19-06-16
Parole, amiche mie, o, se è troppo per me indegna chiamarvi così,
mie venerate divinità,
ascoltate la preghiera di una
che non ha mai dubitato del vostro valore,
che ha celebrato come ha potuto
la vostra bellezza,
che ha sacrificato sul vostro altare
il proprio cuore, il sangue, le lacrime, le mani,
la sua stessa vita
– perché di vita non ne ha più una,
se non quella che vive attraverso di voi.
Non vi chiedo che di starmi vicino,
di non abbandonarmi nel nulla
di una pagina bianca e sofferta, mai più.
Siete una brezza incostante
e vi ho amate a tal punto da pensare
di riuscire a sopportare la vostra natura.
Ma l’assenza pesa,
e senza di voi io altro non sono
che un’ombra inconsistente.
Come un amante leggero
voi andate, inebriate altri,
senza curarvi di ciò che ci strappate,
di ciò che dietro vi lasciate.
Purché torniate, un giorno – sì, voi sempre tornate
alle mani di chi vi ama.
Eppure ancora una cosa vi chiedo,
da essere malaticcio1 quale sono:
perché cucirmi la bocca intanto
con pezzi di filo spinato?
Il dolore di essere socialmente muta
a volte
sembra superare ogni altro.
Inerme sotto le lingue biforcute del mondo
altra difesa non ho
se non la vostra,
che potete essere dolci come l’aurora
o acuminate come il rimpianto.
Se questa è una preghiera gradita
allora vi chiedo:
ispirate la mia lingua
e non solo le dita;
rendetemi sciolta e spigliata
e non, come ora,
nei miei labirinti di pensieri e ansie e timori
imprigionata.
Di quello che pensano o dicono o credono gli altri
non voglio più aver paura.
Non voglio più essere muta.
Angolo Autrice: Questa ho iniziato a scriverla
Una noticina piccina picciò:
- 1 Schopenhauer aveva capito tutto (o quasi) della vita.
Vorrei ringraziare Kikkakokkole98, hera85 e Spark in a Firework per aver recensito. Purtroppo come saprete in questo periodo non ho molto tempo, ma appena finiscono gli esami giuro che vi rispondo per bene.
Un bacio!