P.S questo è il link della canzone che mi ha ispirato, se qualcuno ha voglia di ascoltarla.E' in russo ovviamente ;) : https://www.youtube.com/watch?v=dzk-oRi8um8
Lesnik
“Ti sei perso, ragazzo?” La sua voce lo scosse un pochino; non perché fosse roca o paurosa, ma non pensava di essere stato visto. “Hai paura o ti hanno tagliato la lingua?” continuò.
“No”
“Bene. Vuoi entrare? Una ciotola di zuppa non te la nego”. Anton titubante si avvicinò e notò che il suo corpo era esile, tutto avvolto da stoffe diverse unite tra loro da pezzi di corda.
“Grazie”. Appena entrò socchiuse gli occhi, gustandosi il caldo del camino. La casa aveva giusto un letto di paglia con sopra qualche coperta, un tavolo al centro e lo spazio per il fuoco con sopra una pentola appesa nella parete opposta.
“Siediti pure, ragazzo” lo incoraggiò l’anziano sorridendogli di sfuggita mentre si avvicinava al fuoco. Appena lo fece notò una cosa che era molto inusuale trovare nelle case, eccetto quelle di dottori, zar o forse musicisti. Una libreria, con più di una trentina di libri che occupava mezza parete e all’angolo una sedia un po’ imbottita con altri due libri sopra. Doveva essere colto, ma allora perché stava lì?
“Dimmi ragazzo, come mai ti trovi a vagare per il bosco a quest’ora?”
“Scappavo” rispose brevemente prima di ingurgitare grandi bocconi di quella zuppa con patate.
“Dal villaggio?”
“Sì”
“Qualunque cosa tu abbia fatto-“
“Io non ho fatto proprio un bel niente, vecchio. E questo non ti riguarda”
“Ragazzo” cominciò con aria paterna, come se non avesse sentito niente.
“Non serve essere insolenti, io non giudico nessuno. Se ti ho accolto così in casa mia e vivo qua da solo nel bosco, significa che non ho paura” finì rivelando finalmente i piccoli occhi grigi che inquietarono Anton.
Bevve un sorso.
“E tu? Perché sei finito a vivere qui?”
L’uomo scrollò le spalle come se non fosse importante
“Ero stufo dell’ignoranza e ottusità della gente. Dicevano che ero pazzo”. Parlava scandendo molto bene le parole , mentre si accarezzava il mento barbuto.
Anton era sempre più convinto che fosse un uomo molto colto, ma allora perché lo consideravano pazzo? Uno come lui era sempre rispettato e desiderato; ogni madre avrebbe fatto di tutto per far sposare la figlia con un uomo colto e ricco.
“E lo sei?” chiese poggiando la ciotola ora vuota
“Figliolo, io credo che solo gli dei della morte potranno decidere, quando sarà, se sono pazzo o no. Per ora continuo a credere che noi esseri umani siamo molto forti e intelligenti e in futuro lo saremo ancora di più con le dovute migliorie. Ma per arrivare a ciò ci servono prove su prove e non tutti, purtroppo, vedono di buon grado le novità” sospirò congiungendo le proprie mani sul grembo
“O il mezzo per arrivarci” finì guardando il giovane ragazzo con aria stanca.
Ad Anton sembrò un concetto logico dopotutto e questo gli fece abbassare, anche se di poco, la tensione che aveva. Comunque una domanda continuava a girargli intorno.
“Come hai fatto notare la mia presenza vecchio?” chiese infatti non riuscendo a trovare una soluzione, movendosi un po’ sulla sedia.
L’altro prese un grande respiro, girò la testa verso il fuoco e notò che si stava spegnendo.
“Risponderò alla tua domanda se mi aiuti a prendere la legna qui fuori, così potremo abbrustolire quel pezzo di pane duro” indicò con la mano ossuta dopo essersi alzato lentamente dalla sedia.
Anton scattò in piedi e aprì la porta della piccola casa uscendo, seguito dal vecchio.
Un ululato non troppo lontano ruppe il silenzio della notte, facendo gelare il sangue ad Anton.
“Vedi caro ragazzo, una ciotola di zuppa non te la nego. Ma anche i miei amici devono mangiare” disse sorridendo prima che un gruppo di lupi molto più grandi della norma squartassero vivo il giovane avventuriero.