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Autore: Supreme Yameta    26/06/2016    1 recensioni
Il mondo è in subbuglio dopo avere appreso della distruzione del villaggio della Foglia e di quello della Pioggia. Akatsuki è diventata una seria minaccia per tutti ed è giunto il momento che i leader delle cinque grandi potenze militari ninja si riuniscano per decidere le nuove mosse.
Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Kakashi Hatake e Madara Uchiha saranno i principali attori degli stravolgimenti che passeranno alla storia. Il mondo ninja sarà pronto per loro?
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Asuma/Kurenai, Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Naruto Shippuuden
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Il gruppo della Foglia proseguiva a passo molto lento lungo l’immensa foresta della nazione del Fuoco. Il motivo per cui il gruppo proseguisse a quell’andatura era dovuto soprattutto al fatto che Naruto non si era ancora ripreso del tutto dall’imminente operazione per estrarre il veleno dal suo corpo, ma anche per stare al passo di Kakashi, che portava sulle spalle l’ex membro della squadra speciale di Sasuke, ovvero Karin.

In un qualsiasi altro frangente, il gruppo si sarebbe fatto prendere dalla fretta pur di raggiungere il villaggio, ma considerata la dipartita di Danzo, ritenevano che non ci fosse alcun pericolo e che il vero leader di quest’ultimo fosse lì in mezzo a loro.

Di conseguenza, i membri del gruppo ne approfittarono per lasciare sciogliere la tensione e discutere con leggerezza fra di loro e con l’amico che non vedevano da così tanto tempo.

«Certo che quando ti sei imposto per non farci combattere con Sasuke, mi ha fatto venire i brividi.» aveva commentato con sprezzo Chouji.

«Ma come diavolo hai fatto? Spiegacelo!» insistette Ten Ten.

Naruto grattò il capo con evidente imbarazzo. Gli era ancora difficile muoversi come avrebbe voluto, per questo si aiutava nella camminata con un lungo ramo che aveva raccolto per la strada.

Solitamente, il potere taumaturgico di Karin aveva un effetto taumaturgico totale, ma solamente quando esso veniva spinto all’azione completa da una forte dose di adrenalina, proprio come poteva accadere durante un combattimento. Il caso di Naruto era completamente diverso e serviva un poco di tempo, prima che gli effetti del veleno svanissero dal sistema sanguinino per dare la possibilità alla volpe di fornire energia al proprio carceriere.

Naruto poi si voltò verso i suoi amici per chiedere spiegazioni; in realtà, non aveva la più pallida idea di che cosa stessero parlando, così chiese loro di spiegarsi meglio sulla faccenda, senza risparmiarsi dai dettagli.

«Io avrei fatto una cosa del genere?» domandò lui sorpreso.

«Mi prendi in giro?! Non posso credere che nemmeno te lo ricordi!» sbottò Ino con sguardo arcigno.

I compagni non ottennero nessun’altra spiegazione in merito a questa faccenda e Naruto non riusciva proprio a spiegare come aveva fatto a manifestare una così potente ambizione per potere sedare i loro animi; era chiaro che lo avesse fatto in maniera inconscia.

Qualcuno tentò di insistere sul punto, ma dopo i continui commenti negativi da parte del confuso Naruto, venne invitato da Shikamaru a dare un taglio con quell’argomento, poiché a senso unico.

Era proprio il caso di parlare di altro.

«Allora, Naruto. Hai pensato a che cosa dire ai consiglieri per poterti re-integrare come ninja della Foglia?»

Silenzio totale da parte del gruppo; erano proprio curiosi di sapere come avrebbe fatto.

L’amico però gli stupì, come sempre.

«La verità, è ovvio.» rispose Naruto ridacchiando.

I suoi amici erano rimasti senza parole, mentre lui continuava ad arricchire le sue motivazioni.

«Non penso che faranno troppo chiasso, non appena sapranno quello che è veramente successo. Vedrete che riavrò il mio copri-fronte in men che non si dica!»

Preoccupazione al mille per mille.

Tutti loro erano coscienti che non era per nulla semplice riuscire a ottenere a un responso positivo dal consiglio e il fatto che Naruto prendesse alla leggera quell’aspetto era certamente un ulteriore motivo di preoccupazione per tutti loro.

«Guarda che i consiglieri non sono degli allocchi. Dovrai inventarti una scusa migliore. Ti consiglio di ingaggiare un difensore, altrimenti penso che ti rinchiuderanno in una cella per sempre.» precisò Shikamaru.

A quel commento, il viso di Naruto si deformò in una strana espressione..

«Un che?» ripeté lui, facendo una smorfia amorfa.

Poi Naruto scoppiò a ridere e a mostrare la sua incredibile leggerezza.

«Che me ne devo fare? Io mi so difendere da solo!»

Shikamaru si mise una mano in viso, esasperato al solo pensiero che avrebbe apprezzato la versione precedente di Naruto, più malvagia, questo era certo, ma almeno meno stupida.

«Stai scherzando, vero? Con il carattere che ti ritrovi, potresti mandare al diavolo il consiglio non appena la situazione inizierebbe a scaldarsi.»

«Shikamaru ha ragione! Non dovresti prendere la situazione così alla leggera!» si aggregò Chouji.

Naruto si mise a ridere. Gli sguardi preoccupati degli amici avrebbero dovuto renderlo quanto meno inquieto, ma non voleva essere più l’origine della preoccupazione dei suoi amici. Non poteva farli preoccupare ulteriolmente, dopo tutto quello che era successo; lui stesso non riusciva ancora a strapparsi di dosso quel profondo senso di rimorso.

«Non pensiamoci per il momento! Qualcosa mi inventerò, tranquilli!»

Naruto era più che determinato a non fare preoccupare mai più i suoi amici e per questo aveva deciso di mettersi a parlare di altro, così da evitare ulteriori risposte a domande scomode su quell’argomento.

«Sono già iniziati i lavori per la ricostruzione?»

La maggior parte dei presenti fissò perplessa l’amico e per qualche istante non fu in grado di rispondergli, causa il repentino cambio di argomento. Qualcuno fra i più ostinati tentò di controbattere su quella decisione, ma si era beccato un’occhiataccia da parte di Kakashi, come forma deterrente per arretrare tali questioni, dato che quello non era né il luogo, né il momento per discutere.

«Quindi hai saputo della distruzione del villaggio.» constatò Shino.

«Sì, me lo ha raccontato Nagato, quando combattemmo al villaggio della Pioggia.» spiegò Naruto.

Un attimo di smarrimento per l’intero gruppo; di chi stava parlando.

Kakashi intuì quel disagio e si apprestò a risolvere quei dubbi in maniera tempestiva.

«E’ il vero nome di Pain.»  

«Proprio così. - aggiunse Naruto. Ma è andato tutto distrutto? Non si è salvato nulla?»

«Solo la montagna degli Hokage.» comunicò Shikamaru.

Era proprio strano che si parlasse di Pain di una così tale leggerezza. Nessuno poteva dimenticare l’immane odio covato nei confronti di quell’uomo che aveva raso al suolo la loro terra, per questo motivo non si riusciva ad accettare che colui che aveva battuto Pain, ne parlasse con una strana tendenza al rispetto. Per questo motivo, i membri del gruppo chiesero spiegazioni a Naruto e quest’ultimo raccontò loro della redenzione di Nagato e del suo sacrificio per rimediare al male fatto, riportando in vita i ninja della Foglia che aveva in precedenza ucciso.

«Madara lo aveva manipolato per i proprio scopi. E’ tutta colpa sua.» lo difese alla fine Naruto.

Shikamaru invece si era soffermato su un punto molto importante in tutto quel racconto.

«Sarà come dici, ma ciò non toglie che parte della responsabilità è da attribuire alle cinque grandi super potenze ninja e alle loro continue guerre. Pain non è altro che il frutto di moltissimi conflitti con lunghissimi spargimenti di sangue.»

«E’ innegabile che la colpa sia anche della Foglia. Per questo, una volta sconfitta Akatsuki, dovremmo iniziare a pensare a come evitare la nascita di un altro Pain.» aggiunse Neji.

Naruto sorrise. I suoi amici erano davvero cambiati da come se li ricordava. Era evidente che anche loro erano maturati a seguito dei numerosi eventi che erano capitati.

«Sono d’accordo. Insieme ci riusciremo.» esclamò infine.

Altro momento di alta comprensione fra i membri della squadra della Foglia, dopodiché Naruto ebbe spazio per togliersi un dubbio che attanagliava il suo cuore fin dal primo momento in cui aveva saputo della distruzione del villaggio.

«Ma Ichiraku ha riaperto, non è vero?»

Una domanda che scatenò l’ilarità generale, perché nessuno si aspettava di una mossa del genere da parte di Naruto. Ognuno dei presenti si era reso conto che l’amico era cambiato sia dai tempi in cui militava in Akatsuki, sia dai tempi di quando erano dei semplici genin. Era come se Naruto fosse tornato l’allegro ragazzino dei tempi dell’accademia, quando ancora era un moccioso spensierato e desideroso di attenzioni e non aveva ancora avuto la sua prima dose di medicina di odio da parte degli abitanti del villaggio. Quello era proprio un Naruto veramente simpatico, una persona rinata che si faceva bene molto facilmente.

Mentre parte dei ragazzi e delle ragazze discutevano fra di loro, a qualche passo indietro vi erano Sakura e Hinata che si mantenevano in disparte e facevano compagnia al maestro Kakashi che era il più lento del gruppo, avendo Karin sulle spalle.

Le due amiche fissavano silenziose il clima allegro che si era andato a generare e con al centro quella persona a cui erano andate appresso per tutto quel tempo. Dopo tanta fatica, finalmente erano riuscite a portare indietro il caro amico dai capelli biondi; quella era la dimostrazione che grazie al coraggio e alla perseveranza, qualunque cosa fosse possibile.

La soddisfazione delle due ragazze era ai massimi estremi, così come lo era come quella del resto del gruppo; quello era proprio un bel risultato.

«Quanto sono rumorosi.» si lamentò Kakashi.

«Ha ragione. - commentò Sakura. Però era davvero da tanto tempo che non sentivo tanta allegria nell’aria, non è d’accordo anche lei?»

Kakashi si voltò verso l’allieva ed espresse con lo sguardo una sua corrispettiva contentezza per quel risultato raggiunto.

«Hai proprio ragione. E’ che mi ci devo solo riabituare!»

Maestro e allieva si scambiarono una risata complice nell’osservare un Naruto così allegro come non lo avevano mai visto e questo aspetto riusciva a fare dimenticare Sasuke a entrambi per qualche minuto e a godersi di quel momento così raro.

Subito dopo, Sakura si voltò verso Hinata e notò che quest’ultima era molto silenziosa e non ostentava un’evidente allegria per quella situazione. Sakura ipotizzò che il motivo fosse che l’amica non aveva ancora perdonato Naruto per essersi fatto credere morto, come larga parte di tutti, ma nonostante questo, non riusciva a inquadrare il motivo per cui l’amica rimanesse in disparte.

Dunque, Sakura si decise a investigare.

«C’è qualcosa che non va?»

La sua interlocutrice sobbalzò all’improvviso, come se fosse stata appena distolta in maniera brusca dai propri pensieri per rispondere all’amica in maniera vaga sul proprio stato d’animo.

«No, va tutto benissimo!» rispose Hinata con la voce tremante..

«Perché non vai da lui? So che sei ancora arrabbiata per quello che ha fatto, ma per il momento lascia correre e goditi il momento. Sono certa che ti vorrebbe lì accanto a sé.» suggerì l’amica.

Al solo sentire quella proposta, Hinata sobbalzò all’improvviso, calando il capo il più possibile per nascondere il volto paonazzo per l’imbarazzo, dopodiché si mise a giocare con le dita, suo segno distintivo di quando era nervosa, e a pronunciare frasi sconnesse fra di loro.

Non appena Sakura notò quell’atteggiamento, decise di prendere l’amica da parte per poterle parlare chiaro e tondo.

«Senti, Hinata. - iniziò bisbigliando. Ormai lo avrai capito anche tu che quell’idiota non farà mai il primo passo. Ormai è palese anche ai sassi che ne sei innamorata, ma se non fai tu la prima mossa, ho paura che rimarrete in un perenne stato di imbarazzo reciproco e finirete per non concludere nulla.»

Hinata ne era ben cosciente a sua volta, ma purtroppo, così come lo era Naruto, non aveva abbastanza preparazione mentale per potersi dedicare esclusivamente ad avvicinare il suo amato, senza che ci fosse una situazione di emergenza in mezzo. In fondo, i momenti che avevano trascorso assieme si erano manifestati sempre quando erano in mezzo a una situazione più grande di loro due messi assieme, ma ora che si prospettava della sana normalità per gestire i rapporti interpersonali, il dubbio restava se sarebbero stati capaci di avvicinarsi l’uno all’altro.

A causa di cotale afflizione, Hinata chiese aiuto all’amica.

«Che faccio, Sakura? Io ci voglio riuscire a tutti i costi!» bonfocchiò lei.

Sakura aveva la soluzione al suo problema a portata di mano.

«Buttati! Tanto lui ti adora, non ti rifiuterà nulla. Invitalo a mangiare ramen da Ichiraku. Potrebbe essere il miglior punto di partenza.»

Quando si trattava delle questioni di cuore dei suoi amici, Sakura Haruno era la miglior consigliera esistente, con la risposta sempre a portata di mano per qualunque situazione immaginabile nel rapporto di coppia. I guai avvenivano quando si trattava della sua situazione sentimentale: in quel caso era un vero e autentico disastro.

Hinata sembrò apprezzare il consiglio ricevuto dall’amica e si convinse che sarebbe stato molto utile proporre una serata a mangiare ramen con Naruto, al fine di migliorare il loro rapporto. Al solo pensiero di tale opportunità, la mente della ragazza iniziò a viaggiare verso quell’idilliaca serata in cui entrambi mangiavano ramen dopo una lunga passeggiata, poi facevano un giro al centro e concludevano la serata con un gelato, infine Naruto l’avrebbe accompagnata a casa e durante il tragitto, l’avrebbe tirata in un vincolo per baciarla con passione.

Al solo pensare a una scena del genere, Hinata avvampò così tanto che le fuoriuscì del fumo dalle orecchie; adesso era ancora più determinata a farsi avanti.

«Sì, glielo chiedo!» sbottò lei infine.

Sakura rimase molto sorpresa di vedere l’amica in un continuo mutamento di emozioni, ma si rallegrò non appena udì la sua decisione.

«Brava, Hinata! Mi piace la tua determinazione!»

Dopodiché Sakura avvolse con un braccio l’amica e ne indirizzò lo sguardo verso il gruppetto dei ninja, dove c’era Naruto che stava discutendo animatamente con Rock Lee che aveva iniziato ad assillarlo sul volerlo affrontare il prima possibile.

«Forza, fatti valere!»

Sakura provò a spingere l’amica verso il gruppo, così da darle l’ennesima dose di coraggio per potere dare il via alla conversazione, ma quando si accorse che l’amica non si era mossa di un millimetro, capì che ci fosse ancora qualcosa che non andava proprio. Non appena si voltò verso l’amica per chiederle spiegazioni, si accorse che questa si era completamente ritirata nel suo pullover.

«Forza, vai!» ripeté.

Un nuovo tentativo di spinta, ma Hinata fu irremovibile.

«Insomma, Hinata! Che ti prende? Non avevi detto che glielo volevi chiedere?»

Sakura stava iniziando a perdere la pazienza.

Hinata non le prestò ascolto e ben presto si prodigò a dare una spiegazione del suo comportamento.

«Ora?»

Sakura la fissò con sguardo interrogativo; non riusciva proprio a capire come potesse esistere una persona così ricca di controsensi e imbarazzo come la sua amica.

«Perché quando volevi dirglielo?»

Il viso di Hinata era ormai tutto rosso. L’imbarazzo aveva superato il limite supremo della tolleranza della povera ragazza.

«Non sono pronta ora! Non è il momento giusto!» obiettò lei.

Sakura si mise una mano in testa; l’esasperazione stava per divorarla dall’interno.

«Non puoi dire sul serio! Se non glielo dici adesso, perderai l’occasione, perché poi succederà il casino appena arriveremo al villaggio. Diglielo adesso, forza!»

Hinata ne era ben cosciente sul punto appena illustrato dall’amica, eppure non riusciva proprio a manifestare la sua volontà con delle parole, perché l’imbarazzo era tale da essere ritenuto il suo avversario più grande. Questo aspetto la faceva soffrire molto.

«Lo so. Ma non posso adesso. Q-qui, davanti a tutti. E’ troppo imbarazzante per me.» piagnucolò Hinata.

Sakura era rimasta spiazzata, ma non poteva certo biasimare l’amica sul fatto che chiedere un appuntamento al ragazzo di cui si era innamorata fosse un momento così intimo che non andava condiviso con nessuno.

A un certo punto, però, il cielo volle che il destino lavorasse al posto di Sakura e che il gruppo si fosse accorto che Sakura e Hinata erano rimaste indietro, così Naruto aveva deciso di richiamarle.

«Hey, ragazze. C’è qualcosa che non va?»

Un’occasione ghiotta per tirare in ballo la questione e dare quell’input in più all’amica per riuscire a realizzare il suo obiettivo di invitare l’amato a mangiare ramen.

«In effetti c’è Hinata che vorrebbe parlarti, quindi da bravo vieni qui e ascoltala con attenzione.» dichiarò Sakura, rivolgendosi a Naruto.

Era stata una mossa subdola, dannatamente subdola. Sakura però sperava che il fine giustificasse i mezzi e anche se Hinata la fissava sofferente e triste per quel colpo basso, era convinta che avesse fatto la mossa giusta.

«Sa-sakura!» si lamentò Hinata a bassa voce.

L’imbarazzo era addirittura più ampio di prima, tanto che se Naruto si fosse azzardato ad avvicinarsi a loro, Hinata sarebbe potuta persino svenire di fronte a tutti, facendo la figura dell’allocca; lei non voleva affatto che Naruto la considerasse una stupida.

In quel momento il suo amato prese parola, rivolgendosi proprio a lei.

«Che cosa mi devi dire?»

Hinata indugiò per qualche istante. Fare l’invito era fuori questione, perché non voleva proprio che l’emozione prendesse il sopravvento, così da fare una pessima figura di fronte a tutti. Per tanto, decise di optare per un commento del tutto disinteressato e che forse, poteva veramente esprimere il suo vero senso di sollievo, mano a  mano che si avvicinavano la Foglia assieme a Naruto.

Lo sguardo dei presenti era tutto diretto su di lei, perciò doveva riuscire a concentrare tutte le sue forze su quello che aveva da dire, sperando che non risultasse strana agli occhi di tutti, dato che teneva la testa abbassata; se avesse incrociato lo sguardo di Naruto, sarebbe probabilmente scappata via.

Sakura poggiò una mano sulla spalla di Hinata per darle coraggio, così quest’ultima si decise finalmente a prendere la parola.

«Ecco… - cominciò Hinata. Volevo dire qualcosa che penso sia il pensiero di tutti. Sono veramente felice che tu stai tornando al villaggio dopo così tanto tempo.»

Non era proprio quello che il resto del gruppo si aspettava di sentire da parte di Hinata, ma quelle parole avevano certamente fatto centro. Naruto infatti aveva reagito con evidente imbarazzo a quello che gli era stato appena detto e non aveva dato alcun motivo per nasconderlo, iniziando a grattarsi nervosamente la nuca e ridacchiando fra sé.

Sakura tirò un profondo respiro di rassegnazione. Ormai le era chiaro che le decisioni all’improvviso non erano proprio fatte per Hinata, ma almeno quest’ultima si era fatta valere in un altro senso; era dunque giunto il momento di darle una mano.

«Hinata ha proprio ragione. Se penso che è passato quasi un anno da quando abbiamo iniziato a darti la caccia, è veramente sorprendente vedere come sei cambiato. A quei tempi eri proprio un’altra persona, un vero demonio.»

Per Naruto era una fitta immensa di dolore ricordare quello che aveva fatto ai suoi amici a quei tempi. Lui sapeva benissimo che non aveva altra scelta, se non comportarsi in quel modo, ma gli faceva male lo stesso pensare che aveva trattato i suoi amici come degli oggetti, sperando sempre egoisticamente nella loro comprensione e perdono.

«Ecco. A proposito di quello e della storia della mia morte. Vorrei dirvi una cosa, mentre siamo tutti assieme.»

Attenzione totale da parte di ogni membro del gruppo.

«Ancora con questa storia? Mi pare che ne abbiamo parlato più che a sufficienza!» si lamentò Neji.

Lo Hyuga continuava ancora a nutrire rancore nei suoi confronti, a causa dell’immane dolore provato dalla cugina per colpa sua; non sarebbe stato facile per lui riuscire a soprassedere a quello che era successo e ad accettare che la cugina si avvicinasse troppo a quell’amore così tanto doloroso per se stessa.

Tutti sapevano quello che si annidava nel cuore di Neji, per questa ragione si ponevano come mediatori fra lui e Naruto, dato che il risentimento covato dal primo era così forte che sarebbe dovuto passare molto tempo, prima che se ne facesse una ragione.

«Andiamo, Neji. Non pensi di avere tenuto il broncio per fin troppo tempo?» sbottò Rock Lee in merito alla questione.

Il viso di Neji si deformò in un’espressione contorta di disgusto e stupore per il modo in cui Naruto veniva difeso dalla maggior parte dei membri del gruppo e lui non riusciva a capire come quelle persone riuscissero a ignorare tutto quello che avevano passato, solo perché il reale sentimento di gioia ottenebrava la loro ragione. Anche Neji era felice che Naruto fosse ancora vivo, ma purtroppo la sua devozione alla protezione della cugina lo obbligava a prendere la parte del cattivo, sebbene realista shinobi.

Naruto lanciò uno sguardo a Neji, il quale si era messo in disparte dal resto del gruppo, e decise che avrebbe dovuto scambiare qualche chiacchiera con lui in privato, altrimenti gli animi bollenti non si sarebbero mai sedati.

In quel momento, però, Naruto decise di concentrarsi sul resto dei suoi amici.

«Abbiamo già parlato della mia missione segreta per spiare Akatsuki, ma nonostante il fatto che ci siano delle giustificazioni, non riesco a togliere dalla mente i ricordi dei nostri combattimenti. - iniziò Naruto. Assalire un compagno è qualcosa di imperdonabile, soprattutto nel modo in cui l’ho fatto, anche se mi ricattavano. Questo non me lo potrò mai perdonare.»

Era abbastanza evidente a tutti quanti che il dolore provato dall’amico per quella questione era sincero e per questa ragione i membri del gruppo provarono a sollevare il morale dell’amico, dato che nessuno di loro, dopo avere saputo ciò che c’era stato dietro a quei comportanti, covava più risentimento nei suoi confronti.

«Non è da te affliggersi in questo modo, Naruto.» commentò Ino.

«Già infatti. Non saresti il Naruto che tutti conosciamo, se continuassi con questo atteggiamento così negativo. Anzi, sei finalmente tornato quell’amico di un tempo con cui combinavo marachelle, quando eravamo bambini.» aggiunse Shikamaru.

«Già, infatti! Ti ricordi tutti gli scherzi che facevano e le nostre fughe dal maestro Iruka? Che bei tempi.» sbottò Kiba.

Naruto sorrise; era bello sapere che i suoi amici non gli portavano rancore per gli avvenimenti del passato. Nonostante questo, lo stesso atteggiamento non si poteva confermare per la questione della morte inscenata e di questo Naruto ne aveva la certezza, per questo motivo egli reputava che era necessario prendere le dovute misure di sicurezza per proteggere i suoi compagni ancora una volta.

«Ascoltatemi tutti.» incominciò lui.

Una volta ottenuta l’attenzione generale ancora una volta, egli assunse un’espressione molto truce e che però nascondeva una grande sofferenza per quello che stava per dire. La sua, era una decisione sofferta, ma che era reputata giusta, in quanto modo migliore da lui ritenuto per espiare la sua grande colpa nell’avere preso in giro i suoi amici e di averli fatti soffrire così tanto, fin dai tempi che erano alla sua ricerca.

«Da ora in poi, non dovete più avvicinarvi a me per nessun motivo. Madara farà di tutto pur di prendere l’Ennacoda che c’è dentro di me e io questo lo devo assolutamente impedire. Non posso più permettere che si ricapiti la stessa situazione con Pain.»

Ovviamente tutti loro erano rimasti sorpresi da quella richiesta e chiesero di conseguenza le dovute spiegazioni.

Come al solito, fu Shikamaru a mettere fuori un punto ben concreto e che strideva per l’appunto con quanto chiesto da Naruto.

«E quindi? Pretendi che facciamo finta di non conoscerti, dopo tutto il casino che abbiamo combinato? Ormai Akatsuki sa benissimo che ti siamo vicini.»

«E’ proprio per questo motivo che dovete starmi lontano! Non voglio che nessuno di voi venga più coinvolto in questa storia. Questo è un mio problema.» sbottò Naruto.

«Un tuo problema un corno!» sbraitò Sakura.

La ragazza si avvicinò a Naruto con un’aria molto feroce e lo agguantò per il bavero della maglia per avvicinarne il viso a sé, così che la sua voce squillante potesse raggiungere la sua testa dura come l’acciaio.

«Questo non è mai stato solo un tuo problema! Il nostro villaggio è andato distrutto e Akatsuki ha anche manipolato Sasuke per attaccare i cinque Kage. Questo è un problema di tutti e tu non puoi escluderci!»

«Non è questo il punto! Non posso proprio permettere che nessuno di voi venga coinvolto, per questo inizierò ad allenarmi il prima possibile per controllare al massimo il chakra della volpe.»

Sakura mollò l’amico con una forte spinta, così da farlo cadere al suolo, dopodiché si allontanò nervosa, continuando a fissarlo con aria torva per quello che stava sentendo.

«La verità è che tu ci sottovaluti ancora, nonostante tutto.» riprese poi la ragazza.

Nessuno degli altri presenti interagì nella conversazione in quel momento, il clima era fin troppo teso e le parole espresse da Sakura erano ben proporzionate all’animo generale che era stata eletta come portavoce del gruppo all’unanimità.

Sakura riprese il discorso; era sua intenzione mettere immediatamente le cose in chiaro, ora e per sempre.

«Io so benissimo che ho fatto una vera e propria cazzata, cercando di fare tutto da sola per risolvere la situazione con Sasuke. Non voglio che anche tu commetta i miei stessi errori, con le medesime conseguenze. Voglio che parli con noi, che ti confidi e che ci lasci combattere per la nostra terra e la nostra libertà!»

Non c’era alcun dubbio che l’esperienza pregressa vissuta con Sasuke, aveva permesso a Sakura di maturare quel poco che bastava per capire che il suo fosse stato un colpo di testa dovuto dal carico di stress dell’ultimo periodo e del suo grande amore nei confronti di quel pazzo omicida.

Per fortuna, l’essere umano era in grado di progredire nel pensiero, dopo avere vissuto un’esperienza tragica, migliorando sé stesso, qualora una situazione simile si palesasse in futuro; questo era proprio il caso di Sakura.

Naruto era rimasto molto sorpreso da quanto era stato detto dall’amica, per questo motivo aveva completamente dimenticato i suoi propositi e le sue paure per quello che sarebbe successo, qualora Akatsuki approfittasse delle vite delle persone a lui care, pur di giungere a lui. La determinazione che aveva visto negli occhi di Sakura, gli dette allora quella spinta a volersi per l’appunto aprire con i suoi compagni.

«Hai ragione. Ancora una volta stavo per tornare ai vecchi ragionamenti, ma il fatto che io vi voglia proteggere, non è dovuto che io vi ritengo deboli. Al contrario, il mio desiderio di proteggere quei legami che ho creato, è stato il carburante che mi ha permesso di diventare più forte.»

Era giunto per lui il momento di spogliarsi completamente di fronte ai suoi amici, altrimenti non avrebbe mai guadagnato la loro comprensione. Ormai si era reso conto che i suoi amici gli volevano troppo bene per mollarlo in un momento del genere e non ne poteva essere più felice; questo gli dava ancora più forza nel suo proposito di proteggerli a tutti i costi: per riuscirci, doveva diventare ancora più forte del suo livello attuale.

«Allora, hai finito di fare l’idiota? Perché adesso sono stufa di parlare delle stesse cose. Fidati di noi una buona volta.» sbottò Sakura successivamente.

Naruto scoppiò a ridere in una fragorosa risata, degli squilli così forti che riecheggiarono per tutta la zona, fino al punto da lasciare pensare a tutti quanti che fosse impazzito all’improvviso.

«Ma che diavolo gli prende adesso?» domandò Ino accigliata.

Naruto non la smetteva di ridere, tanto che qualcuno arrivò a tenere Sakura lontano da lui, perché continuava a esprimere la sua volontà nel volerlo colpire con tutte le sue forze, perché risultava esasperante.

Invece Hinata si avvicinò al suo amato per poterlo aiutare e capire allo stesso tempo quello che gli stava succedendo.

«Che hai, Naruto? Tutto bene?»

Allora Naruto finalmente rallentò la sua risata e, mentre si asciugava le lacrime provocate dalle forti risa, giustificava il motivo del suo comportamento.

«Scusate! Scusate!» sbottò lui ancora divertito.

Hinata lo aiutò a rialzarsi, mentre lui tentava ancora di soffocare le sue risate fra le esplosioni nevrotiche di Sakura e Ino che continuavano a venire tenute lontano da lui dagli altri, prima che potessero colpirlo, essendo lui ancora convalescente dalla precedente rimozione del veleno.

«Smettila di fare lo scemo, o non riusciremo a tenere queste due iene per molto.» si lamentò Shikamaru con l’amico.

Purtroppo però, il sentirsi dare della iena non venne molto apprezzato dalle due ragazze, le quali decisero di focalizzare la loro furia nei confronti del povero Shikamaru.

«Iena a chi?! Ma come ti permetti?!» tuonò Sakura.

Shikamaru ricevette lo schiaffo più potente della sua vita; non avrebbe mai dimenticato quel trauma. Poi ne ricevette un altro da Ino; non avrebbe rimosso dalla sua mente nemmeno quello.

«Povero Shikamaru...» fu il commento magnanimo di Chouji.

Mentre il bonario ninja si prendeva cura del suo povero migliore amico, le due kunoichi si voltarono verso Naruto e iniziano a minacciarlo di arrestare il suo comportamento nevrotico, altrimenti avrebbe fatto una fine ben peggiore di quella di Shikamaru.

«Ti conviene fare il serio, stupida testa quadra!» urlò Sakura.

«Altrimenti te lo facciamo venire noi un vero trauma!» aggiunse minacciosa Ino.

Le due ragazze incutevano così tanto timore, che Naruto fu colto dal panico e abbracciò impaurito la povera Hinata che gli stava accanto, supplicandola di proteggerla dall’ira di quei due demoni.

«Aiuto, Hinata!» piagnucolò lui.

Naruto non poteva fare una mossa peggiore.

Hinata infatti era rimasta senza parole per quel gesto e le stava venendo molto difficile credere di essere così stretta a Naruto, da sentirne persino il respiro e il profumo dei suoi capelli. L’emozione di sentirsi stretta in quella presa così calorosa per lei, fu talmente tanta che la povera ragazza perse i sensi all’improvviso, grata a qualunque divinità esistente per averle permesso di vivere un’emozione del genere.

Naruto si accorse subito che la ragazza era svenuta e stupidamente si mise a urlare ai quattro venti quello che stava succedendo.

«Hey, Hinata! Hinata! Che ti succede? Perché non rispondi?!» la richiamò il ragazzo.

A quel punto, ad assalire Naruto non furono unicamente Sakura e Ino, ma anche l’iper-protettivo Neji che si era agguantato su di lui come una tigre, iniziando a minacciarlo di morte immediata con i suoi occhi bianchi che gli perforavano l’anima.

«Lurido maiale! Che cosa volevi fare a madamigella Hinata?!» urlò Neji furioso.

Sakura e Ino si preoccuparono al punto di rincarare la dose.

«Te ne volevi approfittare, non è così?! Porco!»

Naruto provò in tutti i modi a dare una spiegazione innocente per quello che era accaduto, ma nessuno dei tre volle sentire le sue motivazioni. La sua unica via di salvezza era la fuga.

«Meglio scappare o questi mi fanno la pelle!»

Visto l’imminente pericolo, Naruto raccolse Hinata fra le sue braccia e iniziò a correre il più lontano possibile dalle indemoniate fiere che gli erano partite appresso.

Il tutto avveniva sotto lo sguardo stupefatto dei rimanenti presenti. Nessuno però si sentì obbligato a prendere le difese di Naruto o di fermare la furia dei suoi tre inseguitori, questo perché ognuno di loro stava ridendo a crepapelle; quello era proprio un bellissimo momento che ognuno di loro voleva assaporare in ogni sua sfaccettatura.

Gli unici che mantennero un poco di contegno furono Sai e Kakashi.

Il primo non riusciva ovviamente a sciogliersi per i suoi motivi personali, ovvero la sua ancora poca spontaneità a manifestare le proprie emozioni. Nonostante però si rendeva conto che quella situazione non doveva essere presa seriamente, non riusciva comunque a capire per quanto ancora dovessero tergiversare.

Sai allora si voltò verso il silenzioso Kakashi per chiedergli consiglio.

«Li vado a fermare? Non penso che possiamo prendercela così comoda, non crede?»

Kakashi scosse il capo, anche lui era molto divertito da quella situazione e gli faceva molto piacere che Naruto si stesse rapidamente abituando a un clima festoso come quello con i suoi amici.

«Lasciali divertire. Dopo tutto quello che è successo, si meritano un poco di relax.» ordinò Kakashi, rivolgendosi a Sai.

Tutto quel trambusto però, iniziò a durare per un bel poco di tempo, tanto che il gruppo si era ormai messo a ridere, che senza volerlo si era creato un piccolo accampamento e tutti, prima o dopo, si erano accampati attorno a un bel fuoco, prodotto proprio perché ormai le tenebre stavano calando. Il trambusto ormai durava per molto, causando un brusio che destò dal suo sonno persino Karin, la quale era stata poggiata su un giaciglio di fortuna con delle coperte e sempre tenuta sotto lo sguardo vigile di Kakashi.

«Dove sono?» domandò la ragazza, non appena riprese conoscenza.

La ragazza provò a mettersi seduta, ma non ci riuscì facilmente e venne aiutata da Kakashi a raggiungere il suo scopo. Una volta avere assunto la posizione desiderata, la ragazza si strofinò gli occhi, a causa del suo continuo stato di dormiveglia, poi iniziò a guardarsi in giro e a tastare il terreno vicino a sé, alla ricerca di qualcosa a lei indispensabile.

«I miei occhiali...» mugugnò lei.

La ricerca della ragazza non durò a lungo, dato che i suoi occhiali erano custoditi da Kakashi che prontamente glieli porse, dopo averne pulito le lenti con il bavero del suo mantello.

«Ecco a te.» disse l’uomo.

Una volta che Karin si mise addosso i suoi occhiali, le fu facile vedere quello che stava succedendo. Un gruppo di giovani ninja era riunito attorno a un fuoco a discutere animatamente e con gioia, mentre consumava qualche cibo in scatola che, sebbene fosse in certi versi maleodorante, non era fonte di interesse per i ragazzi, troppo presi dall’allegria generale.

Karin era rimasta ammutolita da quel clima così gioioso e per un certo tempo ammise a se stessa che le sarebbe piaciuto anche a lei essere parte di quella combriccola a festeggiare, dato che lei non aveva mai avuto dei veri amici. Ovviamente, anche se glielo avessero chiesto, avrebbe preferito farsi uccidere, piuttosto che ammettere i suoi veri sentimenti.

A un certo punto, i suoi pensieri furono discostati da un gesto fatto da Kakashi, ovvero che le aveva avvicinato una scodella di fagioli bella calda e fumante con un cucchiaio di legno a lato.

«In caso avessi fame.» spiegò l’uomo.

Solo allora Karin si soffermò a guardare quell’uomo che le stava accanto e subito lo riconobbe, dato che ricordava benissimo i volti delle persone più vicine a Sasuke, dal database di ricerca di Orochimaru.

«Tu sei il ninja copia, non è così?» domandò lei per conferma.

«Sono proprio io. Ti ha parlato Sasuke di me?»

Al solo sentire quel nome, Karin si rabbuiò all’istante e si raggomitolò fra sé, ancora dolorante per l’enorme ferita al petto che le era stata infetta da chi credeva di amare che invece l’aveva tradita.

«Non voglio sentire nemmeno nominare quello stronzo.» dichiarò lei un attimo dopo.

Kakashi si zittì. Un cuore innamorato era spesso fuorviante per il ragionamento, ma quando un cuore innamorato veniva ferito, il risentimento verso quello stesso amore era così tale che non si sarebbe mai più avuta una lettura seria e concreta di quella persona. Per questa ragione, Kakashi era certo che estorcere informazioni a Karin non era un compito che sarebbe riuscito a ottenere con l’arte della retorica; le uniche due soluzioni erano quelle di usare lo sharingan, oppure di affidarla a Ibiki, non appena giunti al villaggio: Kakashi optò per la seconda scelta.

«Ti chiedo scusa.»

Karin sembrò non udire le sue parole, poiché tornata a fissare il gruppo di fronte a sé con un’insana curiosità volta in primo luogo su quel ragazzo dai capelli biondi, il quale sulla maglia portava uno stemma che lei conosceva bene.

A un certo punto, Karin ebbe un sussulto.

«Ma quello…!»

«Cosa?»

Karin indicò per l’appunto Naruto.

«Quel biondo laggiù, lo riconosco dai database di Orochimaru. E’ uno di Akatsuki!»

Karin iniziò a tremare dalla paura. Non voleva tornare al cospetto dei suoi vecchi compagni, non voleva vederli proprio, soprattutto quel mostro senza cuore che l’aveva tradita.

Kakashi comprese il suo timore e per tranquillizzarla, le poggiò una mano sulla spalla, in modo tale di trasmetterle quella fiducia necessaria per farla calmare.

«Lo era. In realtà lavorava per la Foglia sotto copertura. Lui è un nostro alleato.»

La ragazza sobbalzò per la sorpresa di quella rivelazione, dopodiché fissò quello strano uomo mascherato per incrociarne lo sguardo, in maniera tale da capire se le stesse mentendo o meno. Una volta che ella comprese di potersi fidare, tornò a fissare quel ragazzo che tanto la incuriosiva.

«Chi è quel ragazzo?»

«Si chiama Naruto Uzumaki.» spiegò Kakashi.

L’uomo si bloccò all’ultimo momento per avere nominato nuovamente il suo vecchio allievo, ma Karin non lo degnò di uno sguardo, troppo assorta dai suoi pensieri.

In realtà, la ragazza aveva notato di essere fortemente incuriosita da quel ragazzo, dato che dal modo di atteggiarsi e dal tipo di chakra in suo possesso, poteva considerarlo come l’esatto opposto di Sasuke, poiché mentre quest’ultimo presentava un chakra freddo e oscuro, quello di Naruto era luminoso, di una luce carezzevole ed era anche caldo. Più Karin continuava a scrutare nell’animo del ragazzo, più questo suo auto convincimento si affermava, ma poi, quando giunse fino a un certo punto di analisi, percepì un profondo e denso chakra, addirittura più freddo e oscuro di quello di Sasuke; lei ebbe molta difficoltà a definire la sensazione che quell’immenso chakra provocava nel suo animo, ma essenzialmente l’unico termine che poteva attribuire a quel chakra era: una profonda massa d’odio.

Karin tremò dal terrore che potesse esistere un chakra del genere; quello non era il chakra di un essere umano, ma non poteva essere definito nemmeno allo stesso livello dell’Ottacoda: quello era un chakra a un livello sovrumano che niente o nessuno avrebbe mai equiparato.

«C’è qualcosa che non va?» chiese Kakashi, notando l’espressione preoccupata della ragazza.

«No. Assolutamente nulla.» dichiarò Karin.

Lei aveva deciso che non ne voleva sapere proprio niente su quel chakra; più stava lontano da quel chakra, più era certa che sarebbe stata lontana dai guai.
Subito dopo, Karin afferrò la ciotola con i fagioli e iniziò a mangiare sotto lo sguardo di Kakashi, il qualche continuava a slittare lo sguardo da un punto all’altro, contento che i suoi ragazzi stessero riacquistando un poco di sintonia reciproca e pensava che quella notte se la meritavano per riallacciare completamente i rapporti.

A un certo punto, Kakashi percepì una strana sensazione, come se un copioso numero di individui si stava rapidamente avvicinando verso la loro posizione. Incuriosito da chi si potesse trattare, decise di servirsi della tecnica di percezione che gli aveva insegnato tempo addietro il suo maestro, così poggiò per terra un suo dito per potere applicare la sua tecnica.

I sospetti vennero confermati appieno, anche quando Sai apparve dalle ombre al lato di Kakashi per sussurrargli quello che aveva scoperto.

«E’ la Radice.» annunciò lui a bassa voce.

Kakashi sospirò. Era certo che quel momento sarebbe giunto, dato che Danzo non c’era più e che i suoi uomini lo attendevano in trepidante attesa al villaggio per acquisire il potere.

«Lo immaginavo.» commentò Kakashi.

Sai aveva un piano per aggirare il problema e non perse tempo a fare una proposta al suo superiore.

«Posso provare a prendere tempo, ma dovete muovervi il prima possibile.»

«Non è necessario. Prima o poi doveva succedere, perciò li affronterò direttamente e parlerò con loro.» tagliò corto Kakashi.

Sai non fiatò; era molto preoccupato per questa cosa.

«Ne è sicuro?» domandò lui.

Kakashi annuì, dopodiché si alzò dalla sua postazione e si diresse verso il gruppo dei ragazzi per interrompere le festività e renderli coscienti del problema imminente.

«Hey, maestro Kakashi, Sai. Ma dov’eravate finiti?» chiese Sakura non appena li vide.

Il volti dei due ninja erano molto seri e non ammettevano alcun segno di divertimento, dato che erano coscienti di quello che sarebbe successo da quel momento in poi, sebbene fossero incerti se sarebbe scoppiato uno scontro con i ninja della Radice.

In ogni caso, era ritenuto quanto meno prudente farsi provare preparati per qualche evenienza; Kakashi lo sapeva molto bene.

«Abbiamo un problema.» annunciò subito dopo ai ragazzi.

D’un tratto, tutta l’allegria che si era espansa attorno a quel fuoco scemò e gli sguardi allegri dei commensali si erano improvvisamente incupiti e diretti verso la persona che aveva smorzato i loro animi.

«Che succede?» chiese Shikamaru.

Kakashi iniziò a spiegare a tutti dell’imminente pericolo con la sua tipica calma carezzevole.

«Succede che fra non molto verremo circondati dai ninja della Radice. Ho chiesto a Sai di cospargere la zona di alcuni suoi animali d’inchiostro nell’evenienza che qualcuno ci cogliesse di sorpresa.»

Ad un tratto, venuti a conoscenza dell’imminente pericolo, coloro che possedevano doti sensoriali di ogni tipo si prodigarono a verificare la veridicità delle parole del loro superiore, più che altro perché infastiditi che la loro piccola festicciola si fosse già conclusa, a causa di quelli che potevano essere definiti come dei grandi scocciatori.

«Stando a quello che vedo, sono tutti bene armati e pronti a combattere.» fu il commento di Neji.

«E sono tutti delle forze speciali! Oh, mamma!» aggiunse Hinata preoccupata.

A tal proposito, Naruto si intromise nella discussione con un ghigno malefico sul viso.

«Che vengano! Sono pronti a fargli il culo!»

«Ben detto, compare! Non ci sono problemi!» si aggiunse Kiba, pronto a dare battaglia.

Molti invece credevano che partire subito con l’attacco non era una mossa molto saggia e per tanto si premurarono a suggerire ai due che volevano menare le mani un’altra opzione.

«Forse sarebbe meglio lasciare fare al maestro Kakashi, non credete, ragazzi?» propose Hinata.

«Ti fai troppi problemi, Hinata! Che saranno mai quattro ninja! Anche se sono delle forze speciali, non ci possono battere.» ribatté Kiba.

«Infatti! Come se mi spaventassero questi bambocci!» aggiunse Naruto.

Ai due ragazzi si aggregò anche Rock Lee, ansioso di potere mettere in pratica le sue abilità, per non lasciarsi mettere da parte dagli altri due amici.

Prima però che i guerrieri ingaggiassero battaglia, Sakura li colpì alla testa provocando loro un grande bernoccolo, in maniera tale da impartire la lezione di riflettere, prima di partire in quinta in ogni situazione.

«Vedete di crescere, brutti idioti.» li rimproverò Sakura.

«Mi hai fatto male, Sakura.» piagnucolò Naruto, toccandosi dolorante la testa.

Il ragazzo soffriva per il bernoccolo accanto a Kiba e Rock Lee che avevano subito la medesima sorte.

«Zitto! - alzò la voce Sakura. Non capisci che sei già in una situazione drastica per il villaggio? Ci manca solo che ti metti a combattere contro alcuni di loro.»

Non passò molto tempo, prima che la discussione del gruppo si arrestasse completamente, nel momento in cui tutti quanti si erano resi conto di essere stati rapidamente circondati da una decina di shinobi della Radice nascosti fra le fronde degli alberi, abbracciati dall’oscurità che ne celava in maniera malevola la loro posizione.

«Ci hanno circondato così rapidamente.» commentò Shino impressionato.

«E quanti sono! Accidenti!» aggiunse Chouji.

Lo scoppiettare del fuoco illuminava per qualche istante le figure nascoste nell’oscurità, le quali rimanevano immobili e in silenzio, senza muoversi di un minimo centimetro, come se scrutassero dalla loro posizione i loro obiettivi, al fine da carpirne le loro intenzioni; una tattica che veniva adottata in maniera complementare anche dal gruppo che era circondato e che si era rapidamente raccolto in un unico punto, pronto a reagire in qualunque momento, nell’eventualità che venissero attaccati. Quella situazione di stallo durò per qualche abbondante quarto d’ora.

A un certo punto, Ino si era stretta dietro Sai e ne richiamava l’attenzione, poiché aveva notato il suo sguardo perso su un punto indefinito della foresta.

«Hey, stai bene?» gli chiese lei.

Sai si destò un attimo dopo per rispondere a quella domanda.

«Stavo guardando i miei compagni d’armi. Tutto qui.»

Ino non capì benissimo dove volesse andare a parare quel ragazzo, ma dal suo sguardo proveniva una strana luce che non aveva mai visto in lui. In quel momento, se in Ino fosse mai venuto un dubbio che Sai potesse fare il doppio gioco, dopo quello sguardo avrebbe cancellato quell’ipotesi e confermato la sua fiducia nei suoi confronti.

«Senti, Sai. Non è che potresti parlare tu con questi tizi? Dopotutto sono tuoi amici.» suggerì Kiba a bruciapelo.

«Potrei. - commentò Sai. Ma non penso proprio che vogliano sentire una mia spiegazione, dato che non sono miei amici e che mi considerano un traditore.»

«Beh, posso di certo biasimarli, dato che ne hai combinate di cotte e di crude negli ultimi tempi.» commentò Kiba ridacchiando.

«Dacci un taglio, Kiba! Non puoi dare delle colpe a Sai per quello che è successo. Non sarà stato facile per lui voltare le spalle alla Radice. Cerca di avere un po’ di tatto!» lo sgridò Ino.

Non lo era stato affatto, pensò Sai. Quando aveva deciso di disubbidire agli ordini di Danzo, sapeva che in un modo o nell’altro, sarebbe giunto un giorno il momento di subire le conseguenze delle sue azioni, ma non gli importava molto venire ucciso da una squadra dei suoi ex compagni, perché avrebbe tenuto fede ai sentimenti che provava nei confronti dei suoi amici; sarebbe morto con il sorriso sulle labbra, pur sapendo che era riuscito ad aiutare i suoi amici e che questi ultimi lo continuassero a ritenerlo tale: loro erano il legame più prezioso che possedeva. Sai comunque non sarebbe mai stato in grado di dire tutto quello che pensava ai suoi amici, perché i vecchi residui dell’addestramento della Radice non sarebbero mai svaniti nel nulla e lui non voleva proprio sputare sulla mano che lo aveva sempre nutrito.

Lui era comunque grato a Ino per averlo difeso davanti a tutti in quel momento. Non sapeva proprio perché lo avesse fatto, ma lo aveva apprezzato molto: Ino era veramente una ragazza dal cuore gentile, fu il suo pensiero.

A un certo punto, dall’oscurità emerse la figura di uno shinobi della Radice che Sai conosceva molto bene. Sarebbe stato quell’uomo a prendere le veci dei suoi compagni.

«Buonasera, capo-istruttore Hyo.» lo chiamò Sai, non appena ne riconobbe la maschera che indossava.

L’uomo mascherato alzò lo sguardo verso il vecchio allievo e nel silenzio tombale di tutti quanti, prese finalmente parola.

«Sai, dimmi dove si trova sua eccellenza, Danzo.»

Sai attese qualche momento per comunicare la risposta a quella domanda; anche per lui era difficile comunicare la triste notizia ai suoi vecchi compagni, ma era necessario farlo e parlare in maniera decisa, prendendo l’iniziativa.

«Lord Danzo ha perso la vita in battaglia. E’ stata Akatsuki a ucciderlo i battaglia.» annunciò infine.

La notizia della dipartita del loro capo lasciò i ninja della Radice in un profondo stato di sorpresa, tanto che i bisbigli di coloro che si celavano nelle ombre potevano essere sentiti molto facilmente da tutti gli altri presenti.

«State zitti!» tuonò a un certo punto lo shinobi chiamato Hyo.

Anche lui era rimasto scombussolato per avere appreso in maniera così truce della morte del suo superiore, tuttavia riuscì a mantenere la sua compostezza e a chiedere a Sai maggiori dettagli su quanto era accaduto.

«Hai detto che è stata Akatsuki a ucciderlo, non è così? Che fine hanno fatto Fu e Torune? Voglio maggiori dettagli su quello che è successo a sua eccellenza.»  

Sai non ebbe problemi a riferire tutto quello da lui appreso da Kakashi, riguardo alla sorte di Danzo. Egli raccontò dello scontro con Sasuke Uchiha e della dichiarazione di quest’ultimo di essere riuscito a uccidere l’anziano ninja.

I ninja presenti ascoltarono in silenzio il suo resoconto, restando continuamente sbalorditi da come un semplice ragazzino fosse riuscito a sconfiggere un ninja così esperto come Danzo, il quale, nonostante la veneranda età, non era certo un avversario da sottovalutare.

«Assurdo. Quindi Sasuke ha davvero ucciso Danzo.»  commentò Neji.

«C’era davvero bisogno di arrivare a tanto?» aveva commentato Ten Ten.

Nessun rispose. Di certo, per quanto Danzo fosse stato un capo crudele e privo di ogni pietà, era innegabile quanto ci tenesse alla sicurezza del villaggio della Foglia. Magari i suoi metodi erano poco ortodossi, ma le sue intenzioni erano delle più nobili.

Di questo, Kakashi ne era più che certo, sebbene ne avesse passate di cotte e di crude per colpa di quel vecchio ninja. Lui comprendeva benissimo le sue ragioni e per questo motivo, sentiva che portargli il dovuto rispetto era un obbligo.

«Danzo è stato un prode ninja della Foglia e farò di tutto, purché venga ricordato ai posteri.» dichiarò lui infine.

Nessuno rispose, poiché rimasto sorpreso da quella dichiarazione da parte dell’avversario politico di maggiore rilievo del deceduto.

Persino i ninja della Radice, tramite il loro portavoce, avevano apprezzato le loro parole.

«E il corpo?» domandò Hyo.

Era molto importante recuperare il cadavere di un grande ninja, era la prassi di ogni shinobi che voleva proteggerne i segreti, soprattutto se il corpo in questione era uno che aveva trasceso i limiti dell’umanità come quello di Danzo.

Sai scosse il capo.

«Nessuna traccia. E’ molto probabile che il nemico lo abbia fatto sparire, prima del nostro arrivo.»

Ancora una volta, l’uomo mascherato non si scompose, proprio come il tipico comportamento di un ninja della Radice.

Prima però che il ninja potesse proferire parola, Sai aveva preso l’iniziativa per potere esternare tutto ciò che pensava fosse lecito fare da ora in poi per la Radice.

«Mi ascolti, capo istruttore e anche tutti gli altri compagni della Radice.» incominciò il ragazzo.

Una volta ottenuta l’attenzione generale, Sai fu finalmente in grado di raccogliere la determinazione che gli serviva e parlare chiaramente a tutti loro, proprio come avrebbero fatto i suoi determinati amici in una questione importante per loro; stava prendendo esempio da loro per potere crescere.

«Ritengo che la Radice debba aprirsi al dialogo per sopravvivere, proprio per mantenere fede alla volontà di sua eccellenza Danzo. Per poterlo fare, è necessario che la Radice si apra con il nostro nuovo Hokage.»

A quel punto, Sai alzò il braccio in direzione del maestro Kakashi e continuò a parlare.

«Kakashi Hatake è stato scelto dal consiglio dei cinque Kage come nuovo Hokage. E’ lui che adesso dobbiamo servire per il bene del villaggio e adempiere al nostro compito.»

Il discorso di Sai si era concluso.

I suoi amici erano rimasti molto ammaliati da quanta determinazione aveva messo nelle sue parole e non potevano evitare di sentirsi fieri di Sai e felici che finalmente avesse messo da parte la sua stoicità per abbracciare la sua vera essenza, ovvero quella di un essere umano con le sue emozioni.

Fu il turno del ninja della Radice di parlare, mantenendo la sua perenne secchezza di emozione.

«Quindi è così che stanno le cose? Hanno scelto te come il nuovo capo del villaggio?»

Questa volta Hyo si era rivolto direttamente a Kakashi.

Dal canto suo, Kakashi era alquanto nervoso per essere stato coinvolto in una discussione così importante e stava maledicendo mentalmente il povero Sai per averlo tirato in ballo, senza averlo nemmeno consultato a priori. Lui non era mai stato il tipo abituato all’attenzione di così tanta gente in un unico colpo, per questa ragione all’inizio arrancò nel promulgare le sue intenzioni in merito alla questione della Radice.

Il silenzio iniziale da parte del futuro Hokage preoccupava moltissimo tutti i presenti, tanto che a un certo punto, Sakura dette un leggero colpo di gomito al braccio del suo maestro, così da farlo destare dal flusso dei suoi pensieri ed evitare una pessima figura.

«Dica qualcosa o non usciremo più da questa situazione.» gli sussurrò Sakura.

Kakashi sapeva benissimo che l’allieva avesse ragione, così decise di proferire finalmente parola, in modo da risultare il più sintetico possibile ed essere allo stesso tempo esaustivo per quegli ospiti così inattesi.

L’uomo schiarì la voce e finalmente iniziò a parlare a tutti i ninja della Radice.

«Ascoltatemi. - iniziò lui. Non so quello che succederà alla politica del villaggio da ora in poi, indipendentemente se l’Hokage sia io o chiunque altro. Ma adesso abbiamo un nemico comune da sconfiggere e tutte e cinque le grandi terre dei ninja si sono riunite per combattere assieme.»

Kakashi iniziò a muoversi attorno al fuoco per scrutare ogni ninja lì presente, indipendentemente dalla fazione da lui occupata. Il suo discorso doveva coinvolgere ognuno di loro, così da far capire le sue intenzioni e che nei risvolti futuri si sarebbe generata una profonda serie di gravissimi eventi: dovevano essere tutti pronti.

«Quello che serve a tutti noi è restare uniti e lavorare in sinergia per proteggere il mondo dove viviamo, anche se questo mondo non ci piace. I nostri predecessori hanno dato la vita per il nostro mondo e noi dobbiamo proteggerlo.»

Poi Kakashi si rivolse direttamente al portavoce della Radice.

«La Radice è un organo importante del nostro villaggio e lo ha protetto per tantissimo tempo. Non è mia intenzione debellarla, qualora divenissi il nuovo Hokage e mi batterò al massimo per impedire che accada.»

Dato che Kakashi aveva interrotto le sue parole, fu il turno del portavoce della Radice prendere le parole.

«Molto bene. Siamo lieti di potere sapere che non c’è l’intenzione di abolire la Radice. Ci sono segreti che non vanno mai svelati e noi abbiamo molti fascicoli anche su di te, ninja copia. Non sarebbe saggio farli uscire fuori, non credi?»

Una volta sentite quelle parole, Kakashi impallidì in un colpo, come se quell’uomo di fronte a sé avesse aperto la porta in un mondo passato pieno di errori e peccati che chiunque non vorrebbe ricordare.

«Che cos’è questo un ricatto?! Luridi bastardi!» sbottò Naruto all’improvviso.

Hinata provò a tenerlo per un braccio per non farlo andare avanti, ma non riuscì a tenerlo con sufficiente forza e lui si fece avanti per sfidare tutto quel manipolo di ninja.

«Calmati, Naruto! Non ha senso attaccare verbalmente questi tizi!» sbraitò Shikamaru, preoccupato.

Naruto non lo ascoltò e continuò a parlare, dato che Kakashi non lo aveva ancora fatto.

Nel mentre, Hyo osservò con fare curioso il giovane ninja dai capelli biondi.

«Così sei vivo, Naruto Uzumaki. Se sei riuscito a sopravvivere a Pain e a sua eccellenza Danzo, non c’è speranza per noi di sopraffarti, per cui non hai motivo di preoccuparti della Radice.»

Naruto sbuffò, scettico al massimo sulle rassicurazioni di quell’individuo.

«Cazzate! Di quelli come voi non c’è mai da fidarsi!»

A quel punto, Sakura intervenne tempestivamente, colpendo Naruto alla nuca e tirandolo via con la sua forza erculea nel manipolo dei ragazzi.

«Ma lasciami, Sakura!» sbottò Naruto.

«Sta’ zitto, coglione! Lascia che se parli il maestro Kakashi. Tu fai solo guai!»

La ragazza lo fulminò con lo sguardo, incutendogli un timore tale da fare ammutolire anche uno forte come la forza portante dell’Ennacoda.

Una volta riottenuta la calma, l’attenzione generale si focalizzò sul Kakashi, il quale era rimasto ancora in silenzio, come se la visione di un fantasma del suo passato lo avesse privato di ogni voglia di vivere.

«Tutto bene, maestro?» lo richiamò Shikamaru.

Kakashi non rispose, si sentivano i suoi respiri profondi e il livello di nervosismo che andava alle stelle. Era molto raro che egli si innervosisse, perché quel sentimento lo lasciava al se stesso di quando era giovane e testardo, proprio com’erano i suoi allievi.

La rabbia dell’uomo avrebbe superato i suoi limiti inibitori, se non fosse intervenuto l’intermediario della Radice a riprendere il discorso.

«Se tu divenissi Hokage, quei fascicoli potrebbero sparire nel nulla. Nessuno saprebbe quello che è successo, non credi?»

«Ma di che diavolo sta parlando questo tizio?» domandò Ino con voce squillante.

Da quello che si era compreso, i ragazzi avevano compreso che la discussione in merito era incentrata al passato del maestro Kakashi, di qualcosa in particolare che quest’ultimo non voleva affatto ricordare o rendere noto. L’uomo era nervoso, molto nervoso e nessuno di loro lo aveva mai visto così.

«Hey, maestro. Sai di che stanno parlando?» domandò Naruto.

«Non sono fatti che vi riguardano! Statene fuori!» tuonò Kakashi con voce squillante.

Il modo così irruente dell’uomo aveva intimidito molto i ragazzi della Foglia, troppo abituati a vederlo come una persona pacata e risoluta, mai vittima dei sentimentalismi e sopratutto della rabbia.

In quel momento, i ragazzi avrebbero tanto voluto investigare, ma avevano ritenuto che era molto importante badare ai fatti propri e magari investigare sulla questione in un momento successivo.

Kakashi tornò a rivolgersi al ninja della Radice, una volta avere riacquistato la sua classica compostezza che però celava in malo modo la sua evidente rabbia per essere stato scoperto emotivamente in quel momento.

«Bene. Ora che abbiamo fatto quattro chiacchiere, perché non ci diamo un taglio e torniamo al presente.»

L’uomo mascherato annuì, dopodiché si prodigò in un lentissimo inchino verso il suo interlocutore.

«Come desidera sua eccellenza. Sono certo che diventerà un ottimo capo villaggio e la Radice è al suo servizio, signore.»

Non c’era tempo per lasciarsi prendere dall’imbarazzo di venire chiamato con tanti suffissi onorifici, Kakashi era troppo incazzato per dare peso a quelle ciance; era meglio darci un taglio e muoversi verso il villaggio.

«Bene! - tuonò Kakashi. Allora voglio chiedervi la cortesia di avvisare il signor Shikaku Nara di quello che è successo e di abolire ogni persecuzione nei confronti suoi e della sua famiglia, intesi?»

«Cristallino.» sibilò lo shinobi della Radice.

Una volta fatto ciò, Kakashi raccolse il suo mantello dal suolo e se lo mise sulle spalle, così da voltarsi verso la direzione opposta e fare un cenno con la mano al ninja della Radice.

«Ora levatevi dai piedi.» ordinò l’uomo.

Nessun commento da parte del ninja della Radice, il quale si era semplicemente limitato ad alzare la mano per fare cenno ai propri compagni di ritirarsi e così avvenne qualche istante dopo, lasciando tutto il resto del gruppo nella boscaglia fitta e in profondo silenzio.

«Beh, ecco è stato una bella conclusione della serata.» fu il commento di Chouji.

«Puoi dirlo forte! Per un attimo ho temuto che sarebbe scoppiato il caos!» aggiunse Kiba.

«Tutto perché un idiota non sa tenere il becco chiuso!» sbottò Ten Ten.

Chiaro riferimento a Naruto, il quale invece continuava a mantenere il silenzio stampa, dopo essere stato rimproverato per l’ennesima volta da Sakura. Il suo sguardo era diretto verso il maestro Kakashi e dalla sua profonda aura di nervosismo che lo circondava.

A un certo punto, Kakashi iniziò a incamminarsi verso l’oscurità.

«Dove sta andando?» gli domandò Naruto.

Kakashi non arrestò la sua marcia, si limitò a parlare in maniera sinistra mentre veniva inghiottito dall’oscurità e rimanere da solo con i suoi pensieri.

«Andate immediatamente a dormire, domani partiremo all’alba. Io vado a fare due passi.» ordinò lui.

Mentre Kakashi si allontanava dal resto del gruppo, i ragazzi decisero di ubbidire all’ordine appena impartito e senza esternare il minimo fiato, si erano raccolti attorno al fuoco con i sacchi a pelo e a discutere con attenzione dei turni di guardia per tenere d’occhio Karin e permettere agli altri di riposare.

La notte era ancora lunga e la luna piena splendeva in tutta la sua pienezza con un cielo senza nuvole, adornato dalla brezza di giada della notte estiva che si preparava a manifestarsi nei tempi più recenti.

Anche Sasuke aveva deciso di godersi la brezza notturna in quelle ore. Si era sdraiato sulla balconata della sua stanza a mangiare in silenzio un’insalata di pomodori che aveva insistito di potere mangiare a tutti i costi, tartassando Madara di procurargliene una, durante la sua fase di recupero.

Era appena iniziato il cantico delle cicale con una melodia così coinvolgente che Sasuke sembrò apprezzare quel gesto caritatevole delle forze della natura. Non si era ancora reso conto che il silenzio fosse così importante nella sua vita, quella pace gli trasmetteva una strana sensazione addosso, come se le urla all’interno del suo cuore non avessero più la forza di continuare la loro litania per quel giorno e di lasciare una sospettosa tranquillità nel suo corpo e nella sua mente che in un certo senso, lasciava Sasuke in un sospettoso stato di disagio. Scosse il capo, voleva assolutamente evitare di sentirsi disarmato in qualunque situazione, anche la più sconveniente; la sua forma mentis lo impediva.

Sasuke sbuffò con amarezza, quanti fastidi che provava nel suo cuore. I ricordi delle battaglie di quel giorno riaffioravano la sua mente, ma soprattutto il ricordo di quello che gli era stato detto da Danzo, soprattutto dalla conferma di una seconda persona che aveva dato ulteriori sviluppi sulla vita di suo fratello.

Poi c’era Sakura, che stupida che era stata a mettergli di fronte la scelta fra lei e la vera giustizia; le sue farneticazioni sull’amore non avevano alcun senso, se paragonate alla gravità di quello che era accaduto al suo clan.

Kakashi poi. Con la sua saccenza aveva osato fargli la paternale, quando lui non ne aveva mai subita una. I suo diritto di giudicarlo gli aveva fatto guadagnare l’odio più estremo nei suoi confronti, solo perché Sasuke sapeva che ogni cosa che gli aveva detto corrispondeva al vero.

Infine Naruto. La sua nemesi, quella persona da cui si sentiva più compresa, ma da cui voleva più scappare, perché ottenebrato da un forte senso di odio e comparazione.

Lui era migliore: era il più prestante, forte e con le abilità e chakra più considerevoli; Naruto non era nulla a confronto. Al diavolo la sua positività, al diavolo la sua voglia di comprenderlo, al diavolo la sua amicizia.

Sasuke sbatté il pugno al suolo con forza; il suo desiderio di volerlo annientare diveniva sempre più forte.

«Ti ammazzerò, pezzo di merda!» sbottò Sasuke nel suo dormiveglia.

La rabbia del ragazzo era talmente forte che le sue maledizioni contro Naruto erano stati uditi anche da Madara che si era prodigato a raggiungerlo per accertarsi del suo stato d’animo.

«I dolori agli occhi stanno iniziando a farti delirare, non è così?»

Sasuke si sollevò rapidamente dalla sua posizione, fulminando con lo sguardo il suo interlocutore, il quale aveva effettivamente ragione che il deterioramento negli occhi del ragazzo era ormai giunto a uno stadio irreversibile e per questa ragione, lui li teneva chiusi.

«Fammi un favore, cerca di evitare di apparire dal nulla come fai di solito. Sei inquietante.» lo rimproverò il ragazzo.

L’uomo si mise a ridere.

«Lo terrò a mente la prossima volta.»

Cambio di argomento.

«Hai fatto quello che ti ho chiesto?» chiese Sasuke a un certo punto.

«Certo.» confermò Madara.

Nonostante la conferma di quel desiderio, l’uomo mascherato nascondeva una certa sorta di timore per quello che avrebbe dovuto fare fra qualche ora.

«Ma sei sicuro di volerlo fare ora? Dovresti riposare per stanotte.»

Il ragazzo si rimise in piedi e con un balzo felino afferrò l’uomo mascherato per il bavero del mantello, iniziando a urlargli contro.

«Riposerò solamente quando avremo finito! Ora alza quel vecchio culo e iniziamo questa cazzo di operazione!»

«Va bene, va bene.» lo tranquillizzò l’uomo.

Qualche minuto dopo, Madara e Sasuke percorrevano un lungo corridoio, in silenzio. A un certo punto, l’uomo mascherato interruppe la sua marcia in prossimità di una porta di freddo acciaio, la aprì e fece cenno a Sasuke di entrarvi dentro.

«Ma che diavolo?» sbottò Sasuke.

La sua prima reazione a quello che c’era dentro quella stanza. Una miriade di domande lo travolgeva, ma lui non sapeva sinceramente se fosse lecito o meno chiedere a Madara il motivo per cui custodisse tutti quegli sharingan in teche di liquido azotato; in verità, Sasuke si era reso conto che non gli importava granché.

Madara intanto si era tolto la sua mantella di Akatsuki e si stava infilando un paio di guanti di gomma, così da potere iniziare a prepararsi per l’imminente operazione.

«Togliti la maglietta e stenditi.» disse l’uomo.

Sasuke si tolse la maglietta e si prodigò a eseguire l’ordine di Madara, adagiando la nuda schiena sul freddo metallo del tavolo da lavoro, mentre la poca flebile luce nei suoi occhi svaniva del tutto nel corso di quei pochi momenti che separavano l’inizio dell’operazione.

A un certo punto, Sasuke sentì Madara che gli porgeva fra le mani un bicchierino con all’interno un liquido che al primo odore sembrava alcol.

«E’ burbon. - spiegò Madara. Non ho alcun medicinale per l’anestesia e non puoi addormentarti durante tutta l’operazione. Con questo ti intontirai a sufficienza per non morire durante il processo.»

Il volto di Sasuke era una maschera di freddezza. Una persona comune avrebbe sudato freddo, al solo pensiero che sarebbe stato operato senza anestesia di un’operazione tanto dolorosa come l’asportazione degli occhi. Non Sasuke Uchiha.

«Ah, dimenticavo. - aggiunse infine Madara. Non sono molto pratico a operare persone vive, di solito tratto cadaveri, quindi non avrò la mano leggera come quella di un ninja medico Ti conviene berne due bicchieri di quello.»

Sasuke eseguì in silenzio e tutto ad un fiato. L’alcool aveva iniziato a fare effetto sul suo organismo e si sentiva molto intontito, tanto che sollevare di poco la testa gli provocava nausea.

«Ora sta’ zitto e inizia!» tuonò il ragazzo, rivolto al suo interlocutore.

Madara iniziò a prendere gli strumenti per l’operazione e si calò lentamente sulle cavità oculari del ragazzo. Al lato del tavolo anatomico giaceva un’ampolla che custodiva gli occhi un tempo appartenuti da Itachi; presto quegli occhi così malati avrebbero avuto un nuovo proprietario e di conseguenza una nuova luce.

L’operazione ebbe inizio.

Sasuke gettò un fortissimo urlo di dolore, se ne espansero molti altri mentre l’operazione continuava e i bulbi oculari venivano asportati dalle cavità oculari.

Madara aveva ritenuto importante di mettere in bocca al ragazzo una pezza per farlo calmare e ridurre il frastuono delle urla, così che potesse lavorare in santa pace.

«Resisti, Sasuke. Quello che provi è un dolore indicibile, ma quello che otterrai è un potere che va al di là della tua più fervida immaginazione. Ti evolverai e otterrai il potere supremo degli Uchiha, proprio qui, di fronte agli occhi dei membri del nostro clan.»

Madara afferrò la boccetta che conteneva gli occhi di Itachi, la aprì e iniziò a immettere i bulbi oculari vitrei all’interno della cavità oculare del ragazzino.

«Presto. Molto preso.» sibilò Madara.

   
 
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