loro volta si affacciavano su un delizioso giardino. Il bianco sembrava essere il colore predominante, e questo non faceva che enfatizzare la luminosità della stanza, seppure si potesse scorgere qualche dettaglio color caffè.
Non potei che farle i complimenti per lo stile e il gusto dimostrato.
Asako mi ringraziò, sorridendomi, mentre con attenzione versava il thè per servirlo. Fu a quel punto che vidi Rei incedere verso il salotto, con una bambina dai capelli biondo cenere tra le sue braccia.
"Sana, non sapevo fossi qui!" mi salutò lui, seppure il mio sguardo fosse rivolto solo a quell'angioletto. Non si meravigliò che fossi talmente rapita da Gigi a tal punto da non rispondere nemmeno al saluto.
"E così tu sei Gigi!" esclamai, con gli occhi che brillavano.
"Anche io so chi sei tu!" furono le prime parole che mi rivolse, con occhietti furbi.
"Ah, sì?" chiesi, alzando poco un sopracciglio, divertita.
"Sì! Tu sei la zia Sana! Papino parla spesso di te"
Non potei fare a meno di ridere al sentire quelle parole, dette in modo talmente amabile da fare sciogliere chiunque. La invitai a sedersi in braccio a me, acconsentendo immediatamente.
Continuai a parlare con Asako di vecchi ricordi, del nostro film, girato tanti anni prima, "Mizu no Yakata", di cosa avessi fatto in America, e di quanto fossimo contente di esserci riviste. Mi chiese anche di Hayama, se l'avessi rivisto o meno. Le risposi raccontando l'accaduto del giorno prima, assicurando che, però, nè io, nè sicuramente lui, provassimo sentimenti simili a quelli della mia partenza.
Consegnai anche il piccolo regalo a Gigi, provocando in Rei la precisa reazione che avevo previsto, e risa in me ed Asako. Erano davvero quella che poteva definirsi una famiglia ideale, con l'amore che essa porta inevitabilmente.
sarei rimasta lì anche per cena, ma decisi che fosse l'ora di lasciare un po' da soli Asako e Rei, e per me che fosse l'ora di prepararmi per l'evento che mi aspettava da lì a due ore.

Rimasi quasi mezz'ora dinanzi la porta di casa, frugando nella mia borsa nel disperato tentativo di trovare le chiavi giuste. Mi rimproverai per la mia abituale distrazione, che non faceva un minimo cenno ad abbandonarmi nonostante l'età ormai adulta, o quasi, a cui appartenevo. Eppure quel portachiavi a forma di pipistrello bianco dovrebbe facilitarmi il compito, pensai. Qualche sospiro isterico, per poi trovare dinanzi a me mia madre, seduta sul suo maggiolino rosso, con un paio di chiavi tra le mani. Le mie chiavi.
"Cerchi queste, cara?" domandò, con l'ovvietà che meritavo.
Un lieve colpetto sulla mia fronte le diede la risposta che voleva.
"Entra, tra poco arriveranno tutti i tuoi amici. Sapevo non saresti mai tornata in tempo per dare una piccola sistemata al salotto, così mi sono data da fare con le tue amiche Aya e Fuka."
Feci qualche passo verso la stanza in questione, ringraziando l'assoluta conoscenza su di me che mia madre aveva sviluppato negli anni.
Le mie due amiche erano già sistemate di tutto punto per ricevere gli ospiti. Aya con un grazioso abito floreale stretto in vita, che continuava poi con una gonna a ruota. Fuka optò, piuttosto, per un abito blu, senza spalline, portato con una giacca da tailleur in tono pastello. Erano davvero bellissime.
Feci i complimenti ad entrambe per lo stile prescelto all'occasione, mentre per tutta risposta, nonostante la mia gentilezza così adorabile, mi minacciarono d'essere pronta entro un'ora, o mi sarei dovuta presentare in accappatoio.
Seguendo gli ordini delle mie due migliori amiche mi concessi una doccia in un lampo, truccandomi leggermente, così come era mia abitudine fare, e indossando una tuta nera, elegante al punto che il tipo di serata voleva, con delle trasparenze puntinate sul decollete, e gambe. Lasciai i capelli sciolti, e mi accinsi a uscire dalla stanza.
Quando scesi al piano sottostante vidi già Gomi e Hisae essere arrivati, con accanto le espressioni seccate di Fuka e Aya. Mimai un "ho fatto più in fretta possibile", con un'espressione dispiaciuta, mentre rassegnate si avvicinavano a me, complimentandosi per l'abito che avevo indossato.
Cominciavo a sentire un po' di nervosismo, che mio malgrado crebbe quando Aya ci avvisò che un sms di Tsu le aveva anticipato l'arrivo di lui e Hayama entro qualche minuto. Odiavo quella sensazione di imbarazzo, di timore nel comportamento da assumere che provavo solo nei suoi confronti. Con tutti gli altri era stato così naturale, così spontaneo. Con Hayama invece non era affatto così, e ne avevo avuto prova solo il giorno precedente.
In realtà me l'aspettavo, più o meno, che il rapporto con lui non sarebbe stato il medesimo, conoscevo abbastanza il suo carattere chiuso e riflessivo, in realtà ero sempre stata io a rompere i ghiacci che ogni tanto si creavano tra noi due. Ma avevo nostalgia, nostalgia della nostra amicizia, non sopportavo di stare ad osservare che la nostra amicizia si perdesse così. Dovevo assolutamente fare qualcosa. Il mio carattere non mi permetteva di stare ferma.
Due piccoli pugni alla porta mi svegliarono da quel momento di introspezione. Erano lì.
Vidi Fuka concentrata nella scelta di un brano musicale, Aya intenta nel preparare l'aperitivo e disporlo a tavola. Così, da buona padrona di casa, andai verso la porta.
"Ciao Sana!" esclamò, nel suo solido modo affettuoso, Tsuyoshi.
Gli sorrisi, e ci abbracciammo per qualche secondo, per poi permettergli di entrare e, senza bisogno che lo vedessi, andare immediatamente verso la sua promessa sposa.
Quando mi voltai, per salutare anche Hayama, mi accorsi di un piccolo dettaglio che i miei occhi, ormai abituati alla distrazione, non avevano notato precedentemente.
Una ragazza, graziosa in volto, un po' bassina ma snella, era avvinghiata al suo braccio.
Rimasi ferma per qualche secondo, senza che potessi dire nulla, osservando prima lei, poi Hayama, che rispondeva allo sguardo, evidentemente curioso di leggere ciò che stavo provando.
"Hayama, io, io non sapevo che..." fu tutto quello che riuscii a dire.
"Ma allora è vero! Non dicevi bugie, Akito! E' davvero Sana Kurata!" urlò, interrompendo ciò che stavo per dire ad Hayama, e lasciando che i nostri occhi si concentrassero su di lei.
Fece qualche passo verso di me, abbandonando le mani del mio biondo amico.
"Che piacere di conoscerti, Sana! Non riesco quasi a credere di essere a casa del mio mito d'infanzia! Ti seguivo sempre, e anche fino al tuo ultimo film con Depp, era meraviglioso" continuò, senza perdere nemmeno una sfumatura d'entusiasmo, e stringendomi le dita.
Io sorrisi, un finto sorriso, è chiaro, e la ringraziai piano.
"Sai, Sana, se posso chiamarti in questa maniera..."
"Chiamami pure Sana" fu la mia risposta, senza intonazioni, ancora davanti l'uscio. Quella piccola mora non lasciava un secondo per parlare a nessuno.
"Ero sicura che Akito mi stesse prendendo in giro, non riuscivo a credere potesse davvero conoscerti. Ogni volta che parlavo di Sana Kurata, mia attrice preferita, o che volevo vedere un tuo film lui rifiutava ogni volta, dicendomi che sarei anche potuta andare da me! Il solito gentiluomo" asserì, tutto d'un fiato, ridendo.
Fu l'unica che rise a quelle parole.
Rimasi sorpresa dalle ultime frasi quasi urlate da quella ragazza. Hayama provava forse odio nei miei confronti? Mi detestava? Il pensiero che potesse farlo mi innervosì, mi dispiacque. Sentivo il bisogno di parlare con lui.
"Sì, beh...noi ci conosciamo da quando eravamo solo dei bambini" la informai, riportando i miei occhi su di lui, e i suoi occhi piantati su di me.
Qualche secondo di silenzio fu la conseguenza a quelle parole, senza che neanche la ragazza accanto a me potesse avere il coraggio di dire qualcosa.
"Siete venuti a casa mia per rimanere davanti la porta? Su, entrate. Ehm, non ricordo il tuo nome, Hayama non ci ha presentate." dissi, poi.
"Il suo nome è Harumi" furono le prime parole che quella sera scelse di dedicarmi, nel tono più indifferente che potesse sfoderare. Non mi scoraggiai.
"Piacere di conoscerti, Harumi" dissi, sorridendo, e chiedendomi anche come mai nè Fuka, nè Aya mi avessero detto di questa nuova ragazza.
Avevano forse paura della mia reazione? Paura che provassi ancora qualcosa per quell'Hayama? Ah, che errore, che cosa ridicola da credere!
Risi piano, seguendo il filo dei miei pensieri, sotto lo sguardo confuso di Hisae. Feci qualche svolazzo per aria con la mano, per farle intuire che non fosse nulla, nulla di fondamentale.
Bisognava ammettere, però, che lì sulla porta mi ero come impietrita, vedendoli abbracciati così intimamente...
Era sicuramente stata colpa della sorpresa, non potevo davvero aspettarmi una cosa del genere. Sì, sarà stato sicuramente per quello, meditai.
Entro qualche minuto tutti gli invitati arrivarono alla festa, ed era meraviglioso vedere la mia casa così gremita di persone, di tutti i miei affetti. Quasi ci avevo perso l'abitudine, abitando negli Stati Uniti.
Tutti si avvicinarono per rivolgermi qualche frase. Curiosità, frasi d'affetto, piccoli gossip, informazioni su come fosse la vita in Occidente. Fui felice di rispondere a quelle domande, mi piaceva vedere che i miei amici si interessassero di me, e di ciò che avevo fatto esattamente come io ero interessata alle loro vite.
Inutile a dirlo, che l'unica persona con il quale fino a quel momento non parlai neanche un solo secondo fu Hayama, che spesso guardavo, scoprendomi interessata di verificare se potessi beccarli in atteggiamenti intimi con quella Harumi, anche se sembrava più concentrato nello scegliere il tipo di sushi da mettere nel piatto.
Se ne stava lì, seduto, con il solito sguardo incapace di tradire qualsiasi emozione, con la sua ragazza al fianco, presa dal dirgli qualcosa a cui mi sembrò non dare molta attenzione.
Intanto la musica si era alzata di volume, le luci erano leggermente più basse, e molti dei miei amici e vecchie conoscenze cominciarono a danzare su del ritmo da discoteca. Mi gettai in pista presto anche io.
"Scusaci, Sana" sussurrò al mio orecchio, Aya, vicino anche Fuka.
Il mio sguardo si fece interrogativo.
"Per, beh, sì...Akito. Non ti abbiamo riferito nulla su Harumi...ma non sapevamo come dirti questa cosa, e...e entrambe avevamo pensato che fosse meglio lo scoprissi da te" furono le parole di Fuka, dette sempre quasi attaccate al mio orecchio per consentirmi di capire qualcosa visto il volume della musica.
Risposi come da sempre ero abituata a fare, con una risata, e se Hayama utilizzava l'indifferenza per farsi scudo, e non lasciar intendere ciò che provasse, io invece avevo sempre fatto uso delle risa, e di questo me ne accorsi solo qualche anno precedente.
"Non importa, davvero! Sono contenta abbia avuto qualcuno che gli sia stata vicino, spero solo lei lo apprezzi come merita. Hayama non è un tipo a cui ci si affeziona immediatamente." risposi, sincera.
"Da quanto tempo stanno insieme?" chiesi.
"Da due anni. Anche se non lo ammetterebbe nemmeno se lo torturassimo, ha sofferto tanto la tua partenza"
Era così? Aveva sofferto il fatto che io fossi lontana? Provai un sentimento antitetico di fronte all'ultima frase pronunciata da Aya. Se da un lato ero triste a saperlo sofferente, consapevole che la persona a causargli questo dolore fosse proprio la sottoscritta, dall'altro lato ero quasi contenta, contenta di sapere che lui tenesse a me.
"E' stato complesso per entrambi" fu il mio pensiero a voce alta, che naturalmente non sfuggì nè ad Aya, nè a Fuka.
Entrambe mi abbracciarono, e per qualche secondo scelsi di abbassare la guardia, incapace anche di analizzare esattamente quali emozioni avertissi in quell'istante.

Danzai per quasi un'ora finchè, esausta, non scelsi di dirigermi verso il piano con i drink, e bere qualcosa che contenesse alcool. Sentivo la necessità di attenuare i miei pensieri, impossibili da fermare da quando una certa persona aveva fatto il suo ingresso nella mia casa.
Forse un po' d'aria pulita era proprio ciò che faceva al caso mio.
Andai nella piccola veranda esterna, ringraziando in silenzio quell'aria fresca che finalmente sfiorò il mio viso.
"Kurata"
Una voce. Una voce che avrei riconosciuto ovunque.
E tanti saluti alla calma che il vento mi stava donando.
Mi voltai, evidentemente sorpresa che fosse lì. "Hayama, mi hai speventata"
"Hai le gote più rosse dei tuoi capelli. Sembri un pagliaccio" asserì, con tono calmo, anche se era possibile notare una piccola sfumatura di divertimento.
"Che cosa? Sei un maleducato, solo tu potresti anche solo sognare di dire queste cose ad una ragazza, ma è questo il modo di rivolgersi alla mia grazia e..." cominciai a dire velocemente, fintamente offesa dalla sua frase.
Ghignò di divertimento, gli piaceva farmi infuriare.
"Come stai?" domandò, all'improvviso, rendendo l'atmosfera diversa rispetto il minuto precedente.
Mi sedetti accanto a lui.
"Bene. Sto bene" risposi, semplicemente, interrompendo il contatto visivo.
Lui mi osservò, aggrottando un po' le sopracciglia. Quella risposta non era sufficiente per lui. Sembrava avesse conservato quella capacità di andare al di là dei miei sorrisi, della mia allegria, e leggere i miei occhi.
"Davvero, sto bene. E' un po' difficile tornare qui, dopo il tempo che è trascorso. Riprendere le mie abitudini, rivedere tutti voi. E' talmente bello che mi sento...confusa. Ma ho quasi timore di non avere il diritto di tornare nelle vostre vite da un giorno all'altro, fingendo di dimenticare il tempo trascorso" dissi, in un fiato, spostando lo sguardo dai suoi occhi quando smisi di proferire parola.
"Non avrei mai creduto potessi dire una cosa simile, proprio tu"
Tornai ad osservarlo, sembrava...stupito. Lo guardai con confusione.
"La Sana Kurata egoista ed egocentrica che ricordavo, non avrebbe mai detto una cosa del genere"
Pensai a quale sarebbe stata la mia reazione se mi avesse detto quelle parole solo qualche anno fa. Avrei sicuramente tirato fuori il martelletto, offendendomi per la crudeltà delle sue parole. Ma nel viaggio negli Stati Uniti avevo riflettuto su questo mio difetto, ricordando tutte le volte in cui Hayama me lo ricordasse, e cominciando, per la prima volta, a credere che non avesse affatto torto. "Crescere" significava proprio quello, probabilmente.
Sorrisi amaramente.
"Kurata, tutte le persone che questa sera sono venute lo hanno fatto perchè ti vogliono bene, ti considerano loro amica. Nessuno si è sentito in dovere di farti quella sorpresa al parco, o di partecipare stasera." parlò, guardando dritto.
"Sì, forse hai ragione"
"Lei...sembra simpatica" bisbigliai, cambiando argomento, cogliendolo all'improvviso.
Mi guardò, ma non diede alcun cenno di rispondere.
"Hayama, tu, tu mi detesti?" chiesi, con tono un po' fanciullesco.
"Cosa? No, certo che no, Kurata" rispose, con qualche decibel più alto, e con ovvietà.
"Prima, quando Harumi ha detto che non volessi mai vedermi in televisione, o parlare di me...mi è sembrato così"
"No. Non si è mai trattato di quello." furono le sue parole, lasciando intendere cosa in realtà si celasse dietro il suo comportamento.
Qualche secondo di silenzio, furono la più ovvia delle conseguenze alle sue parole. Ma dovevo assolutamente dire ad Hayama una frase che per tanto tempo mi aveva torturato, e che sentivo fosse giusto comunicargli.
"Hayama...io, io devo chiederti scusa." pronunciai, stavolta senza che deviassi i suoi occhi.
Mi guardò, voltandosi repentinamente, come se non si aspettasse che potessi dire una cosa del genere.
Risi debolmente per la sua espressione interrogativa, mentre mi preparavo a continuare.
"Sì, beh, ti chiedo scusa per non aver mai capito niente, e per essere stata così ottusa. E ti chiedo scusa per tutte le volte in cui mi sono comportata da bimba viziata, in cui ho preferito la fuga, piuttosto che scegliere di affrontare tutto, con la solita forza d'animo con cui tutti mi descrivono. Scusa se sono stata una codarda"
Mi ascoltava, la sua espressione concentrata, e i suoi occhi così intensi fermi sui miei, che nel frattempo si erano fatti umidi.
"Grazie" rispose, semplicemente.
Il mio occhio destro ebbe qualche spasmo, e fu inevitabile che io lo colpissi con quel fidato martelletto, da portare sempre con sè, quando si trattava di Akito Hayama.
"Cosa? Io ti chiedo scusa, mostrando tutta la mia maturità e tu mi rispondi con un "grazie"? A volte mi fai proprio saltare i nerv..." gridai, iraconda.
"Ahi! Hai ancora quello stupido martello, non è possibile" rispose, fintamente arrabbiato, toccandosi il punto in cui lo avevo colpito sulla testa.
"E vedi anche come è tornato utile?"
Sorrise.
"Va bene, va bene. Ti chiedo scusa anche io, per quelle volte in cui la mia testardaggine mi ha impedito di comportarmi in modo maturo. E per quelle volte in cui non riuscivo a dirti quelle parole di cui avevi bisogno" continuò, facendo tornare l'atmosfera calma, notai anche quanto risultò difficile per lui riferirmi quelle parole.
"Il passato è un capitolo chiuso, eravamo dei bambini, in fin dei conti... Sono contenta tu abbia trovato qualcuno che ti sia stata vicina in questi anni. Negli ultimi che ho passato qui noi non riuscivamo ad essere amici per via di quello che sentivamo, ma adesso...adesso che non è più così potremo tornare come eravamo. Vorrei riavere il mio amico cocciuto Hayama..."
"Sì, hai ragione, sono d'accordo."
"Però forse sarebbe meglio mettere giù quel bicchiere, le tue guance sono ancora di quel ridicolo colore" disse dopo, ironico.
"Io, Sana Kurata, reggo l'alcool meglio di chiunque altro!" urlai, mettendomi in piedi, con le mani alla vita.
"Io non ci giurerei" rispose, evidentemente come uno sprovveduto, ancora seduto, con le mani dietro la testa.
"Non sfidarmi, Hayama" sussurrai, piegando poco il torace verso il suo viso.
"Non sfidarmi tu, Kurata. Sai bene come finì quando volevi a tutti i costi che mi buttassi con l'elastico".
"E' ora della rivincita" dissi, pregustando il dolce sapore del trionfo.

Angolo dell'autrice
Ciao ragazzi! Volevo ringraziarvi per le bellissime recensioni che mi avete regalato, sono davvero contenta che la storia vi piaccia, e spero davvero di non deludervi! In questo angolo volevo fare qualche piccola precisazione, e mi scuso se le scrivo già al terzo capitolo! La storia segue, più o meno, i fatti del manga, senza però la storia della mano di Akito, e la successiva sindrome della bambola da cui Sana è stata affetta. I due non sono mai stati davvero insieme, e quando Fuka si rese conto di ciò che Sana e Akito sentivano l'una per l'altra, i nostri protagonisti sono stati impossibilitati dal frequentare l'un l'altro per colpa degli impegni di lavoro di Sana, e il solito timore che entrambi avvertivano. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Ci vediamo all'aggiornamento prossimo! Un bacio :-*
Nel caso in cui voleste dare uno sguardo, ecco l'abito che ho voluto far indossare a Sana durante il party.
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