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Autore: Val Nas    19/06/2016    0 recensioni
"Niki è il suo nome in quel social network per cuori solitari.
Il mio è uno di quei cuori solitari che lo affollano, sempre alla ricerca di un altro cuore con cui condividere il resto della vita. Sono Amelia e ho solo sedici anni, ma la vita mi ha messo in ginocchio due volte"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Nickname: Niki.
 
Niki è il suo nome in quel social network per cuori solitari.
Il mio è uno di quei cuori solitari che lo affollano, sempre alla ricerca di un altro cuore con cui condividere il resto della vita. Sono Amelia e ho solo sedici anni, ma la vita mi ha messo in ginocchio due volte.
La prima, subito dopo la nascita, quando i miei genitori mi hanno lasciato in orfanotrofio e la seconda, pochi mesi dopo, quando ho scoperto che oltre alla vita, i miei genitori mi hanno dato anche l’HIV.
Tutti i giorni vado a scuola, frequento un liceo classico nel centro di Milano, dove i miei compagni sembrano non avere nessun altro problema a parte la paura per la prossima interrogazione di greco. I miei compagni mi evitano, ma nessuno di loro sa della mia malattia, io me ne vergogno.
Sono una ragazza esile e molto alta, la mia carnagione è nivea e non indosso vestiti alla moda.
Questo basta, per loro, a emarginarmi.
Mi sento sola la maggior parte del tempo ed esclusa, tuttavia è solo mia la colpa, sono io a sentirmi diversa da loro, come l’abitante di un mondo alieno che si è ritrovata sulla terra contro la sua volontà.
I miei genitori adottivi mi adorano, mi spronano a vivere al massimo la mia giovinezza, ma io sento un velo che mi separa da loro, come dal resto delle persone che mi circonda.
Il mio mondo è la mia piccola stanzetta al primo piano di una palazzina privata abitata da famiglie benestanti, proprio come la mia.
Vivo in queste quattro mura tutta la mia esistenza, perché se c’è una cosa che la malattia e il mio malessere esistenziale non mi hanno ancora tolto, è la capacità di sognare.
Vivo nel web un’esistenza parallela, dove mi chiamo Sabrina e sono una giovane e bella ragazza che vive nella città della moda. Qui, tutti mi vogliono bene e fanno a gara per chattare con me. Sono iscritta al sito Incontri da quasi un anno e ogni giorno è solo il pensiero di andare sul portale che mi fa tirare avanti.
Sorrido solo quando sono Sabrina, mi sento bella e interessante, e la gracile e difficile Amelia scompare, come un’ombra spazzata dal sole.
Niki è uno dei tanti che affollano il sito. Sono incuriosita da lui immediatamente, sin da quando mi scrive in chat. La curiosità diventa attrazione dopo una notte di fitta conversazione.
La mattina dopo corro a scuola e quando torno a casa alle due e mezza precise, mi chiudo in camera mia senza nemmeno mangiare.
Niki è on line e mi sta aspettando come mi ha promesso ieri sera.
Scopro tantissime cose di lui, cose che abbiamo in comune: anche lui ha un segreto che non vuole rivelarmi, anche lui si sente lontano anni luce da tutti gli abitanti di questo pianeta, anche lui adora la solitudine.
Chattiamo per tutta l’estate. Parto per anonime vacanze a Rimini e insisto per portarmi il portatile e mi assicuro di avere una linea internet stabile, ormai ho bisogno di Niki, come lui ha bisogno di me. A settembre, mentre Milano si ripopola pigramente, mi accorgo di non aver mai vissuto un’estate più bella di quella appena trascorsa e so che il luogo di vacanza e la lieve abbronzatura che colora il mio incarnato, non hanno niente a che fare con la mia serenità.
Niki riempie tutti i miei giorni, sentirlo è diventata la mia droga quotidiana. Con lui rido, piango e mi emoziono, riesco persino a raccontargli dell’adozione e della mia sieropositività. Ho paura che lui sparisca, che mi emargini. Di solito è questo che le persone per bene fanno con chi ha l’HIV.
Invece Niki, il giorno dopo, è ancora nella nostra stanza, è così che abbiamo chiamato la nostra finestra di chat su Incontri.
L’abbiamo arredata con divanetti in damasco color crema, con un camino in pietra che occupa un’intera parete e tante lampade da studio che infondono una luce intima all’intero ambiente.
Quello che dice, dopo la mia rivelazione, non è quello che mi aspetto.
Niki dice di amarmi e di volermi vedere.
Ho paura di amare, adesso.
Gli ripeto che sono malata e che non posso avere una relazione, che non sono per niente come Sabrina, la mia immagine virtuale dietro la quale nascondo Amelia.
Lui mi ripete di nuovo di stare tranquilla, che mi ama e che ha bisogno di incontrarmi e di stringermi.
Mi convince quando afferma di volermi rivelare il suo segreto, perché si fida di me, come io mi fido di lui.
Devo raccontare ai miei genitori di Niki. Adoro mamma e papà e non posso mentirgli.
Conoscono la loro bambina e hanno già annusato la verità. Sanno che ho conosciuto qualcuno e che ho perso la testa, ma fintanto che non avuto intenzione di vederlo, hanno lasciato passare le nostre assidue conversazioni.
Mia madre si chiama Giulia, è una sognatrice e si mette una mano davanti alla bocca quando le rivelo che voglio incontrare Niki. La sua è commozione. È felice che io, anche se in modo alternativo, ho conosciuto una persona e che abbia intenzione di uscire dal guscio impenetrabile nel quale non ho mai permesso a nessuno di accedere.
Mio padre, Claudio, è tutto fuorché d’accordo che io incontri Niki.
Me lo proibisce e urla, io urlo più forte e gli spiego come stanno le cose, che Niki è una persona straordinaria, che lo amo e che voglio finalmente prendere con lui un caffè e nient’altro.
Mamma si mette in mezzo, urla anche lei contro di lui e alla fine mi chiudo in camera, dove affondo il viso tra le braccia e piango.
Perché proprio ora che ho conosciuto una persona straordinaria, non posso viverla?
Ho trovato il mio uno su un milione eppure non lo posso toccare, non posso leggere i suoi occhi, né sfiorare le sue dita come sogno da sei mesi.
Sto per scrivere a Niki che non sarò possibile incontrarci.
L’amore e il rispetto per mio padre, m’impediscono di disubbidirgli.
Papà Claudio, però, è un uomo straordinario.
Complice l’insistenza di mia madre, entra nella mia stanza senza bussare e mi abbraccia, sussurrandomi che si fida di me.
Incontro finalmente Niki, in un caldo pomeriggio dei primi di ottobre.
Prendiamo appuntamento per le tre in punto, sui gradini del Duomo.
Arrivo in anticipo con la metropolitana e mi siedo sulle scale del sagrato.
Tremo tutta, ho paura che non verrà o che peggio, resterà deluso dalla mia corporatura ossuta e dal pallore della mia pelle. Attorno a me è costellato di belle ragazze alla moda. Non mi capacito della loro perfezione, qui come a scuola. Sono sicure, bellissime, sorridenti, appaiono come un raggio di sole mentre io appaio come una nuvola temporalesca.
Resto senza parole, quando una ragazza alta e formosa e con i capelli ricci, mi si avvicina.
«Ciao» dice.
La squadro dal basso verso l’alto e rispondo laconicamente al saluto.
Ha una camicia di jeans aperta su una maglietta bianca e un pantalone largo, verde militare.
Che cosa vuole?
Mi guardo intorno, alla ricerca di Niki, ma la ragazza mi si piazza davanti.
«Sei Sabrina?».
Di nuovo porto l’attenzione sulla ragazza che non mi molla.
La scruto con attenzione e noto di nuovo il suo abbigliamento.
Niki mi aveva detto che avrebbe indossato una camicia di jeans.
Costernata, la fisso.
«Sei Niki?» chiedo con le vertigini.
Lei asserisce e fa per sedersi accanto a me, ma io mi sono alzata, barcollando.
«Se una ragazza» dico con più disprezzo di quanto vorrei.
Lui, anzi lei, resta pietrificata dalla mia reazione violenta.
«Il mio segreto è questo, sono Niki, Nicole, e sono una ragazza».
«Sei una bugiarda» grido.
La sola idea di quello che ci siamo detti, di come siamo scesi in intimità durante le nostre conversazioni, mi fa attorcigliare lo stomaco adesso che so che è una ragazza.
Lei fa per abbracciarmi e io scatto all’indietro, inciampo nei gradini del Duomo e prima di poter cadere, Niki mi afferra.
La respingo con disgusto e lei si ritrae con gli occhi lucidi.
«Non ti ho mai mentito» mi dice con la voce arrocchiata dal pianto. «Avevo paura che tu non ricambiassi».
«Ed è così» esplodo.
«Io non sono lesbica, hai capito? A me piacciono i ragazzi e tu non lo sei, sei una ragazza a cui piacciono le ragazze e questo è sbagliato».
La lascio senza parola, ferita. Capisco immediatamente di aver sbagliato tutto, ogni singola parola.
Niki scappa, umiliata, io resto sola su quelle scale, aspettando un ragazzo che non arriverà mai perché la verità è che mi sono innamorata di una ragazza e questo, tra le tante assurdità che mi contraddistinguono, mi rende di nuovo una persona diversa.
Torno a casa in lacrime, per fortuna mio padre non c’è e mi lascio consolare dalle amorevoli cure di mia madre, alla quale racconto tutto. Dico che Niki non è un ragazzo, ma una bella ragazza con i capelli scuri, che mi ha fatto passare sei mesi da sogno dove mi sono sentita importante per qualcuno, bellissima e accettata.
Le racconto di cosa le ho detto e di come l’ho trattata, ripeto ossessivamente che mi piacciono i maschi.
«E come fai a saperlo?» mi chiede mia madre.
Smetto di piangere poggiata al suo petto e mi rialzò per fissarla.
«Io guardo i maschi» le rivelo.
«Magari perché non hai incontrato la ragazza giusta».
Scuoto la testa, mi è impossibile pensare a questa eventualità. No, a me piacciono i ragazzi, è a loro che penso tutto il tempo e a Niki con sembianze maschili quello su cui fantasticavo.
Lei mi lascia riflettere e per tutta la notte, contraddicendo le mie convinzioni, non faccio altro che pensare a lei.
Tracciò il suo bel viso nella mia testa, ricordando i grandi occhi castani e i morbidi ricci dei suoi capelli color cioccolato, cercando di assaporare di nuovo il sentore del suo profumo quando si è avvicinata per toccarmi.
Nel mio petto sboccia un sentimento nuovo, a metà strada tra l’affetto e la passione.
Pensavo di essermi innamorata di Niki su Incontri, quando credevo che fosse un maschio.
Adesso scopro di amare Niki nella vita reale, anche se so che è una ragazza.
Nei giorni successivi faccio di tutto per rintracciarla, ma il suo account su Incontri è disattivato. Non risponde alle mie chiamate e sono convinta che non potrò mai rimediare alle cattiverie che le ho detto quel pomeriggio di Ottobre.
Vado tutti i sabati sulle scale del Duomo alla stessa ora, supplicandola di farsi viva.
Ho quasi perso le speranze quando la città inizia a illuminarsi per la festa di Sant’Ambrogio.
Milano sfolgora di vita e di lucine colorate, il freddo si fa pungente e il profumo di caldarroste impregna tutte le vie del centro.
Niki si presenta e mi batte un dito sulla spalla.
Indossa una sciarpa rossa che le mette in risalto i capelli scuri e una giacca di pelle nera.
«Quando mi avevi detto di essere testarda, non pensavo arrivassi a tormentarmi» mi dice.
Io non dico nulla, i miei occhi si riempiono di lacrime e le butto le braccia al collo.
«Perdonami Niki, ti prego».
Ho paura che lei non ricambierà mai la mia stretta, invece poi mi afferra e io la stringo forte al mio petto, perché mi rendo conto che è più bassa di me e che questa cosa mi piace da impazzire.
«Ti ho già perdonata» mi dice.
Piango e rido insieme, come lei, ci baciano e ridiamo. Passiamo il nostro primo pomeriggio insieme come una coppia, il primo di una lunga serie.
Oggi, la mia malattia è tenuta a bada saldamente dalla terapia, Niki non ha paura.
Io ho scoperto di amare una donna e nemmeno io ho paura.
Dopo il diploma, ho trovato lavoro in una piccola azienda milanese che si occupa di bomboniere.
Niki è stata ben felice di chiedermi di andare a vivere con lei e così ho accettato.
Mia madre la adora, mio padre ci ha messo un po’ ad accettare la cosa, ma adesso subisce il fascino di Niki anche più di me.
Sono passati cinque anni da quel fatidico primo pomeriggio d’inverno passato insieme.
Ci amiamo ancora.
Lei ama Amelia e io amo Nicole.
Noi non abbiamo paura.

 
 
 
 
 
 
 
 
  
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