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Autore: TimeFlies    05/06/2016    3 recensioni
Scarlett, diciassette anni appena compiuti e un segreto piuttosto scomodo da nascondere, non potrebbe essere più felice di stare nella sua adorata ombra, lontana da sguardi indiscreti e da problemi presenti e passati che non vuole affrontare.
Adam, riflessivo eppure anche avventato, ha sempre avuto un'innata curiosità e una gran voglia di sapere.
Quando vede Scarlett per la prima volta non riesce a fare a meno di sentirsi attratto dall'aura di mistero che la circonda. Vuole conoscerla, svelare ciò che si nasconde dietro quella facciata di acidità e vecchi rancori.
Tutti i tentativi della ragazza di allontanarlo da sé finiranno per avvicinarli ancora di più portandoli dritti ad un preannunciato disastro. O forse no, perché nei momenti di difficoltà possono nascere le alleanze più impensate, soprannaturale e umano possono trovare un punto d'incontro.
E quando il pericolo si avvicina, l'unica cosa che vuoi è avere qualcuno al tuo fianco. Poco importa se solo poco prima eravate perfetti sconosciuti, se lui è entrato nella tua vita con la grazia di un uragano, se non volevi niente del genere.
A volte, un diciassettenne un po' troppo insistente è tutto ciò che hai, è la tua unica speranza. E tu la sua.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Under a Paper Moon- capitolo 29


                                                         

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29. Scarlett


L’incontro con il ragazzo che mi aveva rivoluzionato la vita trasformandomi in un licantropo mi aveva scossa, ma non abbastanza da impedirmi di dormire fino alla dieci passate. Quando mi svegliai, la luce del sole filtrava morbida e soffusa dalle tende. Mi stiracchiai e mi girai sulla schiena. Chi l’avrebbe mai detto che il letto di un altro potesse essere tanto comodo?
Sia Adam che Matthew avevano insistito perché rimanessi a dormire nel cottage nel bosco dove sarebbe stato più facile raggiungermi in caso di bisogno.
Matthew si era addirittura offerto di rimanere con me per la notte e di dormire nella stanza accanto, ma non mi era sembrato giusto farlo stare lontano da casa, quindi gli avevo detto di andare a riposarsi visto tutto quello che aveva già fatto per me. Come, per esempio, salvarmi la vita. Alla fine aveva accettato anche se mi aveva lasciato il suo numero di telefono di casa e anche quello del cellulare. “In caso di emergenza”, aveva detto aggiungendo che potevo chiamarlo anche se quello che mi serviva era solo una tisana.
Adam era andato via poco prima dell’ora di cena e mi aveva salutata con un abbraccio e un bacio sulla fronte che mi aveva fatto sorridere. Anche lui aveva voluto ricordarmi che potevo rivolgermi a lui in qualunque momento, che fosse stato per un incubo o semplicemente per voglia di parlare.
Sean era ricomparso verso le cinque del pomeriggio, cupo e silenzioso. Mi aveva rivolto un cenno del capo appena accennato, nient’altro. Ad Adam aveva riservato un’occhiata molto, molto intensa, da cui lui non si era lasciato intimorire: l’aveva sostenuta a testa alta e con aria di sfida. Questo suo atteggiamento aveva fatto incupire Sean ancora di più, tanto che si era buttato sulla poltrona e non aveva più aperto bocca se non per rifiutare con un secco “no” l’ennesimo tè di Matthew.
Un’ora dopo Sean se n’era andato quasi senza salutare e sbattendosi la porta alle spalle. Adam aveva detto che quel suo comportamento era infantile e la risposta da diretto interessato era stato un ringhio ammonitore che sembrava significare anche “aspettate che mi sia allontanato prima di parlare male di me”.
Nonostante tutto, però, ero molto grata a tutti e tre: mi avevano salvato la vita rischiando di farsi ammazzare da un gruppo di cacciatori fuori di testa e non avevano voluto assolutamente niente in cambio. Non che io avessi molto da dare.
Sospirai, mi passai una mano sul viso e mi versai un bicchiere d’acqua dalla brocca che Matthew aveva saggiamente lasciato sul comodino. Dovevo prendere quell’abitudine anche a casa: era piacevole svegliarsi ed avere qualcosa di fresco con cui rifarsi la bocca. Altro che madri urlatrici che si divertivano a strapparti di dosso le coperte.
Mi rabbuiai pensando a mia madre: le avevo lasciato un messaggio nella segreteria telefonica del cellulare la mattina prima, ma visto che non sapevo che ore fossero in Francia -la meta del viaggio per cui era partita il giorno in cui Miles era venuto a farci visita- era un po’ complicato comunicare.
Posai il bicchiere sul comodino e presi il cellulare. Non c’erano chiamate perse né messaggi. “Forse dovrei provare a richiamarla…”, pensai mordicchiandomi il labbro. Cercai il suo numero in rubrica ed esitai un attimo prima di premere il tasto per fare la telefonata. Mi portai il cellulare all’orecchio mentre con l’altro braccio mi strinsi le ginocchia al petto.
Con mia grande sorpresa, mamma rispose al terzo squillo: «Scarlett! Tesoro, sono così felice di sentirti.»
Sentii un sorriso spontaneo nascermi sulle labbra. «Anch’io sono felice di sentirti… Ti ho lasciato un messaggio in segreteria ieri, ma non hai risposto così ho pensato di riprovare.»
«Oh, lo so, tesoro, mi dispiace.» Rispose. «Ho avuto molto da fare tra il volo e una riunione con importanti uomini d’affari… Le
solite cose. Ti avrei richiamata appena avessi avuto un momento libero. Come stai, tesoro?»
Trassi un respiro profondo preparandomi mentalmente all'idea di mentirle. «Bene. Sì, è tutto okay. Tu?»
«Sto bene,  ma ero così preoccupata per te! L’altro giorno sei scappata via e sembravi così arrabbiata… Mi dispiace tantissimo per quello che è successo…» La sua voce si fece tremula. «Lo so che per te è difficile con tuo padre, avrei voluto fare di più, darti di più…»
«Mamma, ehi, è tutto okay. Non è colpa tua se lui ha l’intelligenza di una nocciolina. Io ti voglio bene e questo non cambierà mai.» La rassicurai. «Hai fatto tantissimo per me e non hai idea di quanto io ti sia grata.»
«Oh, tesoro… Ti voglio tantissimo bene anch’io. Sei fantastica, Scout, diventerai una donna meravigliosa.» Tirò su col naso, ma sembrava stare meglio. «Scusa, tesoro, devo andare. Sai, il lavoro… Ma se hai bisogno sono qui, okay?»
«Okay.» Mormorai sorridendo.
«Ti voglio bene.» Aggiunse lei. «Non dimenticarlo mai.»
«Anch’io ti voglio bene, mamma. Ora vai, o farai tardi.» Replicai.
Si raccomandò un’ultima volta prima di decidersi a riattaccare.  
Nonostante tutto quello che avevamo dovuto affrontare, tra me e mia mamma c’era un ottimo rapporto fatto di fiducia e stima reciproca. Io la ammiravo per tutte le ore di lavoro che faceva e lei era fiera di come riuscissi a cavarmela da sola.
Ovviamente, non sapeva tutta la storia, non aveva idea che fossi un licantropo, ma mi sosteneva meglio che poteva in qualunque cosa e non avrei potuto chiedere di più.

Avevo passato la mattina a leggere cercando di non pensare che ero quasi morta, che stavo mentendo a mia madre da anni, che c'erano dei cacciatori ancora vivi, per quel che ne sapevo, in giro per Seattle. E che non si sarebbero limitati a cacciare me, adesso avrebbero voluto tutto il "branco".
Verso le due e mezzo sentii il rumore di un’auto che si avvicinava. Mi preoccupai e balzai all’erta: Adam aveva detto che quella casa era praticamente inutilizzata, ma non era certo che nessuno ci andasse mai. E se fosse stata sua madre? O suo padre? Che avrei detto? “Ehi, sono qui in convalescenza dopo che dei pazzi mi hanno sparato, ma non preoccupatevi, me ne andrò presto”.
Pensai frettolosamente ad un piano, ma l'unica cosa che mi venne in mente fu improvvisare un nascondiglio da qualche parte, ed era una cosa che lasciava parecchio a desiderare.
Nel frattempo, chiunque fosse al volante dell’auto, aveva parcheggiato e stava salendo le scale del portico. Mi morsi il labbro tanto da farmi male. Stavo per cacciarmi in un guaio enorme, e avrei trascinato con me anche Adam. Lui mi aveva salvato la vita, non potevo fargli questo… Non che avessi altra scelta, però.
Sentii il tintinnio di un mazzo di chiavi, la serratura che scattava e il mio cuore che perdeva fin troppi battiti. Quando la porta si aprì persi dieci anni di vita. Per poi recuperarli tutti un attimo dopo: c’era un Meyers sulla soglia, ma non era né il padre né la madre. Era quel bastardo dagli occhi blu che mi aveva complicato, e salvato, la vita.
Ed era particolarmente carino con quella maglietta nera, i jeans scoloriti e la giacca marrone. Adam mi fece un sorriso mentre si chiudeva la porta alle spalle e io gli lanciai un cuscino.
«Mi hai fatto prendere un colpo, idiota!» Sbottai incrociando le braccia al petto.
Lui afferrò al volo il mio proiettile tutt’altro che letale e si mise a ridere. «Scusa, volevo farti una sorpresa. Non mi aspettavo un’accoglienza del genere.»
«Se fossi stato così gentile da dirmi che tornavi prima avrei anche potuto essere felice.» Replicai. «Ed evitare di prenderti a cuscinate.»
Scosse la testa senza smettere di sorridere. «Forse non ti è chiaro il termine “sorpresa”.»
«Comunque, perché sei qui? La scuola non finisce tra un’ora?» Domandai sospettosa.
Lui si sfilò la giacca, si avvicinò al divano e ce la lasciò cadere insieme al cuscino. «Mi mancava un professore e ci hanno fatto uscire prima.» Si sedette accanto a me. «Che stavi facendo prima che ti facessi prendere un colpo?»
«Leggevo.» Risposi guardandolo di sottecchi.
Inarcò un sopracciglio. «Ah sì?»
Alzai gli occhi al cielo sbuffando teatralmente. «Già, Sean mi ha portato altri vestiti ed un libro.»
Annuì distrattamente. «Ho parlato con Elisabeth oggi.»
Mi feci subito attenta. «Che dice?»
«Era un po’ preoccupata perché non ti rivedeva da un po’ e mi ha chiesto se ne sapevo qualcosa.» Spiegò. «Le ho detto che hai l’influenza e che abbiamo dovuto cancellare una lezione per questo.»
«È una buona scusa.» Concessi appoggiando la testa alla sua spalla. «Forse non te l’ho fatto capire subito, ma mi è piaciuta questa sorpresa.» Mormorai, un po’ perché era la verità, un po’ perché volevo metterlo alla prova.
«A meno che tirare cuscini per te non significhi dimostrare felicità, non me l’hai fatto capire molto bene.» Scherzò dopo un attimo di esitazione.
Mi sollevai per guardarlo meglio. «Sbaglio o oggi mi sembri di buon’umore?»
I suoi occhi blu mi studiavano, le pagliuzze dorate accese dalla luce che entrava dalla finestra. «Sono solo felice che tu sia qui. Cioè, che tu sia ancora qui.»
«Anch’io sono felice che tu sia qui: stavo cominciando ad annoiarmi.» Ammisi cercando di nascondere un sorriso.
Inclinò appena la testa di lato. «È bello sapere che sono utile a qualcosa.»
Rinunciai definitivamente ad ogni tentativo di trattenermi, gli presi il viso tra le mani e lo baciai. Il giorno prima si era dimostrato esitante di fronte al mio “assalto” a sorpresa, ma quella volta non si fece cogliere impreparato. Lo sentii sorridere mentre le sue braccia mi circondavano accompagnando il mio movimento.
Non mi ricordavo che avesse i capelli così morbidi, o che l’odore del suo dopobarba -ancora non riuscivo a credere che lo usasse- fosse così buono.
Era da un po’ che non mi ritrovavo così vicino ad un ragazzo. Di solito cercavo di non spingermi così in là per evitare di perdere il controllo: più le emozioni sono forti, più è difficile per un licantropo non farsi prendere la mano. Quando ero in compagnia maschile dovevo sempre fare attenzione, un unico passo falso e tutta la mia copertura sarebbe saltata, cinque anni di bugie buttati al vento.
Con Adam era diverso, però, non sentivo il bisogno di rimanere su una zona neutra da cui sarebbe stato facile uscire. In fondo, lui sapeva cos’ero, non gli sarebbe preso un colpo se mi avesse vista con gli occhi dorati, le zanne o gli artigli. O almeno, se fosse successo, se lo sarebbe saputo spiegare.
Anche volendo, sarebbe stato difficile rimane abbastanza concentrata da allontanarmi quanto le cose si fossero fatte troppo “intense”: Adam si era sdraiato sulla schiena tirandomi sopra di sé, e seguiva con le dita la mia spina dorsale continuando a baciarmi. Non mi sembrava vero averlo lì con me, senza preoccupazioni, senza problemi, solo lui ed io.
Una vocina nella mia mente mi disse di seguire l’istinto, di lasciarmi andare, sarebbe andata come doveva andare. Una volta tanto fu d’aiuto invece che d’intralcio. Gli appoggiai le mani sul petto e le feci scivolare fino al bordo della sua maglietta. Quando sfiorai la pelle nuda del suo stomaco lui si allontanò appena da me. Chiuse gli occhi e socchiuse le labbra dandomi il coraggio che mi serviva, perché sì, ero piuttosto insicura. Cominciai a tracciare cerchi immaginari sulla sua pelle mentre lui faceva correre le dita sulle mie gambe. Ed era semplicemente magnifico.
 «Ho parlato con mia madre oggi.» Per un attimo rimasi sorpresa io stessa dalle mie parole: che mi era venuto in mente? In un momento del genere parlavo di mia madre?
Aprì gli occhi e intrecciò lo sguardo al mio. «È una cosa buona, giusto?»
Non sembrava né irritato né imbarazzato. Anzi, pareva sinceramente interessato. Forse solo io volevo sotterrarmi per aver detto una cosa del genere.
Distolsi lo sguardo. «Beh, sì. Ci siamo chiarite e adesso è tutto risolto.»
Tenevo ancora le mani su di lui, sulla sua pelle calda, come in cerca di rassicurazione.
Un sorriso gli incurvò le labbra. «Bene, mi fa piacere. Lei dov’è adesso?»
«In Francia.» Risposi. «Sai, lavoro…»
«Dovresti farti portare un po’ di champagne allora.» Commentò.
Mi lasciai sfuggire un risata. «Oh, certo, sono sicura che mia madre, conosciuta anche come Natalie Aboliamo-ogni-consumo-di-alcol Dawson, sarebbe felicissima di portarmene una scorta.»
I suoi occhi blu si fecero attenti. «Ha mantenuto il cognome di tuo padre?»
«No. Dawson era il suo cognome da ragazza. Dopo il divorzio se l’è ripreso e ha voluto cambiarlo anche a me.» Spiegai tracciando dei cerchi immaginari sul suo petto. «Approvo la sua scelta, anche perché Scarlett Merrick non suona bene.»
Inclinò appena la testa di lato. «Vero. Tua madre dev’essere una donna molto indipendente.»
Mi ritrovai a sorridere. «Sì, decisamente. Le piace fare di testa sua, sempre e comunque.»
«Come qualcuno di mia conoscenza.» Mormorò lui facendo risalire le dita dalle mie cosce fino ai fianchi.
Gli alzai ancora un po’ la maglietta. «Tale madre tale figlia.»
Un angolo della sua bocca si sollevò in un sorriso sghembo. Quando mi chinai su di lui, mi sfiorò il labbro inferiore con i denti facendomi scendere un brivido lungo la schiena. Lo baciai mentre le sue mani mi solleticavano il lembo di pelle appena sopra i jeans. Chi l’avrebbe mai detto che gesti così piccoli potessero rivelarsi tanto intensi e piacevoli?
Cominciavo a capire perché Beth era stata tanto innamorata di lui: Adam era carino, molto carino, con quegli occhi blu, la pelle chiara, le labbra sottili… Ma era anche bello dentro, perché era gentile, attento, forte, determinato, anche testardo, orgoglioso, insistente. E tutto questo era incredibile.
Dopo chissà quanti altri baci, mi scostai da lui sorridendo. Adam si sollevò appena fino a sfiorarmi il naso con il suo.
«Hai un buon profumo.» Sussurrò con voce roca.
«Anche tu.» Mormorai.
Sorrise. «Non hai idea di quanto mi faccia piacere averti qui.»
«Beh, anche a me fa piacere averti qui. Ma adesso dovrai rinunciare a me per… direi una mezz’oretta.» Risposi allontanandomi da lui.
Aggrottò la fronte e mi guardò con aria confusa. «Perché?»
Distolsi lo sguardo e gli tirai giù la maglietta. «Perché direi che è giunto il momento di farmi una doccia.»
Si rilassò e sorrise di nuovo. «Okay.» Strofinò il naso contro il mio. «Ma torna presto.»
Qualcosa nel mio petto si sciolse lasciandosi dietro una piacevole sensazione di calore. «Farò il possibile.»
Mi alzai in piedi e lui si mise a sedere continuando a guardarmi con quei suoi occhi blu tempesta. Aveva l’aria un po’ scompigliata e questo, insieme a quel sorriso da ragazzino che gli incurvava le labbra, lo rendeva incredibilmente… bello.
Prima che potessi anche solo pensare di fare qualcosa, lui si alzò, mi mise la mani sui fianchi e mi tirò verso di sé. “Accidenti…”, pensai mentre il mio lupo interiore fremeva.
«Buona doccia… Credo.» Mormorò.
Risi sottovoce. «Grazie, immagino.»
Mi salutò con un bacio leggero prima di lasciarmi andare. E mentre salivo le scale, mi ritrovai a sorridere come un'adolescente alle prese con la sua prima, imbarazzante cotta.

Appena finii di asciugarmi i capelli e di cambiarmi, scesi al piano di sotto con l’idea di farmi un tè. Non mi aspettavo certo di trovarci un licantropo infuriato e un diciassettenne altrettanto arrabbiato. E anche un Matthew che cercava di scomparire fondendosi con il muro. Sean si teneva una mano sul naso, gli occhi accesi d’oro che sembrava di fuoco, il sangue di un rosso brillante che gli macchiava le dita. Qualche goccia era finita anche sulla maglietta grigia che indossava insieme all’inseparabile giacca di pelle.
Ero ancora sulle scale, ma persino da lì riuscivo a sentire i suoi ringhi, così bassi e cupi da non poter essere percepiti dagli essere umani. Di fronte a lui c’era Adam, le dita premute sul viso appena sopra la guancia, lo sguardo duro e intenso, la mano libera stretta a pugno lungo il fianco. La tensione tra loro due era più che palpabile. Rimasi come congelata per un attimo, incredula e molto, molto sorpresa. Poi mi decisi a fare qualcosa.
«Adam! Sean! Ma che diavolo state combinando?!» Sbottai attraversando il salotto.
«Secondo te?» Replicò Sean ironico senza staccare gli occhi da Adam.
«Scarlett!» Saltò su Matthew con aria terrorizzata e con voce un po’ troppo acuta. «Meno male che sei arrivata.»
Mi infilai tra i due litiganti e aprii le braccia per mettere un po’ di distanza tra di loro. «Okay, calmiamoci. Tutti e due. E che qualcuno mi spieghi cosa sta succedendo.»
Sean sbuffò sprezzante abbassando la mano. Il sangue tracciava rivoli scarlatti dal naso alle labbra, qualcuno scivolava giù fino al mento. «Non vorrei essere ripetitivo, ma secondo te?» Fece un cenno brusco verso Adam. «Questo qui ha voluto imporsi di nuovo. Come se un semplice umano potesse avere qualche pretesa su un licantropo.»
Mi stupii di quanto fosse aspra e rabbiosa la sua voce, ogni parola sembrava più tagliente di quella che l’aveva preceduta. Doveva essere stata proprio una brutta litigata. Mi voltai verso Adam e per un attimo trattenni il fiato: sullo zigomo sinistro c’era un brutto segno rosso che con ogni probabilità sarebbe diventato un altrettanto brutto livido. Anzi, già si cominciava a vedere una sfumatura violacea.
Lui, però, sembrava troppo arrabbiato per curarsene. Aveva la mascella contratta e quelle stesse labbra che poco prima erano state sulle mie erano ridotte ad una linea sottile di tensione. «Abbiamo litigato.» Disse con voce sorprendentemente calma.
La risposta di Sean fu una risatina beffarda che assomigliava ad un ringhio. «Se vuoi usare un eufemismo allora sì, abbiamo litigato. Se vuoi dire le cose come stanno, hai rischiato grosso oggi.»
Adam sostenne il suo sguardo con aria determinata. «Minacciare riesce a chiunque, ma sono i fatti a definire le persone. E per ora tu sembri solo un presuntuoso montato.»
“Come farsi uccidere da un licantropo furioso in tre… due… uno”, pensai preoccupata. Prima che Sean potesse rispondere, riuscii a mettermi in mezzo: «Non importa cosa vi siete detti, d’accordo? La violenza non è la soluzione. Quindi ora vi date calmata e ne parliamo con calma.»
Sean ringhiò piano prima di voltarsi di scatto e uscire a grandi passi dalla stanza. Chiuse la porta con un tonfo così forte che per un attimo credetti che si sarebbe staccata dai cardini. Adam sospirò alzando gli occhi al cielo e borbottò qualcosa che assomigliava a “esibizionista”. Dovevo ammettere che aver tenuto testa ad un lupo mannaro rabbioso non era una cosa da tutti i giorni e che lui aveva dimostrato molto coraggio, ma non mi piaceva il fatto che avesse usato la violenza.
Mi voltai verso di lui con le braccia incrociate sul petto. Ricambiò lo sguardo senza fare una piega. La sua espressione si era un po’ addolcita, ma era ancora in tensione.
Studiai il livido sul suo zigomo per un attimo. «Matthew puoi prendermi del ghiaccio per favore?»
«Sì, certo.» Rispose lui prima di sparire in cucina.
Adam fece per protestare, ma lo zitti con un’occhiataccia. Gli misi le mani sulle spalle e lo spinsi giù fino a farlo sedere sul divano: era più alto di me di qualche centimetro, non sarebbe stato comodo controllare l’ematoma se fosse rimasto in piedi.
«Ecco qua.» Disse Matthew venendomi vicino e porgendomi un sacchetto di ghiaccio.
«Grazie.» Mormorai distrattamente.
Lui annuì appena. «Vado a fare un tè.» E sgattaiolò via senza aspettare una risposta.
Abbassai lo sguardo sul ragazzo seduto di fronte a me. E sì, era bello anche con quel brutto livido in formazione in faccia. I suoi occhi blu erano fissi nei miei, intensi e tempestosi come sempre. Dubitavo che esistesse qualcosa capace di far perdere loro quella forza.
Gli presi il mento tra le dita e gli feci voltare appena la testa. «Uhm, te la sei vista brutta, eh?»
Non rispose, si limitò a stringere le labbra. Scossi appena la testa accarezzandogli la guancia. Questo lo sorprese un po’ visto che mi lanciò un’occhiata di sottecchi.
«Te l’hanno mai detto che sei troppo testardo? E orgoglioso?» Chiesi posando delicatamente il ghiaccio sull’ematoma.
«Fino ad oggi no.» Rispose con voce roca.
«C’è sempre una prima volta.» Commentai.
Mi sedetti accanto a lui che si voltò per permettermi di continuare a occuparmi del suo livido. Per un qualche strano motivo, mi tornarono in mente i bei momenti che avevamo passato io e lui su quel divano poco prima. Era stato così bello da sembrare quasi surreale.
«Fa male?» Il mio tono dolce sorprese un po’ anche me.
«No, per ora no.» Replicò lui senza staccare gli occhi dai miei.
Sollevai appena il ghiaccio per dare un’occhiata. «Vi siete comportati da bambini, tutti e due. Vi sembra che prendervi a pugni serva a qualcosa? E poi, chi ha cominciato?»
Si mordicchiò il labbro. «Lui. Stavamo discutendo dei cacciatori, ci siamo arrabbiati tutti e due e poi… beh, poi puoi immaginare cosa sia successo.»
«Perché finite sempre per litigare?» Chiesi inclinando la testa di lato.
Scrollò le spalle. «Perché abbiamo opinioni molto differenti. Lui pensa che la violenza sia la risposta per tutto, io no.»
«Però l’hai picchiato anche tu…» Mormorai prima di stringere le labbra.
«È stata legittima difesa.» Protestò e lo sentii irrigidirsi. «Che dovevo fare? Subire?»
Abbassai il ghiaccio e gli misi una mano sul braccio. «No, ma ci sono anche altri modi per risolvere la cosa.»
Distolse lo sguardo e aggrottò la fronte. «Lo so, eccome se lo so. Odio la violenza. Sul serio, è una cosa che non sopporto. Non so cosa mi sia preso.» Scosse la testa. «So benissimo che avrei dovuto reagire in un altro modo, ma non stavo pensando. Ho agito d’impulso.»
Feci scivolare una mano sulla sua e la strinsi. «È una situazione stressante per tutti, non è colpa tua se hai commesso un errore. E non è neanche tanto grave.»
Sollevò lo sguardo su di me: sembrava sollevato, meno in tensione. Mi fece un sorriso incerto e mi accarezzò piano le nocche.
«Magari non è grave, però resta sempre il fatto che ha quasi rotto il naso ad un licantropo.» Commentò Matthew entrando in salotto con una tazza di tè in mano.
Adam lo guardò, un po’ confuso. «Che intendi?»
Matthew si sedette sulla poltrona e accavallò le gambe. «Penso che avrete notato che lui sa il fatto suo e quindi non credo che sia così facile coglierlo impreparato. È vero che ha cominciato lui e che questo potrebbe averlo distratto, ma pensi davvero che si sarebbe lasciato colpire? Ha dei riflessi incredibili e, senza offesa, come puoi anche solo pensare di riuscire ad eluderli?»
Adam socchiuse gli occhi, mi sembrava quasi di vedere la sua mente all’opera per dare un senso a quell’improvvisa debolezza di Sean. «Pensi che me l’abbia lasciato fare?»
Matthew annuì e prese un sorso di tè. «Forse. E credo anche che ci sia andato leggero con te.»
«Cosa?» Sbottai. «Ma se gli ha quasi rotto uno zigomo!»
«Vero. Ma se avesse voluto fargli male sul serio adesso lui non sarebbe in grado di raccontarlo.» Ci fece notare Matthew sollevando un sopracciglio.
«Si è trattenuto.» Realizzò Adam.
Matthew sollevò la tazza verso di lui come a congratularsi. «Esatto.»
Adam scosse la testa, un sorriso incredulo ad incurvargli le labbra. «Non ha senso… Perché avrebbe dovuto farlo?»
Matthew prese un sorso di tè. «Forse per non perdere l’appoggio di Scarlett. Insomma, se ti avesse ucciso non credo che sarebbe stata ben disposta a seguirlo.»
Il pensiero della morte di Adam mi colpì come un pugno nello stomaco. Non ci avevo mai pensato, perché avrei dovuto farlo?, ma anche solo sfiorare quell’idea mi metteva i brividi a prescindere. Lui non poteva, e non doveva morire. Che avrei fatto se l’avessi perso?
Mentre una parte della mia mente mi rimproverava per l’egoismo di quel pensiero, l’altra si stupì di quanto mi fossi legata a quel ragazzo di cui sapevo poco eppure tanto nello stesso tempo, quel ragazzo che mi aveva fatta dannare e che adesso era diventato importante.
«Quindi sono ancora vivo perché lui vuole Scarlett?» Domandò Adam, lo sguardo attento e le labbra strette.
Matthew annuì, di colpo serio. «Io credo di sì. Tu sei quasi il suo collegamento con lei, senza di te non avrebbe più né Scarlett né un branco, che gli piaccia oppure no.»
Le loro parole mi giungevano ovattate, quasi prive di significato. L'unica cosa che riuscivo a pensare era che se  fosse successo qualcosa ad Adam non me lo sarei mai perdonato, e probabilmente avrei anche faticato da morire a superarlo.
Avevo bisogno di Adam Meyers nella mia vita tanto quanto lui aveva bisogno di starmi lontano per poter vivere tranquillamente.


SPAZIO AUTRICE: Ehilà!
Ve l'avevo detto che gli scontri Adam vs Sean non erano finiti, no? Ecco, questo è uno dei più intensi, ma nonostante questo Sean si è comunque trattenuto. Che lo voglia o no, ha bisogno di Adam per poter avere Scarlett.
In questo capitolo abbiamo avuto anche uno dei miei momenti Adamett preferiti *-* Quello che preferisco in assoluto arriverà esattamente tra dieci capitoli <3
L'altra volta vi ho detto che mancavano una decina di capitoli alla fine, in realtà credo siano un po' di più. Dovrebbero essere in tutto 42/43, ma nel revisionarli può darsi che faccia un po' di collage e che quindi il numero diminuisca, chissà.
Uh, nel prossimo capitolo scoprirete che cosa nasconde il nostro lupo brontolone, ovvero Sean, finalmente saprete che cosa ha passato prima di arrivare a Seattle **
Qualche ipotesi così, a caldo?
Vi saluto, al prossimo capitolo <3

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