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Autore: spongansss    22/06/2016    2 recensioni
Emma aveva sempre cercato di controllare la sua vita, nulla era mai riuscito a distruggere i suoi piani, tranne l'arrivo di Henry, finché un incontro le ha fatto capire che le nostre vite non possono essere controllate fino in fondo.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14
Non avessi né occhi né orecchi





- Buongiorno campione! Dormito bene?
- Robin avanti, non girarci intorno. Chiedimi quello che vuoi e facciamola finita.
- Davvero posso? Sul serio? Sei per caso impazzito?
- Chiedimi quello che vuoi, credo che sia arrivato il momento… E, soprattutto, penso di potertelo dire.
- Con chi stai uscendo?
- Con Emma e, veramente, non è che stiamo proprio uscendo. A dir la verità ieri è stata la nostra prima uscita vera e propria.
- Com’è andata?
- Meravigliosamente. Lei è fantastica, con lei riesco a parlare come vecchi amici, non è stato il classico “primo appuntamento”. È stato colmo di risate e la sua ha un suono celestiale. Sai che quando ride le vengono delle fossette sulle guance? Sono così tenere. Poi dovresti vedere come guarda il suo cibo, ha lo sguardo di chi ha paura che gli venga portato via ciò che ha di più caro al mondo. Si vede che le piace mangiare e non puoi capire quanto mi piaccia questa cosa, che si senta libera con il cibo, che le brillino gli occhi quando guarda il cioccolato. E poi profuma, mi nutrirei del suo odore, sa di cannella. E le sue labbra sono così morbide… non ridere cretino, non quelle labbra.
- Non ridevo per quello, è che stavi sproloquiando e non è da te.
- E con ciò?
- Con ciò sei innamorato.


Un caldo abbraccio, un morbido e caldo abbraccio. Era distesa in paradiso, il piumone non era mai stato così accogliente e il suo cuscino le avvolgeva la testa così bene, sembrava pensato proprio per contenere i suoi capelli dorati. Non si sarebbe più alzata da lì, aveva deciso. Caldo e profumo di caffè. PROFUMO DI CAFFÈ. Doveva alzarsi, immediatamente.
Si avvicinò scalza alla cucina, non aveva voglia di cercare le pantofole, non le importava del freddo, il caffè oltre a scaldare il suo stomaco avrebbe scaldato anche i suoi piedi. Lo aveva deciso e non avrebbe cambiato idea.
- Buongiorno Emma, credevo non ti saresti più alzata dal letto.
- Regina, cosa abbiamo detto riguardo il parlarmi appena sveglia prima che abbia bevuto almeno un paio di sorsi di caffè?
- Che lo trovi già pronto vicino al lavello.
Era difficile imporre qualcosa a Regina, ma il suo essere insopportabile la mattina vinceva contro la testardagine della mora.
Versò il liquido scuro nella tazza che portò alle labbra. Il nettare degli dei scaldo le sue membra, si sentiva già molto meglio. Anche i suoi piedi erano più caldi, o forse stava solo tentando di autoconvincersi di ciò.
- Bene, ora posso parlare. Hai intenzione di dirmi qualcosa riguardo ieri sera o c’è bisogno di chiuderti in una stanza come fanno negli interrogatori delle serie tv?
- Qualcosa tipo cosa?
- Non so… com’è andata, per esempio.
- È andata bene.
- Bene? Tutto qui? Non una parola in più?
- Sì, è andata bene. Tutto qui.
- Non me la racconti giusta, il sorriso di ieri sera diceva qualcosa di più.
- Non lo so, Regina.
- Fammi capire, non sai cosa provi o non vuoi saperlo?
- Che vuol dire? Se non lo so, non lo so.
- Buon segno, era da tanto che non ti vedevo così. Finalmente stai riaprendo il tuo cuore. Ne hai bisogno Emma.
- Non lo so, Regina.
- No aspetta, che vuol dire ora “non lo so”?
- Io ho paura.
Regina si avvicinò ad Emma, le prese il viso tra le mani e la avvicinò di più. Non capitava spesso che si trovassero così vicine, Regina era tutto meno che una persona espansiva. Bastò questo ad Emma per capire che la sua amica era estremamente emotivamente coinvolta. La ringraziò con lo sguardo per questo. Per quanto strano fosse il loro rapporto, Regina era la sua roccia.
- Tesoro, guardami negli occhi. Ho visto il tuo viso ieri: splendevi. Capisco che sia difficile per te dopo tutti questi anni, ma non puoi rimanere nascosta per sempre, non puoi continuare a scappare come quando eri piccola. Prova a buttarti nelle cose.
Emma aveva gli occhi lucidi, tentò di ricacciare indietro una lacrima. Fortunatamente ci riuscì. Non voleva piangere.
- Io esco.
- Che vuol dire esci? È dicembre, fa freddo. E poi non abbiamo finito.
- Oh si che abbiamo finito. Vado al parco a disegnare.
Regina la guardò dirigersi verso la sua stanza. Non insistette, la conosceva: aveva capito. Andava a disegnare quando aveva bisogno di riflettere sulla sua vita, lei lo sapeva, così la lasciò fare.



Emma non si capiva, non ci era mai riuscita. L’unico modo che la aiutava a conoscersi era ascoltare brani di pianoforte e contrabbasso, svuotare la mente e cominciare a disegnare. Senza pensare, pensava fin troppo durante la sua vita. Probabilmente in quei momenti il suo subconscio prendeva il sopravvento, liberando ciò che lei non era in grado di vedere, gli angoli più bui e inesplorati della sua anima.
Le note tristi della Nocturne di Tchaikovsky risuonavano nelle sue cuffiette.
Chiuse gli occhi, respirò a fondo.
Poteva cominciare.
Impugnò la sua matita e cominciò a tracciare delle linee imprecise sul suo blocco da disegno. Non aveva importanza che il risultato avesse visivamente senso, ciò che importava era che la sua mente capisse i sentimenti che ignorava.
A volte tracciava quelle linee perfino ad occhi chiusi, abbandonandosi al suono della musica, lasciandosi accarezzare dal freddo vento di dicembre.
Continuò per minuti, ore, forse persino giorni. In quei momenti il tempo non esisteva, era solo lei con se stessa, la lei razionale che tentava di fare amicizia con la lei emotiva.
Guardò il risultato. In quell’ammasso di linee insensate riusciva chiaramente a vedere due occhi e un paio di orecchie. Sparse sul foglio c’erano parole che doveva aver letto da qualche parte tempo prima, neanche ricordava a chi appartenessero.
*“Se non avessi occhi e solo orecchi, come amerebbero questa bellezza interiore e invisibile! Se fossi sorda, il tuo aspetto esteriore mi commuoverebbe ogni parte rimasta sensibile: e anche non avessi né occhi né orecchi, e non potessi udire né vedere, mi basterebbe toccarti per essere innamorata di te.”
Una lacrima scivolò silenziosa sulla sua gota. Aveva capito, finalmente anche la sua parte razionale lo sapeva: Regina aveva ragione.





* La strofa in questione sono i versi 433-438 del Venere e Adone di Shakespeare. Ho cominciato a scrivere (tecnicamente riscrivere, il pc si è preso gioco di me) il capitolo dopo una lettura notturna dell'opera e volevo assolutamente citare questa strofa nello specifico che mi ha rubato il cuore.









Angolo dell'autrice
Secoli che vi faccio attendere e capitolo parecchio breve. Lo so, scusatemi. Un insieme di impegni, conincidenze sfortunate e serie tv hanno impedito la stesura di questo capitolo prima di oggi (aka questa notte). Non sto ad annoiarvi con i miei casini, spero semplicemente che il capitolo vi sia piaciuto nonostante la sua scarsa lunghezza.
Francamente non so quando riuscirò a rifarmi viva, spero di riuscire a pubblicare un capitolo prima dell'inizio di luglio in quanto starò poi fuori tutto il mese senza pc e manderò in "pausa estiva", diciamo così, questa ff.
Non odiatemi.
Alla prossima, Erika.
 
   
 
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