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Autore: Francy_Kid    11/06/2016    4 recensioni
~Sequel di "Amour masqué"~
Sono passati quattro mesi da quando Chat Noir ha svelato la sua identità segreta a Marinette. Malgrado i due stanno insieme da tutto quel tempo, una vecchia conoscenza si ripresenta, minacciando il loro rapporto e le loro vite.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Lila, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Papillon, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The masked serie'
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Cap. 2



Gabriel Agreste, lo stilista più famoso, ricco e ammirato di tutta Parigi.

Molte persone si chiedevano ancora il segreto del suo successo: com'era possibile che un uomo qualunque potesse aver avuto così tanta fama in meno di dieci anni? Soprattutto a soli venticinque anni!

Oltre alle domande sulla sua carriera, le domande sulla sua vita privata erano persistenti: perché non usciva mai di casa? Dov'era sparita sua moglie? La donna che abitava nella sua villa era realmente la sua assistente o era anche la sua amante?

Domande che lo disgustavano e che gli facevano venir voglia fuggire, mandando anni di duro lavoro in fumo.

Ma era troppo debole per farlo.

La sua debolezza lo aveva costretto a diventare ciò che era.

Il suo lavoro doveva continuare, e un giorno, suo figlio lo avrebbe continuato.

«Nathalie, portami la lista degli abiti da presentare per la sfilata che si terrà tra tre settimane.» ordinò l'uomo, tenendo premuto sul pulsante rosso, che trasmetteva la chiamata direttamente alla reception, dove la sua assistente lavorava.

La sfilata che doveva presentare era una delle più importanti a cui doveva partecipare: ci saranno parecchi stilisti famosi, tra francesi e italiani, che gareggiavano su chi fosse il migliore.

L'abito che avesse vinto sarebbe stato venduto in tutti i negozi di abbigliamento più famosi del mondo, e solo coloro che potevano permetterselo lo avrebbero indossato.

Ci vollero pochi minuti prima che Nathalie bussasse alla porta del suo studio, per poi entrare quando Gabriel le rispose di venire dentro.

«Eccola qua, Signore.» esclamò l'assistente, poggiando dei fogli sulla scrivania dell'uomo, che ringraziò freddamente. «Scusi, Signore.» lo chiamò titubante, facendogli alzare gli occhi grigi e spenti. «A suo figlio farebbe piacere che Lei dia un'occhiata ai progetti della signorina Marinette.»

Gabriel non cambiò il suo sguardo freddo e restò in silenzio per diversi secondi, facendo aumentare il battito cardiaco della donna. «E perché dovrei, scusa?» chiese ad un tratto.
«Beh... è un favore che le ha chiesto suo figlio; in più, se vuole un parere personale, questa ragazzina ha del talento: con qualcuno di esperto come lei a consigliarle può migliorare in poco tempo.» spiegò lei, ma venne interrotta dalla voce intimidatoria del suo capo: «Ora sono occupato. Se hai qua i progetti della signorina Marinette lasciali sulla scrivania. Magari darò loro un'occhiata.» rispose, per poi afferrare i fogli dell'elenco che Nathalie gli aveva portato, facendole capire che l'argomento era chiuso.

La donna, ancora leggermente spaventata, lasciò i disegni dell'adolescente dove le aveva detto l'uomo; subito dopo uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di lei.

Gabriel sospirò, rilassandosi per un secondo sulla sedia imbottita, spostando lo sguardo sugli oggetti presenti sul tavolo: portapenne in alluminio, fogli firmati, telefono fisso, i disegni di Marinette. Appena li vide, si accese una scintilla di curiosità; li guardò con interesse, oltre che con occhio critico, ma, contando che era una ragazza di diciassette anni, vedere le sue creazioni riportavano a galla vecchi ricordi di quando anche lui aveva la sua età, e molti stilisti crescenti volevano realizzare i suoi disegni; il periodo di quand'era accompagnato dalla ragazza che, qualche anno più tardi, sarebbe diventata sua moglie, per poi lasciarlo e fuggire in un altro luogo.

Gabriel, a quel ricordo, strinse tra le mani il foglio con i disegni dell'adolescente, con il cuore straziato e con la mente concentrata su vecchi –e dolorosi– ricordi.


 

Adrien crollò sul letto, sfinito e accaldato: quel giorno, subito dopo la visita a Marinette, ha avuto un servizio fotografico appena fuori Parigi, ma la sera, appena tornato a casa, aveva dovuto correre verso la Tour Eiffel per aiutare Ladybug in uno scontro contro un akuma; anche se era stato abbastanza facile batterlo, non ne poteva più per il caldo.

Il ragazzo, facendosi forza, si trascinò con le gambe verso il bagno per una doccia fresca, mentre Plagg aveva iniziato a russare, usando come cuscino una fetta di Camembert.

Un quarto d'ora più tardi, il modello uscì dal bagno con un asciugamano avvolto attorno alla vita, e un altro sulle spalle, mentre si asciugava i capelli; guardò l'ora sulla sveglia –22:27–, per poi vestirsi con abiti abbastanza leggeri e svegliare il suo kwami, che mugugnò qualcosa sui biscotti. Un attimo: biscotti?!

«Ehi Plagg, da quando ti piacciono i biscotti?» domandò il suo custode, punzecchiandogli la testa con l'indice, facendolo svegliare di soprassalto.
«C-Cosa? A-A me i biscotti non sono mai piaciuti!» rispose nervoso, incrociando le braccia, cercando di mantenere il suo comportamento naturale. «Stavo sognando di mangiare il mio Camembert, quando una marea di biscotti al cioccolato mi ha attaccato.» spiegò.

Adrien lo guardò storto, per poi alzare le spalle e dicendogli di trasformarlo.

Solo Plagg sapeva che aveva mentito sul fatto dell'attacco dei biscotti: un kwami rosso con i poteri della fortuna era in sua compagnia, con alcuni biscotti al cioccolato, e lui li stava mangiando con lei, ignorando per la prima volta il Camembert. Certo, lo spiritello nero aveva già provato a mangiare qualcosa diverso dal formaggio, ma non gli piaceva nulla; solo nel sogno poteva godersi quei dolci in compagnia di un'amica che conosceva sin dall'inizio dei tempi.


 

Tikki stava guardando la sua protetta mentre faceva i compiti delle vacanze, ridacchiando quando tirava fuori la lingua per concentrarsi su un problema difficile, spostando qualche volta lo sguardo sulla bellissima collana che Adrien le aveva regalato; poco dopo, Marinette si staccò dai libri, riponendoli in cartella.

«Mari, hai fatto solo dieci minuti di compiti.» la rimproverò il kwami, galleggiando a mezz'aria, avvolta dalla sua solita luce rossa brillante.
«Sono in vacanza Tikki. E poi, ho finito quasi tutta matematica.»
«Certo, ma ti mancano tutte le altre materie.»

La ragazza agitò la mano, eliminando l'argomento, per poi salire fin sopra il letto, sdraiandosi ad ammirare le stelle che si vedevano dalla botola-finestra aperta, mentre il kwami le si posò sulla pancia. «Dimmi una cosa, Tikki.» esclamò, attirando la sua attenzione. «Da quanto vi conoscete tu e Plagg?»
Lo spiritello rosso si sedette. «Beh, ci conosciamo da parecchio tempo: da eoni ed eoni ormai.» rispose, allargando le piccole braccia, provando ad imitare la quantità di tempo come un oggetto reale.
«Allora, tu e lui avete visto parecchi Ladybug e Chat Noir. E dimmi: avete sempre sconfitto il male?»
Tikki sospirò, richiamando alla memoria vecchi ricordi, belli e brutti: «No. Non sempre.» rispose con un sorriso triste. «Non sempre il bene vince sul male, purtroppo.»

Marinette la prese tra le mani, baciandole la testa, come a chiederle scusa per aver riportato a galla ricordi tremendi. «Visto che tu e Plagg vi conoscete da così tanto tempo, che ne pensi di lui?» domandò in tono scherzoso, riportando alla realtà la piccola kwami, che la guardò crucciata.
«In che senso, scusa?»
«Oh andiamo Tikki, l'avrai capito a cosa mi riferisco.»
Lo spiritello si allontanò dalla sua custode, volando a diversi centimetri di distanza. «S-Sai Marinette, noi kwami abbiamo un diverso modo di "provare" i sentimenti di voi umani...» esclamò, la luce rossa attorno al suo corpicino ora più luminosa; le succedeva solo poche volte: quand'era arrabbiata, quand'era estremamente felice e quand'era in imbarazzo. E sicuramente non erano le prime due opzioni.

La sua protetta stava per ribattere, quando si sentirono dei passi sull'attico e, come di consuetudine, Tikki si nascose, mentre la ragazza rimase sdraiata, fingendo di dormire.

Chat scese accanto a lei, sapendo che stava fingendo, e iniziò a solleticarle le braccia, aiutandosi con i guanti artigliati, sfiorandole delicatamente la pelle. «Principessa» la chiamò, canticchiando. «È arrivato il tuo cavaliere a farti compagnia. Non puoi farlo attendere.»

La corvina non lo ascoltò, continuando a tenere gli occhi chiusi.

Il felino, sentendosi ignorato, portò la mano sotto la maglietta extralarge –la stessa con cui riusciva a vedere la biancheria intima quando ballava o si muoveva–, accarezzandole il fianco.
«Mari, guarda che se la tigre viene provocata, finisci per essere mangiata.» sussurrò, leccandole il lobo dell'orecchio, spostando la mano verso l'alto, sfiorandole i seni.

Solo ora la ragazza gemette, inclinando maggiormente la testa contro il cuscino, permettendo a Chat di mordicchiarle la pelle appena sopra la catenella in oro bianco, lasciandole dei segni rossi, ormai familiari sul suo collo.

«Tu non sei una tigre.» mugugnò lei, afferrandogli leggermente i capelli, mentre continuava a succhiarle la pelle sensibile.
«Faccio comunque parte della famiglia dei felini, Purr-incipessa.» miagolò sensualmente, voltandola per baciarla.

Le loro labbra si mossero in contemporanea, accogliendo le loro lingue in una nuova lotta per il predominio, anche se si conosceva già il vincitore. Il biondo annullò la trasformazione, potendo sentire la pelle della ragazza sotto le sue mani; il caldo dell'estate, il caldo del suo corpo, il suo nome pronunciato con dei gemiti: sensazioni che gli facevano venir voglia di non fermarsi e andare oltre, ma non senza il consenso di Marinette.

«Sei in trappola, Mari.» disse con il fiato corto, ma riprendendo comunque a baciarla.
«Ehi tigre, –biascicò tra i baci– calma Chat Jr. I miei genitori sono di sotto e sono ancora svegli.» esclamò, nascondendo l'amarezza.

Adrien, di malavoglia, si staccò da lei, sedendosi a gambe incrociate, guardando il collo della sua ragazza quando anche lei si alzò, poggiandosi contro il muro.

«I tuoi genitori non ti dicono nulla per i segni sul collo?» domandò il biondo, toccandole con l'indice uno dei succhiotti appena fatti, già ben visibili.
«No, mi chiedono solo se va tutto bene e basta.» rispose alzando le spalle.
«Di solito i genitori tempestano i figli di domande, ma vedo che non è il nostro caso.»
«So che Nathalie ti ha già fatto storie per i succhiotti che ti ho fatto, qualche volta.» sentenziò la corvina, ricordando quel momento imbarazzante.
«Certo, ma solo perché era preoccupata la mia immagine. Per fortuna esiste Photoshop.» rispose lui, sventolando la mano per farsi un po' d'aria, ma non rivendo alcun sollievo.

Marinette si sporse verso di lui, mettendoglisi a cavalcioni e appoggiando le mani sulle spalle, guardandolo maliziosamente; Adrien sorrise nella stessa maniera.

«Allora» sussurrò sensualmente. «Non c'è problema se te ne faccio altri, giusto?»

Il ragazzo non ebbe tempo di ribattere, che la corvina gli lambì la pelle del collo, iniziando a succhiare e a mordicchiare, facendolo gemere.

L'adolescente ridacchiò, allontanandosi per vedere il risultato; soddisfatta, tornò a guardare il suo ragazzo, rosso in viso. «Ti sei scandalizzato, Gattino? E pensare che sei tu il pervertito tra noi due.» ridacchiò, scompigliandogli i capelli biondi, che sistemò quasi subito.
«Questo è vero, ma quando la mia Principessa parte in quarta mi lascia sorpreso ogni volta. In senso positivo, ovviamente.» rispose sfiorandogli la punta del naso con la propria, cercando di baciarla, ma venne fermato da una voce che proveniva dalla scrivania, sotto il letto rialzato: «Dì la verità: appena arrivi a casa ti ripassi tutte le battute sporche –o almeno, quelle poche che fa– di Marinette e fai cose che non oso nemmeno dire.»
«Plagg!» esclamò il modello, rosso in viso, sporgendosi verso il bordo del letto per vedere di sotto e sviare allo sguardo della sua ragazza.
«Per non parlare di quella volta in cui la tua "doccia fresca" è durata quasi un'ora! Sapevo che stavi facendo solo perché eravamo appena tornati dal l'ennesima visita a Mar–»

Il kwami si zittì all'improvviso, mentre Adrien fissava il Miraculous, che ora teneva in mano, con sguardo assassino, come se potesse scioglierlo con lo sguardo.

«Adrien!» lo rimproverò Marinette. «Rimettiti il Miraculous!»
«Ma l'hai sentito? Stava sbandierando fatti prettamente personali!» ribatté lui, più rosso di prima.
«Signorino Agreste, rimettiti il Miraculous e fai riapparire immediatamente il povero Plagg, oppure ti porto dal veterinario e non ti potrai mai più occupare delle tue cose "prettamente personali".» lo minacciò incrociando le braccia, con sguardo serio.
«Sei tu quella che ci rimette, Principessa.» ribatté agitando le sopracciglia.

L'adolescente continuò a fissarlo con aria minacciosa, incrociando le braccia al petto.

Il biondo, capendo che era irremovibile dalla sua idea di riavere indietro il kwami rompi scatole, non disse nulla e si rimise l'anello in un batter d'occhio, facendo apparire una sfera verde, da cui si liberò lo spiritello nero.

«Spero tu abbia capito la lezione, maledetto divoratore di Camembert a tradimento.» brontolò Adrien, puntandogli il dito contro.
«Quale? Che posso dire qualunque cosa, ma tanto c'è Marinette a darmi una mano?» ridacchiò il micio nero, fluttuando tra i due e spostando il dito di lui.
«Cosa mi faresti se raccontassi agli altri kwami cosa combini tu? –anche se non voglio saperlo–»
«Come faccio a saperlo se non li conosci nemmeno?» rispose Plagg, incrociando le braccia e mandando uno sguardo di sfida al ragazzo.
«Touché.» mormorò il giovane custode, dopo un secondo di silenzio per pensare a come ribattere.

Soddisfatto, lo spiritello tornò alla scrivania, lasciando da soli i due; appena si sedette dove aveva lasciato il Camembert si trovò di fronte a Tikki, che lo guardava divertita.

«Che c'è?» domandò lui, per poi azzannare una fetta di formaggio puzzolente.
«Te la sei cercata.» commentò lo spiritello rosso. «Non è molto bello quello che hai fatto.»
«Dai, era solo uno scherzo. E poi, Adrien è il più pervertito di tutti gli umani che mi siano capitati: persino il Chat del Medioevo era più calmo, e anche lui fantasticava sulla tua Ladybug –cioè Jeanne d'Arc– te lo posso assicurare.»

Tikki alzò gli occhi al cielo, tornando a mangiare il biscotto al cioccolato che Marinette aveva preparato per lei, assaporandone il dolce sapore.

«Cosa pensi accadrà in futuro?» chiese Plagg ad un tratto, attirando l'attenzione della coccinella.
«In che senso?»
«Voglio dire: siamo passati da possessore a possessore; li abbiamo visti crescere, vincere il male e, molte volte, morire per mano di esso.» spiegò, poggiando il Camembert sulla superficie liscia della scrivania, con la mente tra i ricordi. «È stato difficile per me separarmi dagli umani che ho protetto e, se devo essere sincero, alla sola idea di dover lasciare anche Adrien, in bene o in male, mi fa male.»
«Per me è la stessa cosa: è duro lasciare andare le persone a cui tieni, ma noi siamo Dèi quantistici, siamo immortali, è normale per noi.» rispose Tikki, mantenendo la voce piatta malgrado il groppo in gola.

Anche a lei mancavano le Ladybug che aveva protetto durante i secoli precedenti e, come per le altre, non voleva lasciare andare anche Marinette.

I due tornarono a mangiare il rispettivo cibo, sorridendo alle risate dei due ragazzi che provenivano da sopra di loro.

  
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