Capitolo XX
Addio o arrivederci?
“Ti amo.” “Resta.” “Non andartene.” Queste le tre frasi che dormendo mugolavo nel sonno, conservando la sempre vana speranza di essere sentita dall’unico lupo a cui le stesse erano rivolte. La sfortuna voleva che finissi per agitarmi fino a scoprirmi madida di sudore, per poi svegliarmi e arrendermi alla triste evidenza secondo la quale il mio tanto amato Scott non poteva che ormai essere frutto dei miei ricordi e dei miei vividi sogni, avendo terminato la sua esistenza troppo presto. Gli sono sopravvissuta, e i miei figli lo sanno bene, ma quel giorno, durante la guerra che gli umani avevano deciso di iniziare per cancellare la minaccia di Scar, avrei voluto esserci. Stargli vicino, combattere e salvarlo dal viaggio verso la luce che me l’ha ormai strappato come un fiore reciso prima di sbocciare nella sua bellezza. Avrei davvero voluto, ma ora tutto questo appartiene al passato, e mentre gli eventi non possono essere forzati, e il tempo non può essere controllato, rimango qui, ferma ad attendere il sorgere del sole, al seguito del quale, darò inizio alla mia giornata. Le ore passano, e non appena il dorato e magnifico astro re del cielo fa la sua comparsa, mi sveglio, sentendomi stanca ma al contempo animata da una forza che non credevo di possedere. Mia nonna Athena dorme ancora, faticando a respirare a causa della vecchiaia. Alla sua vista, sento gli occhi lacrimarmi, e nascondendo il muso fra le zampe, evito di guardarla, ben sapendo che tale spettacolo è per me letteralmente atroce. Suo marito Titan è lì con lei, e vegliandola, si assicura che nessuna fiera abbia il coraggio di avvicinarsi e attaccare. Ho faticato ad accettarlo, ma so comunque che sono entrambi prossimi al trapasso, e qualcosa, un odore in quest’aria mattutina, mi spinge a credere che non manchi molti a tale ed inevitabile evento. Tutto nella foresta sta cambiando, e perfino l’acqua del fiume appare diversa. Più torbida e meno limpida del solito, ha un colore più scuro del normale, e l’odore che sembra caratterizzarla è forte e penetrante, a tratti disgustoso. Ignara di tutto, mia figlia si avvicina chinandosi per bere, e agendo d’istinto, la fermo. “Non farlo.” L’ammonisco, vedendola raggelare e sperando che mi ascolti. “Cosa? Perché?” chiede, guardandomi con aria confusa. “Veleno.” Dice una voce alle sue spalle, che voltandomi scopro essere quella della zia Aura. Guardandola, non muovo un muscolo, e nonostante la mia immobilità, sento che la rabbia mi pervade. Il tempo scorre, e mentre la mia stessa mente è occupata a viaggiare alla ricerca di una ragione per tutto ciò che sta accadendo, un ricordo mi coglie di sorpresa. L’avevo scoperto durante uno dei miei giorni di fuga dalla tana, ma vicino alle cascate, un gruppo di uomini dalla pelle chiara, e perciò dissimili dalla famiglia di Saskia operava alle loro spalle, progettando di ampliare il loro territorio a scapito di noi animali, riversando i loro tossici scarichi nei fiumi dove eravamo soliti trovare acqua da bere. Non riuscivo a crederci. La nostra amata foresta sarebbe presto stata distrutta dalla sete di potere e grandezza di alcuni umani. Avevamo dei nuovi nemici, e non potevo certo permettere che il mio branco soffrisse a causa loro. Decisa a raggiungere il mio scopo, informai ognuno dei miei congiunti riguardo ai veleni presenti nelle acque del nostro fiume, e ascoltandomi in religioso silenzio, ognuno di loro annuì senza proferir parola. Si fidavano di me, ed io non potevo deluderli. Con il calar della notte, mi addormentai accanto ai miei figli, e sognando lo rividi ancora una volta. Il mio Scott. L’unico lupo che avessi mai amato e avuto il coraggio di amare, tentava di contattarmi nuovamente attraverso i miei sogni, e in quella sorta di mondo parallelo, potevo chiaramente sentire la sua voce. Spezzata dal dolore e dalla paura, mi implorava. “Ti prego, scappa e proteggiti, non voglio perdere te e i miei figli!” Diceva, piangendo lacrime la cui vista era per me insopportabile. Un mugolio seguì quelle parole, ed io terrorizzata, non mi mossi. Alcuni istanti trascorsero sparendo quindi dalla mia vita, e versando amare lacrime a mia volta, non ebbi la forza di parlare. “Mi dispiace. Non posso salvarli.” Avrei voluto dire, pur non riuscendoci a causa dell’immenso dolore provato e tacendo al solo scopo di mantenere una calma ormai persa. Svegliandomi di soprassalto, mi rimisi in piedi, e guardandomi intorno, diedi un ultimo sguardo alla verde e rigogliosa natura che mi circondava. Ero distrutta. Avevo riavuto il mio ciondolo e conosciuto la felicità della mia amica Saskia, ma mi sentivo incredibilmente incerta. Quello dato alla mia amata foresta, sarebbe stato un addio o un arrivederci?