Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Florestan    31/05/2016    3 recensioni
La storia vuole essere una possibile prosecuzione della serie classica del ’78 e vi sono precisi riferimenti e citazioni da specifici episodi di quest'ultima:
Miime calò lentamente l’ultima carta sul bel tavolo di mogano che faceva parte dell’arredamento della stanza del capitano: asso di picche!
-Brutto segno, commentò a bassa voce, ma senza scomporsi minimamente finì il calice ricolmo di vino e rapidamente se ne versò dell’altro.
Harlock se ne stava sdraiato sul grande letto che dominava all’interno della sua cabina, le mani incrociate dietro la nuca, lo sguardo perso, immerso nei pensieri che si rincorrevano e si smarrivano lontano nel tempo e nei ricordi...
Erano ormai trascorsi tre anni da quando lui e Miime a bordo dell’Arcadia avevano intrapreso il loro viaggio senza meta per le vie dell’universo.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Miime, Nuovo personaggio, Raflesia
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                    8. Faelder
Arrivarono su Faelder come pianificato. L’Arcadia attraccò nella zona franca del pianeta, zona che non era sottoposta ad alcun controllo da parte delle autorità. Qualunque nave poteva atterrare indisturbata senza che nessun computer ne tracciasse il codice o i suoi movimenti. L’ideale nel loro caso come per tutti quelli che volevano passare inosservati. Il problema e che anche i nemici avrebbero fatto la stessa cosa...ormai questi erano sicuramente a conoscenza dei loro piani pertanto avrebbero dovuto batterli sul tempo, sempre che fossero arrivati prima... 
Dal porto franco Harlock e Raflesia si mossero con uno spacewolf alla volta della zona turistica del pianeta del divertimento. Mentre si avvicinavano alla grande città di Stardust vedevano lo scintillio delle luci multicolore aumentare sempre più. La città sembrava un enorme lunapark in perenne movimento. Centinaia di alberghi e casinò ospitati nelle più fantasiose costruzioni come grattacieli, piramidi, torri o enormi cubi tutti illuminati da gigantesche insegne e schermi tridimensionali. Per le strade e le condotte sopraelevate un continuo viavai di veicoli e veivoli che spostavano tutta quell’umanità animata da un insaziabile smania di divertimento.
La navetta atterrò sull’immenso tetto dell’hotel Venus. L’albergo-casinò era stato realizzato nella forma di un gigantesco arco di trionfo ornato di enormi statue di divinità greco-romane e di motivi architettonici classici. Mentre scendevano alla reception a bordo di un ascensore ovoidale completamente trasparente i due convennero che quel posto era sicuramente un trionfo ma del cattivo gusto. Arrivati alla hall si diressero ad una delle tante postazioni di ricezione dove li accolse un inserviente dai modi un po’ viscidi: -Benvenuti all’hotel Venus, il nostro personale è a vostra completa disposizione, fece lui con un sorrisetto. Grazie al proiettore olografico Raflesia appariva come una biondona con gli occhi verdi dalla fisionomia sostanzialmente uguale mentre Harlock portava degli occhiali scuri al posto della benda ed indossava un completo sportivo. I due presentarono dei documenti rigorosamente falsi ma tanto quella registrazione aveva tutta l’aria di essere un proforma e quei dati probabilmente non sarebbero andati a finire da nessuna parte. –Bene, signora Felicita Brown e signor Franklyn Patterson, vi faccio subito scortare al vostro appartamento, spero che sia tutto di vostro gradimento e buona permanenza all’hotel Venus! Disse facendo loro l’occhiolino. Raflesia lo incenerì con un occhiataccia. Il capitano fece altrettanto ma gli occhiali scuri lo nascosero. –Ma chi è che ha scelto il nome di Felicita? Chiese la regina piuttosto seccata. –Mah, …si è occupata di tutto Galia, rispose lui trattenendosi a stento dal ridere. 
Il fattorino li accompagnò ad una suite al diciannovesimo piano. Una volta accomodati Harlock commentò ironicamente: Beh, qui ti dovresti sentire a tuo agio, più che una suite mi sembra un’antica reggia ellenica, riferendosi allo sfarzoso e pacchiano arredamento perfettamente in tono col resto dell’albergo. La regina non sembrò apprezzare la battuta: -Ho visto di meglio nei peggiori bordelli della galassia! –E tu quando mai saresti stata in un bordello? Chiese il capitano più sorpreso che divertito. –Sono molte le cose che non conosci di me, rispose lei con un sorriso inquietante. –Devi sapere che come guerriera in missione ho avuto modo di girare parecchio, spesso stando lontano da casa per lunghissimi periodi, sai com’è tra militari, spesso alla fine di terribili giornate si finiva per cercare dello svago, e in genere c’era poco da scegliere o il casinò o quell’altro posto, ma dato che la nostra morale ci vieta il gioco d’azzardo…bastava cambiare l’accento…sorrise di nuovo e godette nel vedere un rosso purpureo salire per il viso del suo interlocutore. –Ma tu… allora… stava balbettando il capitano, -Ma che ti credi, caro il mio puritano, gli disse la regina punzecchiandogli il naso con l’indice, -Che io sia fatta realmente di ghiaccio? Pensa che una volta io insieme a Cleo, che era un’altra che se ne intendeva di bordelli, avevamo messo praticamente le tende in uno dei più rinomati postriboli di Drellius… 
L’ironia del capitano era cessata di colpo, soprattutto quando realizzò che avrebbe dovuto dividere con Raflesia quel grande letto: -Allora io dormo sul divano, tanto è enorme pure quello, disse lui con finta sufficienza. – Per me non ci sono problemi a dividere il letto, sono stata abituata a regimi ben più spartani e non mi formalizzerò certo per una cosa del genere, sempre che tu non abbia paura…disse lei con tono di sfida. –Paura io? E di che cosa? Ribattè lui punto sul vivo. –Non ti dimenticare che sono un pirata e come tale anch’io ne ho viste e fatte di cotte e di crude! Pensi che anch’io non abbia mai visitato quei posti particolari...-Ma se non hai neanche il coraggio di pronunciarla quella parola! Continuò lei sarcastica.
 –Allora divideremo lo stesso letto, così non desteremo sospetti tra gli inservienti, provò a giustificare il capitano. In realtà aveva paura più di se stesso che di quella conturbante femmina ma non poteva certo dargliela vinta... La notte scorsa non aveva confessato a Raflesia che anche lei entrava spesso a far parte dei suoi sogni e non sempre in forma sgradevole!
Sistemarono le loro cose e si dettero una rinfrescata. Avevano a disposizione un bagno faraonico con una doppia doccia matrimoniale dove sarebbero state comode almeno sei persone. Mentre Raflesia si rinfrescava per prima, Harlock istintivamente si allontanò nella zona più distante possibile dal bagno, ritrovandosi così a passeggiare nervosamente sull’ampio terrazzo del loro appartamento. Continuava a domanadarsi cosa diavolo poteva aver fatto Raflesia in quel bordello, o meglio tentava di non farsi venire tutte le risposte che prepotentemente gli si affacciavano alla mente. Niente da fare, non poteva non rimanere turbato ogni qual volta vedeva le forme di quel corpo e quei lunghi capelli che lo avvolgevano. Come avrebbe fatto quella notte?!
Mentre era sotto la doccia l’umore di Raflesia era rapidamente mutato. Dall’iniziale divertimento per aver scatenato l’imbarazzo nel capitano era passata ad una profonda malinconia. L’aver evocato anche per un solo attimo il ricordo di Cleo, la sua fraterna amica d’infanzia, le aveva riaperto un’altra insanabile ferita. Cleo non era solo la bambina conosciuta nei primissimi tempi della scuola militare quando tutte e due non avevano più di dieci anni. Era sicuramente la persona con cui aveva stabilito il più profondo e totale rapporto amicale. Tra le due era nata una vera e propria simbiosi di affetti e di interessi. Due amiche fraterne in tutto e per tutto, unite anche in ciò che le rendeva diverse dato che le caratteristiche di una andavano a completare le differenze dell’altra. Cleo era capace di intuire dal solo sguardo i più intimi sentimenti che si affacciavano nel cuore della regina, ed era sempre pronta a consigliarla e confortarla nei momenti più difficili. L’amica l’aveva sempre seguita in qualità di generale della sua guardia reale fino all’ultimo drammatico momento dell’assalto alla Docras da parte di Harlock e dei suoi uomini. In quel frangente non esitò a sacrificare la sua stessa vita per proteggere quella della sua sovrana. E questo Raflesia proprio non riusciva a perdonarselo… si fermò e appoggiò per un attimo il volto ed il braccio sul vetro della doccia continuando a rimestare quei dolorosi ricordi mentre l’acqua le colava lungo il viso e i suoi lunghi capelli: -Cleo, perché mi hai lasciato? Non meritavo il tuo sacrificio…quanto vorrei averti ancora vicina…
Quella sera dopo aver cenato in uno dei trenta ristoranti presenti in quell’enorme albergo, i due decisero di fare un giro nelle innumerevoli sale da gioco del casinò. Dovevano aspettare che fosse il contatto a fare il primo passo ad avvicinarli, anche perchè loro non avevano la minima idea di chi potesse essere, a parte il fatto che molto probabilmente lavorava stabilmente in quel posto. L’unico segno di riconoscimento sarebbe stato quello di portare indosso un piccolo garofano bianco. Harlock lo aveva appuntato sul bavero della giacca mentre la regina lo mostrava tra i capelli. Quella sera Raflesia indossava un lungo abito scuro con una vertiginosa scollatura lungo la schiena. Certo non passava inosservata e non c’era tavolo che avvicinassero dove qualche avventore non si distraesse dal gioco per ammirarla. Harlock si stupì nel rendersi conto che tutto questo lo infastidiva non poco, tanto che avrebbe voluto tornarsene subito in camera. Ormai era più di un ora che si aggiravano per le numerose sale del casinò, senza che nessuno si fosse fatto ancora avanti.
Sentendosi piuttosto annoiato, il capitano prese un calice di champagne da uno dei tanti camerieri che giravano tra i tavoli e decise di sfidare la sorte concedendosi una mano di Blackjack. Raflesia lo guardò con aria di rimprovero: erano lì per una precisa missione e non certo per abbandonarsi al gioco d’azzardo che oltretutto secondo la morale mazoniana era un’attività riprovevole. Harlock non se ne curò minimamente e continuò con le sue puntate, in fondo se lui non doveva preoccuparsi di quello che la regina aveva combinato in un bordello perchè lei doveva curarsi di qualche sua innocente giocata.
 –Carta! Chiamò, -Dieci di fiori, con questa siete a venti, signore, esclamò il crupier, -Ancora!  Rispose Harlock. –Asso! Blackjack!  Il signore Vince! Il capitano andò avanti così per qualche minuto continuando a collezionare giri vincenti, tanto da attirare l’attenzione di un gruppetto di persone attorno al tavolo. Raflesia gli si era seduta accanto abbracciandolo e fingendo un aria languida, in realtà gli continuava a dare dei dolorosi pizzicotti mentre gli sussurrava sorridendo: Piantala Franklyn! Dobbiamo lavorare! Al termine di un ultima mano vincente il capitano si decise a lasciare il tavolo tra la delusione generale del piccolo pubblico che aveva raccolto intorno. All’inserviente che gli stava consegnando la vincita lasciò un biglietto: -Vorrei che tutto il denaro venisse accreditato su questo numero di conto corrente terrestre corrispondente all’Orfanotrofio Santa Lucia, ventiduesimo distretto del pianeta Terra. -Mayu è sempre nei tuoi pensieri, gli disse Raflesia, che si era improvvisamente addolcita. -Sempre! Rispose lui.
La serata volgeva ormai al termine e, piuttosto delusi, i due stavano per far ritorno al loro appartamento. Si erano appena incamminati verso l’uscita della zona gioco quando furono avvicinati da una bellissima giovane che vestiva un elegante ma assai succinto abito da sera. I lunghi capelli rossi tenuti insieme da un variopinto fermaglio piumato stile anni venti s’intonavano con il rosso scarlatto del rossetto che faceva risaltare ancor più delle sensuali labbra carnose. 
-Ho sempre trovato affascinanti le coppie vincenti, disse rivolta a loro, -Hanno quella carica, quell’energia in più rispetto gli altri…e se oltre a questo aggiungiamo un perfetto mix di bellezza e sensualità…mi piacerebbe molto approfondire la vostra conoscenza, sempre che anche a voi interessi la cosa… aggiunse con un’occhiata assai eloquente. Harlock era rimasto un attimo interdetto, erano stati appena abbordati da quella che evidentemente era una bellissima escort. In quel posto ce ne dovevano essere molte altre in continua ricerca di danarosi clienti pronti a finire a letto una serata all’insegna della trasgressione.  Il capitano stava per declinare gentilmente l’offerta con un sorriso un po’ imbarazzato, quando Raflesia lo anticipò: -Caro, mi sembra che questa giovane possa avere degli argomenti di discussione molto interessanti, perché non la invitiamo a bere qualcosa da noi? –Ma sei impazz…stava rispondendogli uno sconcertato capitano quando gli mancò il fiato per una gomitata che gli aveva appena sferrato la regina: -Razza di tonto, perché non la guardi meglio proprio lì dove in genere lo sguardo di voi uomini cade per primo? Gli sibilò in un orecchio. A quel punto Harlock fissò la generosa scollatura della fanciulla, dalla quale faceva mostra proprio in mezzo al solco del prosperoso seno un piccolo garofano bianco!

 

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Arrivarono su Faelder come pianificato. L’Arcadia attraccò nella zona franca del pianeta, zona che non era sottoposta ad alcun controllo da parte delle autorità. Qualunque nave poteva atterrare indisturbata senza che nessun computer ne tracciasse il codice o i suoi movimenti. L’ideale nel loro caso come per tutti quelli che volevano passare inosservati. Il problema e che anche i nemici avrebbero fatto la stessa cosa...ormai questi erano sicuramente a conoscenza dei loro piani pertanto avrebbero dovuto batterli sul tempo, sempre che fossero arrivati prima... 

Dal porto franco Harlock e Raflesia si mossero con uno spacewolf alla volta della zona turistica del pianeta del divertimento. Mentre si avvicinavano alla grande città di Stardust vedevano lo scintillio delle luci multicolore aumentare sempre più. La città sembrava un enorme lunapark in perenne movimento. Centinaia di alberghi e casinò ospitati nelle più fantasiose costruzioni come grattacieli, piramidi, torri o enormi cubi tutti illuminati da gigantesche insegne e schermi tridimensionali. Per le strade e le condotte sopraelevate un continuo viavai di veicoli e veivoli che spostavano tutta quell’umanità animata da un insaziabile smania di divertimento.

La navetta atterrò sull’immenso tetto dell’hotel Venus. L’albergo-casinò era stato realizzato nella forma di un gigantesco arco di trionfo ornato di enormi statue di divinità greco-romane e di motivi architettonici classici. Mentre scendevano alla reception a bordo di un ascensore ovoidale completamente trasparente i due convennero che quel posto era sicuramente un trionfo ma del cattivo gusto. Arrivati alla hall si diressero ad una delle tante postazioni di ricezione dove li accolse un inserviente dai modi un po’ viscidi: -Benvenuti all’hotel Venus, il nostro personale è a vostra completa disposizione, fece lui con un sorrisetto. Grazie al proiettore olografico Raflesia appariva come una biondona con gli occhi verdi dalla fisionomia sostanzialmente uguale mentre Harlock portava degli occhiali scuri al posto della benda ed indossava un completo sportivo. I due presentarono dei documenti rigorosamente falsi ma tanto quella registrazione aveva tutta l’aria di essere un proforma e quei dati probabilmente non sarebbero andati a finire da nessuna parte. –Bene, signora Felicita Brown e signor Franklyn Patterson, vi faccio subito scortare al vostro appartamento, spero che sia tutto di vostro gradimento e buona permanenza all’hotel Venus! Disse facendo loro l’occhiolino. Raflesia lo incenerì con un occhiataccia. Il capitano fece altrettanto ma gli occhiali scuri lo nascosero. –Ma chi è che ha scelto il nome di Felicita? Chiese la regina piuttosto seccata. –Mah, …si è occupata di tutto Galia, rispose lui trattenendosi a stento dal ridere. 

Il fattorino li accompagnò ad una suite al diciannovesimo piano. Una volta accomodati Harlock commentò ironicamente: Beh, qui ti dovresti sentire a tuo agio, più che una suite mi sembra un’antica reggia ellenica, riferendosi allo sfarzoso e pacchiano arredamento perfettamente in tono col resto dell’albergo. La regina non sembrò apprezzare la battuta: -Ho visto di meglio nei peggiori bordelli della galassia! –E tu quando mai saresti stata in un bordello? Chiese il capitano più sorpreso che divertito. –Sono molte le cose che non conosci di me, rispose lei con un sorriso inquietante. –Devi sapere che come guerriera in missione ho avuto modo di girare parecchio, spesso stando lontano da casa per lunghissimi periodi, sai com’è tra militari, spesso alla fine di terribili giornate si finiva per cercare dello svago, e in genere c’era poco da scegliere o il casinò o quell’altro posto, ma dato che la nostra morale ci vieta il gioco d’azzardo…bastava cambiare l’accento…sorrise di nuovo e godette nel vedere un rosso purpureo salire per il viso del suo interlocutore. –Ma tu… allora… stava balbettando il capitano, -Ma che ti credi, caro il mio puritano, gli disse la regina punzecchiandogli il naso con l’indice, -Che io sia fatta realmente di ghiaccio? Pensa che una volta io insieme a Cleo, che era un’altra che se ne intendeva di bordelli, avevamo messo praticamente le tende in uno dei più rinomati postriboli di Drellius… 

L’ironia del capitano era cessata di colpo, soprattutto quando realizzò che avrebbe dovuto dividere con Raflesia quel grande letto: -Allora io dormo sul divano, tanto è enorme pure quello, disse lui con finta sufficienza. – Per me non ci sono problemi a dividere il letto, sono stata abituata a regimi ben più spartani e non mi formalizzerò certo per una cosa del genere, sempre che tu non abbia paura…disse lei con tono di sfida. –Paura io? E di che cosa? Ribattè lui punto sul vivo. –Non ti dimenticare che sono un pirata e come tale anch’io ne ho viste e fatte di cotte e di crude! Pensi che anch’io non abbia mai visitato quei posti particolari...-Ma se non hai neanche il coraggio di pronunciarla quella parola! Continuò lei sarcastica.

 –Allora divideremo lo stesso letto, così non desteremo sospetti tra gli inservienti, provò a giustificare il capitano. In realtà aveva paura più di se stesso che di quella conturbante femmina ma non poteva certo dargliela vinta... La notte scorsa non aveva confessato a Raflesia che anche lei entrava spesso a far parte dei suoi sogni e non sempre in forma sgradevole!

Sistemarono le loro cose e si dettero una rinfrescata. Avevano a disposizione un bagno faraonico con una doppia doccia matrimoniale dove sarebbero state comode almeno sei persone. Mentre Raflesia si rinfrescava per prima, Harlock istintivamente si allontanò nella zona più distante possibile dal bagno, ritrovandosi così a passeggiare nervosamente sull’ampio terrazzo del loro appartamento. Continuava a domanadarsi cosa diavolo poteva aver fatto Raflesia in quel bordello, o meglio tentava di non farsi venire tutte le risposte che prepotentemente gli si affacciavano alla mente. Niente da fare, non poteva non rimanere turbato ogni qual volta vedeva le forme di quel corpo e quei lunghi capelli che lo avvolgevano. Come avrebbe fatto quella notte?!

Mentre era sotto la doccia l’umore di Raflesia era rapidamente mutato. Dall’iniziale divertimento per aver scatenato l’imbarazzo nel capitano era passata ad una profonda malinconia. L’aver evocato anche per un solo attimo il ricordo di Cleo, la sua fraterna amica d’infanzia, le aveva riaperto un’altra insanabile ferita. Cleo non era solo la bambina conosciuta nei primissimi tempi della scuola militare quando tutte e due non avevano più di dieci anni. Era sicuramente la persona con cui aveva stabilito il più profondo e totale rapporto amicale. Tra le due era nata una vera e propria simbiosi di affetti e di interessi. Due amiche fraterne in tutto e per tutto, unite anche in ciò che le rendeva diverse dato che le caratteristiche di una andavano a completare le differenze dell’altra. Cleo era capace di intuire dal solo sguardo i più intimi sentimenti che si affacciavano nel cuore della regina, ed era sempre pronta a consigliarla e confortarla nei momenti più difficili. L’amica l’aveva sempre seguita in qualità di generale della sua guardia reale fino all’ultimo drammatico momento dell’assalto alla Docras da parte di Harlock e dei suoi uomini. In quel frangente non esitò a sacrificare la sua stessa vita per proteggere quella della sua sovrana. E questo Raflesia proprio non riusciva a perdonarselo… si fermò e appoggiò per un attimo il volto ed il braccio sul vetro della doccia continuando a rimestare quei dolorosi ricordi mentre l’acqua le colava lungo il viso e i suoi lunghi capelli: -Cleo, perché mi hai lasciato? Non meritavo il tuo sacrificio…quanto vorrei averti ancora vicina…

Quella sera dopo aver cenato in uno dei trenta ristoranti presenti in quell’enorme albergo, i due decisero di fare un giro nelle innumerevoli sale da gioco del casinò. Dovevano aspettare che fosse il contatto a fare il primo passo ad avvicinarli, anche perchè loro non avevano la minima idea di chi potesse essere, a parte il fatto che molto probabilmente lavorava stabilmente in quel posto. L’unico segno di riconoscimento sarebbe stato quello di portare indosso un piccolo garofano bianco. Harlock lo aveva appuntato sul bavero della giacca mentre la regina lo mostrava tra i capelli. Quella sera Raflesia indossava un lungo abito scuro con una vertiginosa scollatura lungo la schiena. Certo non passava inosservata e non c’era tavolo che avvicinassero dove qualche avventore non si distraesse dal gioco per ammirarla. Harlock si stupì nel rendersi conto che tutto questo lo infastidiva non poco, tanto che avrebbe voluto tornarsene subito in camera. Ormai era più di un ora che si aggiravano per le numerose sale del casinò, senza che nessuno si fosse fatto ancora avanti.

Sentendosi piuttosto annoiato, il capitano prese un calice di champagne da uno dei tanti camerieri che giravano tra i tavoli e decise di sfidare la sorte concedendosi una mano di Blackjack. Raflesia lo guardò con aria di rimprovero: erano lì per una precisa missione e non certo per abbandonarsi al gioco d’azzardo che oltretutto secondo la morale mazoniana era un’attività riprovevole. Harlock non se ne curò minimamente e continuò con le sue puntate, in fondo se lui non doveva preoccuparsi di quello che la regina aveva combinato in un bordello perchè lei doveva curarsi di qualche sua innocente giocata.

 –Carta! Chiamò, -Dieci di fiori, con questa siete a venti, signore, esclamò il crupier, -Ancora!  Rispose Harlock. –Asso! Blackjack!  Il signore Vince! Il capitano andò avanti così per qualche minuto continuando a collezionare giri vincenti, tanto da attirare l’attenzione di un gruppetto di persone attorno al tavolo. Raflesia gli si era seduta accanto abbracciandolo e fingendo un aria languida, in realtà gli continuava a dare dei dolorosi pizzicotti mentre gli sussurrava sorridendo: Piantala Franklyn! Dobbiamo lavorare! Al termine di un ultima mano vincente il capitano si decise a lasciare il tavolo tra la delusione generale del piccolo pubblico che aveva raccolto intorno. All’inserviente che gli stava consegnando la vincita lasciò un biglietto: -Vorrei che tutto il denaro venisse accreditato su questo numero di conto corrente terrestre corrispondente all’Orfanotrofio Santa Lucia, ventiduesimo distretto del pianeta Terra. -Mayu è sempre nei tuoi pensieri, gli disse Raflesia, che si era improvvisamente addolcita. -Sempre! Rispose lui.

La serata volgeva ormai al termine e, piuttosto delusi, i due stavano per far ritorno al loro appartamento. Si erano appena incamminati verso l’uscita della zona gioco quando furono avvicinati da una bellissima giovane che vestiva un elegante ma assai succinto abito da sera. I lunghi capelli rossi tenuti insieme da un variopinto fermaglio piumato stile anni venti s’intonavano con il rosso scarlatto del rossetto che faceva risaltare ancor più delle sensuali labbra carnose. 

-Ho sempre trovato affascinanti le coppie vincenti, disse rivolta a loro, -Hanno quella carica, quell’energia in più rispetto gli altri…e se oltre a questo aggiungiamo un perfetto mix di bellezza e sensualità…mi piacerebbe molto approfondire la vostra conoscenza, sempre che anche a voi interessi la cosa… aggiunse con un’occhiata assai eloquente. Harlock era rimasto un attimo interdetto, erano stati appena abbordati da quella che evidentemente era una bellissima escort. In quel posto ce ne dovevano essere molte altre in continua ricerca di danarosi clienti pronti a finire a letto una serata all’insegna della trasgressione.  Il capitano stava per declinare gentilmente l’offerta con un sorriso un po’ imbarazzato, quando Raflesia lo anticipò: -Caro, mi sembra che questa giovane possa avere degli argomenti di discussione molto interessanti, perché non la invitiamo a bere qualcosa da noi? –Ma sei impazz…stava rispondendogli uno sconcertato capitano quando gli mancò il fiato per una gomitata che gli aveva appena sferrato la regina: -Razza di tonto, perché non la guardi meglio proprio lì dove in genere lo sguardo di voi uomini cade per primo? Gli sibilò in un orecchio. A quel punto Harlock fissò la generosa scollatura della fanciulla, dalla quale faceva mostra proprio in mezzo al solco del prosperoso seno un piccolo garofano bianco!


 

 

   
 
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