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Autore: downinamber    14/06/2016    0 recensioni
"Ho sempre saputo, fin dall'inizio, che tutti ti reputavano migliore di me. Mio padre, il Conclave, Izzy e Max ti guardavano come il grande guerriero che aspiravano a diventare. Ma il giorno in cui mi hai chiesto di diventare il tuo parabatai, ho capito che intendevi dire che ti fidavi abbastanza di me da chiedere aiuto. Che non eri il guerriero solitario capace di fare tutto da solo. Avevi bisogno di me. Così mi sono reso conto che c'era una persona che non ti reputava migliore di me. Tu." - Alec Lightwood (City Of Heavenly Fire)
//Dedicata ad Alessia, perché non siamo Shadowhunters, ma non potrei chiedere una parabatai migliore di una che mi ricorda quanto sono mondana.\\
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alec Lightwood, Clary Fairchild, Isabelle Lightwood, Jace Wayland, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Still Need You


Arriva un momento in cui ti bruciano talmente gli occhi, che non piangi più. Ma soffri comunque.
Così, in silenzio. Ascolti il tuo cuore piangere al posto degli occhi. Lo senti andare in pezzi piano piano.

Impotente.

Per Alec Lightwood, quel momento era sempre.

Impotente.

Un guerriero, uno dei migliori Shadowhunters, impotente di fronte al terrore di deludere il proprio compagno in battaglia. La paura di non essere giusto essendo sé stesso.

Ogni volta che era sul punto si scoppiare, di piangere, di sfogarsi, lui semplicemente si spegneva.

E Jace Wayland, suo parabatai, suo eterno fratello, riusciva sempre a capirlo.

E gli sarebbe piaciuto potersene vantare, pavoneggiarsi con chiunque, far ingelosire il ragazzo che faceva il filo ad Alec, Magnus Bane, lo stregone, ma non ci riusciva.
Jace soffriva con Alec, sempre.

Fin quando Alec non lo avrebbe ammesso, Jace non avrebbe potuto dirglielo a voce, ma glielo faceva capire ogni giorno - l'Angelo sapeva quanto ci si impegnasse - che gli voleva bene a prescindere dal suo orientamento sessuale.

Fin da piccoli, Alec non ammetteva le sue debolezze e Jace aveva imparato a rispettarlo.

Sapeva che, per il momento, tutto ciò che poteva fare era ascoltare il dolore del suo parabatai e stringergli la mano ogni tanto, quanto bastava per non farlo andare in pezzi.

Ma quella notte, Jace e Clary decisero che il momento era finito.
Jace si buttò giù dal letto urlando, più o meno alle 3:45 del mattino. Clary sapeva, perfettamente, che stava assistendo ad un altro momento in cui Jace era completamente sopraffatto dalle emozioni di Alec.

E le dispiaceva anche per Alec stesso, nonostante lui le dimostrasse apertamente di odiarla. Sapeva che era, in principio, per la sua cotta per Jace.

Ma Clary e Jace non erano stupidi ed avevano capito che ad Alec era passata.
Era solo orgoglioso.

-È solo questione di tempo prima che ti faccia schiattare di crepacuore.- osservò la Shadowhunter, ironica.

Fece poi per rimettersi a dormire, ma non prima di ripetere la solita domanda.
-Quando ti deciderai a parlargli?-

Clary aspettò qualche secondo, poi qualche minuto, ma il suo ragazzo non accennava a rispondere.

Così si alzò, per trovarsi sotto gli occhi un Jace ansimante e stravolto.

-Jace.- iniziò, cauta. Sapeva, infatti, quanto il legame con Alec fosse privato ed intimo.

-Sono seria. Parlagli.-

Il ragazzo alzò gli occhi.
-È diverso questa volta, Clary.- fece una pausa.

-È...è c-come se...come se, questa volta, lui mi stesse chiedendo...d-di aiutarlo...-

E per Clarissa, che in poco tempo aveva imparato a capire Jace, non ci fu bisogno di altre parole.

-Vai.-

Jace Wayland era uno Shadowhunter eccellente e lo era da molto tempo.
Pensava di aver visto ogni cosa.
Ma quando entrò nella stanza di Alec, quella notte, dovette ricredersi.

Trovò il suo parabatai in lacrime, seduto sul letto a gambe incrociate, con Isabelle che lo teneva stretto al petto, lo teneva con sé. E dovette prendersi a pizzicotti per impedirsi di fissarli ancora a lungo, per ricordarsi che in fondo lui non era un Lightwood.

Bastarono però pochi istanti, osservando Alec piangere tra le braccia della sorella, per far capire a Jace che le cose erano cambiate. 

Izzy alzò la testa ed il biondo lesse nella sua espressione una delusione enorme, come a dire "tu dov'eri mentre succedeva tutto questo?".
Sicuramente era arrabbiata con Jace per aver portato la situazione fino a quel punto.
E lui si sentì in colpa tanto da abbassare la testa di fronte allo sguardo di rimprovero della ragazza.

Poi fu un attimo.
Un solo attimo e Jace stava stringendo Alec, mentre sua sorella, comprensiva, si allontanava.

Da quel momento fu tutto intenso e loro.

Sentì Izzy sussurrare a Clary, sulla porta, "la prossima Jace non la passa liscia".
Lo disse piano, come se non lo pensasse neppure ma volesse solo farsi valere, fare in modo che chiunque portasse rispetto a suo fratello, ma fu abbastanza forte perché Alec lo sentisse; e pianse più forte sussurrando qualcosa che assomigliava a "no", "non colpa" e "sua".

Dopo dieci minuti Jace era sempre più confuso.

-Ehi, Alec.- iniziò piano, per non spaventarlo, come se improvvisamente qualsiasi cosa potesse spezzarlo da un momento all'altro.

E dai tremori che aveva l'altro, Jace venne sopraffatto dalla consapevolezza che anche ad Alec era consentito avere paura, anche se era sempre lui a proteggere tutti col suo arco e le sue frecce.

-Adesso che ne dici se ci calmiamo e...non lo so...proviamo a parlarne?-

Non gli aveva mai parlato in modo così dolce.
E questo funzionò per far rilassare leggermente l'altro.

-Mi dispiace.- pigolò piano Alec.

A Jace parve di sentire una piccola fogliolina che cade dall'albero in autunno ed il suo cuore si strinse un po' più dolorosamente.

-Per che cosa? Che sta succedendo?-

Nell'esatto momento in cui pose la domanda si accorse di quanto effettivamente tenesse al suo parabatai.
Lo sapeva, ma era come qualcosa che tieni custodito gelosamente in un cassetto e tenuto sempre chiuso lì.
Senza mai mostrarlo.

-Tesoro, parlami. Credo che abbiamo raggiunto un punto di rottura ormai, non pensi? Piangi, sfogati, va bene. Ma non tagliarmi fuori.-

Poi gli sollevò il volto, per far incontrare i loro occhi.

-Voglio aiutarti.-

E per Alec fu impossibile non aprirsi con lui. Sapeva, ormai, di non provare più nulla di vagamente romantico per Jace.
Solo un immenso ed incondizionato amore ed affetto fraterno.

E Jace in quel momento ne ebbe la certezza, perché solo un fratello potrebbe parlare come Alec iniziò a fare. Investendo l'altro di paure non confessate come un fiume in piena.

-I-Io, Jace...io non volevo. Mi dispiace d-davvero tanto di deluderti c-così...-
E Jace non capì assolutamente più nulla.
-Non avrei mai voluto essere...essere c-così. Solo, così.-
-Cosa intendi? Alec, dillo, lo sai che io capirò.- disse Jace accarezzandolo piano, nel tentativo di calmarlo.

-No! No, Jace. Questo non lo accetterà nessuno. Neanche tu. Nessuno ha bisogno di uno Shadowhunter diverso, posso portare scandalo alla mia famiglia. E forse neanche mi vorrete più con voi...-
-Alec, basta!- lo interruppe Jace bruscamente.
-Io lo so. L'ho capito. Izzy lo sa. Tutti quelli che ti amano lo sanno.- fece una pausa, giusto per permettergli di realizzare che quella conversazione stava davvero avendo luogo.
-Se hai bisogno di tempo, aspetterò. Non ti forzerò a dirlo. Ma sappi che nel momento in cui vorrai dirmelo, io e te saremo esattamente gli stessi di adesso. E al diavolo chi non ti vorrà! Noi non ti lasceremo certo andare così!-

Ci furono dei momenti colmati solo dal silenzio, in cui Alec Lightwood raccolse più volte il coraggio, convinto che una volta dette quelle parole al suo parabatai, la sua vita sarebbe cambiata.

Poi si ricordò di quando anni prima chiarì a Jace il fatto che lui, di vestiti "fighi", non voleva saperne. E Jace si fece una risata e lo accolse in un abbraccio, ricordandogli che non si volevano bene per ciò che indossavano.

-Sono gay.-

Lo disse con precisione, scandendo bene, con freddezza e passione, distacco e coinvolgimento totale. Come se stesse scoccando una delle sue frecce.

-E questo non sta cambiando chi sei.- gli ricordò Jace.
-Anzi, mi ricorda quanto sei coraggioso, Alec.-

-Tutto quello che ho sempre voluto era rendere la mia famiglia fiera di me...- continuò il moro, col cuore più leggero ma la mente offuscata dai dubbi.

-Loro...noi. Noi siamo fieri di te. Io sono estremamente orgoglioso di te, Alec. Il mio parabatai, mio fratello. Sono fiero del ragazzo che ha conquistato la mia piena fiducia anni fa, tanto quanto lo sono dell'uomo che sta diventando.-

Nel frattempo, l'alba, con colori pastello e tenui, faceva la sua comparsa.
Entrambi, scorgendo le sfumature rosate, si avvicinarono alla finestra, Jace con le braccia attorno ad Alec. Quest'ultimo, con un'insolita sensazione di pace, di non dover pensare a cosa potrebbe succedere, si appoggiò con la schiena al petto del suo parabatai.

-E poi...beh...Jace, mi dispiace tanto per esserti stato piuttosto addosso, nell'ultimo periodo. Insomma, per te non deve essere bello. Se...se non mi vedrai più come prima...io...- e a quel punto fu molto difficile per lui dirlo, anche se era quello che faceva da una vita.
-Io lo capirò.- sussurrò abbassando lo sguardo.

-No, Alec. No.- affermò Jace, risoluto.
-Non ci sarà mai niente in grado di tenermi lontano da te, o di cambiare qualcosa fra di noi.-

Un sospiro di sollievo abbandonò le labbra del moro, prima di lasciarsi andare ad un sorriso spensierato.
Era bello quando potevi solo godere della sensazione della tua persona preferita al mondo vicino a te, sapendo che fuori potrebbe crollare tutto, ma hai quella persona.

-Ma credo che ti ucciderò nel sonno se non ti muovi a dare una possibilità a quello stregone!- aggiunse Jace, ridendo.

-Oh no, caro. Scordatelo. Per nessun motivo io parlerò di ragazzi con te!- rispose Alec, che tutto era meno che indignato: un Jace che scherzava con lui era davvero ciò che non si sarebbe aspettato da quella notte, il suo vero Jace.

E mentre il sole sorgeva, i due fratelli risero e scherzarono, dimenticandosi di tutto. Dei problemi e di guardare l'alba.
  
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