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Autore: Xion92    06/06/2016    5 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buondì a tutti! Una piccola nota di editing che farò nei prossimi giorni:
presente quando ho fatto notare i due errori che avevo commesso nel progettare la storia? Per il primo (ossia il periodo di vacanza di due mesi) non ci si può fare nulla. Il secondo invece, sulla strutturazione dell'anno scolastico, ragionandoci un po' ho visto che si può correggere. Questo perché gli errori mi rompono le scatole e sto cercando di rendere a tutti gli effetti questa storia una seconda serie, quindi voglio commettere meno errori possibili. Seguite il mio ragionamento:
Ichigo è nata nel marzo del 1989 (non ricordo il giorno preciso, comunque ci sono le dati ufficiali se le cercate). A sei anni, cioè nell'aprile 1995 (l'anno scolastico inizia ad aprile e termina a marzo), ha iniziato le scuole elementari. Nel marzo 2001 le ha terminate (durano sei anni invece che cinque come da noi), e ad aprile 2001 ha iniziato la scuola media (che dura tre anni). Ora, attenzione: seguendo le date della prima messa in onda in Giappone, la serie dovrebbe andare da aprile 2002 a marzo 2003, durando un anno intero (ho basato su questo il giorno di apparizione di Profondo Blu e la data in cui Angel ha viaggiato nel tempo). Questo perché, trasmettendo in Giappone un episodio a settimana, ognuno di questi era strutturato per "azzeccarci" col periodo dell'anno in cui veniva trasmesso. Ma... c'è un ma. Nel primo episodio della serie, trasmesso il 6 aprile 2002, Ichigo afferma di frequentare il primo anno delle medie, nonostante, facendo due conti, dovrebbe invece avere appena iniziato a frequentare il secondo anno, visto che è aprile e lei ha tredici anni. Probabilmente le cose stanno così: all'inizio della serie, Ichigo sta in realtà finendo il suo primo anno, e quell'episodio non è ambientato proprio il 6 aprile, ma un po' prima, a fine marzo. A parte che altrimenti le date non tornerebbero, ma non sarebbe nemmeno logicamente possibile che sia all'inizio del suo primo anno delle medie: Ichigo è infatti molto spigliata a scuola, sembra conoscere bene la struttura, le persone che la frequentano e le regole, e inoltre non dimentichiamo che Masaya, che ha la sua stessa età, è già molto conosciuto e ha dato modo di far conoscere le proprie capacità, cosa che non sarebbe possibile se avessero appena iniziato il primo anno. Quindi, a inizio serie sono entrambi alla fine del primo anno. Poco dopo iniziano il secondo anno. Alla fine della serie hanno finito il secondo anno.
Poco dopo l'arrivo di Angel, entrambi iniziano il terzo e ultimo anno delle medie. Questo vuol dire che Angel, alla fine delle vacanze estive a settembre, dovrà inserirsi ad anno già iniziato e inoltrato, e non inizierà il terzo anno insieme ai genitori come avevo lasciato supporre.
Ci siete? Tutto chiaro? Quindi modificherò tutte quelle parti della storia che lasciano intendere che l'anno scolastico sia strutturato come da noi. Non c'è bisogno che ricontrolliate indietro, nella storia e trama non cambierà assolutamente nulla. Farò solo delle piccole modifiche per rendere il tutto più conforme all'anno scolastico giapponese e quindi la storia più realistica. Per le vacanze estive che durano due mesi invece che uno... fate finta che in quell'anno il governo è impazzito e ha chiesto di dare maggior riposo agli studenti. xD 

Buona lettura!

 

Capitolo 55 – Confronti interspecie

 

Il giorno successivo alla conclusione dell’allenamento, cioè il primo di agosto, pochi minuti prima dell’inizio del turno pomeridiano, Bu-ling arrivò eccitatissima al Caffè gridando tutta contenta con quanto fiato aveva in corpo:
“è arrivato papà! È arrivato papà!”
Tutti gli altri ragazzi emisero delle esclamazioni di contentezza e soddisfazione per la loro piccola amica. Bu-ling aveva detto loro solo una volta che suo padre presto sarebbe tornato, e poi non aveva più tirato fuori il discorso, visto che era poco incline a parlare di argomenti che riguardavano strettamente la sua famiglia. E, con tutte le cose a cui pensare, i suoi compagni avevano fatto presto uscire la notizia dalle loro menti.
Tra tutti loro, solo Angel non si stupì, perché era l’unica a frequentare regolarmente la sorellina della Mew Mew più piccola, ed Heicha, che al contrario di sua sorella era una gran chiacchierona in merito, tutte le volte che la vedeva non faceva altro che fare il conto alla rovescia insieme a lei sui giorni che mancavano al ritorno del suo adorato babbo.
Tuttavia, si sentiva un po’ preoccupata: già Bu-ling, anche prima, non aveva propriamente bisogno di lei per occuparsi ogni tanto della sorellina. Ora che c’erano le vacanze estive, e in più il padre era ritornato e sarebbe rimasto con loro fino a fine agosto, non c’era più veramente nessun motivo per cui lei avrebbe dovuto continuare ad andare a casa loro.
Perciò chiese alla bambina, un po’ in tensione: “potrò ancora continuare a venire a giocare con Heicha?”
“Me lo chiedi, Angel-neechan?” rispose ridendo Bu-ling, che sembrava che un qualunque sentimento negativo non potesse esistere in lei, quel giorno. “Quando Bu-ling la mette a letto la sera, Heicha dice sempre che con te si diverte moltissimo. Puoi venire anche tutti i giorni ora, tanto l’asilo resta chiuso per il mese di agosto, e Heicha è sempre a casa.”
“Meno male!” esclamò Angel sollevata. Temeva che Heicha avrebbe preferito ora passare del tempo con il padre piuttosto che con lei, ma evidentemente si era sbagliata. “Adesso che è tornato tuo padre, anche tu finalmente potrai rilassarti e perdere un po’ di tempo, no?” le chiese, curiosa, anche se sentiva in verità che era più una domanda retorica. Era ovvio che fosse così, in fondo.
“Riposarsi?” rispose invece Bu-ling, scuotendo la testa. “Mai! Bu-ling non si riposa mai!”
Angel ne rimase stupita. “Non ti riposi? Ma adesso c’è tuo padre che può pensare alla casa. Perché non ne approfitti per andartene in giro a giocare?”
Ed in fondo, era sempre quello che aveva fatto anche lei. Quando era piccola ed aveva l’età di Bu-ling, passava gran parte della giornata a giocare col suo cane Rau, certo non a fare lavori faticosi. Suo nonno non glielo permetteva. Diceva che l’infanzia passa come niente, e che se non ci si gode almeno quella, di bello della vita resta ben poco.
“Perché a casa c’è sempre da fare, e se ci si distrae un attimo, poi le faccende si accumulano. Non è che perché è tornato papà, adesso Bu-ling può dormire tutto il giorno”, rispose la più piccola.
Minto, che aveva ascoltato tutto con molto interesse, commentò ironica:
“Angel, devi capire che non tutti sono fannulloni come te. C’è anche chi occupa la sua giornata, in qualche maniera.”
Angel la guardò parecchio infastidita. “Il bue che da del cornuto all’asino, proprio.”
“Ma c’è qualcosa di importante di cui parlare!” riprese a strillare Bu-ling con la sua vocetta acuta. Si precipitò da Ryou e si mise a tirarlo per il braccio.
“Allora, Shirogane-niichan? Ci andiamo in vacanza tutti insieme per un po’? Eh, Shirogane-niichan? Ci hai pensato? Hai pensato a dove potremmo andare? Eh? Eh?”
Ryou, con immensa fatica, se la scrollò di dosso. “Datti una calmata”, la ammonì. “E comunque sì, io e Keiichiro ci abbiamo pensato, per una settimana si può fare”, aggiunse con un sorrisetto.
Gli sguardi di tutti, e di Bu-ling in particolare, si fecero brillanti e attenti.
“Una settimana in vacanza tutti insieme?” chiese emozionatissima Ichigo. “Una settimana insieme a voi e ad Aoyama-kun?”
Ryou la guardò sogghignando. “Se pensi che metteremo voi due a dormire in una stanza a parte, ti sbagli di grosso”, provocando il vergognoso disappunto della leader, mentre Masaya, non sapendo se essere divertito o imbarazzato, si scarruffò i capelli con la mano.
“E che luogo avreste pensato?” domandò Minto, parecchio sospettosa.
“Veramente, di scelte ce n’è”, intervenne Keiichiro. “Abbiamo pensato, le Isole Okinawa…”
“Che poi è il posto dove avremmo dovuto andare in vacanza noi due, se tutto ’sto macello non fosse successo”, puntualizzò Ryou.
“…poi la scelta sarebbe la nostra villa sulla spiaggia, come l’anno scorso, un soggiorno alle sorgenti termali, o anche una vacanza in mezzo alla natura sulle Alpi Giapponesi”, continuò Keiichiro.
Ad Angel, al sentire l’ultima opzione, saltò un battito. “E… che tipo di vacanza si farebbe sulle Alpi?” si intromise, col cuore in gola.
“Beh, ci sono tante strutture dove poter dormire, anche di fascia alta”, le spiegò brevemente Keiichiro.
“Già, l’importante è quello. Con questa condizione, potrei andare dovunque”, annuì Minto, soddisfatta.
“Ma no!” si infervorò Angel. “Che gusto ci sarebbe? In mezzo alla natura… in una struttura? Perché non facciamo un po’ di campeggio, invece?”
“Ma… Angel-san”, tentò di spiegarle Retasu. “Nessuno di noi, qui, ha mai avuto esperienze di questo tipo.”
“Io sì!” esclamò Angel, emozionatissima, battendosi una mano sul petto. “Ho sempre vissuto in questo modo. Che importa se voi non sapete fare? Potrei montare io la tenda, sistemare tutto, trovare i posti migliori per lavarsi, occuparmi dell’attrezzatura. Ci divertiremo un sacco!”
Minto aveva l’aria inorridita. “Una settimana in mezzo al nulla? Non se ne parla!” esclamò a braccia conserte, girando la testa.
Ichigo e Masaya si guardarono perplessi, Retasu era combattuta tra il supportare Angel e i dubbi che la assalivano, e nemmeno Ryou sembrava troppo convinto.
“Dovremmo mettere nelle tue mani la qualità della nostra vacanza? Non possiamo fidarci, Angel.”
“È una buona idea, invece”, si sentì una voce matura dietro di loro. Tutti guardarono. Zakuro, che era stata silenziosa fino ad allora, diede la sua opinione senza tanti giri di parole. “Il campeggio è stata la sua vita, dopotutto. Chi meglio di lei saprebbe come organizzare una vacanza di questo tipo?”
Angel la guardò enormemente sollevata, e Bu-ling si rimise a saltellare in giro:
“sììì! Si va in campeggio! In campeggio!”
“Ehi, aspetta un attimo”, cercò di calmarla Ryou. “Ancora non abbiamo deciso niente.”
“Shirogane-san”, intervenne timidamente Retasu. Ryou, quando sentì che era lei che stava parlando, subito si fece attento. “È vero che Angel-san nella nostra società fa un po’ fatica, ma sono sicura che abbia una conoscenza approfondita della vita all’aria aperta. Diamole la nostra fiducia, sono certa che, se ci insegnerà un po’ le basi del campeggio e penserà lei alle cose più difficili, sarà una splendida vacanza per tutti e non ci mancherà niente. Ci farebbe così bene staccare un po’ dalla civiltà e stare noi nove da soli, senza nessun’altra persona attorno.”
Ryou allora la guardò a lungo. Molto a lungo. Tanto che Retasu, dopo un po’ dovette abbassare appena gli occhi, sentendosi bruciare. Angel aveva il cuore in gola; sapeva che doveva essere estremamente riconoscente per il supporto che lei le aveva appena dato, ma era così in ansia di sentire la risposta di Ryou che non riusciva a spiccicare parola.
E finalmente, il capo prese la decisione: “hai ragione, Retasu. Hai detto cose molto giuste. Va bene, voglio fidarmi di te, Angel. So che sei una ragazza responsabile. Farai in modo che non verremo a soffrire in nessun modo per la nostra inesperienza?”
“Assolutamente!” rispose subito l’interessata, mettendosi una mano sul cuore. “Giuro sul mio onore!”
Quasi tutti furono soddisfatti di quella soluzione. Zakuro aveva un’espressione decisamente appagata, a Bu-ling qualunque opzione sarebbe andata bene, Keiichiro aveva solo un’ombra di scetticismo che però schiarì ben presto, e a Masaya e Ichigo non importava in fondo il luogo di vacanza; tutto quello che volevano era poter stare insieme.
Retasu era molto felice di poter essere stata d’aiuto ad Angel anche se ancora non era riuscita a costruirci un gran rapporto. Guardò di sottecchi Ryou, sentendosi la faccia che scottava, e lo colse in una particolare espressione che, in tutte le persone che conosceva, aveva visto fare soltanto a lui: il ragazzo biondo la stava guardando, e sembrava avere un’espressione assolutamente seria, ma gli occhi gli sorridevano. Sorrideva senza mutare l’incurvatura della bocca. E stava sorridendo verso di lei. Retasu dovette distogliere lo sguardo all’istante, per evitare di reagire in modo inappropriato.
Ma ci pensò Minto a spezzare l’atmosfera ambigua che si stava creando.
“Bella roba, davvero bella roba! E se io avessi voluto fare una vacanza in una bella e lussuosa spa? Non ci hai pensato, Angel?” le chiese con le mani sui fianchi.
La ragazza mora, che non aveva mai sentito quella parola, si grattò una tempia perplessa. Poi, trovando una definizione a quel termine, risalente ai suoi primi tempi di vita lì, quando Masaya e Ichigo le spiegavano i concetti base della loro società, chiese:
“perché dovresti voler passare le vacanze in un’azienda? Noi ci riposiamo e tu lavori?”
Minto spalancò gli occhi. “Ma che dici? Ho appena detto che vorrei stare in una bella e lussuosa spa!”
“Che è un acronimo che sta per Società per Azioni, giusto?” cercò approvazione Angel, tutta contenta di aver imparato qualcosa su quella civiltà così complicata.
A quello scambio di battute, Masaya fece fatica a reprimere le risate, e si mise quasi a sghignazzare, coprendosi il viso per non darlo troppo a vedere.
Minto spalancò la bocca, sollevò la testa e si mise abbattuta una mano sulla fronte. “Madre mia…” riuscì solo a commentare.
Angel, che non capiva, si voltò perplessa verso Masaya.
‘Beh? Ho detto qualcosa di sbagliato?’ gli chiese con lo sguardo.
‘No’, rispose di rimando lui, che ancora stava ridendo.

“…allora, bambini, è in questo modo che gli uomini hanno imparato ad alzarsi presto il mattino per andare a lavorare.”
Era già passato qualche giorno dall’inizio di agosto. Era tarda mattinata e il signor Huang, nella grande sala soleggiata di casa sua, stava raccontando una fiaba della tradizione cinese ai suoi figli, che erano seduti tutti e cinque in semicerchio davanti a lui. Anche Angel era presente, per la prima volta da quando l’uomo era tornato, se ne stava poco dietro di loro, appoggiata allo stipite della porta, e anche lei ascoltava interessata i racconti delle avventure vissute in Cina dal rispettabile maestro di Kenpo. Solo Bu-ling mancava, il che era alquanto strano: in un modo o nell’altro, era sempre lì attorno a sbrigare qualche faccenda. L’unica occasione in cui si allontanava da casa era per andare a fare la spesa, ma stavolta non poteva essere, perché la dispensa era piena.
Il signor Huang aveva appena finito di raccontare quando l’orologio della cucina batté undici rintocchi.
Subito il padre si alzò in piedi, battendosi una mano sulla fronte. “È tardi, bambini, è ora di iniziare a preparare da mangiare.”
“Sì, sì, sì!” gridarono tutti insieme. Quel giorno il padre di Bu-ling aveva previsto un bel pranzo tutto cinese: spaghetti di riso piccanti, maiale in agrodolce e mele caramellate.
Diede brevemente le istruzioni ai suoi figli, e tutti quanti si misero al lavoro. Chincha svuotò la lavastoviglie, Hanacha iniziò a tirare fuori i vari ingredienti che suo padre gli aveva scritto in un biglietto e a pesarli, Lucha mise su l’acqua per i noodles, Honcha mise a scaldare l’olio per il condimento con il signor Huang che lo sorvegliava, ed Heicha si mise ad apparecchiare la tavola, con la scimmietta An-nin che le saltellava attorno.
Angel vide che non avevano bisogno di aiuto e rimase in disparte, ma si sentì un po’ stupita. Ora che il padre dei bambini era tornato, si aspettava quantomeno che le cinque piccole pesti si mettessero a fare i loro giochi fino all’ora di pranzo. In fondo, erano bambini piccoli, era giusto che lasciassero i compiti di casa al babbo. Bu-ling le aveva già detto che non si sarebbe riposata comunque, ma lei poteva capirla, visto che si era responsabilizzata in questo già da parecchio tempo. Ma i fratelli più piccoli? No, non aveva senso.
Si avvicinò ad Heicha, curiosa. “Ma senti… perché non lasci che sia tuo babbo ad apparecchiare la tavola e non vai un po’ a giocare?”
“Perché, Angel-neechan”, le spiegò la bimba, “vedi qui quanti siamo? Se tutti noi piccoli giocheremmo e lasceremmo nostro papà a fare da solo, arriveremmo alle tre che ancora dobbiamo mangiare. Se invece facciamo tutti insieme, come una vera squadra, possiamo mangiare presto. L’anno scorso la mia sorellona si era ammalata perché noi non l’aiutavamo mai e doveva fare tutto da sola. Da quando la aiutiamo, invece, non si è ammalata più.”
Ancora Heicha era piccola, e le sue spiegazioni non potevano essere molto corpose. Ma quelle poche frasi turbarono Angel. Evidentemente il valore della collaborazione era importante non solo nei combattimenti in senso stretto, ma anche nella vita di tutti i giorni. Per lei era ancora abbastanza difficile il collaborare in modo spigliato con i suoi compagni, ma ora si rese conto che il raggiungere questa capacità era ancora più importante. Perché non bastava collaborare solo quando si lottava, bisognava lavorare insieme di continuo, anche nella vita normale. Quanto era difficile! Quanto era normale, per lei, sparire da casa sua per ore, partire dalla sua tenda la mattina per tornare la sera, poter decidere in piena autonomia cosa fare, dove andare, cosa mangiare, come procurarsi il cibo. Ma era evidente che così non funzionava. Heicha gliel’aveva provato una volta di più.
“Vuoi fermarti a mangiare con noi?” le chiese cortesemente il signor Huang, interrompendo il suo rimuginare.
“Ah, no… devo tornare al Caffè, ora”, rispose con fatica la ragazza, che non voleva essere di troppo in quel pranzo familiare che vedeva coinvolto il padre dei bambini dopo così tanto tempo.
Il signor Huang annuì e le chiese una cortesia: “allora per favore, quando sarai arrivata puoi dire a Bu-ling di tornare a casa appena può? È partita un paio d’ore fa e ancora non è rientrata.”
“È al Caffè?” chiese la ragazza, sorpresa. “Perché è andata là?”
Ma il padre non aveva idea del perché, non gliel’aveva detto.
Angel allora promise di ricordarsene e, dopo aver salutato i bambini, si mise fuori ad aspettare Keiichiro che doveva passarla a prendere, visto che non era il caso che facesse il tragitto da sola.

Quando lei e Keiichiro furono arrivati alla base, Angel vide Ryou che girava avanti e indietro per la sala con aria molto nervosa.
“Ehi boss, che hai?” chiese lei, avvicinandosi e dandogli un pugno lieve sulla spalla.
“Angel, mi fai il favore?” le chiese lui, un po’ esasperato.
“Cosa devo fare?” volle sapere lei, stranamente divertita al vederlo così irritato.
“Allora, va’ giù e dì a Bu-ling di staccare quel computer, che fra un po’ mi arriva una bolletta grossa come una casa”, spiegò Ryou indicandole la porta che dava nel sotterraneo.
Angel diede un’occhiata verso le scale, poi guardò di nuovo Ryou alzando un sopracciglio.
“E perché non glielo dici te?”
Per tutta risposta, Ryou la guardò male, ed Angel mise subito le mani avanti.
“Va bene, va bene, vado io.”
Scese i gradini del seminterrato, e prima ancora di essere arrivata di sotto si mise a gridare dalle scale:
“Bu-ling, spegni e torna su, che tuo padre ti aspetta e il boss si incaz…!”
Ma, prima ancora che la rampa fosse conclusa, sentì delle voci provenire dalla sala sotterranea. Una era quella di Bu-ling, e sembrava proprio che stesse parlando con qualcuno. Subito Angel si fermò e rimase attenta con le orecchie ritte. Era per caso la voce di un bambino, quella che stava sentendo? Ma sì, la sua piccola compagna stava proprio parlando con un ragazzino!
Scese gli ultimi gradini con passi felpati, e sbirciò appena da dietro la porta per non farsi vedere. Quando vide quello che stava accadendo si sentì morire: Bu-ling stava parlando con uno di quelli! Cioè, non era che stava parlando con qualcuno fatto di carne: era davanti al tavolo e il ragazzino alieno era dentro il monitor del computer portatile appoggiato sulla scrivania in fondo alla stanza. Però ci stava chiacchierando ugualmente. Subito la ragazza, senza perdere tempo, si addossò con la schiena al muro e iniziò a strisciare verso di lei, tenendosi ben al di fuori della portata visiva dello schermo. Nel frattempo sentiva con disappunto Bu-ling raccontare con abbondanza di particolari tutti gli aneddoti divertenti che le capitavano a casa quando doveva badare ai suoi fratelli, e il piccolo alieno ogni tanto la interrompeva con una battuta ironica. Ma Angel era troppo nervosa per stare ad ascoltare veramente quello che si dicevano. Quando fu riuscita ad arrivare abbastanza vicino al lato opposto della stanza, si buttò a terra a quattro zampe, e a carponi riuscì ad avvicinarsi alla bambina. La acchiappò per la vita e la trascinò via dalla visuale dello schermo senza darle tempo di replicare.
“Angel-neechan!” esclamò sorpresa la ragazzina, che non l’aveva sentita arrivare.
“Che… che cosa stai facendo?” le sibilò Angel, sconvolta.
“Bu-ling sta parlando con Tar-Tar!” le rispose tutta contenta la bambina, felicissima alla prospettiva di presentarle il suo amico.
“Ma perché?” chiese stupefatta la più grande, ma si riprese immediatamente. “Anzi, no, non lo voglio sapere. Non voglio sapere il perché. Adesso tu spegni il computer e vieni su. Che non ti peschi un'altra volta a rivolgere la parola a uno di… di quelli. Non oso pronunciare il modo in cui li definirei, sennò poi mi dovrei lavare la bocca col sapone”, ringhiò, minacciosa.
Bu-ling ci era rimasta malissimo. “Ma Angel-neechan… Tar-Tar è molto simpatico, non è mica un cattivone come Flan. E poi gli ho anche parlato tanto bene di te.”
“Cazzate!” rispose subito la ragazza, scuotendo la testa. Poi, ripensando all’ultima frase, impallidì. “Tu gli hai… gli hai parlato di me? E magari anche di Flan? E che gli hai detto?” le chiese agitatissima, afferrandola per le spalle.
“Ma niente di tutto questo, solo che lavori insieme a noi nel locale”, rispose innocentemente Bu-ling, ed Angel tirò un respiro di sollievo.
Nel frattempo, Tart, che non aveva visto cosa era successo, aveva iniziato a chiamare: “Bu-ling! Dove sei finita, mocciosetta? Con chi è che stai parlando?”
“Vedi?” insisté la ragazzina, indicando lo schermo. “Mi sta chiamando. Almeno lo devo salutare.”
“Non provare a tornare di fronte a quel computer!” la avvertì Angel. “Ascolta chi è più grande di te.”
A quelle parole, Bu-ling incrociò le braccia e la guardò con aria tronfia. “Ma Bu-ling è più grande di Angel-neechan, veramente.”
Angel aprì la bocca per rispondere, ma dopo poco capitolò. “Già… è vero, tu sei più grande di me, in effetti”, borbottò.
Allora la ragazzina, vittoriosa, fece per tornare davanti allo schermo, ma Angel la fermò di nuovo.
“Aspetta! Senti, non… non gli dire niente delle battaglie che facciamo, di Flan e di tutto il resto. Digli solo che sono una ragazza qualsiasi, d’accordo?” le raccomandò, con aria di intesa.
“Okay!” assicurò Bu-ling, mostrandole il pugno con il pollice rivolto verso l’alto, ed Angel, sollevata e rassicurata, la lasciò andare.
Bu-ling tornò di corsa davanti al monitor. “Ehi, Tar-Tar, Angel-neechan combatte insieme a noi!” esclamò tutta giuliva, ed Angel, non osando avvicinarsi per evitare di essere vista, si coprì semidisperata la faccia con entrambe le mani, ringhiando sommessamente.
Stava per ripetere alla ragazzina di spegnere una buona volta quel maledetto computer, quando sentì una voce maschile più bassa e forte, parecchio irritata, provenire dallo schermo.
“Insomma, Tart, ti vuoi staccare o no? È ora della mietitura, se non ci sbrighiamo ad andare nei campi, sai Pie quanto si arrabbia! E poi se la prende con me!”
Nonostante fosse chiaro che anche quella era la voce di un alieno, la prima reazione di Angel fu come di sollievo.
‘Finalmente uno che ragiona!’ esclamò mentalmente, e allungò appena il collo per vedere chi mai avesse parlato. Ma quando vide da chi era uscita quella frase, quasi si sentì morire. Si precipitò davanti allo schermo, scansando Bu-ling con una spallata, sbattè entrambe le mani sul tavolo, una a destra e l’altra a sinistra del monitor, ed esclamò quasi inorridita:
“Waffle! Che ci fai lì dentro?!”
Subito dopo, si rese conto di avere commesso una gaffe assurda. Vicino al ragazzetto bruno con cui stava parlando Bu-ling, c’era un altro alieno evidentemente simile a Waffle, ma coi lineamenti più morbidi, i capelli di un verde più scuro e più lisci, e i codini davanti alle orecchie, anziché dietro.
“Ah, ma tu non sei Waffle…” mormorò, confusa.
I due ragazzi la guardarono sbalorditi per un attimo, poi l’espressione del più grande mutò in un ghigno divertito:
“accidenti! Io pensavo che certe pratiche rendessero ciechi solo i maschi, ma mi sa che mi sbagliavo.”
Angel, a quelle parole, si sentì avvampare d’imbarazzo, e sperò che la bambina di fianco a sé non cogliesse l’allusione. Si voltò verso di lei e la acchiappò sotto le ascelle, cercando di trascinarla lontano.
“Bu-ling, posso parlarti un momento? Andiamo via…” ansimò, mentre la bambina bionda faceva resistenza aggrappandosi con entrambe le mani al bordo del tavolo.
“Ehi, vecchia befana! Giù le mani!” gridò contrariato il ragazzetto bruno dallo schermo, e a quelle parole Angel, stupita, lasciò la presa.
“E questa, da dove è saltata fuori?” chiese il più grande, veramente incuriosito.
A quelle parole, Angel provò una sensazione molto fastidiosa.
“Ma tu sei quello con cui ho parlato quella volta, per caso?”
Il ragazzo ci ragionò un attimo, poi ci arrivò anche lui. “Ma certo, tu sei quella di Flan! Com’era quella storia? Nemmeno me la ricordo bene.”
“Già, com’è che combatte insieme a voi?” insistè il bambino con Bu-ling.
“No, no, lasciate stare!” mise subito le mani avanti Angel, cercando di precedere la sua compagna. “Sono una Mew Mew anch’io, ma combatto solo i pochi mostri che sono rimasti sulla Terra, tutto qui.”
Il ragazzo la guardò divertito. “E il pappone avrebbe scelto una come te per combattere dei semplici mostri? Certo che ha degli standard qualitativi veramente bassi!”
Angel si sentì bruciare il sangue. Non che le importasse davvero della denigrazione rivolta a lei, visto che c’era abituata: Waffle in fondo l’aveva insultata in tutti i modi possibili. Ma sentirlo riferirsi a Ryou in quel modo le stava facendo venire i brividi di rabbia.
“Non toccare il boss!” lo avvertì minacciosa, avvicinando il viso allo schermo.
“Lo tocco quando e quanto mi pare!” rispose di rimando il ragazzo, spingendo da parte il più piccolo e avvicinandosi al monitor anche lui.
Angel scoprì i denti e iniziò a ringhiare, arrotolandosi le maniche della camicia. “Vuoi venire qua, così ti mostro chi è che comanda?”
“Cos’è, un invito? Devo salire sulla prima astronave che trovo? Fra due settimane potresti ricevere una bella sorpresa”, sogghignò l’alieno con un tono vagamente malizioso, e rimase a fissarsi con Angel, come se avessero l’intenzione di massacrarsi a vicenda.
La ragazza sapeva di essersi spinta troppo in là, ma ormai era tardi per tornare indietro. Gli aveva lanciato una sfida più che palese, e ora la cattiveria innata di quel tipo lo avrebbe portato a partire immediatamente per la Terra, per poterla combattere.
Ma, di punto in bianco, il ragazzo staccò la faccia dallo schermo e, con una gran risata, esclamò: “naaah! Figurati se perderei tempo in questo modo, con tutto quello che c’è da fare qua!”
Angel rimase a bocca aperta e gli occhi spalancati, senza sapere cosa rispondere.
“Ma tu… ma tu… non dovresti rispondere così!” riuscì a spiccicare quando si fu ripresa.
L’alieno, a quella frase senza senso, incrociò le braccia: “cos’è, il ricombinatore genetico del tuo boss, oltre a scombinare il vostro DNA, scombina anche le vostre capacità cerebrali?”
“Tu… tu non…” balbettò ancora Angel, con gli schemi mentali sconvolti, e poi, risoluta, insisté: “ti ho appena lanciato una sfida, io sono una terrestre, tu sei un alieno, non puoi rifiutarti di combattermi!”
Lui alzò le spalle: “e se tu sei una terrestre e mi hai lanciato una sfida, a me che cavolo me ne frega? Vorrei proprio saperlo.”
“Perché sei un alieno, siete portati per vostra natura ad odiare noi uomini”, cercò di spiegarsi Angel, basando il tutto sulle brutte esperienze che aveva avuto in passato.
Questa spiegazione senza logica fece sbellicare dalle risate i due ragazzi.
“Guarda, se non avesse così da fare in questo momento, farei venire qui mia sorella a parlare con te. È la creatura più buona e dolce dell’universo, altroché odiare”, si spiegò il più grande tra un riso e l’altro.
“Già!” approvò il più piccolo. “È per questo che non è stata scelta lei per combattere sulla Terra, vero, amico?”
“Esatto”, annuì il maggiore. “Troppo tenera.”
“Fannulloni, muovetevi da lì”, si sentì da lontano la voce di un terzo ragazzo, molto arrabbiata. I due maschi più giovani trasalirono.
“Cavoli, se non ci muoviamo, Pie farà in modo di dimezzarci il rancio!” esclamò il più piccolo, saltellando sul posto agitatissimo. “Allora ciao, eh, Bu-ling! Ci si sente! E ciao anche a te, vecchiacc… ehm… Angel”, fece prima di schizzare via.
“Ciao, Tar-Tar!” lo salutò la ragazzina, facendo un cenno con la mano.
Era rimasto solo l’alieno simile a Waffle. Stava per chiudere la comunicazione, quando Angel, ripresasi dalla confusione, lo fermò. Fino a pochi attimi prima, avrebbe senz’altro affermato: meglio Waffle che questo qui. Ma ora non ne era più così sicura.
“Aspetta, alieno! Come ti chiami?” volle sapere.
Lui la guardò dritto negli occhi. “Sono Quiche. Ricordati del mio nome.”
“Me ne ricorderò”, annuì Angel, e l’alieno finalmente spense il collegamento.

Erano tornate al piano di sopra, Ryou aveva ripreso aspramente Bu-ling per essere rimasta collegata col computer per troppo tempo, la ragazzina se ne era tornata a casa per mangiare ed Angel si era ritirata per un po’ in camera sua.
Le faceva male la testa. Aveva bisogno di pensare. Ma, a dire il vero, non c’era proprio niente su cui riflettere: la verità si era rivelata a lei, limpida e cristallina, davanti ai suoi occhi. E si era rivelata sotto forma di due ragazzi che non parevano avere per nulla la cattiveria e le brutte intenzioni di Waffle e Flan. E, cosa ancora più incredibile, si erano rivelati così diversi da spingerla addirittura a chiedere il nome al più grande. Proprio lei, che aveva sempre considerato quella specie come una massa indistinta, con i vari membri privi di individualità, e che ai suoi occhi erano tutti uguali. Ora addirittura era arrivata ad informarsi sull’identità di uno di loro? Cose da pazzi!
A dire il vero, questo fatto degli alieni non era nemmeno una novità troppo grossa per lei: c’era stata una discussione in proposito proprio pochi giorni prima. Ryou aveva preso in esame diversi fattori, come il fatto che le battaglie stessero andando veramente per le lunghe, e di come ci fosse la possibilità, da parte loro, di contattare i loro vecchi nemici. Quindi aveva indetto una riunione generale.
“Considerando la situazione, dobbiamo valutare l’eventualità di chiamarli in nostro aiuto contro Flan.”
Angel aveva immediatamente iniziato a ringhiare, senza nemmeno cercare di misurarsi.
“Collaborare con quelli? Non se ne parla proprio. Mi rifiuto!”
“Sta’ zitta”, la ammonì Ryou, fulminandola con gli occhi. “Tu non puoi prendere decisioni. La questione va messa ai voti, decideremo democraticamente.”
Ma non era solo Angel ad avere qualche riserva in proposito: Ichigo, quando Ryou aveva aperto la possibilità di rivedere i tre alieni che avevano combattuto, aveva assunto uno sguardo visibilmente impaurito, e si era stretta quasi tremante al fianco del suo fidanzato, che l’aveva cinta a sé stringendola per la spalla, anche lui evidentemente insofferente.
A votazione conclusa, soltanto Bu-ling e Retasu avevano accolto con favore l’eventualità di una collaborazione con loro.
Minto aveva votato contro perché, secondo lei, meno gente si aggiungeva alla squadra e meglio era. Già Angel aveva scombinato tutto, non era il caso di fare affidamento su altri estranei.
Anche Zakuro non era stata d’accordo: già erano messi abbastanza disorganizzati così, con Angel che faceva una gran fatica a lavorare in gruppo. Se si fossero aggiunte creature che lei pregiudizialmente detestava, non sarebbe mai stata in grado di imparare a collaborare coi suoi compagni, quello che aveva appreso fino a quel momento sul lavoro di gruppo sarebbe andato perso, e le battaglie sarebbero diventate ancora più caotiche; in questo modo, invece di facilitarsi i compiti, sarebbe diventato tutto più difficile. Meglio non incasinare ulteriormente le cose.
Ichigo era terrorizzata al solo pensiero di poter vedere di nuovo Quiche dal vivo, e anche Masaya, che non aveva mai perdonato quell’alieno per ciò che aveva fatto alla sua ragazza, si era opposto.
“Cinque contro due! Mi sembra che siate in minoranza!”, aveva commentato soddisfatta e gongolante Angel a votazione conclusa.
Allora Ryou si era rassegnato, ma a pensarci bene non era stata una gran perdita: intanto, non sarebbe stata un’idea molto saggia includere Pie e i suoi in una faida in cui non c’entravano nulla. Inoltre, i guerrieri non avevano realmente bisogno del loro aiuto per vincere. Tutto quello che occorreva loro era tempo per ottenere i potenziamenti, una volta ottenuti quelli, la vittoria contro Flan non sarebbe stata impossibile.

A questo punto, dopo aver confrontato i pensieri di quel giorno con quello che era successo poco prima, un dubbio tremendo punse la ragazza: e se per tutto quel tempo, per tutti quegli anni, lei si fosse sbagliata? Forse non era vero che gli alieni erano cattivi intrinsecamente? E se la risposta a questa domanda era affermativa, forse questo stava a significare che Waffle, se fosse cresciuto senza l’influenza di Flan, sarebbe rimasto suo amico invece di iniziare a odiarla? Forse la colpa, in fondo, era la sua, che aveva ceduto agli insegnamenti di suo padre invece di opporre resistenza, e la sua specie non c’entrava niente? Quello che Zakuro le aveva spiegato e Bu-ling le aveva dimostrato aveva un fondamento di verità?
“No, no, non può essere, non può essere così”, gridò quasi la ragazza, prendendosi la testa fra le mani e scuotendola sconsolata, chiudendo il più possibile la mente a queste risposte quasi ovvie.
“Waffle mi avrebbe tradito comunque perché la sua specie è portata alla cattiveria. Non può… non può averlo fatto deliberatamente. Non è possibile, mi rifiuto di crederci!”
Dovette ripetersi questo concetto varie volte per fissarselo bene nella mente. Facendo il possibile per rimuovere dalla mente lo scambio di battute avuto con quei due ragazzi, riaccolse interamente le convinzioni che aveva fatto sue fin da quando era bambina e, amaramente rasserenata, uscì dalla sua stanza per scendere a cena.

 

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La fiaba che il signor Huang sta raccontando ai suoi figli è di origini cinesi (ovviamente), ed è questa.

Giusto per la cronaca: la sorella di Quiche non l'ho inventata io, ma si intravede in un flashback del manga insieme alla loro madre.

   
 
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