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Autore: aoimotion    24/06/2016    11 recensioni
1 - Più la guardava, più Nick si stupiva di quanto Judy Hopps fosse piccola.
5 - Nick tirò indietro le orecchie, leggermente offeso. «Le tue insinuazioni mi feriscono, Judy. Quale agente di polizia darebbe la colpa agli altri per la propria malasorte?»
11 - Nel buio, una voce a lei terribilmente nota sussurrò parole divertite ad un soffio dal suo orecchio. Judy si voltò di scatto e tentò di acciuffare le tenebre, ma ottenne solo di sbilanciarsi e finire col muso per terra.
«Nick!» gridò, al colmo della misura. «Vuoi darci un taglio, sì o no?»

13 - «Tu mi farai morire» le disse, sorridendo appena. «Sei una minaccia per la mia sanità mentale, Carotina.»
16 - Ma intanto le sue zampe erano già corse al telefono con l’urgenza di chi, annegando nell’oscurità, cerca disperatamente l’interruttore della luce.
20 - «È proprio questo il punto» le disse. «Che tu non capisci. Fino all’ultimo secondo, fino all’ultimo istante, tu non capisci.»
[Post-film] [I'm nothing but furry trash]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry
Capitoli:
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~Volpe~
25 - Babysitting


 
 







«Nicholas Wilde, nel nome della legge di cui puntualmente te ne infischi… fermo dove sei!»
«Non posso, Hopps» rispose Nick, scrollando le spalle. «È la mia giornata libera, oggi. Te ne sei forse dimenticata?»
«Non è la tua giornata libera!» protestò Judy dietro di lui.
«Beh, lo è diventata adesso.»
«Servono almeno ventiquattro ore di preavviso per chiedere un giorno di riposo.»
La volpe sospirò, senza smettere di camminare. «Ho improvvisamente contratto la poliomielite, tesoro. Devo tornare a casa, altrimenti metterò a rischio l’intera centrale.»
«Non dire assurdità, Nick.»
Fu questione di un attimo: Judy Hopps, tenendo fede al proprio cognome, gli balzò davanti e prese a fissarlo con sguardo contrito. Le piccole zampe, appoggiate ai fianchi, erano sintomo di profonda insoddisfazione così come lo erano gli splendidi occhi viola e colmi di rimprovero.
«Carotina» disse Nick, a voce più bassa, «non voglio tu prenda la poliomielite a causa mia, non potrei mai perdonarmelo.»
«Qual è il tuo problema?» chiese invece lei. «Hai la fobia dei cuccioli?»
«Se l’avessi, ti starei lontano.» La volpe tessette un sorriso accondiscendente sulle proprie labbra, ma quel sorriso presto svanì quando Judy gli assestò una poco cucciolosa gomitata sullo stomaco. «Ahi!»
«Piantala di delirare e torna di là, agente Wilde, altrimenti ti farò licenziare.»
«Tu? Far licenziare me? Ah, rido a crepapelle.»
La coniglietta assottigliò gli occhi. «Non provocarmi, Nick.»
«Non mi faresti mai licenziare, Judy.» Nick si sporse verso di lei e le pose un dito sotto il mento. «Che faresti, poi, senza di me?»
«Il mio lavoro» rispose lei, restituendogli un sorriso almeno due volte più sarcastico del suo. «Pensa un po’ che sfortuna.»
Vorrei mangiarmela’ pensò pigramente Nick, in un qualche angolo remoto del proprio cervello, abbastanza remoto perché quel pensiero arrivasse ai principali centri nervosi debole e perciò assolutamente inattuabile.
La volpe si allontanò dalla partner. «Carotina, ascolta. Pur con tutto l’amore che nutro verso di te… non puoi chiedermi una cosa simile. Qualunque altra cosa, anche travestirmi da coniglio e fingere di essere il tuo ragazzo mi va bene», ‘Mi va molto bene’, «ma non badare ad un cucciolo di orso. No, no e poi no.»
«Non devi farlo per amor mio, ma perché è tuo dovere
«Non sono un babysitter.»
«Sei un poliziotto, quindi un babysitter della società. Un societysitter
«Un cosa
Judy alzò gli occhi al cielo. «Senti, Nick. Torna di là e basta, ok? Si tratta solo di qualche ora, niente che tu non possa fronteggiare con la tua esperienza trentennale.»
«Ti sbagli, Carotina.» Nick scosse il capo. «Ti assicuro che trentatré anni di vita non mi hanno affatto insegnato a gestire i marmocchi, men che meno di orso.»
«Beh, c’è sempre una prima volta per tutto» disse Judy, sorridendo. «Vedilo come un allenamento per quando diventerai padre.»
 
Padre. Quella parola rimbombò dentro di lui come un tuono durante una tempesta e mise in moto una spaventosa catena di implicazioni: ‘Ma come padre cosa intende per padre io non posso essere padre e poi padre di chi padre di quali figli forse dei suoi figli un momento mi sta chiedendo di essere il padre dei suoi figli–
«Mi stai ascoltando, Nick?»
«Sì lo voglio!» La volpe riemerse dal flusso di coscienza alla stregua di un pesce tirato fuori dal lago con una canna da pesca. Gli ci vollero approssimativamente 2.7 secondi per ritrovare la propria collocazione nel tempo e nello spazio e, quando infine ci riuscì, Nick Wilde desiderò solo essere morto.
Molto morto.
«Ah.» Judy inclinò appena il capo. «È stato più facile del previsto.»
«Cosa? No! Un momento, io intendevo…» Si interruppe, il peso della verità che minacciava di schiantarsi sopra la sua testa come un’incudine. «… Niente, lasciamo perdere.»
«Quindi…?» La coniglietta aggrottò la fronte. «Tornerai di là e ti comporterai da adulto o…?»
Nick esalò un sospiro di rassegnazione. «Va bene, va bene, lo farò. E, comunque, solo perché me lo stai chiedendo tu.»
«I tuoi sforzi mi commuovono, agente Wilde.» Judy rise e lo abbracciò con uno slancio del tutto inaspettato. Sfortunatamente, la partner si staccò da lui prima che Nick potesse ricambiare la stretta. «Te la caverai egregiamente, mi ci gioco tre monoporzioni di carote.»
Nick finse di vomitare. «Puah, tienitele pure.»
 
______
 
 
Il silenzio di tomba che regnava nella sala interrogatori lo aggredì come un olezzo maleodorante. Dall’altro capo della stanza, seduto al bordo del tavolo e con un’espressione che sembrava preludere ad un omicidio colposo, c’era un orsetto bianco e piuttosto corpulento. Sebbene la statura fosse di qualche centimetro più piccola di quella della volpe, la massa corporea doveva essere il doppio… se non il triplo.
Nick sforzò un sorriso comprensivo. «Ciao» disse, agitando una zampa nella direzione dell’orsetto.
Il candido cucciolo grugnì qualcosa che sapeva vagamente di rabbia.
Ci riprovò. «Ehi, Hans.»
Nessuna risposta.
Ok, Nick, stai calmo. Molto, molto calmo.
«Vuoi parlare con me?» insistette, muovendo un altro passo verso di lui.
«No.» La risposta infine giunse, simpatica come una diagnosi di tumore al fegato.
Nick soppresse un rantolo isterico e si preparò a sfoderare le sue migliori tattiche persuasive benché la loro efficacia fosse tutt’altro che garantita su un moccioso come quello – quando l’orsetto aggiunse: «Dov’è andata la signorina di prima?»
«La coniglietta, dici?»
Lui annuì. Il suo volto sembrava essersi in qualche modo addolcito. «Sì, la coniglietta. Lei è molto gentile.»
«Anche io lo sono.»
«No» rispose Hans, «tu sei una volpe
Così giovane e già così pieno di pregiudizi.’ «Piano con i luoghi comune, Panna Montata.»
«Non chiamarmi Panna Montata, volpe
«E tu non chiamarmi “volpe” … Panna montata.»
Ok’, pensò Nick, ‘Se Judy fosse qui, con quanta forza mi strangolerebbe in una scala da uno a dieci?
La volpe deglutì sofferenza mentre cercava di scrollarsi di dosso la sensazione delle zampine di Judy strette attorno al suo collo e aggiunse: «Senti, piccolo. Non sono qui per metterti nei guai. Detto fra me e te, non me ne importa nulla di quello che stavi facendo al parco; non ti sbatterò in galera per un sospetto, nessuno di noi qui vuole farlo.»
«E perché dovrei fidarmi delle parole di uno sbirro?» obiettò il cucciolo. «Perché dovrei fidarmi di una…» La frase non ebbe un seguito, perché l’orsetto ebbe l’accortezza di tenere il resto per sé. Sospirò, invece, come se sulle sue candide spalle pesasse chissà quale inenarrabile fardello, e appoggiò la testa sul tavolo della stanza.
«Comunque, l’agente Hopps è andata a trovare i tuoi genitori.» Nick finse di sbadigliare e si preparò ad assistere alla reazione del piccolo.
Se fosse stato possibile, Hans sarebbe impallidito. «No» annaspò l’orsetto, «perché? Non ho fatto nulla di sbagliato!»
«In effetti no, ma ciò comunque non giustifica la tua presenza nel parco alle tre del mattino né tanto meno i cento dollari che abbiamo ritrovato nelle tue tasche.»
«Che male c’è ad avere dei soldi con sé?» protestò lui.
«Un po’ troppi per un piccolo orso» replicò Nick, calmo. «Benché, come ho detto prima, non esistono prove concrete per accusarti di alcunché.»
«E allora perché quella coniglietta è andata a parlare con mamma e papà?»
«Per precauzione» spiegò la volpe. «Magari loro sanno qualcosa che può aiutarci a far chiarezza sulla vicenda. Qualcosa che tu non vuoi dirci.»
«Loro non sanno niente» fu la pronta risposta dell’orsetto. «La tua collega sta facendo un viaggio a vuoto.»
«A vuoto non direi. Hanno comunque il diritto di sapere che il loro figlioletto non si trovava a casa di amici come aveva lasciato detto, non credi?»
Hans digrignò i denti. «Questi sono affari miei, agente.»
Per una frazione di secondo, Nick credette di ricordare qualcosa. Fu davvero nient’altro che un istante, un flash tanto improvviso quanto breve, che però riuscì a lasciare in lui un profondo turbamento.
La volpe digrignò impercettibilmente i denti. «Non finché vivi a spese dei tuoi genitori.»
«Lei non sa niente» insistette la bestiola. «Nessuno di voi sa nulla. Che diritto avete di giudicarmi?»
«Sbaglio o sei stato tu il primo a chiamarmi volpe con disprezzo, quando sono entrato? Fossi in te non parlerei di giudizi, dato che sembri uno che ne dispensa parecchi… e soprattutto non richiesti.»
Se Judy fosse stata lì, Nick sapeva che gli avrebbe rimproverato la sua durezza. Da quella prospettiva l’assenza della partner aveva un lato positivo, perché gli permetteva di recitare la parte del poliziotto cattivo senza intaccare i sentimenti di una piccola, innocente coniglietta.
Era incredibile, rifletté la volpe, come pensare a Judy – in momenti assolutamente casuali della giornata e con qualsiasi sfumatura – potesse lasciare un’impronta così evidente sulla propria anima. La faccenda aveva un che di squisitamente inquietante.
«E ora perché sta ridendo?»
«Come, prego?» Nick trasalì e si coprì istintivamente la bocca con una zampa.
L’orsetto ghignò appena e lo additò. «Stava sorridendo» insistette. «L’ho vista.» C’era qualcosa di minaccioso nella sua voce.
«Non credo.» Nick tento di riacquistare il suo tipico contegno da volpe marpiona, ma…
«Sarò pure un ragazzino, ma ci vedo benissimo. Stava sogghignando come un imbecille, agente.»
«Davvero? Mi sarà venuto in mente qualcosa di divertente.» Se Nick non fosse stato coperto di pelo, probabilmente avrebbe sudato copiosamente.
«O magari…» Il sorriso sul muso di Hans crebbe. «Dica la verità, agente: stava pensando a lei, vero?»
«Non so di chi tu stia parlando, Pan… Hans
«E adesso sta allargando le pupille. E serrando la mascella. E aggrottando la fronte. E»
«E sto per percuoterti con la sedia su cui sei seduto, se non la finisci di dire scemenze.»
«Lo dirò alla coniglietta, se lo fa. Com’è che si chiama… Hobbs
«Hopps» lo corresse Nick, «si chiama Hopps. E tu non le dirai proprio un bel niente, mio caro Hans.»
L’orsetto si strinse nelle spalle. «Come vuole lei, agente. Allora perché non mi dice lei qualcosa?»
Cos’era quella improvvisa inversione dei ruoli?
«E cosa vorresti mai sapere, piccino?»
«Se le piace l’agente Hopps.»
 
La morte cerebrale venne a bussare alla magione dei Wilde, ma i neuroni fecero del loro meglio per tenerla fuori. Non era un comportamento molto educato, Nick ne era consapevole – e dunque lo erano i suoi neuroni – ma quello non era il momento adatto per morire; non di fronte a quello stupido orsetto e neppure prima di aver detto a Judy… un paio di cose.
Giusto un paio di cose.
«Caro Hans» iniziò la volpe, strofinandosi le zampe con fare amichevole… e dimenticandosi il resto della frase. «Caro Hans» ripeté allora, in attesa che le parole ritrovassero la strada di casa.
Ovviamente non le ritrovarono.
«Sì, signore?»
Sì, ecco, forse qualcosa era tornato in casa base. «Caro Hans, non sono domande da porsi con cotale leggerezza.»
«Ma è una domanda facile» obiettò Hans. «Voglio dire… o sì o no. No?»
«No!» La voce gli era appena andata su di cinque ottave ma che importanza aveva a quel punto– «Hans, figliolo, la vita non è così semplice. Ci sono sentimenti che non si possono ridurre a un mero lancio della moneta. Riesce, una mente semplice e acerba come la tua, a capire il significato delle mie sagge parole?»
L’orsetto annuì. «In pratica le piace ma non ha il coraggio di farsi avanti. Forte!»
Nick avrebbe voluto urlare e urlare e urlare fino a consumarsi il diaframma, ma ovviamente non poteva farlo. «Come siamo passati dai tuoi traffici sospetti nel parco di Tundratown alla mia non-vita sentimentale?»
Hans scrollò le spalle. «Sono bravo a cambiare discorso.»
«Ed io altrettanto, perciò adesso torniamo a disquisire di cosa stavi o non stavi facendo ieri notte al parco e…»
Il cellulare cominciò improvvisamente a squillare… e Nick temeva di sapere chi lo stesse chiamando.
«Non risponde?»
«Non è importante» mentì la volpe.
«Magari è la sua collega» suggerì l’orsetto. «Forse dovrebbe rispondere.»
«Correrò il rischio.»
«Le dirò che non le ha risposto di proposito» sorrise Hans. «Le dirò che per l’agente Wilde lei non è importante.»
Tu non sei un cucciolo d’orso, sei figlio del demonio.
Sospirando, Nick tirò fuori il cellulare dalla tasca e lesse il numero in sovrimpressione.
Carotina.
«Mi dica, agente» rispose, dopo aver portato il telefono all’orecchio. «Ci sono novità?»
«Nick?» Judy, dall’altro capo del telefono, esitò. «Ti senti bene?»
«Magnificamente, Hopps, la faccenda è sotto controllo. Hans Bearowski stava giusto confessando le sue malefatte.»
Seguirono interminabili momenti di silenzio, durante i quali Nick si dilettò a pensare a molti e giocondi modi per porre fine alla sua miserabile vita, finché la coniglietta non disse: «Sta andando peggio di quanto pensassi.»
«Non colgo le allusioni, agente.»
La partner sospirò. «Ci sono novità, comunque. Piantala di parlare come un demente e presta orecchio.»
E di fronte a quella minaccia così perfettamente impostata, Nick Wilde poteva solo chinare – metaforicamente – il capo e sentirsi, effettivamente, alquanto demente.
«Ha la mia completa attenzione» dichiarò, mentre il sorriso sulle labbra di Hans scompariva per far lentamente posto ad un’espressione pregna di orrore.
 
Col senno di poi, Hans aveva tutti i motivi del mondo per provare orrore.

 
______
 
 
L’orsetto affondò il muso tra le zampe, piangendo copiosamente. Era tristemente lampante come odiasse ogni singola lacrima che stava sgorgando dai suoi occhi ma, allo stesso tempo, non potesse trattenere quel pianto così dirompente.
Nick conosceva quella sensazione; la conosceva molto, molto bene.
«Non ti spiace per lui?» gli chiese Judy, mentre entrambi guardavano Hans allontanarsi dalla centrale assieme ai suoi genitori.
«Diciamo che… lo posso capire, per certi versi.»
Judy non rispose. Da un qualche punto di vista – uno a cui Nick non era sicuro di poter dare un nome – quel silenzio aveva un che di confortante.
Un che di… intimo.
Da tutti gli altri punti di vista, però, quel silenzio lo faceva sentire come se dovesse aggiungere qualcosa. Cosa che ovviamente avrebbe finito col fare, se Judy avesse fatto pressione nel modo giusto.
«È per questo che non ti piacciono i cuccioli?»
Non era esattamente la domanda che si aspettava, ma sapeva che la coniglietta stava soltanto prendendo la via più lunga. La conosceva così bene, ormai, che poteva vedere l’epilogo delle loro discussioni avvicinarsi ben prima che si arrivasse davvero alla fine.
Eppure, nonostante potesse vederlo in anticipo…
—Non cercava mai di evitarlo.
«I cuccioli sanno essere crudeli» rispose Nick. «Perché sono sinceri, sia nel bene che nel male. Da loro puoi aspettarti sempre la massima onestà… anche nelle sue forme più terrificanti.»
Lei non rispose, di nuovo, e Nick avvertì un vago senso di oppressione depositarsi quietamente sul proprio petto.
Lo stava giudicando? Lo stava biasimando? O magari…
L’elucubrazione non giunse mai al suo termine: lentamente, dolcemente… come se fosse stata lì da sempre, la zampa di Judy afferrò la sua e la strinse con una gentilezza che gli spezzò il cuore, glielo ricucì insieme e poi glielo spezzò di nuovo un numero infinito di volte.
«Quel cucciolo… Hans, voleva solo comprare un regalo per l’orsetta che gli piace» cominciò Judy, chiaramente ignara nella reazione che stava suscitando in lui. «Usciva la notte per incontrarsi al parco con quella banda di truffatori, con cui scambiava i gioielli della mamma per racimolare i soldi necessari. Ha raccontato delle bugie ai suoi genitori, ha rubato… solo per una cotta che forse non diventerà mai nulla di più. Eppure l’ha fatto, Nick.»
La volpe tacque, senza capire dove la sua partner volesse andare a parare, così lei continuò: «Ha mentito al mondo intero per essere sincero in quella unica cosa, quella che contava davvero per lui. Ha sbagliato, lui stesso ne era consapevole – hai visto come piangeva, no? – ma sono certa che in cuor suo… in cuor suo, fino all’ultimo ha sentito che ne è valsa la pena. Anche se per brevissimo tempo, quei singoli attimi avevano il loro senso. Avevano un perché che nessuno eccetto lui avrebbe mai potuto capire e, per questo, estremamente fragile e prezioso.
«Magari, sai, tra qualche anno Hans ripenserà a questa disavventura e si sentirà molto stupido… ma ricorderà, sono certa che ricorderà, l’onestà che l’ha guidato nella sua disonestà. Ricorderà i sentimenti che l’hanno spinto a comportarsi in quel modo e non li rinnegherà perché, a modo loro, saranno insostituibili.»
Judy si interruppe, come se avesse appena ricordato qualcosa, ed emise una piccola risata. «Scusa, sto parlando per ossimori. Ma ti assicuro che nella mia testa tutto questo discorso ha un senso… circa.»
 
Il tramonto colorava la città di una tenue luce arancione; Nick guardò gli alti edifici di Zootropolis, immersi in quella calda penombra, e per un attimo gli sembrò di poter percepire con limpida chiarezza lo scorrere della vita dei suoi abitanti. Gli sembrò di poter sentire quel flusso e, attraverso esso, cogliere qualcosa che fino a quel momento gli era sempre sfuggito.
Ancora non sapeva cosa… ma poi ricordò la zampa che stava stringendo la propria e un sorriso comparve sulle sue labbra, spontaneo come lo sbocciare dei fiori al mattino.
Il quadro non era completo, ma lo stava diventando; giorno dopo giorno, Nick aveva l’impressione di poter ricomporre il puzzle della propria esistenza.
E tutto questo solo grazie a lei.
«Sai, Carotina, gli ossimori sono una figura retorica molto usata dai politici: tu prendi due termini assolutamente incorrelati, li ficchi dentro la stessa frase e fingi di star dicendo qualcosa di profondo e filosofico. Il 90% delle volte funziona.»
Judy sospirò. «Forse dovrei smettere di parlare con te, Nick. Magari soffrirei meno di mal di testa.»
«Il mal di testa ti viene perché cerchi di far discorsi troppo complessi per la tua piccola mente da coniglietta.»
«Scusa se cerco di consolarti» replicò lei, piccata. «La prossima volta–»
Gli bastarono tre secondi, o forse anche di meno; tanto gli ci volle per tirare a sé quella zampina gentile ed accogliere tra le braccia la sua sciocca, sciocca proprietaria.
 
E poi, a quel punto, lo stesso concetto di tempo divenne del tutto ridondante.
 
«La prossima volta» sussurrò Nick, «finirò col divorarti, Carotina, se non trovi un modo per tenere a bada questa tua assurda, adorabile voglia di tirarmi su di morale.»
«Cosa fai?» annaspò Judy contro la sua camicia. «Se Bogo ci vede…»
«Che veda. L’ho già invitato al nostro matrimonio, per cui non ha proprio nulla di cui lamentarsi.»
«Nick!» Sentì il corpo di lei tremare contro il suo e, per l’amor del cielo, l’avrebbe davvero mangiata prima o poi.
Più prima che poi.
«Sto scherzando» la rincuorò – e contemporaneamente discuorò se stesso – accarezzandole piano lo spazio tra le orecchie che, nel frattempo, si erano afflosciate sopra il suo braccio. «Non mi ha fracassato la testa quella volta nel distretto di Foresta Pluviale, quando l’ho contraddetto di fronte ai suoi agenti… non lo farà solo perché ti sto abbracciando di fronte alla centrale di polizia.»
O forse sì.
Istintivamente si ritrovò a guardare in basso e vide, in tutto il suo ingenuo splendore, la bellezza delle creatura che stava stringendo tra le braccia; e allora pensò che, dopotutto… non si sarebbe dispiaciuto poi così tanto morire in quel preciso istante.











__________________
Angolino dell'autrice:
Non ho molto da dire, onestamente; mi scuso per il ritardo nel deliverare il capitolo ma ho avuto vari esami di mezzo e varie traduzioni da fare per l'affamato popolo di Tumblr e... insomma, cose. Purtroppo mi trovo costretta a fare due piccole precisazioni:
1) La prima è che ho dovuto cancellare la long perché mi sono accorta troppo tardi che il modo in cui l'avevo impostata non era quello giusto. So che sembra (anzi, è) una motivazione oscena ma... è la verità. Non so quando e se la ripubblicherò, riveduta e corretta ovviamente.
2) Sto attraversando una fase di "trasformazione" dello stile, quindi è probabile che per un bel po' non mi vedrete su questo sito; tutto ciò che farò sarà tradurre queste one-shot già scritte in inglese ma dubito che scriverò roba nuova.

See ya!

 
   
 
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