Vi avevo detto che sarei tornata presto!
Niente è
più lo stesso da quando ci Sei
Siedi qui
e lasciati andar così.
Lascia che
entri il sole dentro te.
E respira tutta l'aria che puoi…
I profumi che senti anche tu,
sparsi intorno a noi.
(Mediterraneo,
Mango)
S |
ui pantaloni di
tela, Sansa vede riflettersi
giochi di luce e ombra.
Volta il capo verso il bosco, ai lati
della strada, e, di nuovo, si chiede dove Petyr la stia portando.
Non riesce ancora a credere di essere
fuggita da Joffrey, di non dover più subire le sue mani su
di lei… Sfiora con
le dita i lati del collo, lì dove si è sentita
stringere.
È successo solo un’ora prima, quando
ha creduto di morire.
Ora che può farlo, Sansa si trova a
chiedersi se davvero lui era pronto a ucciderla. Se non lo avesse
colpito
fuggendo, cosa ne sarebbe stato di lei?
Guarda il suo
salvatore, le mani
ferme sul volante, lo sguardo fisso sulla strada che ha davanti.
Troppi se riempiono la sua mente,
mentre sente il desiderio di parlargli.
Vorrebbe fargli domande, sentire la sua voce, sentirsi dire che
andrà tutto
bene. Che non dovrà più tornare da Joffrey, che
lui non le farà mai del male.
Vorrebbe sentirglielo dire e
ripetere, e ripetere ancora, fino alla nausea. Vorrebbe che
l’auto si fermasse,
che Petyr la stringesse tra le braccia, giusto un momento, solo per
poter
piangere su di lui.
Quando il mezzo
imbocca la strada
sterrata, facendola sobbalzare, Sansa ripensa alla città che
ha lasciato,
chiedendosi quando potrà tornare.
Forse lui vuole solo nasconderla…
Eppure, si dice, stringendo le mani sulle gambe, le mancheranno le vie
affollate di gente, i palazzi alti che riflettono il cielo. Le luci,
che le
hanno sempre impedito di guardare le stelle.
«Tutto
bene?» le chiede Petyr,
allontanando un istante gli occhi dalla strada che ha davanti.
Sansa sente l’auto rallentare, la
ventola del motore accendersi, ogni piccolo ostacolo riflettersi sul
suo
sedile. Sospira, quasi a convincersi della risposta che sta per dare.
«Sì» mormora, facendo un lieve cenno
con la testa. «Ora sì.»
Non si volta a
guardarlo, eppure sa
che Petyr sta sorridendo. È come se la sua espressione fosse
impressa in ogni
parte dell’abitacolo, nella sua guida tranquilla, nel modo
rilassato in cui
tende il braccio verso di lei, cercando la sua mano.
Sansa arrossisce quando si sente
stringere.
Eppure, eppure quel gesto è la sua
salvezza, è più di quanto avrebbe mai potuto
sperare di ricevere da Joffrey.
E, quando la mano torna sul volante,
è come se qualcuno avesse spento la luce.
Sansa torna a pensare alle cose
brutte, ai ricordi dolorosi di ciò che il suo ragazzo le
faceva.
In mezzo al
bosco appare una piccola
radura. Al centro, un lago circondato da cannetti, dalla forma lunga,
come se
fosse una ferita aperta sul terreno.
È
il cuore della terra, pensa Sansa.
«Siamo
quasi arrivati» dice Petyr,
prendendo un’ulteriore svolta.
C’è una montagna oltre le cime degli
alberi. Sansa ne osserva la punta, chiedendosi quanto sia alta.
«È piena di grotte» spiega lui, come
ad averle letto nel pensiero. «Un giorno ti
porterò lassù.»
Farà
freddo, si
dice… Ma
sarà bello.
In fondo, pensa, Joffrey non l’ha mai
portata da nessuna parte, costringendola a rimanere sempre in casa
mentre lui
usciva.
Quando
l’auto si ferma, Sansa vede una
baita di legno dai tetti spioventi e le finestre tonde. Ha un che di
fiabesco.
Dovrà vivere lì?
Comincia a rimpiangere di essersi
fidata di Petyr. Lei non vuole
restare lì, non vuole dormire in un bosco, ai piedi di un
monte. Vuole tornare
in città, sì, vuole andare via.
Potrebbe chiedere scusa a Joffrey,
potrebbe andare da qualche parente, tutto pur di non rimanere in quel
posto.
«Si
tratta di un giorno» Petyr,
seduto al suo fianco, inchioda gli occhi ai suoi. «Solo di un
giorno. Poi ti
porterò a casa.»
«Cosa facciamo qui?»
Dire che ha paura è inutile, Sansa è
sicura che lui riesca a leggerglielo in faccia, che non ci sia bisogno
di
dirglielo.
«Lo
faccio per te» continua lui,
prendendole la mano. «Tu sai che voglio solo il tuo bene,
vero?»
Mille risposte passano nella mente di
Sansa, mentre Petyr disegna dei cerchi sul suo palmo.
Un brivido, e un piccolo fuoco
comincia ad accendersi dentro di lei.
«Niente
è più lo stesso da quando ci
sei.»
Lo dice senza pensare, specchiandosi
nei suoi occhi che sanno di sale.
Note
dell’autrice:
Ringrazio Il
Giardino di Efp che mi
sta costringendo a riprendere sempre questa storia, con le sue sfide e
i suoi
prompt.
Nel prossimo capitolo scopriremo
perché Petyr l’ha portata così lontano.
Fatevi sentire, strigliatemi un po’,
anche perché arriveranno anche altri personaggi…
Celtica