Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Florestan    26/05/2016    2 recensioni
La storia vuole essere una possibile prosecuzione della serie classica del ’78 e vi sono precisi riferimenti e citazioni da specifici episodi di quest'ultima:
Miime calò lentamente l’ultima carta sul bel tavolo di mogano che faceva parte dell’arredamento della stanza del capitano: asso di picche!
-Brutto segno, commentò a bassa voce, ma senza scomporsi minimamente finì il calice ricolmo di vino e rapidamente se ne versò dell’altro.
Harlock se ne stava sdraiato sul grande letto che dominava all’interno della sua cabina, le mani incrociate dietro la nuca, lo sguardo perso, immerso nei pensieri che si rincorrevano e si smarrivano lontano nel tempo e nei ricordi...
Erano ormai trascorsi tre anni da quando lui e Miime a bordo dell’Arcadia avevano intrapreso il loro viaggio senza meta per le vie dell’universo.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Miime, Nuovo personaggio, Raflesia
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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                                                              4. Ragion di stato
In cuor mio fui felicissima di rivederla ma non potei trattenermi dal mostrare una certa soggezione, era pur sempre l’onnipotente sovrana padrona di ogni cosa, anche della mia stessa vita. Feci per accennare un inchino quando lei sbottò: -Galia non fare la fessa, da quando in qua una rivoluzionaria s’inchina di fronte ad una regina? E se poi la regina è pure una vecchia amica? Vieni qui e abbracciami! Così feci e rimanemmo ore a raccontarci delle nostre vite, in particolare lei mi raccontò di come le era stato difficile raccogliere l’eredità della madre e come le pesasse essere diventata schiava di un tale meccanismo. Ormai non aveva più tempo per nessun tipo di svago o divertimento o affetto privato, tutta la sua vita era spesa in nome della ragion di stato ovvero di come governare il grande regno di Mazone e farlo crescere sempre più in potenza e in gloria…
Quando alla fine mi salutò dicendomi che doveva affrettarsi a tornare alla reggia e che aveva dovuto ricattare una decina di altissimi ufficiali e dignitari per potersela svignare e venirmi a trovare, capii che probabilmente quella era una delle ultime volte che l’avrei vista così.
Gli anni passarono e alle guerre sempre più sanguinose si aggiunse l’immanente catastrofe del nostro sole che colse impreparati la maggior parte dei nostri scienziati. Il poco tempo che rimaneva sarebbe bastato appena per organizzare l’immenso esodo del nostro popolo. Il resto della storia la conosci, Harlock. In quegli anni ho visto sempre più da lontano e con orrore crescente la terribile trasformazione di Raflesia, da regina mite e giusta ella si trasformò in quella spietata e sanguinaria tiranna capace in un attimo di cancellare dalla faccia dell’universo interi pianeti e con loro milioni di abitanti…
Mentre diceva queste parole Galia cominciò a piangere…
Ecco un’altra cosa a cui Harlock non era preparato: vedere una mazoniana piangere. 
Sapeva che era un evento raro, soprattutto tra le guerriere, ma si ricordò subito di quella volta in cui due soldatesse mazoniane erano atterrate su ombra di morte, la base segreta dei pirati camuffata da asteroide, e penetrando al suo interno erano giunte sino alla spiaggia e al mare artificiale che si celavano al suo interno. Allora fu inviato Yattaran ad affrontarle, ma con sua grande sorpresa il vicecomandante si trovò di fronte due amiche abbracciate che piangevano insieme, commosse alla vista di quel mare. Per Yattaran fu un esperienza straziante dover affrontare e uccidere quelle due nemiche che un attimo prima avevano mostrato una tale profondità di sentimenti. Harlock ricordò la cura con cui il suo vice compose i loro corpi ricoprendoli di fiori ed affidando poi le due bare all’infinità del cosmo.
Nel frattempo Galia si era ricomposta e aveva ripreso il suo racconto:
-Circa due mesi fa ricevetti una chiamata dal mio superiore dell’istituto. In quel periodo stavo lavorando in un cantiere archeologico su di un pianeta di Ceti 9. Mi si disse che la regina in persona aveva chiesto di me e che voleva che la raggiungessi su Beta. Pareva che fosse molto interessata ai risultati del mio lavoro e, avendo intenzione di far realizzare un museo di archeologia galattica, pensava di servirsi della mia collaborazione…
Dapprima fui tentata di declinare l’offerta, oramai nulla mi legava più a quella donna, ma mi erano giunte molte voci riguardo al cambiamento subito da Raflesia dopo la sua sconfitta, e alla fine non seppi dire di no. Qualcosa mi diceva che dovevo rivederla.
Attualmente su Beta vi è solo un piccolo insediamento urbano che fa da logistica alla reggia. Chi vi abita e ci lavora effettua dei periodici turni a rotazione di due mesi, per poi tornare al caldo degli altri pianeti. La reggia vera e propria è una costruzione di grande ma non grandissima dimensione. Una specie di vasto chalet con i tetti spioventi per via della neve. Gli esterni sono privi di decorazioni, mentre una semplice targa all’ingresso fa sapere che quella è la residenza ufficiale della regina. Quello che colpisce di più è l’estrema essenzialità dei suoi arredi interni. Nessun quadro o arazzo o vaso pregiato o qualunque altra manifestazione di sfarzo e ricchezza. Nessuna rappresentazione olografica quadridimensionale o altri impressionanti effetti visivi che si narra un tempo ornassero i mirabolanti ambienti della regina sulla Docras.
Al mio arrivo venni subito condotta in una stanza di medie dimensioni al primo piano dell’edificio. Anche qui vi era uno scarno, spartano arredamento, unica nota di colore la presenza di alcuni vasi di variopinti fiori disposti in diversi punti dell’ambiente. Al centro della stanza due piccoli divanetti per gli ospiti e di fronte una modesta scrivania seguita da una poltroncina.
Fui fatta accomodare da una delle due dame di compagnia che mi avevano scortato e dopo un attimo da una porticina laterale usci lei, la regina.
Mi rialzai immediatamente mentre lei mi veniva incontro con un sorriso. Il suo volto mostrava chiaramente i segni di una sofferenza o fisica o interiore. L’espressione un po’ tirata come se volesse a tutti i costi trasmettere una tranquillità inesistente. E lo sguardo. Non dimenticherò mai quello sguardo ammantato di tristezza. Quegli occhi viola, un tempo più freddi di una lama d’acciaio sembravano come spenti e si muovevano ogni tanto solo per fissare la neve che scendeva lentamente fuori delle finestre.
Fece un piccolo cenno con la mano e le due anziane donne si allontanarono. A quel punto, quando fu sicura che nessuno potesse vederci o ascoltarci mi abbracciò teneramente e in quell’abbraccio potei avvertire una fragilità che quasi mi sconvolse.  –Non sai da quanto desideravo rivederti! Mi disse con voce commossa. Parlammo tanto, volle sapere tutto su di me sul mio lavoro, aveva saputo delle mie fruttuose ricerche e mi fece molti complimenti, ad un tratto però l’espressione si rabbuiò, schiaccio un pulsante di una scatoletta che aveva in mano e continuò: è un disturbatore ultradimensionale, serve ad impedire il funzionamento di eventuali sistemi di spionaggio e sorveglianza.  Perdonami Galia ma la ragione per cui ti ho fatto venire qui da me non è quella del museo. Quella è stata una scusa per non destare sospetti.  
Sospetti? disturbatori? spionaggio? pensai, e un brivido mi salii per la schiena.
 –Ti ho cercato perché tu sei l’unica persona di cui sento di potermi fidare e l’unica che forse mi può aiutare in questo momento. 
Mi spiegò brevemente la difficile situazione che stava vivendo col consiglio delle anziane e i suoi timori riguardo la sua eliminazione fisica: -Ci hanno già provato ben due volte, disse lasciandomi di sasso. Il tono della sua voce era stanco, quasi rassegnato. –Non che mi interessi più tanto della mia vita, ma ciò che mi preoccupa è quello che potrebbe succedere al regno a seguito della mia improvvisa scomparsa. Ho paura che tutto quello che faticosamente abbiamo raggiunto, un futuro di pace e di ricostruzione, possa essere di nuovo messo in discussione da forze oscure che tramano per ricostituire un impero ormai anacronistico e fondato di nuovo sulla violenza e la distruzione. Non posso permettere che Mazone ripiombi nel buio e negli orrori di cui a suo tempo fui io la responsabile. No…! Non lo permetterò mai, ad ogni costo! Qui la sua voce seppur tremando lievemente parve di nuovo mostrare l’antico carattere guerriero che l’aveva resa leggendaria.
-Il fatto è che ormai sono rimasta sola, come ti dicevo non è rimasto più nessuno di cui mi possa fidare ciecamente. Del resto la guardia speciale imperiale non esiste più, Cleo è morta per mia colpa, ed io sono stanca di dovermi sempre guardare le spalle da un nemico sconosciuto.
A quel punto fui io ad avere il coraggio di interromperla:
-Ma come pensi che possa aiutarti, io che non ho la minima conoscenza di intrighi, delitti, diplomazia e quant’altro?
 –Proprio per questo, rispose lei, -Proprio perché sei sempre stata al di fuori da queste cose e perché oltre ad essere uno spirito libero hai sempre avuto un profondo senso della giustizia e il tuo altruismo ti ha sempre contraddistinto. Solo un’altra persona conosco che possieda la stessa purezza d’animo e di ideali e a quella ti dovrai rivolgere chiedendo il suo aiuto: Harlock!
-Tu hai una mente analitica e scevra da sovrastrutture che la possano influenzare, insieme a lui che possiede l’abilità militare tattica, l’astuzia ed il coraggio, potrai condurre a buon fine l’indagine che ti chiedo di condurre, non per la mia salvezza ma per quella del nostro regno e del mondo circostante!
 -Ecco, concluse Galia, questo è tutto. Ora sapete la ragione della mia missione e il perchè ti abbia cercato, Harlock.
Ci fu un lungo silenzio che alla fine fu interrotto dal capitano:
-C’è qualcosa di surreale in tutta questa storia... Raflesia che chiede il mio aiuto magnificando le mie “qualità”, ma che fa? Vuole lusingarmi?  Crede di potermi manipolare come ha sempre fatto con tutti coloro che la circondavano? E poi cosa le fa pensare che voglia aiutarla? Dopo quello che fatto! E io mi chiamo Harlock, mica Sherlock!
-Capitano, riprese Galia –Qui non conta quello che dice o realmente pensa Raflesia di te, ne tantomeno se sia sincera o meno, anche se io le credo, il problema e che se vincono i “cattivi” c’è il serio rischio di ritrovarsi di nuovo in preda ad una devastante guerra che coinvolgerà di nuovo la tua Terra e il mio popolo, e io credo che nessuno di noi voglia questo!
-Harlock, disse Miime, -Sento che Galia dice il vero e credo che lo senta anche tu, Raflesia non è più un pericolo ma i suoi avversari sì... non possiamo permettere che Mazone torni a minacciare l’universo libero, ti prego, sento che non ci sono alternative, dobbiamo aiutarli!
Al solo pensiero che la terra, Mayu e tutti gli amici di un tempo potessero essere di nuovo coinvolti in un interminabile conflitto, Harlock si sentì ribollire il sangue ed esplose: -No, non può ricominciare da capo! Farò tutto quello che è in mio potere perchè questo non succeda!
Hai vinto, Raflesia! Questa volta torniamo da te! Il tono era rabbioso, ma Mime avvertì per un attimo un elemento contrastante: era euforia!
Nota al 4° capitolo:  L'episodio descritto in cui Yattaran affronta le due mazoniane non si riferisce a nessun episodio della serie televisiva del '78, bensì ad uno dei momenti più toccanti descritti dallo stesso Matsumoto nel 5° volume del suo manga originale.

 

 


                                                           4. Ragion di stato

 




In cuor mio fui felicissima di rivederla ma non potei trattenermi dal mostrare una certa soggezione, era pur sempre l’onnipotente sovrana padrona di ogni cosa, anche della mia stessa vita. Feci per accennare un inchino quando lei sbottò: -Galia non fare la fessa, da quando in qua una rivoluzionaria s’inchina di fronte ad una regina? E se poi la regina è pure una vecchia amica? Vieni qui e abbracciami! Così feci e rimanemmo ore a raccontarci delle nostre vite, in particolare lei mi raccontò di come le era stato difficile raccogliere l’eredità della madre e come le pesasse essere diventata schiava di un tale meccanismo. Ormai non aveva più tempo per nessun tipo di svago o divertimento o affetto privato, tutta la sua vita era spesa in nome della ragion di stato ovvero di come governare il grande regno di Mazone e farlo crescere sempre più in potenza e in gloria…
Quando alla fine mi salutò dicendomi che doveva affrettarsi a tornare alla reggia e che aveva dovuto ricattare una decina di altissimi ufficiali e dignitari per potersela svignare e venirmi a trovare, capii che probabilmente quella era una delle ultime volte che l’avrei vista così.
Gli anni passarono e alle guerre sempre più sanguinose si aggiunse l’immanente catastrofe del nostro sole che colse impreparati la maggior parte dei nostri scienziati. Il poco tempo che rimaneva sarebbe bastato appena per organizzare l’immenso esodo del nostro popolo. Il resto della storia la conosci, Harlock. In quegli anni ho visto sempre più da lontano e con orrore crescente la terribile trasformazione di Raflesia, da regina mite e giusta ella si trasformò in quella spietata e sanguinaria tiranna capace in un attimo di cancellare dalla faccia dell’universo interi pianeti e con loro milioni di abitanti…
Mentre diceva queste parole Galia cominciò a piangere…
Ecco un’altra cosa a cui Harlock non era preparato: vedere una mazoniana piangere. 
Sapeva che era un evento raro, soprattutto tra le guerriere, ma si ricordò subito di quella volta in cui due soldatesse mazoniane erano atterrate su ombra di morte, la base segreta dei pirati camuffata da asteroide, e penetrando al suo interno erano giunte sino alla spiaggia e al mare artificiale che si celavano al suo interno. Allora fu inviato Yattaran ad affrontarle, ma con sua grande sorpresa il vicecomandante si trovò di fronte due amiche abbracciate che piangevano insieme, commosse alla vista di quel mare. Per Yattaran fu un esperienza straziante dover affrontare e uccidere quelle due nemiche che un attimo prima avevano mostrato una tale profondità di sentimenti. Harlock ricordò la cura con cui il suo vice compose i loro corpi ricoprendoli di fiori ed affidando poi le due bare all’infinità del cosmo.
Nel frattempo Galia si era ricomposta e aveva ripreso il suo racconto:
-Circa due mesi fa ricevetti una chiamata dal mio superiore dell’istituto. In quel periodo stavo lavorando in un cantiere archeologico su di un pianeta di Ceti 9. Mi si disse che la regina in persona aveva chiesto di me e che voleva che la raggiungessi su Beta. Pareva che fosse molto interessata ai risultati del mio lavoro e, avendo intenzione di far realizzare un museo di archeologia galattica, pensava di servirsi della mia collaborazione…
Dapprima fui tentata di declinare l’offerta, oramai nulla mi legava più a quella donna, ma mi erano giunte molte voci riguardo al cambiamento subito da Raflesia dopo la sua sconfitta, e alla fine non seppi dire di no. Qualcosa mi diceva che dovevo rivederla.
Attualmente su Beta vi è solo un piccolo insediamento urbano che fa da logistica alla reggia. Chi vi abita e ci lavora effettua dei periodici turni a rotazione di due mesi, per poi tornare al caldo degli altri pianeti. La reggia vera e propria è una costruzione di grande ma non grandissima dimensione. Una specie di vasto chalet con i tetti spioventi per via della neve. Gli esterni sono privi di decorazioni, mentre una semplice targa all’ingresso fa sapere che quella è la residenza ufficiale della regina. Quello che colpisce di più è l’estrema essenzialità dei suoi arredi interni. Nessun quadro o arazzo o vaso pregiato o qualunque altra manifestazione di sfarzo e ricchezza. Nessuna rappresentazione olografica quadridimensionale o altri impressionanti effetti visivi che si narra un tempo ornassero i mirabolanti ambienti della regina sulla Docras.
Al mio arrivo venni subito condotta in una stanza di medie dimensioni al primo piano dell’edificio. Anche qui vi era uno scarno, spartano arredamento, unica nota di colore la presenza di alcuni vasi di variopinti fiori disposti in diversi punti dell’ambiente. Al centro della stanza due piccoli divanetti per gli ospiti e di fronte una modesta scrivania seguita da una poltroncina.
Fui fatta accomodare da una delle due dame di compagnia che mi avevano scortato e dopo un attimo da una porticina laterale usci lei, la regina.
Mi rialzai immediatamente mentre lei mi veniva incontro con un sorriso. Il suo volto mostrava chiaramente i segni di una sofferenza o fisica o interiore. L’espressione un po’ tirata come se volesse a tutti i costi trasmettere una tranquillità inesistente. E lo sguardo. Non dimenticherò mai quello sguardo ammantato di tristezza. Quegli occhi viola, un tempo più freddi di una lama d’acciaio sembravano come spenti e si muovevano ogni tanto solo per fissare la neve che scendeva lentamente fuori delle finestre.
Fece un piccolo cenno con la mano e le due anziane donne si allontanarono. A quel punto, quando fu sicura che nessuno potesse vederci o ascoltarci mi abbracciò teneramente e in quell’abbraccio potei avvertire una fragilità che quasi mi sconvolse.  –Non sai da quanto desideravo rivederti! Mi disse con voce commossa. Parlammo tanto, volle sapere tutto su di me sul mio lavoro, aveva saputo delle mie fruttuose ricerche e mi fece molti complimenti, ad un tratto però l’espressione si rabbuiò, schiaccio un pulsante di una scatoletta che aveva in mano e continuò: è un disturbatore ultradimensionale, serve ad impedire il funzionamento di eventuali sistemi di spionaggio e sorveglianza.  Perdonami Galia ma la ragione per cui ti ho fatto venire qui da me non è quella del museo. Quella è stata una scusa per non destare sospetti.  
Sospetti? disturbatori? spionaggio? pensai, e un brivido mi salì per la schiena.
 –Ti ho cercato perché tu sei l’unica persona di cui sento di potermi fidare e l’unica che forse mi può aiutare in questo momento. 
Mi spiegò brevemente la difficile situazione che stava vivendo col consiglio delle anziane e i suoi timori riguardo la sua eliminazione fisica: -Ci hanno già provato ben due volte, disse lasciandomi di sasso. Il tono della sua voce era stanco, quasi rassegnato. –Non che mi interessi più tanto della mia vita, ma ciò che mi preoccupa è quello che potrebbe succedere al regno a seguito della mia improvvisa scomparsa. Ho paura che tutto quello che faticosamente abbiamo raggiunto, un futuro di pace e di ricostruzione, possa essere di nuovo messo in discussione da forze oscure che tramano per ricostituire un impero ormai anacronistico e fondato di nuovo sulla violenza e la distruzione. Non posso permettere che Mazone ripiombi nel buio e negli orrori di cui a suo tempo fui io la responsabile. No…! Non lo permetterò mai, ad ogni costo! Qui la sua voce seppur tremando lievemente parve di nuovo mostrare l’antico carattere guerriero che l’aveva resa leggendaria.
-Il fatto è che ormai sono rimasta sola, come ti dicevo non è rimasto più nessuno di cui mi possa fidare ciecamente. Del resto la guardia speciale imperiale non esiste più, Cleo è morta per mia colpa, ed io sono stanca di dovermi sempre guardare le spalle da un nemico sconosciuto.
A quel punto fui io ad avere il coraggio di interromperla:
-Ma come pensi che possa aiutarti, io che non ho la minima conoscenza di intrighi, delitti, diplomazia e quant’altro?
 –Proprio per questo, rispose lei, -Proprio perché sei sempre stata al di fuori da queste cose e perché oltre ad essere uno spirito libero hai sempre avuto un profondo senso della giustizia e il tuo altruismo ti ha sempre contraddistinto. Solo un’altra persona conosco che possieda la stessa purezza d’animo e di ideali e a quella ti dovrai rivolgere chiedendo il suo aiuto: Harlock!
-Tu hai una mente analitica e scevra da sovrastrutture che la possano influenzare, insieme a lui che possiede l’abilità militare tattica, l’astuzia ed il coraggio, potrai condurre a buon fine l’indagine che ti chiedo di condurre, non per la mia salvezza ma per quella del nostro regno e del mondo circostante!
 -Ecco, concluse Galia, questo è tutto. Ora sapete la ragione della mia missione e il perchè ti abbia cercato, Harlock.
Ci fu un lungo silenzio che alla fine fu interrotto dal capitano:
-C’è qualcosa di surreale in tutta questa storia... Raflesia che chiede il mio aiuto magnificando le mie “qualità”, ma che fa? Vuole lusingarmi?  Crede di potermi manipolare come ha sempre fatto con tutti coloro che la circondavano? E poi cosa le fa pensare che voglia aiutarla? Dopo quello che fatto! E io mi chiamo Harlock, mica Sherlock!
-Capitano, riprese Galia –Qui non conta quello che dice o realmente pensa Raflesia di te, ne tantomeno se sia sincera o meno, anche se io le credo, il problema e che se vincono i “cattivi” c’è il serio rischio di ritrovarsi di nuovo in preda ad una devastante guerra che coinvolgerà di nuovo la tua Terra e il mio popolo, e io credo che nessuno di noi voglia questo!
-Harlock, disse Miime, -Sento che Galia dice il vero e credo che lo senta anche tu, Raflesia non è più un pericolo ma i suoi avversari sì... non possiamo permettere che Mazone torni a minacciare l’universo libero, ti prego, sento che non ci sono alternative, dobbiamo aiutarli!
Al solo pensiero che la terra, Mayu e tutti gli amici di un tempo potessero essere di nuovo coinvolti in un interminabile conflitto, Harlock si sentì ribollire il sangue ed esplose: -No, non può ricominciare da capo! Farò tutto quello che è in mio potere perchè questo non succeda!
Hai vinto, Raflesia! Questa volta torniamo da te! Il tono era rabbioso, ma Mime avvertì per un attimo un elemento contrastante: era euforia!

 


Nota al 4° capitolo:  L'episodio descritto in cui Yattaran affronta le due mazoniane non si riferisce a nessun episodio della serie televisiva del '78, bensì ad uno dei momenti più toccanti descritti dallo stesso Matsumoto nel 5° volume del suo manga originale.
 

   
 
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