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Autore: pandafiore    09/06/2016    4 recensioni
{Everlark}
Dal testo:
"Entro dalla porta, oggi, e chiamo il tuo nome, per darti il pane, ma nessuno risponde. La consueta poltrona abbandonata vuota in salotto. Dove sei?"
Buona lettura!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OneShot

 

Proprio come nella grotta...





Le fiamme divorano la mia casa, il panificio, i miei genitori. Sono stanco, sono veramente stufo di vederti ogni giorno ridere su quelle macerie carbonizzate. 
Sono stanco, voglio uscirne. So che non è reale, io lo so. Ma non riesco a prendere questi pensieri, accartocciarli e gettarli più lontano che posso; è come se avessero piantato le radici nel mio cervello, poi nella carne, nella testa, così come in tutto il corpo, perché sento anche il cuore legato in una rete, e quando batte - quelle poche volte in cui lo sento battere - viene strizzato da corde di ferro, sottili e affilate, che lo spezzano e lo tagliano, lacerandolo. E sei tu, che mi fai battere il cuore. Ed è colpa tua se soffro così. 
 
Ma no, non può essere colpa tua. Più ti guardo, e più ti vedo debole. Abbandonata su una poltrona, davanti al fuoco, lo stesso fuoco che... no. La devo smettere di pensare a quello che loro vogliono io pensi. Quello non è il fuoco con cui hai bruciato i miei genitori o i miei fratelli, per il semplice fatto che tu non hai la forza per farlo. Sei debole, Katniss. 
Sbattuta su una poltrona, totalmente apatica, attendi solo la morte. 
 
Entro dalla porta, oggi, e chiamo il tuo nome, per darti il pane, ma nessuno risponde. La consueta poltrona abbandonata vuota in salotto. Dove sei? 
 
E ti ritrovo svenuta sul pavimento della cucina, con il gatto che ti lecca la faccia. 
Ti guardo, senza fare niente, sentendo la mente separarsi in due grossi pezzi di carne; il primo mi fa vedere immagini luccicanti, quelle che realizzo essere false solo perché brillano, mentre il secondo proietta la realtà: tu sei debole, Katniss. 
E non sopporto vederti così. 
 
Mi piego sulle ginocchia, con il peso sui talloni, e ti osservo più da vicino. Sei dannatamente bella. Anche con gli zigomi sporgenti, le gambe troppo magre, il viso pallido e senza sensi, tu sei bella. 
Mando via il gatto e ti tiro su a sedere, poggiando la tua schiena al mobiletto della cucina. Se non ti tenessi, cadresti nuovamente a terra. 
Ed è osservandoti che vedo lo squarcio che hai sulla fronte; sembra lo stesso che ti eri fatta nella prima Arena. Lo stesso che ti era fatta per prendere la medicina per me, per salvare me. 
Immagino che questo però tu te lo sia fatta cadendo, svenuta. Ma non posso andare a prendere qualcosa per curarti, altrimenti il tuo corpo inerme tornerebbe ad afflosciarsi su se stesso. 
Mi siedo di fronte a te, e attendo che rinvieni, scostandoti i ciuffi neri dal volto bianco, risistemandoti la treccia corvina. Ti sollevo le gambe con un cuscino, e aspetto, aspetto, e aspetto ancora, finché non ti risvegli. 
 
E devo attendere parecchio, prima che la tua fronte si contragga creando quel triangolino che conosco bene tra le due sopracciglia. Ti massaggi il collo con una mano; gli occhi ancora chiusi, e strizzati per il fastidio di essere caduta - ancora una volta - priva di sensi. 
Ho sognato cento volte di ritrovare i tuoi occhi grigi di fronte a me, così vicini, dopo quella volta che mi hai scoperto a piantare le primule; da quella volta - ed è stato due mesi fa - non mi hai più parlato, non ci siamo più cercati, ricordi? 
Ma quando, giusto ora, le tue immense iridi si alzano, e mi focalizzano, stringendo a spillo le pupille, il mio cuore manca seriamente un battito. La sento ancora, quella rete di spine che lo attanaglia, ma è un dolore strano, un male che fa quasi bene, se mi guardi con quegli occhi. 
Poi il tuo istinto felino ti fa alzare di colpo, per scappare, per retrocedere e fuggire lontano, chissà, magari nei boschi. Ma sei troppo debole, e scivoli nuovamente a terra, di fronte a me, che rimango impassibile; sapevo saresti ricaduta. 
Mi guardi smarrita, stringendo le labbra rosee, impaurita. 
Non ti faccio del male, Katniss. 
-Vado a prendere il disinfettante, rimani qua, va bene?- Annuisci, confusa; forse nemmeno sai di esserti ferita la fronte. 
 
Quando torno mi si gonfia il cuore, nel vederti ancora lì, proprio come ti ho lasciata. 
Verso un po' di disinfettante sul cotone e mi avvicino a te, tamponandoti il sangue. È la stessa identica scena della grotta dell'Arena, l'unica cosa che cambia è che qui quello che sta un po' meglio questa volta sono io. Ma non ci metterei la mano sul fuoco per confermarlo... 
Mi incanto sulla tua pelle, sulle tue labbra dischiuse, immaginando il respiro caldo che ne esce, sui tuoi occhi puntati su di me, che vogliono celare tutta la paura che provi nei miei confronti. 
Non ti faccio del male, Katniss. E quando realizzo la veridicità di questo mio pensiero, così tante volte ripetuto, perché è vero che non potrei torcerti nemmeno un capello, ti guardo anch'io negli occhi, in un intreccio di sguardi più solido del marmo; un filo, sì, è quello che ci lega, ma è un filo indissolubile. Mi sporgo lentamente in avanti e cerco le tue labbra con le mie. E sono sconvolto quando sento che me lo lasci fare e che, anzi, mi baci. 
Le tue labbra, così agognate, così morbide e calde, accarezzano le mie, mentre lascio cadere il cotone a terra e premo i miei palmi sul tuo piccolo volto, contornandolo delicatamente. 
Vorrei che questo bacio non finisse mai, perché so, ne sono certo, che tu scapperai da me non appena l'incantesimo si scioglierà. E non ho alcuna intenzione di far terminare questo bacio, mentre lambisco le tue così dolci labbra. 
Sei tu, infatti, a spezzare la magia. 
Ti stacchi da me con lo sguardo basso e le guance paonazze, riadagiandoti con la schiena al mobiletto dal quale ti eri staccata per avvicinarti a tua volta a me. 
Prendo dell'altro cotone e, con un sorriso da ebete sul volto, torno a tamponarti la ferita, come se niente fosse, come se le nostre labbra non fossero rosse e io non sentissi ancora il tuo sapore di mare su di esse. 
Mi guardi di sottecchi, sperando che io non me ne accorga, e il mio sorriso si allarga ancora di più. 
Ma so che la magia è finita e devo tornare a casa. Così mi alzo da terra e, riordinate quelle poche cose che ho utilizzato per medicarti e sistemato il pane - ragion per cui sono venuto qui - sulla mensola, faccio per andarmene, quando improvvisamente un suono basso e roco giunge al mio orecchio, giusto mentre sono sulla porta. -Peeta...- Lo ripeti, ancora più piano. Mi volto e trovo i tuoi occhi plumbei imploranti. 
Mi avvicino, e mi siedo nuovamente di fronte a te. Mi prendi un polso con forza, stringendolo e imprimendoci le unghie fino a farmi male. 
-Resta.- Mormori, guardandomi persa. E io sorrido, pensando a quanto devo essere fortunato. Pianto le mie labbra sulle tue con irruenza, con desiderio, tutt'altra cosa rispetto a prima. Cerco la tua lingua con la mia, voglio sentirti viva, Katniss. Voglio sentirti qui, tra le mie braccia, solida, viva, mia. 
-Sempre.- Rispondo, adagiando la mia fronte sulla tua, perdendomi in quel mare d'argento liquido, fuso. 
-Sempre.- Ripeto, e ti vedo sorridere. 
 
 
 
 
 
 
Note finali: Buongiorno, non dirò molto in queste piccole note conclusive, perché nelle OneShot mi piace sempre sapere cosa ne pensate voi, e cosa sono riuscita a trasmettervi. Volevo comunque farvi notare come si apre, questa OneShot, e come si chiude; passiamo letteralmente da un polo all'altro, tutto grazie al semplice fatto che Katniss e Peeta si sono ritrovati in una scena così simile a quella della grotta dell'Arena. 
Ecco, ho detto tutto :) Torno a dormire sul divano, buona giornata <3 

   
 
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